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Autore: Estiefone    29/12/2011    1 recensioni
Un Thriller/Horror. Ci sono alcuni contenuti violenti. Niente è come sembra, il prologo non dimostra nulla.
Si inseriranno scene terrificanti e le scene violente non mancheranno.
Non ci saranno scene erotiche o scene di sesso violento, e se anche fosse, non saranno descritte nei minimi particolari.
Mi scuso anticipamente per eventuali errori grammaticali.
Accetto di buon grado critiche e complimenti, Ho intenzione di migliorare, quindi potete andarci pesate (ma non troppo, ho un cuore io!! ç.ç Bene... Buona lettura allora!
La storia ha inizio!
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3.


-La trovo davvero molto male Sandra.- Guardai per un secondo James. La stanza era vuota. Avevo costretto il Sergente e i poliziotti ad uscire, anche se parecchio contrariati.
-Lo prendo come un complimento James. Non mi hai ancora detto il perchè mi hai chiamata.- Mi sorrise.
-Semplice, perchè lei è l’unica di cui io possa fidarmi. L’unica che sa cosa si prova. Che ha provato ciò che ho provato io. Che ha sentito il mio stesso dolore.-
Mi paralizzai, spalancai gli occhi. Terrore. Si, provavo paura. Solo paura.
-Come? Come lo hai capito?-
Rise.
-Lei crede che uno come me non capisca quando qualcuno è stato stuprato? Mi dica dottoressa, quanti anni aveva? E’ stato molto doloroso? Chi era? Suo padre? Un suo vicino di casa? Un Cugino troppo benevolo? Oppure un fratello...- Quelle parole mi martellavano il cervello. Era come un feroce mal di testa che nom vuole andar via. –Basta!- Sbattei i pugni sul tavolo, mentre mi alzavo e scaraventavo la sedia a terra. Il cuore pulsava sangue, mi permetteva di riflettere velocemente, i sensi si erano risvegliati, e l’adrenalina mi scorreva ferocemente nelle vene. La porta di spalancò, e sbucò la faccia del Sergente, che mi fissò sbalordito. Poi passò al viso innocente di James, che prese a fissare il tavolo.
-Dottoressa Ray? Si Sente bene?- No, non mi sento bene pezzo di merda! Eppure, avevo qualcos’altro per la testa. Potevo usare quel fatto, quel terribile incubo, come un aiuto, potevo fraternizzare con il nemico. Cominciai a calmarmi, mentre l’idea prendeva forma nella mia mente. Sorrisi docilmente al Sergente, feci un cenno d’assenso, e lui uscì lanciandomi un ultimo sguardo preoccupato. Rimisi in piedi la sedia e mi ci sedetti.
-Bene James. Tu sai il mio segreto. Ora io voglio sapere il tuo intesi? Non starò qui a subire tutti i tuoi insulti. Non starò qui con il c*** sulla sedia a sentirmi dire chi o quando sono stata...-Un groppo in gola.- Stuprata.-
Mi fissò per un secondo, stupito.
-E’ difficile ammettere una cosa del genere dottoressa.-
-Stai tranquillo, sono nella norma, prima di ammetterlo mi ci sono voluti anni e anni di terapia.-
-Una Psicologa che ha vissuto per anni e anni facendo sedute. Wow.-
-Non cambiare discorso. Tocca a te.-
-Come ha fatto a capirlo?- Mi sorrise.
-Basta osservarti, per capire che soffri, non lo vuoi far notare, ma se ci stai attento, e se sei abituato, puoi notarlo. E in più, ho notato la cicatrice.- Si passò una mano sul collo, facendo una smorfia.
-Avevo undici anni. Undici. Un tenero bambino, che ancora si chiedeva perchè la vita era così crudele. Una notte, mio padre tornò a casa, ubriaco. No, non faccia quella faccia Sandra, ci ero abituato, ogni notte tornava a casa, ubrico, fatto di qualche sostanza, e stuprava mia madre. Ma quella notte, oh no, quella notte non si accontentò. Mi nascondevo sempre sotto il letto, entrambi i miei genitori ne erano a conoscenza, infatti, quando mio padre finì con mia madre, venne a prendermi.-Lo vidi rabbrividire- Da quella notte non l’ho più guardato in faccia. Nessuno sapeva, apparte me, lui e mia madre. Nessuno aveva idea, di quello che era capace di fare quell’uomo. Due anni dopo, ormai ero incapace di reggere quel peso, cercai di suicidarmi.- Si passò la mano nel collo, e scoppiò a ridere. Non mi preoccupai, un caso come il suo era normale, si rideva per scacciare la disperazione. Il “Rido per non piangere”alla fin fine è utile. Mi alzai in piedi, e gli feci cenno di continuare. Ci mise un pò, riprese fiato. Sembrava un agnellino che si sottometteva al lupo. –Mi trovò mio padre, appeso nella mia camera. Mi tirò giù, appena in tempo, chiamò un ambulanza, e poi prese a schiaffeggiarmi. Come lo so? Ero semi-cosciente, ero in grado di sentire il dolore. Ma non era un dolore fisico, era un dolore... strano.- Alzò la mano non ammanettata e si indicò il cuore. –Il dolore, era qui dentro.- Rise di nuovo. Lo fissai. Due anime compatibili, che provavano lo stesso dolore, le stesse esperienze. Poi la sua espressione cambiò. Divenne strana, malvagia. –E’ stato divertente ucciderlo. Ad ogni colpo, gli rinfacciavo tutto il male, ferite superficiali, volevo che sentisse, che provasse ciò che ho provato io- Mi fissò. Mi sedetti di nuovo. Perchè ero così attratta? Forse, perchè eravamo simili. Alzai le maniche della camicia, e gli mostrai i polsi, le cicatrici che ancora portavo, dopo tanti anni.
-Avevo 7 anni. Il mio caro vicino di casa.Alexander Raynols. Io gli volevo bene, ma lui provava qualcosa di più. Quando tentai il suicidio ne avevo 18. Già, ho resistito più di te. Mi trovò mia madre. Feci 2 anni di Terapia, e poi, mi iscrissi all’uneversità, ero brava, molto brava, dotata. E ora mi trovo qui, a 26 anni, a parlare con un ragazzo, assassino per di più. E ora James. Dimmelo. Perchè hai ucciso undici persone?-
Mi sorrise.
-E’ proprio sicura di volerlo sapere?- Annuii. –Bene allora, si metta comoda, la storia ha inizio.-
  
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