Innanzitutto ringrazio coloro che sono
arrivati fino a qui, anche chi legge in silenzio :D in particolare Jo
Shepherd
che ha recensito il primo capitolo nonostante fosse assai scarno per
quanto
riguarda la trama della storia ^^”
Venendo a noi,
ecco il ‘primo’ capitolo, che vi chiedo di leggere
ascoltando questa splendida
canzone http://www.youtube.com/watch?v=jvwCJuDKN6o
(l’ ascolto può dare fastidio alla lettura, in
questo caso vi consiglio di
mettere il volume basso o se siete dei pigroni di non metterla neanche,
ma
questo dipende da voi) beh, non so che altro dirvi, se non che gradirei
davvero
molto delle recensioni… anche
negative, s’ intende!
Un’ ultima cosa,
spero di poter aggiornare una volta a settimana (mi ci dovrò
mettere d’ impegno
^^”)
Non posso che augurarvi una Buona lettura.
:),
Capitolo
2 – Odore di lavanda.
2°
Anno del Crepuscolo.
“Tu
credevi in me ma io sono rotta”
[Evanescence – Lost in Paradise]
Dopo
aver depositato
accanto alla lapide un fiore e aver posato sulle spalle della tremante
ballerina
un mantello, la folla si dileguò in fretta, non rimase
più nessuno. C’ era
tanto dolore nei loro cuori, la musica li aveva saldati, certo, ed era
stato un
requiem più che degno, ma la morte di una persona
è pur sempre un grande
dolore.
Ora
il cimitero sembrava del tutto deserto, con qualche salice qui e
là a fare da
guardia, una figura scura e snella sbucò proprio da dietro
il tronco dell’
albero più maestoso e più vicino alla lapide per
la quale si era appena
celebrata la cerimonia; il volto era coperto dal cappuccio del lungo
cappotto
che portava e dal quale sbucava una lunga treccia di capelli scuri. Si
avviava
a passo deciso verso la lapide con in mano un piccolo mazzo di lavanda,
incurante della pioggia.
Si,
anche a lei il cuore faceva male, anche lei aveva partecipato alla
cerimonia,
anche se lontano dagli altri aveva assistito al dolore dei presenti
sentendolo
some suo.
Giunse
di fronte al rettangolo di pietra, sulla quale erano incisi nome, le
due date e
poche parole.
Rhygen Nyv
3872
A.G. - 2 A.C. *
I demoni non sono tra noi,
siamo noi.
Non esiste la salvezza,
esiste l' oblio.
La libertà è in una gabbia di stelle.
Ah,
quanta verità in quelle parole!
La
figura scura si inginocchiò davanti alla lapide portandosi
al volto il mazzo di
lavanda sentendo i candidi e delicati boccioli sulle labbra,
inspirò sentendo
per l’ ultima volta il profumo che durante il funerale non
aveva mai smesso si
odorare. Era strano, era stato proprio lui a farle piacere quel profumo
così
fresco, e dire che lei non aveva mai provato interesse per quelle cose,
le
considerava frivole, troppo… umane.
E
ora che lui non c’ era più sarebbe tornata quella
di un tempo, ora che non ci
sarebbe più stato lui a ricordarle come si fa a vivere
sarebbe tornata la
fredda e inavvicinabile ragazza che era stata in passato.
Lasciò
cadere l’ esile pianta aprendo leggermente le pallide mani,
il mazzo cadde su
un tappeto di crisantemi bianchi.
Osservò
a lungo il contrasto creato dai due colori.
Ma
già da tempo si era accorta della presenza alle sue spalle.
Era
odore di cuoio e pioggia, era l’ odore di un umano, e sentiva
gli occhi di
quella persona sulla sua schiena.
Si
alzò in piedi voltando la testa verso la persona, ma senza
mostrare il volto.
“Non
dovresti essere qui” Era la voce di un ragazzo, ferma e
sicura. Il messaggio
nella frase era chiaro, lei lo sapeva bene, ma non aveva posto dove
andare da
quando Rhygen era morto.
Morto.
Solo
in quel momento si accorse della gravità della situazione,
non era riuscita ad
accettare il fatto, neanche quando si era trovata davanti la sua
lapide, i suoi
occhi non avevano visto davvero quel nome inciso sulla pietra, i suoi
pensieri
ci avevano girato attorno senza mai soffermarsi su quella parola.
Morto.
Si,
ora era davvero sola. I suoi occhi tornarono sulla lapide, e le si
accartocciò
il cuore vedendo ciò che prima non aveva avuto il coraggio
di ammettere.
Dimenticandosi
completamente del ragazzo dietro di lei, tirò fuori dalla
tasca del cappotto
una lunga catenina in argento con un pendente a forma di pentacolo con
una luna
incastrata tra le punte, anch’ esso in argento.
Lo
lasciò cadere sui fiori che poco prima aveva posato, alcuni
piccoli petali si
staccarono emanando un lieve e fresco odore, era un regalo che le aveva
fatto
poco dopo aver fatto conoscenza, per prenderla in giro.
“Ora
la smetterai di prendermi in giro” Sussurrò
appena, facendo attenzione a non
farsi sentire dal ragazzo.
Quando
gli aveva raccontato la sua storia lui si era messo quasi a ridere,
credeva
quasi impossibile una cosa del genere.
Non
aveva alcuna voglia si stare a sentire le parole di un ragazzino,
eppure sapeva
fin da quando era stata bandita che non sarebbe stata accettata nei
territori
degli umani. Neanche in un cimitero?
Ma
andarsene era l’ unica cosa che potesse fare.
Il
ragazzo teneva la mano sull’ elsa della spada che portava al
fianco con un
espressione seria, come quella di una persona che sa perfettamente chi
ha
davanti, l’ aveva capito, che lei non era umana.
“Addio”
Sussurrò un’ ultima volta ai ricordi guardando il
cielo grigio, “e grazie”. Non
si sarebbe mai permessa di piangere, lo stava facendo il cielo per lei.
Incontrando
Rhygen era apparso un bagliore di speranza, che nonostante tutto non si
era
ancora spento, aveva finalmente trovato un’ umano che la
accettasse per quello
che era, senza alcun timore, e quel bagliore si era poi trasformato in
una luce
forte, su cui poter fare pieno affidamento.
“Proprio
adesso dovevi lasciarmi? Vorrei tanto sapere come sei finito li
sotto” Non si
aspettava di ricevere una risposta, tanto meno dal ragazzo dietro di
lei.
“Giustiziato
per Necromanzia e tradimento.” La voce del ragazzo era ora
più vicina, ma non
le importava, doveva esserne certa.
“Erano
accuse fondate?” Riuscì a trattenere a stento il
tremito della voce.
“Si,
ha ammesso lui stesso” Fu in quel momento che
sentì il cuore sprofondare sotto
i piedi, e improvvisamente tutto, in tutto il mondo, divenne
insignificante di
fronte alla desolazione che sentiva nel cuore.
Sentiva
forte il desiderio di stringere qualcosa nelle mani e distruggerlo,
così come
si erano sbriciolate le sue speranze di poter vivere con gli essere
umani.
Credeva
di essere riuscita a farsi accettare da qualcuno, da qualcuno di umano,
che poi
umano non si era rivelato per niente.
L’
unico umano che mi ha accettato non
era umano.
Esattamente,
coloro che praticavano la Necromanzia avevano rinunciato alla propria
umanità
per poter giocare con i morti.
Chiunque
sarebbe stato scoperto a praticare la Necromanzia sarebbe stato
immediatamente giustiziato,
questo era quello che
recitava la legge stessa degli esseri umani.
Neanche
le creature Oscure accettavano coloro che la praticavano, quindi i
cosiddetti
Generatori erano obbligati a vivere nascosti, nell’ ombra e
in solitudine.
Sentiva
la testa scoppiarle e la gola prendere fuoco mozzandole il respiro. Ma
aveva
ormai imparato a controllare quelle crisi, nonostante quel giorno si
sentisse
estremamente debole.
“Non
dovresti essere qui” No, ma dove sarebbe potuta andare? La
sua mente valutò
tutte le varie possibilità, tra le quali vi era uccidere il
ragazzino, fuggire,
nascondersi sotto terra e restarci per sempre, il piano avrebbe
funzionato
anche omettendo la prima fase, ma il problema sarebbe rimasto,
nascondersi non
avrebbe risolto niente.
Poi
le sorse un dubbio, una cosa a cui prima non aveva fatto caso, qualcosa
che la
vecchia sé avrebbe notato immediatamente; il ragazzino aveva
capito subito che
lei non era umana nonostante lei si fosse camuffata.
“Senti
ragazzino, chi sei?” Le rispose il silenzio. Si
voltò un po’ di più mostrando
parte del viso pallido ma tentando comunque di celare gli occhi, dato
che in
quel momento non aveva idea di che colore potessero essere, sperava in
un bel
blu mare, anche se il solito rosso avrebbe fatto il suo effetto.
Aspettava
la risposata del ragazzino, che comunque non arrivò, ma
venne sostituita da una
frase che lei ben conosceva.
“Nella
Notte del Giorno e del Crepuscolo.” Lei sbuffò,
era una specie di formula che
conoscevano tutti, era un modo per accertarsi chi fosse la persona con
cui
stavi parlano a seconda della risposta che si otteneva.
Era
una specie di poesia, della quale il primo verso era uguale per tutti,
poi se
si era umani o creature Oscure il resto del testo cambiava.
Si
voltò di nuovo di verso la lapide sospirando.
“Illusi di poter stringere in un
palmo la
Luna,” Recitando il primo verso, un mezzo sorriso
nacque spontaneo sulle
labbra della ragazza. Certo, avrebbe benissimo potuto recitare
l’ altra parte,
quella che sapevano gli umani se solo se ne fosse ricordata anche un
solo
verso. Nonostante l’ avesse riletta più volte,
quando ancora era ospite di Rhygen,
teneva un foglio di carta sbiadita scritto in inchiostro nero con quei
quattro
versi appesi sopra al caminetto, ma forse i suoi occhi ci erano
semplicemente
scivolati sopra senza vedere davvero qualcosa, come era successo per la
lapide.
“Consci di avere il Sole tra le mani.
“In una notte in assenza di stelle,
su ali di
cenere e polvere, vola via il nostro oscuro destino.”
Non riuscì a
immaginare la reazione del ragazzino alle sue spalle, ma ciò
che la fece
irritare fu sentire i passi del ragazzo farsi più vicini.
Uno,
due, tre, quattro, cinque passi. Poi si bloccò, bloccato da
un tacito
avvertimento.
L’
aveva avvertita forte e chiara, la rabbia della creatura Oscura, era
stato come
avvicinarsi troppo a un segugio, che nonostante non avesse mostrato i
denti nel
suo invisibile sguardo si poteva cogliere una tristezza che
assomigliata troppo
all’ odio. Era come vedere uno splendido esemplare legato con
una catena troppo
corta, consapevole della sua forza e della sua inutilità.
Era
arrivata ad odiare gli umani, un tempo, prima di compiere quel gesto
che mai avrebbe
dovuto osare. Ma il suo odio non era paragonabile a quello che provava
ora per
le creature Oscure, per la sua stessa famiglia, anche se lo sapeva
benissimo,
la colpa era solo sua.
Ora
non aveva più un posto dove stare, e questo probabilmente
l’ aveva capito anche
lui.
Rimasero
in silenzio, a distanza di cinque passi, lei con la sua disperata
rabbia e lui
con la sua serena offerta; un’ offerta impensabile.
“Vieni
con me”
“Come?”
Non se l’ aspettava, non se l’ aspettava proprio,
per giunta da un ragazzino che
non conosceva né il suo nome né la sua natura.
Pazzo.
Fu l’ unica ipotesi che le venne in
mente.
“Mi
sembra di aver capito che tu non abbia nessun posto dove
andare” prese fiato “Quindi
puoi venire con me, se vuoi” Lei avrebbe riso se solo si
fosse ricordata come
si facesse, avrebbe riso a morte, di quel ragazzino incauto e della
risposta
che stava per dare.
Invece
annuì, passandosi il pollice sul labbro inferiore, come a
soppesare l’ effettiva
intelligenza del ragazzo.
“Accetto,
ma lasciati chiedere una cosa.” Si voltò,
guardando finalmente il ragazzo e
mostrando il volto. I suoi tratti erano delicati, e nonostante
sembrassero
ancora quelli di un bambino si poteva benissimo intuire che un bambino
non era
proprio, i capelli neri come la notte bagnati dalla pioggia gli
ricadevano
sulla fronte e gli coprivano le orecchie. Gli occhi erano due pozzi
neri in cui
si poteva leggere perfettamente ogni tipo di emozione, il fisico era
asciutto
ma per niente esile.
“Sai
almeno cosa sono?” Il ragazzo non venne preso alla sprovvista
da quella
domanda, per tutto il tempo non aveva fatto altro che studiarla, per
capire che creatura Oscura fosse;
il volto era
un’ ovale perfetto e il colorito più che niveo
poteva sembrare cadaverico, le
labbra piene e pallide, le sopracciglia scure e sottili incorniciavano
gli
occhi del colore dell’ ambra più pura, sovrastati
da trucco rosso sulle
palpebre.
Un
elfo non era di certo, anche se all’ inizio non era affatto
sicuro di poter
escludere quella possibilità –visto che la maggior
parte degli elfi avevano il
colore della pelle uguali a quella di tanti altri umani e la punta
delle
orecchie appena accennata-, dubitava fosse un mutaforma, spesso non
avevano
tratti così delineati e precisi e raramente erano
così alti, un vampiro no di
certo, non ne esistevano più, estinti. Poteva benissimo
essere qualunque cosa come
una ninfa, splendida e sinuosa, dal corpo perfetto e dal colorito
pallido. Ma
notando il suo fisico slanciato e asciutto pensò a un
licantropo ricordando
anche l’ impressione che gli aveva fatto poco fa.
“Un’
elfa, della terra di Assay.” La vide sospirare e scuotere
impercettibilmente la
testa, le labbra increspate in un lievissimo sorriso.
Gli
si avvicinò per poi posargli una mano sulla testa bagnata
dalla pioggia, mentre
con l’ altra si abbassava il cappuccio.
“Sei
stato bravo, ci sei andato vicino.” Le orecchie erano
normali, tonde e
perfette.
“Tra
due ore, sotto questo salice” infilò le mani in
tasca e si diresse lentamente
verso il cancello bianco del cimitero “sempre che tu ne abbia
il coraggio”
detto questo alzò il cappuccio e con un ultimo malinconico
sguardo salutò la
lapide senza prima soffermarsi sui fiori alla sua base.
Il
mazzo di lavanda si era aperto e ora copriva tutti i crisantemi.
Segno
di diffidenza. Chissà, magari ora non sarebbe più
toccato a lei provare a fidarsi.
Addio,
e grazie.
*
Il periodo di questa storia è suddivisa in tre
‘cicli’ quali; gli anni del
Giorno (3900 anni) gli anni del Crepuscolo (X anni) e gli anni della
Notte (X
anni)
E
non ho ancora intenzione di rivelarvi di che
‘razza’ sia la nostra ragazza :D