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Autore: La sposa di Ade    28/12/2011    6 recensioni
Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battaglia per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di averla lasciata in quella cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
6° Classificata
al contest ‘Aboliamo gli Happy Endings!’ indetto da
WodkaEiffel
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Innanzitutto ringrazio coloro che sono arrivati fino a qui, anche chi legge in silenzio :D in particolare Jo Shepherd che ha recensito il primo capitolo nonostante fosse assai scarno per quanto riguarda la trama della storia ^^” 
Venendo a noi, ecco il ‘primo’ capitolo, che vi chiedo di leggere ascoltando questa splendida canzone http://www.youtube.com/watch?v=jvwCJuDKN6o (l’ ascolto può dare fastidio alla lettura, in questo caso vi consiglio di mettere il volume basso o se siete dei pigroni di non metterla neanche, ma questo dipende da voi) beh, non so che altro dirvi, se non che gradirei davvero molto delle recensioni… anche negative, s’ intende!
Un’ ultima cosa, spero di poter aggiornare una volta a settimana (mi ci dovrò mettere d’ impegno ^^”)
Non posso che augurarvi una Buona lettura. :),

Capitolo 2 – Odore di lavanda.

2° Anno del Crepuscolo.

“Tu credevi in me ma io sono rotta”

[Evanescence – Lost in Paradise]

Dopo aver depositato accanto alla lapide un fiore e aver posato sulle spalle della tremante ballerina un mantello, la folla si dileguò in fretta, non rimase più nessuno. C’ era tanto dolore nei loro cuori, la musica li aveva saldati, certo, ed era stato un requiem più che degno, ma la morte di una persona è pur sempre un grande dolore.
Ora il cimitero sembrava del tutto deserto, con qualche salice qui e là a fare da guardia, una figura scura e snella sbucò proprio da dietro il tronco dell’ albero più maestoso e più vicino alla lapide per la quale si era appena celebrata la cerimonia; il volto era coperto dal cappuccio del lungo cappotto che portava e dal quale sbucava una lunga treccia di capelli scuri. Si avviava a passo deciso verso la lapide con in mano un piccolo mazzo di lavanda, incurante della pioggia.
Si, anche a lei il cuore faceva male, anche lei aveva partecipato alla cerimonia, anche se lontano dagli altri aveva assistito al dolore dei presenti sentendolo some suo.
Giunse di fronte al rettangolo di pietra, sulla quale erano incisi nome, le due date e poche parole.

Rhygen  Nyv
3872 A.G. - 2 A.C. *
I demoni non sono tra noi,
siamo noi.
Non esiste la salvezza,
esiste l' oblio.
La libertà è in una gabbia di stelle.


Ah, quanta verità in quelle parole!
La figura scura si inginocchiò davanti alla lapide portandosi al volto il mazzo di lavanda sentendo i candidi e delicati boccioli sulle labbra, inspirò sentendo per l’ ultima volta il profumo che durante il funerale non aveva mai smesso si odorare. Era strano, era stato proprio lui a farle piacere quel profumo così fresco, e dire che lei non aveva mai provato interesse per quelle cose, le considerava frivole, troppo… umane. E ora che lui non c’ era più sarebbe tornata quella di un tempo, ora che non ci sarebbe più stato lui a ricordarle come si fa a vivere sarebbe tornata la fredda e inavvicinabile ragazza che era stata in passato.
Lasciò cadere l’ esile pianta aprendo leggermente le pallide mani, il mazzo cadde su un tappeto di crisantemi bianchi.
Osservò a lungo il contrasto creato dai due colori.
Ma già da tempo si era accorta della presenza alle sue spalle.
Era odore di cuoio e pioggia, era l’ odore di un umano, e sentiva gli occhi di quella persona sulla sua schiena.
Si alzò in piedi voltando la testa verso la persona, ma senza mostrare il volto.
“Non dovresti essere qui” Era la voce di un ragazzo, ferma e sicura. Il messaggio nella frase era chiaro, lei lo sapeva bene, ma non aveva posto dove andare da quando Rhygen era morto.

Morto.
Solo in quel momento si accorse della gravità della situazione, non era riuscita ad accettare il fatto, neanche quando si era trovata davanti la sua lapide, i suoi occhi non avevano visto davvero quel nome inciso sulla pietra, i suoi pensieri ci avevano girato attorno senza mai soffermarsi su quella parola.
Morto.
Si, ora era davvero sola. I suoi occhi tornarono sulla lapide, e le si accartocciò il cuore vedendo ciò che prima non aveva avuto il coraggio di ammettere.
Dimenticandosi completamente del ragazzo dietro di lei, tirò fuori dalla tasca del cappotto una lunga catenina in argento con un pendente a forma di pentacolo con una luna incastrata tra le punte, anch’ esso in argento.
Lo lasciò cadere sui fiori che poco prima aveva posato, alcuni piccoli petali si staccarono emanando un lieve e fresco odore, era un regalo che le aveva fatto poco dopo aver fatto conoscenza, per prenderla in giro.
“Ora la smetterai di prendermi in giro” Sussurrò appena, facendo attenzione a non farsi sentire dal ragazzo.
Quando gli aveva raccontato la sua storia lui si era messo quasi a ridere, credeva quasi impossibile una cosa del genere.
Non aveva alcuna voglia si stare a sentire le parole di un ragazzino, eppure sapeva fin da quando era stata bandita che non sarebbe stata accettata nei territori degli umani. Neanche in un cimitero?
Ma andarsene era l’ unica cosa che potesse fare.
Il ragazzo teneva la mano sull’ elsa della spada che portava al fianco con un espressione seria, come quella di una persona che sa perfettamente chi ha davanti, l’ aveva capito, che lei non era umana.
“Addio” Sussurrò un’ ultima volta ai ricordi guardando il cielo grigio, “e grazie”. Non si sarebbe mai permessa di piangere, lo stava facendo il cielo per lei.
Incontrando Rhygen era apparso un bagliore di speranza, che nonostante tutto non si era ancora spento, aveva finalmente trovato un’ umano che la accettasse per quello che era, senza alcun timore, e quel bagliore si era poi trasformato in una luce forte, su cui poter fare pieno affidamento.
“Proprio adesso dovevi lasciarmi? Vorrei tanto sapere come sei finito li sotto” Non si aspettava di ricevere una risposta, tanto meno dal ragazzo dietro di lei.
“Giustiziato per Necromanzia e tradimento.” La voce del ragazzo era ora più vicina, ma non le importava, doveva esserne certa.
“Erano accuse fondate?” Riuscì a trattenere a stento il tremito della voce.
“Si, ha ammesso lui stesso” Fu in quel momento che sentì il cuore sprofondare sotto i piedi, e improvvisamente tutto, in tutto il mondo, divenne insignificante di fronte alla desolazione che sentiva nel cuore.
Sentiva forte il desiderio di stringere qualcosa nelle mani e distruggerlo, così come si erano sbriciolate le sue speranze di poter vivere con gli essere umani.
Credeva di essere riuscita a farsi accettare da qualcuno, da qualcuno di umano, che poi umano non si era rivelato per niente.

L’ unico umano che mi ha accettato non era umano.
Esattamente, coloro che praticavano la Necromanzia avevano rinunciato alla propria umanità per poter giocare con i morti.
Chiunque sarebbe stato scoperto a praticare la Necromanzia sarebbe stato immediatamente giustiziato, questo era quello che
recitava la legge stessa degli esseri umani.
Neanche le creature Oscure accettavano coloro che la praticavano, quindi i cosiddetti Generatori erano obbligati a vivere nascosti, nell’ ombra e in solitudine.
Sentiva la testa scoppiarle e la gola prendere fuoco mozzandole il respiro. Ma aveva ormai imparato a controllare quelle crisi, nonostante quel giorno si sentisse estremamente debole.
“Non dovresti essere qui” No, ma dove sarebbe potuta andare? La sua mente valutò tutte le varie possibilità, tra le quali vi era uccidere il ragazzino, fuggire, nascondersi sotto terra e restarci per sempre, il piano avrebbe funzionato anche omettendo la prima fase, ma il problema sarebbe rimasto, nascondersi non avrebbe risolto niente.
Poi le sorse un dubbio, una cosa a cui prima non aveva fatto caso, qualcosa che la vecchia sé avrebbe notato immediatamente; il ragazzino aveva capito subito che lei non era umana nonostante lei si fosse camuffata.
“Senti ragazzino, chi sei?” Le rispose il silenzio. Si voltò un po’ di più mostrando parte del viso pallido ma tentando comunque di celare gli occhi, dato che in quel momento non aveva idea di che colore potessero essere, sperava in un bel blu mare, anche se il solito rosso avrebbe fatto il suo effetto.
Aspettava la risposata del ragazzino, che comunque non arrivò, ma venne sostituita da una frase che lei ben conosceva.
“Nella Notte del Giorno e del Crepuscolo.” Lei sbuffò, era una specie di formula che conoscevano tutti, era un modo per accertarsi chi fosse la persona con cui stavi parlano a seconda della risposta che si otteneva.
Era una specie di poesia, della quale il primo verso era uguale per tutti, poi se si era umani o creature Oscure il resto del testo cambiava.
Si voltò di nuovo di verso la lapide sospirando.
Illusi di poter stringere in un palmo la Luna,” Recitando il primo verso, un mezzo sorriso nacque spontaneo sulle labbra della ragazza. Certo, avrebbe benissimo potuto recitare l’ altra parte, quella che sapevano gli umani se solo se ne fosse ricordata anche un solo verso. Nonostante l’ avesse riletta più volte, quando ancora era ospite di Rhygen, teneva un foglio di carta sbiadita scritto in inchiostro nero con quei quattro versi appesi sopra al caminetto, ma forse i suoi occhi ci erano semplicemente scivolati sopra senza vedere davvero qualcosa, come era successo per la lapide. “Consci di avere il Sole tra le mani.
In una notte in assenza di stelle, su ali di cenere e polvere, vola via il nostro oscuro destino.” Non riuscì a immaginare la reazione del ragazzino alle sue spalle, ma ciò che la fece irritare fu sentire i passi del ragazzo farsi più vicini.
Uno, due, tre, quattro, cinque passi. Poi si bloccò, bloccato da un tacito avvertimento.
L’ aveva avvertita forte e chiara, la rabbia della creatura Oscura, era stato come avvicinarsi troppo a un segugio, che nonostante non avesse mostrato i denti nel suo invisibile sguardo si poteva cogliere una tristezza che assomigliata troppo all’ odio. Era come vedere uno splendido esemplare legato con una catena troppo corta, consapevole della sua forza e della sua inutilità.
Era arrivata ad odiare gli umani, un tempo, prima di compiere quel gesto che mai avrebbe dovuto osare. Ma il suo odio non era paragonabile a quello che provava ora per le creature Oscure, per la sua stessa famiglia, anche se lo sapeva benissimo, la colpa era solo sua.
Ora non aveva più un posto dove stare, e questo probabilmente l’ aveva capito anche lui.
Rimasero in silenzio, a distanza di cinque passi, lei con la sua disperata rabbia e lui con la sua serena offerta; un’ offerta impensabile.
“Vieni con me”
“Come?” Non se l’ aspettava, non se l’ aspettava proprio, per giunta da un ragazzino che non conosceva né il suo nome né la sua natura.

Pazzo. Fu l’ unica ipotesi che le venne in mente.
“Mi sembra di aver capito che tu non abbia nessun posto dove andare” prese fiato “Quindi puoi venire con me, se vuoi” Lei avrebbe riso se solo si fosse ricordata come si facesse, avrebbe riso a morte, di quel ragazzino incauto e della risposta che stava per dare.
Invece annuì, passandosi il pollice sul labbro inferiore, come a soppesare l’ effettiva intelligenza del ragazzo.
“Accetto, ma lasciati chiedere una cosa.” Si voltò, guardando finalmente il ragazzo e mostrando il volto. I suoi tratti erano delicati, e nonostante sembrassero ancora quelli di un bambino si poteva benissimo intuire che un bambino non era proprio, i capelli neri come la notte bagnati dalla pioggia gli ricadevano sulla fronte e gli coprivano le orecchie. Gli occhi erano due pozzi neri in cui si poteva leggere perfettamente ogni tipo di emozione, il fisico era asciutto ma per niente esile.
“Sai almeno cosa sono?” Il ragazzo non venne preso alla sprovvista da quella domanda, per tutto il tempo non aveva fatto altro che studiarla, per capire che creatura Oscura fosse; il volto era un’ ovale perfetto e il colorito più che niveo poteva sembrare cadaverico, le labbra piene e pallide, le sopracciglia scure e sottili incorniciavano gli occhi del colore dell’ ambra più pura, sovrastati da trucco rosso sulle palpebre.
Un elfo non era di certo, anche se all’ inizio non era affatto sicuro di poter escludere quella possibilità –visto che la maggior parte degli elfi avevano il colore della pelle uguali a quella di tanti altri umani e la punta delle orecchie appena accennata-, dubitava fosse un mutaforma, spesso non avevano tratti così delineati e precisi e raramente erano così alti, un vampiro no di certo, non ne esistevano più, estinti. Poteva benissimo essere qualunque cosa come una ninfa, splendida e sinuosa, dal corpo perfetto e dal colorito pallido. Ma notando il suo fisico slanciato e asciutto pensò a un licantropo ricordando anche l’ impressione che gli aveva fatto poco fa.
“Un’ elfa, della terra di Assay.” La vide sospirare e scuotere impercettibilmente la testa, le labbra increspate in un lievissimo sorriso.
Gli si avvicinò per poi posargli una mano sulla testa bagnata dalla pioggia, mentre con l’ altra si abbassava il cappuccio.
“Sei stato bravo, ci sei andato vicino.” Le orecchie erano normali, tonde e perfette.
“Tra due ore, sotto questo salice” infilò le mani in tasca e si diresse lentamente verso il cancello bianco del cimitero “sempre che tu ne abbia il coraggio” detto questo alzò il cappuccio e con un ultimo malinconico sguardo salutò la lapide senza prima soffermarsi sui fiori alla sua base.
Il mazzo di lavanda si era aperto e ora copriva tutti i crisantemi.
Segno di diffidenza. Chissà, magari ora non sarebbe più toccato a lei provare a fidarsi.

Addio, e grazie.

* Il periodo di questa storia è suddivisa in tre ‘cicli’ quali; gli anni del Giorno (3900 anni) gli anni del Crepuscolo (X anni) e gli anni della Notte (X anni)
E non ho ancora intenzione di rivelarvi di che ‘razza’ sia la nostra ragazza :D

  
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