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Autore: Gray Winter    29/12/2011    8 recensioni
Sirius troppo testardo, Marlene troppo sola.
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Ma prima di andare si guarda indietro un istante, incerto. E pensa che, tutto sommato, potrebbe tornare da lei munito della sua migliore faccia da schiaffi, una tazza di caffè in una mano e una ciambella gigante nell’altra; o potrebbe stravaccarsi sul suo divano, una sigaretta fra le labbra, e salutarla con una battuta salace sulla notte appena trascorsa. Oppure… oppure potrebbe aspettarla e basta, senza perché e senza ma.
Il pensiero gli balena in mente come un lampo, sparendo con la stessa velocità con cui è giunto.
Sirius scuote energicamente la testa, cercando di rinsavire -da quando si è messo a fare il sentimentale?; e, mentre svanisce, la sua risata iiriverente vibra fra le foglie cristallizzate nella morsa dell’inverno.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Neve

 

 

 

L’alba stende pennellate tenui lungo il cielo chiaro, amalgamando i colori in modo tanto sublime da sembrare opera di un pittore professionista. Marlene fissa il sole affacciarsi tra le nuvole aranciate, attendendo che sorga definitivamente.

 

Allunga una mano sul materasso: sotto le dita umide, solo lenzuola aggrovigliate e ancora calde.

 

Sospira. Se lo immaginava; anzi, praticamente ne era sicura.  

 

Eppure non può impedire che una piccola, odiosa spina intrisa di amarezza si conficchi nel cuore, dispettosa, e non ne esca più. Fa male; ma non è uno di quei dolori disarmanti, definiti, che si percepiscono con chiarezza e che –si sa-, sfumeranno da un momento all’altro; No. Lui è un dolore bastardo, fastidioso e costante. Penetra nelle ossa, e non si può far nulla per scacciarlo.

 

Sospira ancora Marlene, rizzandosi a sedere, i capelli scuri aggrovigliati e ingovernabili. Si getta addosso la prima vestaglia che trova, prende una grande boccata d’aria –saggiando quel profumo che sa ancora di loro-, e scende in salotto.

 

Chissà, forse oggi è rimasto. Forse è giù ad aspettarla, una tazza di caffè in una mano e una ciambella gigante nell’altra, munito della sua migliore faccia da schiaffi. O forse –cosa molto più probabile- se ne sta stravaccato sul divano, pronto ad accoglierla con una battuta salace sulla notte appena trascorsa. Forse… forse l’aspetta e basta, senza perché e senza ma.

 

Arriva nel salone: deserto. Passa in cucina: vuota, solo tazze sporche nel lavandino, che d’altra parte continua a gocciolare instancabilmente –sarebbe ora di aggiustarlo.

 

Osserva la neve che, quasi danzando, inizia a cadere; ed è sola, di nuovo.

 

 

 

***

 

 

 

 

 

L’aria fredda gli punge le guance e penetra nei vestiti, ma lui continua a camminare.

 

Passi larghi, mani cacciate nelle tasche, percorre mesto il parco deserto, tra le cui fronde filtrano timidi raggi di sole.

 

Sirius non si guarda introno, né avanti, né indietro; cammina e basta, sperando che il vento ghiacciato gli infonda un po’di buon senso nella mente –a quanto pare-, più incasinata del solito.

 

E’ felice. Sì, felice e soddisfatto.

 

Perché tra poche ore correrà dal suo figlioccio di appena tre mesi, svuoterà la dispensa di casa Potter –ignorando gli attacchi isterici della sua dolce “cognata”-, e infine guarderà una partita di calcio nel televisore, quell'incomprensibile quanto affascinante aggeggio Babbano.

 

Il prossimo futuro si prospetta felice e sereno; ergo, non potrebbe chiedere di meglio.

 

Eppure non può impedirsi di udire una flebile, petulante vocina, che -incastrata in qualche anfratto del suo cervello-, gli sussurra qualcosa di indefinito. Sir cammina, cammina proprio per ignorarla, ma più avanza, più le si fa insistente, fastidiosa…  insopportabile.

 

Sì, ecco cos’è: un ronzio insopportabile, come una zanzara che abbia deciso di torturarlo fino al raggiungimento del suo scopo.

 

Non accenna a tacere, la stronza. Così Sirius, arresosi, crolla  su una panca ghiacciata, mentre il cielo inizia a condensarsi in spessi banchi grigiastri; basta poco, e le nuvole si sciolgono in fiocchi sottili, che lentamente ricoprono tutto, come zucchero a velo.

 

Apre la mano, il palmo teso per acciuffare un cristallo etereo che, sfiorata la pelle, si dissolve in un secondo. Sirius contempla quella misera goccia d’acqua, pensoso.

 

La neve è… strana. Di per sé, non è nulla di speciale: dopotutto è solo acqua condensata, bianca e insapore. E poi è fredda, di quel freddo che prima non percepisci, ma che poi, subdolo, ti atrofizza le dita, la pelle e i muscoli, facendoti quasi male. Tuttavia, se la rimiri attentamente, si rivela essere affascinante, perfino bella: colpita dal sole inizia a brillare senza posa, come fosse farcita di schegge iridescenti, e al tramonto si macchia dello stesso colore del cielo. E quando sei convinto di aver colto la sua essenza, lei sfuma lasciandoti di stucco, con la mano ancora aperta e un grande punto interrogativo dipinto in faccia.

 

Marlene.

 

Non sa per quale assurda e contorta associazione di idee quel nome gli si sia materializzato nella mente, e non sa nemmeno perché lo stia turbando tanto. Sa solo che adesso il messaggio lanciato dalla voce –ormai diventata il suo personale grillo parlante- ha acquistato contorni netti, chiari: è… rimorso. O qualcosa di simile.

 

Perché, poi? Solo perché non è rimasto da lei? Che importa! Questa storia va avanti da mesi, e non sembra pesare a nessuno dei due.

 

Anzi, lui e lei stanno bene così: liberi da ogni sorta di vincolo o costrizione. Il loro è un rapporto basato sul sesso, nient’altro.

 

Sì, è così.

 

 Deve esserlo.

 

Forte di questa nuova convinzione, Sirius scatta in piedi, pronto a Smaterializzarsi sul selciato di casa Potter.

 

Ma prima di andare, per la prima volta, si guarda indietro un istante, incerto. E pensa che, tutto sommato, potrebbe tornare da lei munito della sua migliore faccia da schiaffi, una tazza di caffè in una mano e una ciambella gigante nell’altra; o potrebbe stravaccarsi sul suo divano, una sigaretta fra le labbra, e salutarla con una battuta salace sulla notte appena trascorsa. Oppure… oppure potrebbe aspettarla e basta, senza perché e senza ma.

 

Il pensiero gli balena in mente come un lampo, sparendo con la stessa velocità con cui è giunto.

 

Sirius scuote energicamente la testa, cercando di rinsavire -da quando si è messo a fare il sentimentale?-, e mentre sparisce, la sua risata irriverente vibra fra le foglie cristallizzate nella morsa dell'inverno.

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Tutto si è svolto nell’arco di istanti impalpabili: prima un tonfo –la porta che si scardina-, poi passi –Travers che avanza in cucina, un sorriso malsano arricciato sul volto- e, infine, uno squarcio di luce verde.

 

L’ha colpita in pieno petto. L’ha colpita al cuore, rubandole l’anima.

 

Sirius è tornato, alla fine.

 

E’ tornato –con ciambella e caffè-, pronto a salutarla con la solita battuta ironica. Pronto ad aspettarla, senza se e senza ma.

 

E’ tornato, ma ora fissa un corpo freddo e senza vita. E’ tornato, e non può credere che sia stata lei a non averlo aspettato.

 

La mente sconvolta, il cuore in frantumi –sparpagliati chissà dove-, si appoggia contro la parete spoglia.

 

Guarda Marlene, muta, immobile, morta. E la neve ha smesso di cadere.

 

 

 

 

 

 

Bien, non so da dove sia uscito tutto ciò, perciò mi dileguo. :3
 
Spero solo che sia piaciuta a qualcuno!
 
Se vi va, lasciatemi un commento –non mi offendo mica! xD.
 
Un bacio,
 
Cate


  

Neve

 

 

 

L’alba stende pennellate tenui lungo il cielo chiaro, amalgamando i colori in modo tanto sublime da sembrare opera di un pittore professionista. Marlene fissa il sole affacciarsi tra le nuvole aranciate, attendendo che sorga definitivamente.

 

Allunga una mano sul materasso: sotto le dita umide, solo lenzuola aggrovigliate e ancora calde.

 

Sospira. Se lo immaginava; anzi, praticamente ne era sicura.  

 

Eppure non può impedire che una piccola, odiosa spina intrisa di amarezza si conficchi nel cuore, dispettosa, e non ne esca più. Fa male; ma non è uno di quei dolori disarmanti, definiti, che si percepiscono con chiarezza e che –si sa-, sfumeranno da un momento all’altro; No. Lui è un dolore bastardo, fastidioso e costante. Penetra nelle ossa, e non si può far nulla per scacciarlo.

 

Sospira ancora Marlene, rizzandosi a sedere, i capelli scuri aggrovigliati e ingovernabili. Si getta addosso la prima vestaglia che trova, prende una grande boccata d’aria –saggiando quel profumo che sa ancora di loro-, e scende in salotto.

 

Chissà, forse oggi è rimasto. Forse è giù ad aspettarla, una tazza di caffè in una mano e una ciambella gigante nell’altra, munito della sua migliore faccia da schiaffi. O forse –cosa molto più probabile- se ne sta stravaccato sul divano, pronto ad accoglierla con una battuta salace sulla notte appena trascorsa. Forse… forse l’aspetta e basta, senza perché e senza ma.

 

Arriva nel salone: deserto. Passa in cucina: vuota, solo tazze sporche nel lavandino, che d’altra parte continua a gocciolare instancabilmente –sarebbe ora di aggiustarlo.

 

Osserva la neve che, quasi danzando, inizia a cadere; ed è sola, di nuovo.

 

 

 

***

 

 

 

 

 

L’aria fredda gli punge le guance e penetra nei vestiti, ma lui continua a camminare.

 

Passi larghi, mani cacciate nelle tasche, percorre mesto il parco deserto, tra le cui fronde filtrano timidi raggi di sole.

 

Sirius non si guarda introno, né avanti, né indietro; cammina e basta, sperando che il vento ghiacciato gli infonda un po’di buon senso nella mente –a quanto pare-, più incasinata del solito.

 

E’ felice. Sì, felice e soddisfatto.

 

Perché tra poche ore correrà dal suo figlioccio di appena tre mesi, svuoterà la dispensa di casa Potter –ignorando gli attacchi isterici della sua dolce “cognata”-, e infine guarderà una partita di calcio nel televisore, quell'incomprensibile quanto affascinante aggeggio Babbano.

 

Il prossimo futuro si prospetta felice e sereno; ergo, non potrebbe chiedere di meglio.

 

Eppure non può impedirsi di udire una flebile, petulante vocina, che -incastrata in qualche anfratto del suo cervello-, gli sussurra qualcosa di indefinito. Sir cammina, cammina proprio per ignorarla, ma più avanza, più le si fa insistente, fastidiosa…  insopportabile.

 

Sì, ecco cos’è: un ronzio insopportabile, come una zanzara che abbia deciso di torturarlo fino al raggiungimento del suo scopo.

 

Non accenna a tacere, la stronza. Così Sirius, arresosi, crolla  su una panca ghiacciata, mentre il cielo inizia a condensarsi in spessi banchi grigiastri; basta poco, e le nuvole si sciolgono in fiocchi sottili, che lentamente ricoprono tutto, come zucchero a velo.

 

Apre la mano, il palmo teso per acciuffare un cristallo etereo che, sfiorata la pelle, si dissolve in un secondo. Sirius contempla quella misera goccia d’acqua, pensoso.

 

La neve è… strana. Di per sé, non è nulla di speciale: dopotutto è solo acqua condensata, bianca e insapore. E poi è fredda, di quel freddo che prima non percepisci, ma che poi, subdolo, ti atrofizza le dita, la pelle e i muscoli, facendoti quasi male. Tuttavia, se la rimiri attentamente, si rivela essere affascinante, perfino bella: colpita dal sole inizia a brillare senza posa, come fosse farcita di schegge iridescenti, e al tramonto si macchia dello stesso colore del cielo. E quando sei convinto di aver colto la sua essenza, lei sfuma lasciandoti di stucco, con la mano ancora aperta e un grande punto interrogativo dipinto in faccia.

 

Marlene.

 

Non sa per quale assurda e contorta associazione di idee quel nome gli si sia materializzato nella mente, e non sa nemmeno perché lo stia turbando tanto. Sa solo che adesso il messaggio lanciato dalla voce –ormai diventata il suo personale grillo parlante- ha acquistato contorni netti, chiari: è… rimorso. O qualcosa di simile.

 

Perché, poi? Solo perché non è rimasto da lei? Che importa! Questa storia va avanti da mesi, e non sembra pesare a nessuno dei due.

 

Anzi, lui e lei stanno bene così: liberi da ogni sorta di vincolo o costrizione. Il loro è un rapporto basato sul sesso, nient’altro.

 

Sì, è così.

 

 Deve esserlo.

 

Forte di questa nuova convinzione, Sirius scatta in piedi, pronto a Smaterializzarsi sul selciato di casa Potter.

 

Ma prima di andare, per la prima volta, si guarda indietro un istante, incerto. E pensa che, tutto sommato, potrebbe tornare da lei munito della sua migliore faccia da schiaffi, una tazza di caffè in una mano e una ciambella gigante nell’altra; o potrebbe stravaccarsi sul suo divano, una sigaretta fra le labbra, e salutarla con una battuta salace sulla notte appena trascorsa. Oppure… oppure potrebbe aspettarla e basta, senza perché e senza ma.

 

Il pensiero gli balena in mente come un lampo, sparendo con la stessa velocità con cui è giunto.

 

Sirius scuote energicamente la testa, cercando di rinsavire -da quando si è messo a fare il sentimentale?-, e mentre sparisce, la sua risata irriverente vibra fra le foglie cristallizzate nella morsa dell'inverno.

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Tutto si è svolto nell’arco di istanti impalpabili: prima un tonfo –la porta che si scardina-, poi passi –Travers che avanza in cucina, un sorriso malsano arricciato sul volto- e, infine, uno squarcio di luce verde.

 

L’ha colpita in pieno petto. L’ha colpita al cuore, rubandole l’anima.

 

Sirius è tornato, alla fine.

 

E’ tornato –con ciambella e caffè-, pronto a salutarla con la solita battuta ironica. Pronto ad aspettarla, senza se e senza ma.

 

E’ tornato, ma ora fissa un corpo freddo e senza vita. E’ tornato, e non può credere che sia stata lei a non averlo aspettato.

 

La mente sconvolta, il cuore in frantumi –sparpagliati chissà dove-, si appoggia contro la parete spoglia.

 

Guarda Marlene, muta, immobile, morta. E la neve ha smesso di cadere.

 


 

 

Bien, non so da dove sia uscito tutto ciò, perciò mi dileguo. :3
Spero solo che sia piaciuta a qualcuno!
Se vi va, lasciatemi un commento –non mi offendo mica! xD.
Un bacio,
Cate

   
 
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