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Autore: RedJoanna    29/12/2011    0 recensioni
Sul fatto di stare qui al distretto, sono stata d'accordo. Quando hai voluto che la tua sedia venisse sostituita con una riproduzione del trono della reggia di Versailles, ho fatto in modo che tu venissi accontentato. Quando hai manomesso il mio computer impostando come desktop una tua foto, ho sorvolato.[...]Quando hai voluto un walkie-talkie sintonizzato sulle frequenze della polizia, ho fatto da mediatrice perché il capitano ti accontentasse. Quando hai preteso un lettore mp3 con sensore in modo che quando uscissi dall'ascensore si sentisse la tua theme song personale, l'ho accettato. Ma adesso...
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Roy Montgomery
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Prima stagione
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*Sproloqui dell'Autrice*: ed ecco, dopo mesi di assenza, il quarto capitolo (scritto sotto le pressioni di una mia amica... che ha fatto benissimo a mettermi sotto pressione).
Sono quasi emozionata, seriamente =')
Beh, ve lo lascio, sperando che sia di vostro gusto, anche se non è il massimo.
A presterrimo!



4.
-Cosa abbiamo?
-Sarebbe più corretto chiedere chi non abbiamo.
Beckett sollevò un sopracciglio in direzione di Esposito, che si spiegò meglio:
-Che fine ha fatto l'imperatore del distretto?
La detective soffocò una risatina di soddisfazione e assunse un'espressione compunta e dispiaciuta:
-Oh, una disgrazia. Si è praticamente sfracellato per non ho capito quale ragione. E' ricoverato in Ortopedia al Mount Sinai. Penso che ne avrà per un bel po'.
Mentre un ghigho sadico affiorava sulle sue labbra, si accorse che Esposito la stava fissando con sospetto. Fondato, per giunta.
-Beh, mi vuoi dire cosa è successo qui?- strillò Beckett, nella foga di cambiare argomento.
Ci volle un po' perché Esposito distogliesse lo sguardo dalla collega, non proprio convinto che quello che era accaduto a Castle fosse stato una disgrazia e che Beckett non c'entrasse niente.
Stesa a pancia in giù al centro del palcoscenico dell'Amsterdam Theatre c'era una ragazza dai folti riccioli biondi, con indosso solo un costume da lama. Il cappuccio era stato abbassato fino a sfiorare le spalle della vittima perché il suo volto ricoperto da strati di trucco fosse ben visibile.
-Si chiamava Claire Court, donna bianca, diciannove anni. Aveva da poco cominciato a fare la comparsa in alcuni musical. Secondo me, quello andato in scena ieri era ambientato in Perù.
-Non è improbabile.
-Devo contraddirla, signorina.
I due detective si voltarono verso l'ometto che era apparso dall'oscurità delle quinte. Beckett non era sicura che fosse stato proprio lui a parlare: era immobile, in piedi, con la sua corporatura da nani da giardino. E i nani da giardino non parlano.
Ma è anche vero che i nani da giardino non portano completi di Armani e tracolle firmate Louis Vuitton.
-Permettete che mi presenti: sono Thomas S. Hamarton, il direttore artistico.
Il vecchio, piccolo di statura e panciuto come una teiera vittoriana, ma altezzoso come se non se ne fosse mai accorto, si fece avanti per stringere la mano dei detective.
Alzandosi in punta di piedi, ovviamente.
-Cosa... cosa stava dicendo?- chiese Beckett, tentando di nascondere il suo sbalordimento.
-Dicevo che ieri era il giorno di chiusura del teatro.
-Sul serio?
-Sul serio-sul serio- annuì Hamarton.
-Sarebbe possibile avere le registrazioni delle telecamere di sorveglianza?
-Farò in modo che le arrivino al più presto, detective...?
-Beckett.
-Beckett. Bene, è stato un piacere conoscerla. Spero che riuscirà a far luce su questo orrendo delitto.
-Anche io. E forse, rimanendo qui per sovrintendere alle indagini scientifiche, è più probabile che ci riesca.
-Mi dispiace, ma abbiamo spettacoli da mettere in scena.
-Mi creda, dispiace anche a me, ma questa è la scena di un crimine. Deve chiudere il teatro, almeno per oggi.
Hamarton fissò Beckett socchiudendo gli occhi in una comica smorfia di sfida e allargò le narici porcine credendo di farle paura.
-Oh, e va bene. Ma dica ai suoi uomini di sbrigarsi- mugugnò l'ometto prima di sparire nel backstage.
Beckett distolse subito gli occhi da lui, ben decisa a non dargli ascolto.
Ma purtroppo, qualcos'altro giunse alle sue orecchie.
-Novantanove scimmie saltavano sul letto, una cadde in terra e si ruppe il cervelletto!
La detective spostò gli occhi su Ryan, che aveva pensato bene che la fettuccia gialla fosse un ottimo sostituto della corda per saltare.
Spalancò occhi e bocca, sibilando:
-Chi te l'ha data l'idoneità psicologica?
Se la filastrocca del poliziotto irlandese aveva tanto scioccato Beckett, invece aveva dato un'idea luminosa ad Esposito.
-Beckett, posso prendermi due ore di permesso?
-C'è qualche problema?- chiese la detective, senza distogliere gli occhi da Ryan.
-No, niente che non possa risolversi.
-Va bene, puoi andare.
-Grazie. Ciao.
-Vuoi che venga anche Ryan con te?- gli urlò dietro la collega, mentre il detective latino era già arrivato a metà platea.
Esposito osservò il suo partner saltellare con il nastro giallo e rispose:
-Non vorrei disturbare lui e le novanta scimmie che gli sono rimaste sul letto.

* * *

Esposito si avvicinò ad un'infermiera dalla pelle ambrata e i capelli neri racchiusi in una cuffietta bianca.
La donna gli sorrise e corse ad abbracciarlo.
-Javier!
-Milagros, che bello vederti!
-Come mai sei qui, cuginetto?
Il detective liberò la cugina dalla sua stretta e avanzò la sua richiesta.
-Sto cercando Richard Castle. E' ricoverato qui, vero?
-Mai che vieni qui solo per trovare la tua cuginetta, eh?
Esposito si sentì onnipotente per aver previsto quella risposta di Milagros e per essersi attrezzato per addolcirla.
Le porse l'enorme mazzo di rose gialle e bianche che aveva fatto preparare da un fiorista lungo la strada.
-Queste sono per te, mi corazòn.
-Sono bellissimi! Non dovevi, Javier.
-Certo che dovevo. Sei la mia cuginetta preferita!
-E anche l'unica che hai. Vieni, ti porto dallo Sfregiato.
-Lo... Sfregiato?
-Richard Castle. E' ridotto proprio male.
Esposito deglutì e si sentì uno schifo anche solo perché gli era venuta in mente quell'idea.
E se Castle stava troppo male per prendere parte al suo piano?
O, peggio, se non fosse stato d'accordo?
Ma poi ricordò che da quando Castle era entrato a far parte della sua vita, Beckett era sembrata più simile ad un'umana e meno ad una zombie perennemente al lavoro. Era per lei che lo faceva.
-Signor Castle? Visite per lei- gridò Milagros, affacciandosi in una stanza.
-Grazie- sorrise Javier rivolto alla cugina infermiera, che si allontanò alla ricerca di un vaso in cui mettere i fiori.
Il detective respirò a fondo, deglutì ed entrò nella camera.
-Yo, bro'! Come va la vita?- lo salutò Castle, sfoderando il suo solito tono disinvolto e brioso che stonava un bel po' messo in bocca ad una mummia stesa in un letto d'ospedale.
-Dovrei chiederlo io a te.
-Starei meglio senza gesso e con una SPA a portata di mano, ma...
-E' stata Beckett, vero?
-Ne sono sicuro. Mi vuole fuori dai piedi. Mi aveva già chiesto di andarmene e io l'ho fatto. Ma mi ha portato un elefante in casa per distruggermi.
-Non si fida di te.
-Oh, questo l'avevo capito. Però, se solo mi avesse chiesto con gentilezza di togliere le tende, io l'avrei ascoltata.
-Ma per piacere. Non ci credi neanche tu.
Castle mise su il broncio, che però presto scomparve dietro un tenero sorriso.
-Castle, rispondimi in tutta sincerità- cominciò Esposito, prendendo il coraggio a due mani.
Tutto sarebbe andato per il verso giusto se lo scrittore avesse accettato di prendere parte al suo piano.
E se Beckett fosse rimasta all'oscuro di tutto.
-Dimmi, bro'.
-Vuoi tornare al distretto?
-Certo che sì!
Bene, una domanda era andata.
-Ho in mente una cosa e...
-Spara.
-Ok. Allora, ci è appena stato affidato un caso. Tu potresti aiutarmi a trovare la soluzione, che io darò a Beckett. Rivelando poi che è tutto farina del tuo sacco.
-Lo faresti davvero?
-Sì. Perché?
-Fossi in te, io non direi mai che è opera di un altro. In particolar modo se quell'altro aveva ragione.
-Ma io non sono te, bastardo di uno scrittore. Ci stai?
-Se le condizioni sono solo queste...
-No, aspetta. Mi devi anche promettere di non eliminare la mia scrivania per far spazio alla tua piscina...
-Ma c'è lo scivolo acquatico!
-Non me ne frega niente. Allora?
-Beh, in tal caso la faccenda cambia. Ci devo pensare.
Esposito abbassò la testa, rabbuiato. Aveva avuto a che fare con abbastanza persone da sapere che "ci devo pensare" solitamente vuol dire "no".
Evvabbeh, non era andata.
-Allora, Esposito. Chi è stato ammazzato e in che modo?



   
 
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