Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Segui la storia  |       
Autore: Maggie_Lullaby    29/12/2011    6 recensioni
Nick, dopo la fine della storia d'amore più bella della sua vita, sembra non sapere come andare avanti e si lancia nel suo lavoro più di quanto non abbia mai fatto.
Clio è una bambina dalla spiccata intelligenza, una parlantina acuta e gli occhi da sognatrice.
Quando si incontrano per caso, nell'ultimo posto in cui entrambi vorrebbero essere, scopriranno che, in un modo o nell'altro, non possono più stare l'uno senza l'altra.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2.


Hello, hello
anybody out there?
'cause I don't hear a sound
alone, alone
I don't really know where the world is but I miss it now.
I'm out on the edge and I'm screaming my name
like a fool at the top of my lungs
sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
but it's never enough
cause my echo, echo
is the only voice coming back

{Echo; Jason Walker}

 

Il giorno prima, non appena aveva messo piede in casa, era stato assillato da Denise con decine di domande e richieste. Aveva risposto a monosillabi e, non appena sua madre si era calmata un pochino, era salito in camera sua, rendendosi conto di essere distrutto dalla stanchezza. Era caduto addormentato sul letto dopo appena cinque minuti, ancora vestito e con le scarpe ai piedi. Era rimasto a letto anche tutto il giorno seguente, alterando ore di sonno a qualche minuto speso a leggere un libro e ad ascoltare musica. 

Dopo la terza volta che era stato male i suoi genitori l'avevano costretto a tornare a vivere con loro finché non avrebbero saputo cos'aveva e non fosse stato meglio. Quando l'aveva saputo, si era trattenuto con tutto sé stesso dal mettersi a urlare contro i suoi genitori che non era più un bambino, che era grande, che poteva cavarsela da solo.

Fu con malavoglia che si alzò dal letto alle quattro e mezzo del pomeriggio per andare al Pronto Soccorso a ritirare i risultati degli esami.

«Ti accompagno», disse sua madre, vedendolo scendere le scale. Aveva già le scarpe ai piedi e il giubbotto in mano.

«Non è necessario, mamma», disse Nicholas, cercando di nascondere la vena seccata nella sua voce.

Denise scosse il capo, seria.

«Voglio parlare con il tuo medico», disse, aprendo la porta di casa e facendogli cenno di uscire.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e fece come gli era stato detto, entrando nella macchina della madre con le braccia incrociate al petto.

Solo quando anche Denise fu seduta a posto con la cintura allacciata rivolse un sorriso al figlio, accarezzandogli il viso.

«Stai bene, tesoro?», domandò dolcemente.

Nick la guardò e annuì.

«Mi hai fatto preoccupare, sei rimasto a letto da ieri sera...», disse, infilando le chiavi della macchina e facendola partire, uscendo lentamente dal vialetto di casa.

«Ero stanco», spiegò debolmente lui, grattandosi la punta del naso.

Denise sospirò.

«Joe è passato per sapere come stavi», lo informò dopo qualche minuto di silenzio.

Nick non riuscì a trattenere uno sbuffo.

«È preoccupato per te».

«Beh, non ha ragione di esserlo», sbottò lui, più rudemente di quanto volesse.

Denise alzò un sopracciglio, accigliata, per poi riposare lo sguardo sulla strada.

Nick guardò fuori dal finestrino, la fronte appoggiata al vetro, stanco. Stanco delle continue attenzioni dei suoi familiari, dei suoi amici, anche i tweet che riceveva dalle sue fan iniziavano a irritarlo, anche se aveva scritto chiaramente “Sto benissimo, davvero, non era niente di grave” accompagnando il tutto con un'emoticon felice.

«Amore...», disse Denise a bassa voce, guardandolo una volta fermatasi a un semaforo rosso. «Che cos'hai?».

«Non ho niente», rispose seccato Nicholas, guardandola arrabbiato. «Sto bene, la volete smettere di chiedermi come sto?!».

Denise ascoltò le parole del figlio attentamente, prima di riprendere a parlare.

«Sei nervoso», riprese, «sempre arrabbiato, continui a stare male, a dormire...».

Nick cercò di non prestarle attenzione, rivolgendo il suo sguardo altrove.

«Non pensavo che la tua rottura con...».

«Non dirlo», mormorò Nick, con tono flebile, guardandola di nuovo. Denise si stupì nel vedere gli occhi del figlio farsi lucidi.

«Mamma, ti prego, non dire il suo nome».

La donna sospirò e annuì, allungandosi per baciargli la fronte, prima di premere l'acceleratore non appena il rosso divenne verde.

Arrivarono in ospedale qualche minuto dopo, appena in tempo per l'appuntamento con il dottor Turner. Un'infermiera li fece accomodare nello studio vuoto del medico, dicendo loro che il dottore stava finendo una visita e che sarebbe arrivato tra breve.

Nicholas diede un'occhiata allo studio: le pareti erano rigorosamente bianche, piene di premi e riconoscimenti incorniciati. Sulla scrivania c'erano un paio di foto che ritraevano una donna riccia e mora, che doveva essere la signora Turner, e una bambina ancora nel passeggino.

Denise leggeva le targhe dei riconoscimenti con aria apprensiva, come se stesse scoprendo solo ora a chi aveva affidato la salute del figlio. Doveva essere soddisfatta, perché quando tornò a guardare Nicholas sorrideva.

«Cosa ne pensi del dottor Turner?», chiese, interessata.

«È uno a posto», disse Nick, scrollando le spalle.

Denise annuì e tornò a guardarsi intorno, sapeva che non avrebbe ricevuto altri commenti riguardanti il medico.

La porta si spalancò poco dopo.

«Scusatemi», disse Jim Turner, sinceramente dispiaciuto, chiudendosi la porta alle spalle e stringendo vigorosamente la mano a Denise e a Nicholas. «Molti colleghi sono in malattia e l'ambulatorio era pieno. Lei deve essere la signora Jonas», sorrise a Denise, mostrando una dentatura perfetta.

Denise annuì, ancora in piedi dopo essersi alzata per salutare il medico.

«Sì, dottor Turner, non ci siamo visti prima perché avevo parlato con il suo collega, il dottor...».

«Sullivan, certo», annuì il medico, interrompendola. «Nessun problema, signora, davvero».

Si sedette dietro la scrivania e Denise lo imitò.

«Ora, Nicholas», disse Jim, intrecciando le mani sopra la scrivania, rivolgendosi al diciannovenne. «Come ti senti?».

Se avesse sentito ancora una volta quella frase avrebbe probabilmente urlato.

«Sto bene», rimarcò per quella che gli parve la millesima volta.

Il medico sfogliò la cartella medica con cui era entrata.

«Le analisi di ieri non hanno rivelato nulla di particolarmente strano», spiegò con tono professionale. «Come avevo già supposto, la causa dell'ultimo svenimento è stato un calo di zucchero. Ne ho parlato con un mio collega, e mi ha detto che spesso un crollo nervoso, molti impegni o quando qualcuno è particolarmente sotto pressione può avere queste reazioni. O peggio. Non posso prescriverti una vera e propria cura, Nicholas, perché è tutta una questione mentale. Dovresti prenderti una pausa, capisco che la tua professione imponga determinati impegni, ma come tua madre e qualsiasi altro potrà dirti, la tua salute viene prima di tutto.

«Hai bisogno di dormire, mangiare, e vivere una vita da adolescente normale per qualche tempo. Il mio collega mi ha detto che se non si inizia a calmare dai nervi l'organismo, la situazione potrebbe degenerare. Può sembrare poco grave al momento la tua condizione, Nicholas, ma lo è per ora. Se non inizi a rilassarti potresti stare molto peggio, se poi consideriamo il diabete... Meglio prevenire che curare, giusto?», cercò di sorridere ma non appena incrociò lo sguardo del ragazzo il suo sorriso si spense.

Nick aveva annuito per tutta la spiegazione del medico, lentamente, mentre dentro di sé urlava. Turner non capiva, non poteva capire che tutto ciò che aveva fatto ultimamente, tutti gli impegni presi, i concerti da solista fatti, le interviste, gli incontri con altri artisti per comporre erano il suo unico modo per ritrovare un po' di felicità dopo di lei. Non poteva chiedergli di mollare tutto, all'improvviso. Se l'avesse fatto, avrebbe pensato solo a lei, ai loro appuntamenti, ai loro baci, al suo sorriso e il modo in cui gli diceva che lo amava.

E l'avrebbe fatto impazzire.

Sia Denise che il dottor Turner aspettarono che dicesse qualcosa.

«Tesoro, aspetteresti qui fuori qualche minuto, per favore? Vorrei parlare con il signor Turner».

Nick uscì, come un automa, e non appena fu fuori da quello studio si lasciò cadere per terra lungo la parete, la testa tra le mani.

Cercò di trattenere le lacrime che, prepotenti, lottavano per poter uscire. Ne sfuggì solo una.

Si sentiva soffocare in quell'ospedale, sembrava che le pareti si stessero rimpicciolendo, schiacciandolo, togliendogli il fiato.

Si alzò e, barcollante, si diresse verso l'uscita dell'ospedale. Non appena una ventata d'aria fresca lo colpì si sentì un po' meglio e si sedette sulla scalinata di marmo, appoggiando la testa alla parete al suo fianco.

Chiuse gli occhi, inspirando con forza l'aria fresca, cercando di calmarsi. Si sentiva la mente annebbiata, come se avesse bevuto troppo.

«Nick?», disse una voce melodica e armoniosa, poco distante. Una voce di bambina.

Il ragazzo riaprì gli occhi e vide Clio davanti a lui, gli occhioni spalancati che lo fissavano.

«Clio», mormorò, cercando di darsi un contegno. «Ciao...».

La bambina accennò un saluto con una mano.

«Non stai bene», constatò, con tono innocente.

A Nick scappò una risata spenta.

«No, non molto, hai ragione», mormorò con la gola secca.

Clio si sedette accanto a lui.

«Posso aiutarti?», chiese.

Nick le fece un sorrisetto riconoscente.

«No, grazie Clio, non puoi».

Clio abbassò il capo, triste.

«Ti hanno detto che sei malato?», chiese.

«Quello lo sapevo da tempo. Mi hanno detto che devo semplicemente smettere di fare una cosa che amo molto per... un po'».

Clio annuì, ascoltandolo attentamente, corrugando la fronte.

«Ma non è grave, vero?», domandò.

«Niente di grave», assicurò il riccio.

«Sicuro sicuro?».

«Al cento per cento».

Clio fece un gran sorriso.

«Oh, bene!», esclamò.

Nick fece un cenno strano con la testa. Già, teoricamente era un bene, no?

«Dov'è tua mamma?», domandò, cambiando repentinamente argomento.

«Dentro», disse la bambina, accennando con un dito all'ospedale. «Tanti fogli da firmare, medici con cui parlare...».

Nick annuì e lanciò un'occhiata alla porta del pronto soccorso, chiedendosi se sua madre avesse finito di parlare con Mr-Sorriso-Perfetto.

«Ti va di prendere un gelato?», domandò improvvisamente Clio, di nuovo allegra, guardandolo negli occhi.

«Ehm...», si guardò intorno. Considerando che non aveva mangiato praticamente nulla dal giorno prima, un gelato pieno di zuccheri gli avrebbe fatto solo bene, ma di certo non voleva sparire con una bambina malata di cancro da un ospedale.

«Aspettiamo tua mamma, prima, okay?».

«Ma la mia mamma ci metterà secoli», borbottò Clio, incrociando le braccia al petto e montando una smorfia sul viso.

«Anch'io devo aspettare mia mamma, sai?», disse cercando di cambiare argomento.

Clio mugolò, come per avvertirlo che lo ascoltava.

«Anche lei sta parlando con un dottore», continuò a spiegare, alzando lo sguardo verso il cielo.

Rimase ad osservare una nuvola bianca e soffice, spostata dal movimento costante del cielo, a guardare il cielo azzurro.

«Vuoi bene alla tua mamma?», chiese improvvisamente Clio, strappandolo dalle sue riflessioni.

A quella domanda il suo sorriso si aprì.

«Moltissimo», rispose.

«Anch'io ne voglio tanto a mia mamma», disse la bambina.

«Sono sicuro che è così», disse Nicholas.

Clio fece per dire qualcosa, ma fu interrotta sul nascere da una voce femminile.

«Nick!», esclamò Denise, facendo voltare il figlio. «Non ti trovavo più! Mi sono spaventata!».

Il diciottenne alzò gli occhi al cielo facendo ridere Clio.

«Scusa, mamma».

Denise raggiunse il figlio.

«Ciao», sorrise poi, notando la bambina, e accennando a un saluto con una mano.

«Ciao!», ricambiò lei, sventolando la mano destra con forza.

«Piccolina, dov'è la tua mamma?», chiese, cercando una donna nei dintorni.

«Laura sta firmando delle carte e parlando con dei medici», disse Nicholas al posto di Clio, incuriosendo la madre.

«Oh, le conosci?», disse, sorridente.

«Da ieri», annuì Clio concitatamente, come se “ieri” fosse una vita prima.

Denise sorrise e si sedette accanto al figlio.

«Aspettiamola prima di andare via, okay?», disse quest'ultimo, guardandola. «Non voglio lasciare Clio sola».

«Ma certo!», annuì la donna. «Hai veramente uno splendido nome, Clio!».

«Grazie», disse lei, mentre le gote le si tingevano appena di rosso.

Aspettarono in silenzio per il resto del tempo, Clio giocherellava con i suoi capelli, Denise scriveva una lunga e-mail a qualche amico sparso per gli Stati Uniti, mentre Nick aveva ripreso ad osservare il cielo e le nuvole. Non voleva pensare alle parole del medico, non in quel momento, sapeva che non appena fossero stati soli sua madre ne avrebbe parlato allo sfinimento.

Stava pensando che la nuvola che stava osservando in quel momento aveva la forma di una chitarra quando sentì la voce di Laura chiamare Clio.

Si voltò e la vide incespicare mentre correva verso la figlia.

Solo quando si alzò e la guardò bene in voltò Laura parve riconoscerlo.

«Nicholas!», disse, guardandolo. «Ciao, come stai?».

«Bene», mentì lui, senza nascondere troppo la bugia. «E lei?».

Laura minimizzò la risposta con un cenno d'assenso e un sorriso leggero.

Denise era di nuovo in piedi e aveva allungato una mano verso la giovane donna per stringerle la mano.

«Sono Denise Jonas, la madre di Nicholas», si presentò educatamente.

«Laura Randall, molto piacere», ricambiò Laura, cortese.

Clio tirava il vestito della madre con una mano, cercando la sua attenzione.

«Mamma, mamma, possiamo andare a prendere un gelato con Nick? Per favore!», la supplicò, iniziando a saltellare sul posto.

Nick sorrise vedendo quella scena e Denise, che lo guardava con la coda dell'occhio, ne fu piacevolmente sorpresa.

Laura lanciò un'occhiata al diciannovenne.

«Devi chiedere prima a lui, tesoro», disse.

«Ma lui ha voglia, vero Nick? Vero?».

«Certo», annuì lui, sinceramente.

Il sorriso di Laura si aprì.

«Beh, allora perché no... Signora, lei permette?», chiese poi rivolgendosi a Denise.

Denise annuì.

«Certo, vengo con voi se non vi disturba».

«Assolutamente no, si figuri! Conosco una gelateria qui poco distante, molto buona, possiamo andare a piedi se vi va».

Clio annuì vigorosamente, come per dire che era perfettamente daccordo con le parole della mamma.

«Faccia strada», disse Nick, accennando un'ombra di sorriso.

 

Continua...

Angolino della squilibrata:

Canzone del capitolo, una grande canzone con parole bellissime che vi consiglio di ascoltare attentamente *si soffia il naso* E' bellissima çwç http://www.youtube.com/watch?v=RiwKZUYMvaE

Prima di tutto ringrazio tutti voi per le cinque recensioni ricevute, sono veramente contenta, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che me lo facciate sapere, anche le critiche sono molto ben accette, davvero.

Non c'è molto da chiarire a proposito di questo capitolo... se avete delle domande sarò felice di rispondervi, ovviamente.

Dato che domani o dopodomani parto (ooh i misteri della vita ._.) e non so esattamente quando tornerò vi dico che il prossimo capitolo dovrebbe arrivare il 6 o 7 Gennaio, e da quel momento gli aggiornamenti si stabilizzeranno una volta a settimana, probabilmente il Venerdì.

Mi scuso se in questo capitolo le varie frasi hanno diverse dimensioni, ma l'HTML mi odia. çwç That's so sad.

A questo punto vi auguro BUON ANNO, spero che il vostro 2012 sia meraviglioso e ricco di sorprese belle e felici.

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: Maggie_Lullaby