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Autore: Jade is Dazed    29/12/2011    2 recensioni
Sara e Vittoria sono amiche di vecchia data che hanno condiviso gioie e dolori, ma soprattutto l'ebbrezza di essere adolescenti nei mitici anni 80.
Ma cosa succederà quando quegli scimuniti dei loro figli dimostreranno loro che vale la pena di ritirare fuori dal cassetto tutti i loro ricordi?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Precious memories

flood my soul.

 

Once upon a long ago

-I maschi e le femmine non possono essere solo amici, perché da grandi si innamorano.-

 

Remember when you were young,
you shone like the Sun.
[Shine On You Crazy Diamond – Pink Floyd]

 

 

Lafayette, 29 agosto 1974

 

Il sole splendeva alto in quel pomeriggio stranamente afoso per un posto come quello, facendo sudare come bestie i due ragazzini.

-Ma quanto ci mette quella scema?- sbottò scocciato quello che se ne stava sulla gabbia di metallo che la gente aveva ancora il coraggio di chiamare “castello”, il busto e il capo a ciondoloni.

-Non è scema e lo sai bene anche tu… Avrà i suoi buoni motivi per non essere puntuale!- gli rispose l’altro, scostandosi un po’ di ciocche scure e fradice dalla fronte pallida.

-Pffft, femmine! Buone solo a portar rogne!- tagliò corto il primo, dondolandosi con più velocità.

Un soffio di vento caldo fece stormire le foglie dei quattro alberi in croce che circondavano quel vecchio parchetto ormai frequentato solo da loro tre.

-Ra-ragazzi! Sto arrivando!-

I due distinsero chiaramente la figura che stava sulla cima della collina, e che li aveva salutati sbracciandosi come un’ossessa, la voce rotta per il fiatone.

-Alla buon’ora! Si può sapere dove sei stata, razza di defic-OCCAZZO!-

Vi fu un forte frastuono e poi un gigantesco polverone, da cui emerse il bulletto, seduto a terra.

-Bill, tutto bene?!- gli si affiancò l’amico, visibilmente preoccupato.

-Ti sembrano domande da fare?!- lo rimbeccò l’altro, imprecando sottovoce per il dolore che sentiva.

Il moro lo ignorò e, dopo essersi messo il suo braccio intorno al collo, lo trasportò fino alla fontanella.

Quando la bimba li raggiunse, era intento a bagnare un fazzoletto di stoffa sotto l’acqua.

-Hey, ciao!- le sorrise, dandole un buffetto sulla guancia e tornando poi alla sua opera da crocerossina.

-Ciao…- mormorò quella, quasi senza guardarlo in faccia –Che è successo?-

-A quanto pare il signorino credeva di essere Spiderman, ma gli è andata male…-

-Senti un po’, Jeff- il rosso si bloccò nel recitare il suo personalissimo rosario –sarebbe anche ora di smetterla di fare il frocetto spiritoso, non credi?!-

A quelle parole l’altro calcò la mano sul fazzoletto, facendolo ululare dal dolore.

-MA ALLORA SEI PROPRIO STRONZO!-

-Diciamo che mi piace solo vederti un po’ alterato, tutto qua…-

-Piantatela, siete veramente due poppanti.- sbottò l’amica, scuotendo il capo rassegnata.

-Fa’ un po’ vedere...- continuò poi, rivolta al moro.

Jeff scostò il fazzoletto, rivelando un taglio piuttosto fondo sul ginocchio destro di Bill.

La vista non era di certo delle migliori, ma la bimba non si perse d’animo: senza aprir bocca, si sfilò la bandana blu che portava sempre al polso e la legò stretta intorno alla ferita.

Jeff la guardò sorpreso, e con lui Bill che, spaesato, balbettò: -Sara… tuo nonno…-

-Sta’ zitto.-

Fece un ultimo nodo alla fasciatura e si alzò, spolverandosi la salopette.

I ragazzini la fissarono perplessi, e Jeff si decise a parlare.

-C’è qualcosa che non va?-

Per tutta risposta, quella scosse nuovamente il capo: -Tutto a posto, Jeffrey.-

Restarono in silenzio per un paio di minuti: Bill era intento a cercare di staccare la coda ad una lucertola, mentre Jeff cercava lo sguardo di Sara, che a sua volta era impegnata nell’evitare il suo.

-Bene, ragazzi… Io adesso devo andare… Ci si vede.- li salutò all’improvviso lei, alzando rapidamente la mano e andandosene via correndo.

I due la salutarono un po’ sconcertati: tutto sommato erano abituati alle sue lune, che per fortuna cambiavano abbastanza in fretta.

 

 

Non si sentiva più i polmoni e le gambe, e non sapeva se era più per la corsa o per la disperazione che la stava lacerando dentro.

Una volta arrivata alla collina, non ce la fece più.

-JEFFREY, WILLIAM, STASERA PARTO, VADO A VIVERE IN ITALIA! ADDIO!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, per poi riprendere la sua corsa a perdifiato da dove l’aveva lasciata.

Erano forse lacrime quelle che stavano scivolando lungo le sue guance?

Impossibile, io non piango mai.

 

 

-Che… che ha detto?-

-Jeff, parte… va in Italia…-

-Ma è dall’altra parte dell’oceano…-

-Lo so.-

Il moro fissò il puntino sulla cima della collina e mosse un piede.

-Sara… Io… Devo parlarle.-

Fece un paio di passi ma venne bloccato dalla stretta dell’amico sul suo polso.

-Jeff, non possiamo fare nulla… Lasciala andare, tanto se ne vanno sempre tutti Io e te resteremo amici per sempre, però, te lo prometto.-

Jeffrey quasi non lo sentiva, perso com’era nel vedere la figura dell’amica sparire definitivamente dall’orizzonte.

-Ora torniamo a casa, però.- lo strattonò Bill, e lui non poté far altro che seguirlo in silenzio.

 

***

 

Seattle, 3 settembre 1975

 

Vittoria arrivò davanti alla casa di uno degli amichetti prima del solito quel giorno, in cuor suo sperava che gli altri non fossero già lì: voleva godersi quegli ultimi istanti in quel giardinetto da sola. E la sua richiesta venne accolta, non c'era ancora traccia di nessuno dei tre. La bambina si sedette sul tappeto di erba, incrociando le gambe e scoprendo un lembo di pelle; guardandosi intorno provò una fitta al petto a cui i suoi striminziti dieci anni forse non potevano ancora dare un nome.
Forse é solo una specie di... nostalgia, così l'ha chiamata mia mamma. pensò, giocherellando un po’ con la gonna rossa, un po’ con qualche ciocca del suo caschetto. 
-Che stai facendo?- 
La bambina girò il viso verso l'amico dietro di lei: se ne stava in piedi, a braccia conserte, i riccioli neri gli coprivano il volto ma non nascondevano nemmeno lontanamente i suoi occhi scuri e curiosi. 
-Cucino. Secondo te che cosa sto facendo?- 
Il bambino di rimando le rivolse una smorfia, ma si leggeva nel suo sguardo un'espressione divertita. Gli costava ammetterlo, ma quella ragazzina gli stava simpatica nonostante fosse solo una femmina. 
-Vuoi sederti? O resti a guardarmi tutto il pomeriggio?- lo apostrofò, rivolgendogli un sorrisetto ironico. 
-Ti vengono degli strani buchi ai lati della bocca quando sorridi, sai?- le rispose lui, sedendosi di fronte. 
-Davvero?- istintivamente la bambina si portò le mani al viso, toccandoselo. -Ma, non sento nulla! Mi stai prendendo in giro, Saul?!-
-Pff, non scherzerei mai con una femmina: voi non sapete ridere.-
-Non é vero!- esclamò lei di rimando. 
-Si, invece! Voi sapete disegnare, colorare, ballare, anche cantare, e mangiare, e parlare in classe meglio di noi maschi... ma non siete capaci di ridere. Si può sapere qual é il problema di voi femmine?- 
-Sei solo un cretino, ecco cosa sei!-
In quel momento un altro ragazzino, un po’ più alto di loro, uscì di casa, correndo giù in giardino.
-Ciao Vittoria! Ciao Saul! Come state? A che cosa giochiamo oggi?- una valanga di quesiti, una valanga di gioia. Un bambino, insomma. 
-Ciao Michael! Giochiamo a 'maschi contro femmine'? I maschi rincorrono le femmine... peccato che ci sia solo Vittoria, però!- 
La ragazzina non si diede per vinta, però:
-O giochiamo al tiro a segno, uh?-
Michael se la rideva, come al solito, nel vedere i due amici bisticciare: erano uno spasso. 
-Ciaooo! A che cosa state giocando?- finalmente anche l'ultimo era arrivato, appoggiando la bici allo steccato per poi raggiungerli. 
-Non stiamo giocando a nulla, ma Saul e Vittoria stanno litigando per deciderlo!- lo informò Michael. 
-Ancora!? Uffa, ma siete veramente antipatici, eh! Dai, giochiamo... giochiamo... ecco, trovato! Giochiamo alla lotta?!-
Gli altri tre si guardarono, e dopo una frazione di secondo accettarono la proposta di Steven. 
La lotta per i quattro consisteva in un semplice duello con delle spade di plastica, vecchie e scassate. Di solito, Vic e Michael erano dei valorosi guerrieri che cercavano di difendere il loro regno dall'attacco di Steven e Saul e dal loro esercito di barbari invasori. 
Neanche a precisarlo, più di una volta erano tornati a casa pieni di lividi e botte sulle gambe ma i rimproveri dei genitori non li avevano mai persuasi dal smettere di giocare. 
-All'attacco!- urlò Vittoria cominciando a correre contro Saul e Steven, con la spada salda in mano. 
-Addosso!- gridò come risposta Steven, i capelli biondi che splendevano sotto il sole. 
L'agognata guerra durò la bellezza di dieci minuti, dopodiché i quattro caddero sopra il prato, stanchi e percossi da botte e sudore. 
-Ci andiamo a prendere un gelato?- propose Saul. 
-Io non ho nemmeno un nichelino!- protestò Vittoria. 
-Femminuccia, mai sentito parlare dello sconto delle cinque dita?-
-Vuoi rubarlo?-
-Eh beh, che c'è? Hai paura?-
-No. Ma potevi dirlo chiaramente, senza dire 'lo sconto delle cinque dita', sei proprio stupido!-
-E tu sei proprio una femmina, sai?- la spinse il bambino, facendola finire contro Michael. 
-Ehi! smettetela, voi due e andiamo a prendere 'sto gelato!-


Venti minuti dopo erano di nuovo davanti a casa di Michael, seduti sul marciapiede polveroso, a leccare il proprio cono. 
Quattro ragazzini di dieci anni, riscaldati dal sole. Tutti in silenzio, troppo concentrati a riempire il loro stomaco. 
Vittoria avrebbe tanto voluto dire loro che quello sarebbe stato il loro ultimo pomeriggio di battaglie, e insulti e coni gelato. Ma sentiva che sarebbe stato meglio non aprire bocca in proposito: non se l'era mai cavata bene con le parole. 
-Domani pomeriggio facciamo qualcosa di diverso?- saltò fuori Steven, inclinando la testa per raccogliere un po' di gelato che colava. 
-Per esempio?- Saul fece altrettanto. 
-Boh, e che ne so... decideremo domani.-
Il cuore di Vittoria si fece via via sempre più piccolo: domani pomeriggio, magari.

Dove sarebbe stata lei, il pomeriggio successivo? Molto probabilmente già nella casa nuova? O ancora in viaggio?


I bambini si salutarono che era sera già inoltrata: il tempo era volato, schizzato via quasi. 
-A domani, ciao!- un saluto veloce, uno di quelli che si danno quando si ha la certezza che non sia l'ultimo. 
-Ciao Vittoria, ciao Saul! Ciao Steven!- Michael corse in casa, sbattendo alle sue spalle la porta. 
-Io vado, stasera devo anche finire i compiti, altrimenti chi la sente mia nonna... a domani!- Steven salutò i due amici con la mano, afferrando la bicicletta e pedalando a gran velocità. 
Saul e Vittoria rimasero soli, in quel marciapiede vuoto. La bambina si stupì nel pensare che, forse, lui intuiva quello che sarebbe accaduto il giorno dopo... ma era impossibile. 
-Io vado, sono stanca.- fu tutto quello che riuscì a dire. 
-Femminuccia.- le sorrise lui. 
-Antipatico. Ciao, ci vediamo...- quanto avrebbe voluto ficcarci anche 'domani' come parola finale, nessuno lo poteva sapere. 
-A domani, ciao.-
Magari, Saul, penso che anche tu mi mancherai. 
Era ormai girata, quando Vittoria si sentì chiamare: era Saul, che si stava avvicinando a lei. 
-Volevo dirti che, insomma... combatti bene, per essere una femmina, intendo. Se fossi un maschio, saresti il mio migliore amico.-
-E non posso esserlo lo stesso?-
-Non puoi.-
-E perché?-
-I maschi e le femmine non possono essere solo amici, perché da grandi si innamorano.-
-Ma noi intanto possiamo essere amici finché siamo bambini, o no...?- gli occhi di Vittoria cercarono quelli di Saul. 
-Andata, sì! Tu sei la mia migliore amica, sei contenta?-
Un sorriso comparve sul volto della bambina:
-Sì, tantissimo! E tu il mio!-
-Saremo amici... per sempre?-
-Sì. Per sempre.-
Si divisero senza un abbraccio, un saluto con la mano... semplicemente, ognuno andò per la sua strada. 

 

 

 

Our Little Corner

Eeeed eccoci quii! Dopo mille peripezie, siamo finalmente riuscite a pubblicare il primo capitolo della nostra sssuper-longfic!

Salve a tutte, siamo Sara e Vittoria, meglio conosciute come Dazed; (sì, bazzico già per i lidi di EFP) e Jade (no, sono la new-entry della situazione!) e questa è la nostra fatica a quattro mani.

Come avrete potuto notare, ci sono già delle incongruenze a livello spazio-temporale (lo sanno cani e porci che Duff, Steven e Slash non si conoscevano da bimbi… almeno, non tutti e tre :D) ma prendete tutto questo come delle gigantesche licenze poetiche, che ci servono per la narrazione.

Vi ringraziamo in anticipo per l’aver dedicato alcuni minuti del vostro tempo per leggere questi sproloqui e… niente, stateci bene e a risentirci!

Adioss

 

Dazed; e Jade

 

p.s. Qui è Dazed: volevo solo precisare che la sottoscritta si occuperà della scelta dei titoli e delle citazioni e di elencarveli scrupolosamente, quindi…

Credits titolo storia: Precious Memories - Bob Dylan

Credits titolo capitolo: Once Upon A Long Ago - Paul McCartney

 

Grazie per l’attenzione e arrivederci! (;

  
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