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Autore: supernova_the_fifth    28/12/2011    1 recensioni
Quando la vita ti sembra normale. quando credi che tutto andrà per il meglio...è allora che il passato ti si ripresenta dinnanzi!
Dal capitolo 6:
[ Cloud non alzò lo sguardo da terra e non cercò di discolparsi. In cuor suo sapeva che ciò che lo sfregiato aveva appena detto era vero. In fin dei conti non aveva tentato nulla per fermalo e impedirgli di fare qualcosa.
Aveva perso davvero tutto quello che era un tempo.
E fin da subito sapeva di aver condannato tutti loro a morte certa. Nella sua mente aveva cercato più volte di pensare che si sarebbe concluso tutto per il meglio per tutti loro ma sapeva di mentire a se stessa.
Lei aveva comunque continuato a sperare; ora però tutta la consapevolezza di ciò che attendeva Anna, Erica, Mattia, Giulia, Naya, Elisabetta e Alice la colpì come un macigno.
Le parole che la raggiunsero qualche istante dopo furono il colpo di grazia.
- Anche se immagino che un secondo omicidio di massa non possa pesarti troppo sulla coscienza. Vero Supernova?- ]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Nexus Universe'
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Il dolore che sfocia in rabbia. Il verde non è forse il colore della speranza?

 

 

Quelli che seguirono furono giorni bui. In quel momento non aveva ricordo d’aver proferito parola con nessuno dopo gli avvenimenti del mercoledì passato. Erano trascorsi già quattro giorni se per la stanchezza non aveva perso il conto; la gola era secca e le forze avevano cominciato a venirle meno il giorno prima. Non si era accasciata a terra solo grazie alle catene che la tenevano ancorata salda al muro. Nel caso non ci fossero state le catene a sorreggerla comunque, non sarebbe stato il suolo ciò che avrebbe trovato. La parete della grande sala circolare era alta almeno una quarantina di metri e Cloud era sospesa approssimativamente a metà. Avrebbe fatto un bel volo quindi.

Da quando l’energumeno che si era presentato con il nome di Rajal l’aveva appesa come un canarino alla parete, aveva avuto parecchio tempo per pensare. In realtà si era ritrovata a rivivere ogni avvenimento di quella giornata di due anni prima come non aveva mai fatto in tutto quel periodo di esilio.

Aveva sempre avuto due tipi di reazioni distinte per quel che riguardava il post-battaglia.

Disperazione.

Quello era stato il periodo subito successivo al suo risveglio. Appena lo stato di coscienza sospesa era stato interrotto, nella sua mente erano filtrate tutte le notizie di ciò che era successo durante il suo periodo d’incoscienza. La vittoria della battaglia, la decisione del Tribunal su di lei, l’applicazione del sigillo e delle varie operazioni fatte perché lei facesse una vita lontana da New York, dal ninjutsu e da chiunque conoscesse. Era stato scioccante ricevere tutto quel bagaglio di informazioni in un colpo solo.

Si era pure sorpresa del suo riflesso nello specchio appena si era vista. Piccoli cambiamenti, ma l’avevano resa diversa. Ulteriore protezione aveva immaginato.

Quella fu anche l’unica volta che vide il sigillo. Stava svanendo ma era ancora visibile lungo tutto il braccio destro fino a ricoprire metà del viso.

Aveva continuato a fissare la sua immagine riflessa nello specchio fino a quando la porta di quella che da li in poi sarebbe stata camera sua si era aperta e una donna di mezza età si era affacciata. – Claudia sono quasi le otto puoi venire a preparare la tavola? -

Appena la donna aveva richiuso la porta lei era scoppiata a piangere contro la parete di specchio.

Un pianto furioso, che veniva dall’anima. Gridava e piangeva senza riuscire a fermarsi ma lei non voleva smettere.

Aveva perso tutto. Lingua, amici, città, casa, famiglia e il suo nome.

Non le importava che riuscisse a capire alla perfezione quello che doveva essere italiano senza averlo mai imparato, non le importava niente. Non voleva avere a che fare con quelle persone che dovevano essere i suoi genitori da li in poi. Rivoleva solo riabbracciare la Sua famiglia. Quella famiglia che sapeva non avrebbe rivisto mai più.

I primi giorni erano stato i più duri. Si era abituata in fretta ai ritmi della nuova vita, alla sua famiglia, al fatto che appena entrava in contatto con gente che non aveva mai visto ricordi falsi le affiorassero in testa per cercare di creare un bel puzzle di vita italiana.

Era estate e quindi passava tanto tempo in casa cercando di collegare tutte le informazioni che riceveva e diventare la brava Claudia Schiavinato che doveva essere. Aveva abbandonato di sua iniziativa il carattere estroverso e tanto arrogante che la contraddistingueva. Se doveva cominciare a vivere cambiata, lo doveva fare del tutto.

Cercava di controllare i suoi scatti d’ira per le cose che non le andavano, di non rispondere a tono se i suoi genitori la rimproveravano, stare tranquilla. Con il passare del tempo quel carattere si era completamente polverizzato.

Rassegnazione.

Quello in realtà non era un periodo. Era la consapevolezza di non poter fare niente per tornare indietro, di poter solo andare avanti e non sprecare la comune vita da teenager che aveva. Aveva realizzato tutto ciò il pomeriggio che aveva incontrato per la prima volta la sua migliore amica. Aveva capito che non poteva continuare a disperarsi e vivere solamente nel passato dimenticando il presente. Grazie al trovarsi con lei aveva cominciato a trovare degli aspetti positivi nel dover restare li; all’inizio le faceva male sentir parlare Alice o Elisabetta, o qualcuno degli altri amici che aveva imparato a (ri)conoscere di episodi in cui lei era partecipe ma che sapeva fossero solo mera finzione, ma poi aveva cominciato a lasciar scorrere e farsi prendere dagli eventi. Con il trascorrere dei mesi si era circondata di amici e amiche come non le era mai stato possibile fare con ragazzi della sua età, non umani almeno. Aveva ripreso a vivere e tutte le volte che si ritrovava a pensare al passato non scendeva più nessuna lacrima. Non perché non volesse. Solamente perché aveva ormai assimilato il nuovo vivere in lei.

Ora invece vedeva sfaccettature diverse ogni volta che cercava di guardare a tutta la scena. Anche se non serviva a cambiare i fatti.

Uno stridio improvviso la scosse dai suoi pensieri. Alla sua sinistra, all’incirca a un metro di distanza, una piattaforma in pietra usciva dalla parete e su di essa era stata collocata la cella dei ragazzi.

In quel momento Mattia stava cercando di scuotere per l’ennesima volta le sbarre, per vedere se almeno a quel tentativo sarebbero cedute. Il ragazzo provò un’altra volta e poi si lasciò cadere a terra. Cloud quasi si era scordata di non essere sola.

Ne Mattia ne una delle ragazze le aveva rivolto la parola dopo le rivelazioni da parte di Rajal. Anna all’inizio aveva cercato di dirle qualcosa ma era stata fermata senza esitazione da Alice. La ragazza non le aveva rivolto nemmeno uno sguardo dopo che lei aveva confermato il racconto dello sfregiato e seppur non avesse detto niente aveva reso chiaro e tondo che nessuno le doveva rivolgere la parola.

Per Cloud quello era stato il colpo peggiore da incassare ma sapeva che era meglio così. Aveva perso tutto una seconda volta. Sperava solo che Rajal tornasse e finisse ciò per cui l’aveva cercata. Voleva uccidere le Supernove. Ne aveva già uccise quattro, la pergamena che aveva visto con Mattia era più che chiara. Aveva ucciso i suoi fratelli e ora toccava a lei.

Si era stupita di come tutta la prigionia l’avesse resa così docile da non avere nemmeno forze per piangere, lottare e vendicare i suoi fratelli. Se l’era chiesto. Non capiva davvero. Sapeva di non poter fare niente ma si era ridotta a rinunciare anche per la cosa che le era più cara al mondo? Aveva passato un giorno interno a pensarci e aveva visto solo vuoto. Quindi aveva deciso di reagire come aveva fatto fino a quel momento. Far niente e aspettare.

 

L’aria era carica di tensione per quel che riguardava le persone all’interno della cella. Nessuno voleva parlare e nessuno aveva intenzione di ascoltare qualcosa nel giro di molto tempo. Anna e Giulia stavano in silenzio ma si tenevano abbracciate. Erano le uniche però. Le alter ragazze si lanciavano qualche occhiata ogni tanto cercando di confortarsi a vicenda ma la maggior parte del tempo stavano in silenzio, ognuna con i propri pensieri.

Solo una volta si era rotto quel silenzio che imperversava da giorni. Elisabetta aveva chiesto a Mattia se c’erano probabilità che le sbarre cedessero. Il ragazzo aveva risposto incerto ma da quel momento ogni tanto provava a forzare la cella.

Se in un primo periodo molte occhiate erano rivolte alla bruna incatenata alla parete di fianco a loro ora gli occhi si fissavano solamente al suolo.

Quindi appena la porta sul fondo della grande sala sotto di loro si aprì fu la prima volta in molti giorni in cui i loro sguardi vagarono su qualcosa al di la delle nere sbarre della loro prigione.

Anche se le torce erano poche e solo molti metri sotto di loro, non fu difficile riconoscere la sagoma dello sfregiato appena varcò la soglia. Non lo avevano visto da quando li aveva risollevati tutti in aria per condurli tra insidiosi vicoli di quello che pareva un labirinto sotterraneo fino a farli arrivare li.

Ognuno di loro era stato rinchiuso in quella cella, Cloud inchiodata alla parete e Rajal se n’era andata senza proferire un fiato.

Ora invece era di nuovo li.

Qualche istante e avrebbero scoperto il perché.

Anche la bruna aveva rivolto lo sguardo al nuovo arrivato e aspettava la successiva mossa del suo aguzzino.

Quest’ultimo aveva preso ad avvicinarsi sempre di più fino ad essere esattamente sotto alla ragazza.

La squadrò per qualche istante e poi la sua voce tagliente riempì l’aria.

- Credo che nel nostro lungo discorso io mi sia dimenticato di menzionare qualcosa di estremamente importante. Ci ho riflettuto e ho notato come ti sei comportata sin dall’inizio. Ho capito che non sarei riuscito a cavare niente dalla tua bocca perché tu non avresti detto niente. Stai solo aspettando di morire vero? Beh credimi quello dovrà attendere, prima ho bisogno di risposte. -

Cloud lo fissò senza interesse. – Co-cosa – Dovette sforzarsi per il dolore alla gola. – Cosa credi che sia cambiato perché io ti risponda? –

Rajal sogghignò. – Non ho mai detto che sei tu quella ad essere cambiata. Ho solo deciso che forse schierare questa pedina sulla scacchiera servirà. -

La ragazza lo fissò senza capire e lo stesso fecero Mattia e le ragazze. Che diavolo poteva aver da spingerla a non volerla finire lì? Era di sicuro un qualche sporco trucco con cui l’avrebbe strizzata di ciò che voleva sentirsi dire per poi ucciderla senza remore.

Sapere cosa poi.

Non riusciva a capire che informazioni potesse fornire lei, estraniata da tutto ciò che per tipi come Rajal era considerato normale.

- Che cerchi? -

- Risposte. Risposte che hanno richiesto due interi anni di ricerche che non hanno portato a niente se non ad una conclusione. Servi tu. –

Era riuscito ad attirare un po’ la sua attenzione. Tanto da porre quella domanda che appena catturati non aveva auto coraggio di chiedere.

- Come hai fatto a trovarmi. -

Lo sfregiato la guardò con fare interrogativo ma poi afferrò il concetto dell’affermazione. – E' stato difficile, ma alla fine ci siamo riusciti. –

- Ci siamo riusciti? C’è qualcun altro? – esclamò Anna d’impeto. La paura che arrivassero altri mostri come Rajal l’aveva destata dal restare chiusa a riccio e ascoltare il proseguire della conversazione.

- Eh eh si c’è qualcun altro. Chi mi ha incaricato di catturare O’Neill c’è dietro tutto. Io sono un sicario. Non ho reale interesse in quello che lui ricerca. il mio scopo è uccidere e per questo sono stato ingaggiato. –

- Un modo carino per dirmi che informazioni o no, alla fine io tiro le cuoia. – Cloud cominciava a capire dove l’omone cercava di tendere i fili del discorso. Voleva solo mettere in chiaro che sarebbe morta in qualsiasi caso. – Che vuoi sapere. –

Non le importava più di vivere. Non le importava più di niente ma voleva sapere lo stesso. Se lei era la chiave per un qualcosa che poteva mettere a rischio il Nexus o altre persone innocenti, per una volta non voleva farne parte.

Rajal emise un suono che ricordava vagamente un fischio. Dovettero attendere qualche istante per vedere entrare dal portone due esseri grandi quasi quanto lo sfregiato intenti a trasportare qualcosa che sembrava un carretto. E dava l’impressione che qualcosa vi fosse adagiato sopra.

- Sai Cloud. Pensavo di averti fatto soffrire abbastanza. Io di solito non provo pena, ma vedere una guerriera valorosa come ti avevano sempre descritta ridotta nel tuo stato mi aveva convinto che quello dell’altro giorno potesse essere l’inizio e la conclusione della mia tortura. Qualche piccola pressione e avresti ceduto a parlare. Ma tu hai rovinato tutto. Voler morire subito; mi servono quelle informazioni. Quindi non ho altra scelta. -

Finalmente il carretto venne sollevato. Quando entrò nel cono di luce furono subito chiare due cose. Quello non era un carretto. Incatenato vi era qualcuno, non qualcosa.

E quel qualcuno aveva appena mandato in shock la brunetta.

- Donnie. -

Quasi sperò di non aver pronunciato quel nome. Sperava che i suoi occhi la stessero ingannando. Pregava con tutta se stessa che la figura sulla tavola da tortura non fosse suo fratello.

- Do-Donatello. -

Soddisfatto del risultato che il nuovo ospite aveva avuto sulla prigioniera, Rajal prese un piccolo arnese in pugno e si avvicinò a passi lenti verso la figura inerme sul tavolo messo in verticale, solo a qualche passo di distanza.

- Creature interessanti i tuoi fratelli. Hanno avuto una mutazione che li ha portati ad avere molti tratti in comune con gli umani. – Avvicinò la lama allo sterno della tartaruga. – Devo dire che torturare la tartaruga dalla bandana viola qui presente è stato piacevole. Peccato però che non abbia sortito gli effetti desiderati. Fortuna che non avevo ancora preso provvedimenti drastici con lui. Mi è…-

- Levagli le mani di dosso. -

- Uh…-

Qualcosa era scattato. Rajal aveva avuto ragione su un punto di certo. Se voleva dei cambiamenti, presentarle davanti suo fratello, ridotto in fin di vita dopo essere stato ripetutamente torturato li avrebbe portati.

Ma non positivi. Ora non sentiva niente. Vedeva solo la figura di suo fratello dilaniata su quel tavolo e la rabbia prese il possesso. Rabbia che non credeva più di avere. Rabbia fuori controllo.

- LEVAGLI LE MANI DI DOSSO BRUTTO PEZZO DI MERDA! -

 

A meno di un metro di distanza Elisabetta indietreggiò dalle sbarre. L’aria era carica di tensione e non le piaceva per niente l’effetto che Donatello, come lo aveva chiamato Cloud, aveva sortito sulla ragazza. Il rumore che senti l’istante successivo le piacque ancora meno.

Fu come un tonfo sordo e poi il silenzio. Questo fino a quando il soffitto della stanza non si squarciò facendo precipitare pietra e terra ovunque.

Le ragazze e Mattia scamparono il pericolo grazie al soffitto della cella, ma non si poteva dire lo stesso di Cloud. Molte pietre la urtarono ma lei pareva non farci caso. Lo sguardo sempre fisso su suo fratello e una rabbia ceca che sembrava pronta a divorare qualunque cosa.

Qualcosa di enorme irruppe nella stanza. Tra la polvere un veloce guizzo scaraventò Rajal lontano da Donatello e stese le due guardie che erano ai lati del tavolo.

- Fucking shit Cloud, every time with you is a big mess! Even after two years you don’t change at all! But don’t worry. Draciel is here now babe. -

La voce che aveva appena parlato pareva essere della stanza stessa per quanto fosse possente. Dietro l’autorità di quel timbro però, notavi anche preoccupazione.

E’ preoccupato per Cloud. E’ dei nostri, è venuto per salvarci.

Il  pensiero rimase sospeso nel nulla appena la polvere si diradò abbastanza per permettere al Elisabetta di vedere il loro salvatore. Naya emise un grido strozzato e lasciò la presa sulla barra a cui si era aggrappata: come lei indietreggiarono pure tutti gli altri.

Due grandi ali si dispiegarono all’interno della sala facendo sembrare ancora più colossale quell’enorme lucertola verde.

Erano davanti ad un drago.

Subito sentirono il suo sguardo posarsi su ognuno di loro, un occhio ambra che li stava scavando da parte a parte.

Quell’occhio inquisitore vagò alle sue spalle  per cercare la ragazza di cui aveva ruggito il nome qualche istante prima e quello che vide non gli piacque per niente. Occhi vacui e scariche elettriche non promettevano mai bene. E nello stato in cui si trovava Cloud promettevano solo guai.

- Clo… -

Con le fauci leggermente spalancate, ancora intento a pronunciare quel nome, si accorse che le cose erano cambiate. Non era da Rajal che lui doveva proteggere tutti. Era da Cloud.

   
 
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