Precious memories
flood my soul.
Once upon a long ago
-I maschi e le femmine non possono essere solo amici,
perché da grandi si innamorano.-
Remember when you were
young,
you shone like the Sun.
[Shine On You Crazy Diamond –
Pink Floyd]
Lafayette,
29 agosto 1974
Il sole splendeva
alto in quel pomeriggio stranamente afoso per un posto come quello, facendo
sudare come bestie i due ragazzini.
-Ma quanto ci mette
quella scema?- sbottò scocciato quello che se ne stava sulla gabbia di
metallo che la gente aveva ancora il coraggio di chiamare
“castello”, il busto e il capo a ciondoloni.
-Non è scema
e lo sai bene anche tu… Avrà i suoi
buoni motivi per non essere puntuale!- gli rispose l’altro, scostandosi
un po’ di ciocche scure e fradice dalla fronte pallida.
-Pffft, femmine! Buone solo a portar
rogne!- tagliò corto il primo, dondolandosi con più
velocità.
Un soffio di vento
caldo fece stormire le foglie dei quattro alberi in croce che circondavano quel
vecchio parchetto ormai frequentato solo da loro tre.
-Ra-ragazzi! Sto arrivando!-
I due distinsero
chiaramente la figura che stava sulla cima della collina, e che li aveva
salutati sbracciandosi come un’ossessa, la voce rotta per il fiatone.
-Alla
buon’ora! Si può sapere dove sei stata, razza di defic-OCCAZZO!-
Vi fu un forte
frastuono e poi un gigantesco polverone, da cui emerse il bulletto, seduto a
terra.
-Bill, tutto bene?!- gli si
affiancò l’amico, visibilmente preoccupato.
-Ti sembrano
domande da fare?!- lo rimbeccò l’altro, imprecando sottovoce per
il dolore che sentiva.
Il moro lo
ignorò e, dopo essersi messo il suo braccio intorno al collo, lo
trasportò fino alla fontanella.
Quando la bimba li
raggiunse, era intento a bagnare un fazzoletto di stoffa sotto l’acqua.
-Hey, ciao!- le sorrise, dandole un
buffetto sulla guancia e tornando poi alla sua opera da crocerossina.
-Ciao…- mormorò quella, quasi
senza guardarlo in faccia –Che è successo?-
-A quanto pare il
signorino credeva di essere Spiderman, ma gli è andata male…-
-Senti un
po’, Jeff- il rosso si bloccò nel
recitare il suo personalissimo rosario –sarebbe anche ora di smetterla di
fare il frocetto spiritoso, non credi?!-
A quelle parole
l’altro calcò la mano sul fazzoletto, facendolo ululare dal
dolore.
-MA ALLORA SEI
PROPRIO STRONZO!-
-Diciamo che mi
piace solo vederti un po’ alterato, tutto qua…-
-Piantatela, siete
veramente due poppanti.- sbottò l’amica, scuotendo il capo
rassegnata.
-Fa’ un po’ vedere...-
continuò poi, rivolta al moro.
Jeff scostò
il fazzoletto, rivelando un taglio piuttosto fondo sul ginocchio destro di
Bill.
La vista non era di
certo delle migliori, ma la bimba non si perse d’animo: senza aprir
bocca, si sfilò la bandana blu che portava sempre al polso e la
legò stretta intorno alla ferita.
Jeff la
guardò sorpreso, e con lui Bill che, spaesato, balbettò: -Sara… tuo nonno…-
-Sta’ zitto.-
Fece un ultimo nodo
alla fasciatura e si alzò, spolverandosi la salopette.
I ragazzini la
fissarono perplessi, e Jeff si decise a parlare.
-C’è
qualcosa che non va?-
Per tutta risposta,
quella scosse nuovamente il capo: -Tutto a posto, Jeffrey.-
Restarono in
silenzio per un paio di minuti: Bill era intento a cercare di staccare la coda
ad una lucertola, mentre Jeff cercava lo sguardo di Sara, che a sua volta era
impegnata nell’evitare il suo.
-Bene, ragazzi… Io adesso devo andare…
Ci si vede.- li salutò all’improvviso lei, alzando rapidamente la
mano e andandosene via correndo.
I due la salutarono
un po’ sconcertati: tutto sommato erano abituati alle sue lune, che per
fortuna cambiavano abbastanza in fretta.
Non si sentiva
più i polmoni e le gambe, e non sapeva se era più per la corsa o
per la disperazione che la stava lacerando dentro.
Una volta arrivata
alla collina, non ce la fece più.
-JEFFREY, WILLIAM,
STASERA PARTO, VADO A VIVERE IN ITALIA! ADDIO!- urlò con tutto il fiato
che aveva in corpo, per poi riprendere la sua corsa a perdifiato da dove
l’aveva lasciata.
Erano forse lacrime
quelle che stavano scivolando lungo le sue guance?
Impossibile,
io non piango mai.
-Che… che ha detto?-
-Jeff, parte…
va in Italia…-
-Ma è
dall’altra parte dell’oceano…-
-Lo so.-
Il moro
fissò il puntino sulla cima della collina e mosse un piede.
-Sara… Io…
Devo parlarle.-
Fece un paio di
passi ma venne bloccato dalla stretta dell’amico sul suo polso.
-Jeff, non possiamo fare nulla… Lasciala andare, tanto se ne vanno sempre tutti… Io e te resteremo amici per
sempre, però, te lo prometto.-
Jeffrey quasi non
lo sentiva, perso com’era nel vedere la figura dell’amica sparire
definitivamente dall’orizzonte.
-Ora torniamo a
casa, però.- lo strattonò Bill, e lui non poté far altro
che seguirlo in silenzio.
***
Seattle,
3 settembre 1975
Vittoria
arrivò davanti alla casa di uno degli amichetti prima del solito quel
giorno, in cuor suo sperava che gli altri non fossero già lì:
voleva godersi quegli ultimi istanti in quel giardinetto da sola. E la sua
richiesta venne accolta, non c'era ancora traccia di nessuno dei tre. La
bambina si sedette sul tappeto di erba, incrociando le gambe e scoprendo un
lembo di pelle; guardandosi intorno provò una fitta al petto a cui i
suoi striminziti dieci anni forse non potevano ancora dare un nome.
Forse é solo una specie di... nostalgia,
così l'ha chiamata mia mamma. pensò, giocherellando un
po’ con la gonna rossa, un po’ con qualche ciocca del suo
caschetto.
-Che stai facendo?-
La bambina
girò il viso verso l'amico dietro di lei: se ne stava in piedi, a
braccia conserte, i riccioli neri gli coprivano il volto ma non nascondevano
nemmeno lontanamente i suoi occhi scuri e curiosi.
-Cucino. Secondo te che cosa sto
facendo?-
Il bambino di
rimando le rivolse una smorfia, ma si leggeva nel suo sguardo un'espressione
divertita. Gli costava ammetterlo, ma quella ragazzina gli stava simpatica nonostante
fosse solo una femmina.
-Vuoi sederti? O
resti a guardarmi tutto il pomeriggio?- lo apostrofò, rivolgendogli un
sorrisetto ironico.
-Ti vengono degli
strani buchi ai lati della bocca quando sorridi, sai?- le rispose lui,
sedendosi di fronte.
-Davvero?-
istintivamente la bambina si portò le mani al viso, toccandoselo. -Ma,
non sento nulla! Mi stai prendendo in giro, Saul?!-
-Pff,
non scherzerei mai con una femmina: voi non sapete ridere.-
-Non é
vero!- esclamò lei di rimando.
-Si, invece! Voi sapete
disegnare, colorare, ballare, anche cantare, e mangiare, e parlare in classe
meglio di noi maschi... ma non siete
capaci di ridere. Si può sapere qual é il problema di voi
femmine?-
-Sei solo un
cretino, ecco cosa sei!-
In quel momento un
altro ragazzino, un po’ più alto di loro, uscì di casa,
correndo giù in giardino.
-Ciao Vittoria!
Ciao Saul! Come state? A che cosa giochiamo oggi?- una valanga di quesiti, una
valanga di gioia. Un bambino, insomma.
-Ciao Michael!
Giochiamo a 'maschi contro femmine'? I maschi rincorrono le femmine... peccato
che ci sia solo Vittoria, però!-
La ragazzina non si
diede per vinta, però:
-O giochiamo al
tiro a segno, uh?-
Michael se la
rideva, come al solito, nel vedere i due amici bisticciare: erano uno spasso.
-Ciaooo! A che cosa state giocando?- finalmente anche l'ultimo era arrivato,
appoggiando la bici allo steccato per poi raggiungerli.
-Non stiamo
giocando a nulla, ma Saul e Vittoria stanno litigando per deciderlo!- lo
informò Michael.
-Ancora!? Uffa, ma
siete veramente antipatici, eh! Dai, giochiamo... giochiamo... ecco, trovato!
Giochiamo alla lotta?!-
Gli altri tre si
guardarono, e dopo una frazione di secondo accettarono la proposta di Steven.
La lotta per i
quattro consisteva in un semplice duello con delle spade di plastica, vecchie e
scassate. Di solito, Vic e Michael erano dei valorosi
guerrieri che cercavano di difendere il loro regno dall'attacco di Steven e
Saul e dal loro esercito di barbari invasori.
Neanche a
precisarlo, più di una volta erano tornati a casa pieni di lividi e
botte sulle gambe ma i rimproveri dei genitori non li avevano mai persuasi dal
smettere di giocare.
-All'attacco!-
urlò Vittoria cominciando a correre contro Saul e Steven, con la spada
salda in mano.
-Addosso!-
gridò come risposta Steven, i capelli biondi che splendevano sotto il
sole.
L'agognata guerra
durò la bellezza di dieci minuti, dopodiché i quattro caddero
sopra il prato, stanchi e percossi da botte e sudore.
-Ci andiamo a
prendere un gelato?- propose Saul.
-Io non ho nemmeno
un nichelino!- protestò Vittoria.
-Femminuccia, mai
sentito parlare dello sconto delle cinque
dita?-
-Vuoi rubarlo?-
-Eh beh, che
c'è? Hai paura?-
-No.
Ma potevi dirlo chiaramente, senza dire 'lo sconto delle cinque dita', sei proprio
stupido!-
-E tu sei proprio
una femmina, sai?- la spinse il bambino, facendola finire contro Michael.
-Ehi! smettetela,
voi due e andiamo a prendere 'sto gelato!-
Venti minuti dopo erano di nuovo davanti a casa di
Michael, seduti sul marciapiede polveroso, a leccare il proprio cono.
Quattro ragazzini
di dieci anni, riscaldati dal sole. Tutti in silenzio, troppo concentrati a
riempire il loro stomaco.
Vittoria avrebbe
tanto voluto dire loro che quello sarebbe stato il loro ultimo pomeriggio di battaglie,
e insulti e coni gelato. Ma sentiva che sarebbe stato meglio non aprire bocca
in proposito: non se l'era mai cavata bene con le parole.
-Domani pomeriggio
facciamo qualcosa di diverso?- saltò fuori Steven, inclinando la testa
per raccogliere un po' di gelato che colava.
-Per esempio?- Saul
fece altrettanto.
-Boh, e che ne
so... decideremo domani.-
Il cuore di
Vittoria si fece via via sempre più piccolo:
domani pomeriggio, magari.
Dove
sarebbe stata lei, il pomeriggio successivo? Molto probabilmente già
nella casa nuova? O ancora in viaggio?
I bambini si salutarono che era sera già
inoltrata: il tempo era volato, schizzato via quasi.
-A domani, ciao!-
un saluto veloce, uno di quelli che si danno quando si ha la certezza che non
sia l'ultimo.
-Ciao Vittoria,
ciao Saul! Ciao Steven!- Michael corse in casa, sbattendo alle sue spalle la
porta.
-Io vado, stasera
devo anche finire i compiti, altrimenti chi la sente mia nonna... a domani!-
Steven salutò i due amici con la mano, afferrando la bicicletta e
pedalando a gran velocità.
Saul e Vittoria
rimasero soli, in quel marciapiede vuoto. La bambina si stupì nel
pensare che, forse, lui intuiva quello che sarebbe accaduto il giorno dopo...
ma era impossibile.
-Io vado, sono
stanca.- fu tutto quello che riuscì a dire.
-Femminuccia.- le sorrise lui.
-Antipatico. Ciao,
ci vediamo...- quanto avrebbe voluto ficcarci anche 'domani' come parola
finale, nessuno lo poteva sapere.
-A domani, ciao.-
Magari, Saul, penso che anche tu mi mancherai.
Era ormai girata,
quando Vittoria si sentì chiamare: era Saul, che si stava avvicinando a
lei.
-Volevo dirti che,
insomma... combatti bene, per essere una femmina, intendo. Se fossi un maschio,
saresti il mio migliore amico.-
-E non posso
esserlo lo stesso?-
-Non puoi.-
-E perché?-
-I maschi e le
femmine non possono essere solo amici, perché da grandi si innamorano.-
-Ma noi intanto
possiamo essere amici finché siamo bambini, o no...?- gli occhi di
Vittoria cercarono quelli di Saul.
-Andata, sì!
Tu sei la mia migliore amica, sei contenta?-
Un sorriso comparve
sul volto della bambina:
-Sì,
tantissimo! E tu il mio!-
-Saremo amici...
per sempre?-
-Sì. Per
sempre.-
Si divisero senza
un abbraccio, un saluto con la mano... semplicemente, ognuno andò per la
sua strada.
Our Little Corner
Eeeed eccoci quii! Dopo mille peripezie, siamo finalmente riuscite a
pubblicare il primo capitolo della nostra sssuper-longfic!
Salve a tutte,
siamo Sara e Vittoria, meglio conosciute come Dazed;
(sì, bazzico già per i lidi di EFP) e Jade
(no, sono la new-entry della situazione!) e questa
è la nostra fatica a quattro mani.
Come avrete potuto
notare, ci sono già delle incongruenze a livello spazio-temporale (lo
sanno cani e porci che Duff, Steven e Slash non si
conoscevano da bimbi… almeno, non tutti e tre
:D) ma prendete tutto questo come delle gigantesche licenze poetiche, che ci
servono per la narrazione.
Vi ringraziamo in
anticipo per l’aver dedicato alcuni minuti del vostro tempo per leggere
questi sproloqui e… niente, stateci bene e a
risentirci!
Adioss
Dazed; e Jade
p.s. Qui è Dazed:
volevo solo precisare che la sottoscritta si occuperà della scelta dei
titoli e delle citazioni e di elencarveli scrupolosamente, quindi…
Credits titolo storia: Precious Memories - Bob
Dylan
Credits titolo capitolo: Once Upon A Long
Ago - Paul McCartney
Grazie per
l’attenzione e arrivederci! (;