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Autore: ellejsoul    29/12/2011    13 recensioni
Questa storia è inventata, parla di una ragazza che decide di cambiare la sua vita ricominciando in un'altra città: Londra.
Dovrà fare i conti con il passato e con gli eventi del presente, ricordando sempre ciò che desidera per il suo futuro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bene, finalmente dopo tantissimo tempo sono riuscita a scrivere il quinto capitolo della storia.
Chiedo scusa per la lunga attesa e ringrazio chi mi segue sempre e comunque, quelle dolci anime che nonostante tutto trovano la voglia e il tempo di star dietro alla storiella qui proposta.
Spero vi piaccia il capitolo! :)
Grazie ancora a tutti di vero cuore, Jen!

Nuovi personaggi:

Rachel Bilson -  - Leighton Meester - 


 

Il tempo passa e spesso non te ne rendi nemmeno conto.
Erano passati ormai due mesi da quel terribile giorno in cui Dianna entrò in coma, ma nemmeno il tempo aveva avuto modo di sistemare le cose.
Passavo dall'ospedale tutte le sere appena terminato il mio turno di lavoro, era diventata la mia tappa fissa prima di tornare a casa - una casa che non sentivo mia perché senza la mia Dì tutto non aveva più molto senso.

Lavoravo da Hollister, mi presero senza troppe esitazione appena letto il mio curriculum e la lettera di presentazione. Ammetto che la cosa mi stupii tantissimo, non avrei mai pensato di poter ambire ad un negozio da me tanto amato.
Nina fu presa da Abercrombie come modella, non avevo dubbi che ci sarebbe riuscita è di una bellezza indescrivibile e di una solarità tipica dello stile del negozio.
Edward e Thomas invece furono presi entrambi da Starbucks, quando passavo da loro per un saluto pensavo tantissimo a Dianna - amava Starbucks e sarebbe stata lì una giornata intera ad assaggiare ogni peculiarità culinaria.

"Ciao Kris, ci vediamo domani allora!" disse Leighton, l'unica modella simpatica che mi aveva accolta a braccia aperte senza menarsela.
"Ciao Leighton, a domani..." le diedi un bacio sulla guancia e scappai dal negozio.
Rimasi con i vestiti che indossavo a lavoro, ma non aveva poi così importanza: un paio di jeans aderenti, una canotta e una camicia larga - ecco la nostra "divisa" e considerando i miei gusti non potevo che sentirmi a mio agio con essi.
Mi diressi frettolosamente verso l'ospedale e appena arrivata all'interno del cortile della struttura mi accorsi di una piccola chiesa semi illuminata sulla destra dell'entrata principale. Senza nemmeno rendermene conto mi avvicinai ad essa e la guardai per qualche minuto in silenzio.
Erano anni che non entravo in una chiesa, anni che non partecipavo ad una messa, anni che non mi sentivo più legata davvero agli insegnamenti ecclesiastici che la mia famiglia mi aveva sempre permesso di avere.
Sospirai, un briciolo di nostalgia del passato mi assalì, pensando ai tempi in cui io e Dianna frequentavamo l'oratorio. Erano gli anni della spensierateza, dei futili ed insensati litigi, gli anni più belli, prima odiati e che avresti rimpianto solo col senno di poi.
Decisi di entrare in chiesa per dare un'occhiata e immergermi maggiormente nei ricordi così che più tardi l'avrei potuto raccontato a Dianna - nella vana speranza che lei riuscisse a sentirmi.
Come avevo notato dall'esterno la chiesa non era poi così grande, al contrario, era tutto concentrato: sui lati erano poste le stazioni per la Via Crucis e due statue per lato, non riuscii a riconscerne i Santi. Le panchine erano poste in due blocchi e in fondo alla chiesa c'era l'altare rialzato di due gradini, con alle spalle un organo e un semicerchio con delle sedie in legno l'una attaccata all'altra - presumevo fosse per il coro.
Presi posto su una panchina e frugando nei miei ricordi cominciai a pregare, chiudendo gli occhi ed isolandomi dal mondo.
Poco dopo sentii qualcuno piangere, aprii di scatto gli occhi e mi guardai attorno disorientata. Vidi una ragazza molto giovane, di qualche anno più grande di me, vestita da medico, seduta su una panchina poco più avanti della mia ma nell'altro blocco. Aveva l'aria davvero afflitta e non smetteva di versare lacrime.
Mi avvicinai a lei sperando di non essere troppo invadente.
"Mi scusi, posso fare qualcosa per aiutarla?" le dissi gentilmente poggiando la mia mano sulla sua spalla.
"Oh, scusami. Non mi ero accorta ci fosse qualcuno dentro. Scusami davvero, spero di non aver disturbato troppo con il mio pianto!"
"Non si preoccupi, nessun disturbo... Posso?" le feci segno sulla panchina per chiederle se avrebbe gradito la mia presenza qui al suo fianco, lei annuì.
Ci furono parecchi minuti di silenzio durante i quali più volte dentro di me voleva uscire la domanda, la classica domanda che però non sai mai quanto bene possa fare all'altra persona: Vuoi sfogarti? Io sono qui, raccontami tutto se può aiutarti.
Ma non ebbi il coraggio di farla e così fu lei ad interrompere quei lunghi minuti di totale silenzio.
"Io...sono Rachel." disse porgendomi la sua mano, ricambia subito stringendo la sua e dicendole il mio nome.
"Sai Kristen, non capita spesso che io venga qui a piangere e sfogare ogni mio dolore...ma tutte le volte che è successo non ho mai avuto la fortuna di incontrare una ragazza interessa al dolore di una persona sconosciuta. Devi essere una ragazza di gran cuore, complimenti."
Arrossii subito alle sue parole e mi sentii bollire.
"Gr...grazie..."
"Cosa ti porta da queste parti?"
"La mia migliore amica...Dianna...è due mesi che è in coma ed è in questo ospedale. Io...beh, vengo ogni sera e passo un po' di tempo con lei prima di tornare a casa. Spero sempre che..." non riuscii a terminare la frase prima che le lacrime riempissero i miei occhi.
"Mi dispiace" disse Rachel, la guardai subito cercando di tirare fuori una bozza di sorriso, lei ricambiò con lo stesso sorriso forzato. Poco dopo continuò "Sai, io ho deciso di diventare un medico quando a 10 anni mi ritrovai senza genitori. Morirono entrambi a distanza di mesi per lo stesso male, un tumore. Da quel giorno decisi di vivere la mia vita per salvare vite. Mi sono specializzata in Oncologia e successivamente ho rifatto la specializzazione per potermi occupare anche dell'Oncologia pediatrica." Rimase in silenzio per qualche secondo e ricominciò il suo racconto "Oggi è morta una bimba di 8 anni, Clary. La seguivo da ormai tre anni e sapevamo non le sarebbe rimasto molto tempo...ma sai com'è, un conto è saperlo perché sei medico, un altro è vedere una piccola, dolce bambina di soli 8 anni morire sul letto di un ospedale per colpa di un male che ancora non siamo riusciti a gestire al 100%. Sono corsa qui perché ho una figlia della sua stessa età e ringrazio Dio ogni Santo giorno che lei sia in salute..." le si riempirono nuovamente gli occhi di lacrime ed io non riuscii a bloccare le mie né aprire bocca per dire qualcosa di sensato e opportuno.
Senza pensarci abbracciai quella dottoressa che in meno di un'ora era riuscita a farmi provare un'immensa stima per lei.

Posai la felpa blu scuro che avevo comprato oggi sulla scrivania posta vicino alla finestra della stanza.
Ogni Giovedì, decisi senza rendermene conto, portavo a Dì qualcosa dal negozio così che al suo risveglio trovasse tanti bellissimi vestiti che lei amava tanto.
Giovedì era il giorno del suo ricovero, il giorno in cui entrò in coma ed io non volevo che la vita segnasse quel giorno come un giorno in cui soffrire, così decisi di portarle dei regali ogni Giovedì...nella speranza che lei si svegliasse e possa, con la sua innata allegria, commentare ogni mio acquisto.
Presi la sedia della scrivania e la portai vicino al letto, mi sedetti e cominciai a raccontare a Dì la mia giornata.
"Signorina Kristen è tardi, le lasciamo ancora qualche minuto ma poi dobbiamo chiederle di andare!" disse dispiaciuta Leah, l'infermiera di turno ogni Giovedì sera.
"Tranquilla Leah, lasciala pure quanto vuole...è con me stasera!"
"Oh, d'accordo Dottoressa Bilson." disse obbediente Leah.
Sorrisi a Rachel per ringraziarla e lei mi salutò ricambiando il sorriso.
"Hai sentito Dì? Quella voce era di una ragazza poco più grande di noi, è un medico. Ha studiato per diventare un'oncologo...anche pediatrico. Ci vuole tanto coraggio per fare questo lavoro, tanta forza interiore perché non puoi permetterti di crollare davanti ad un paziente. Lei...io l'ho conosciuta nella piccola chiesa che c'è qui in cortile, era in lacrime perché hanno perso una bimba di 8 anni. Dì tu non farmi questo, okay? Dobbiamo costruirci il nostro mertato futuro INSIEME!" la guardai attccata alle flebo, con quei tubi che le partivano dal naso, i mille fili attaccati al suo corpo per monitorarle di tutto...niente i suoi occhi non volevano proprio aprisi.
"Dì, io non ti lascerò mai. Se sei qui è anche colpa mia e...io avrei dovuto pensare di più a te che al mio stupido passato. Quindi tu devi svegliarti, se non vuoi farlo ora lo farai prima o poi ed io sarò qui. Devi farmela pagare..." iniziai a piangere "okay? Devi...devi svegliarti e fare la stronza con me. Farmi i dispetti come fossimo piccole. Fammela pagare come vuoi, tagliami i capelli, fammi una tinta sbagliata, butta nel tamigi tutto ciò a cui tengo...ma non morire. Ti prego non lo fare."
Ormai le lacrime avevano inondato il mio viso non trovando più spazio all'interno degli occhi.
Mi rivestii e presi la borsa, diedi un bacio sulla fronte della mia dolce Dì e mi diressi verso la porta.
Avevo la mano sopra la maniglia della porta quando girandomi verso di lei ancora in lacrime le dissi "Dì, ti voglio bene...torna presto da me!". Chiusi gli occhi sospirando ed aprii la porta.
"K...Kris...."
Mi girai di scatto spalancando gli occhi ancora colmi di lacrime, gettai a terra la borsa e corsi verso il letto.
"Dì, Dianna sono qui. Sì, sono io Kristen. Svegliati Dianna. Sono qui, sono io!"
Nel frattempo arrivarono medici ed infermieri, alcuni dei quali addetti a prendermi di peso e portarmi fuori dalla stanza.
"Cazzo NO! Non ancora, lasciatemi dentro ha parlato. Mi ha chiamata!" urlai agli infermieri che mi portarono nella fottuta sala d'attesa.
Lì c'era Rachel, seduta come se stesse aspettando qualcuno, come se sapesse che sarei finita lì.
"Signorina si calmi, appena sappiamo qualcosa sarà avvisata. Ora ci sono i medici e devono pensarci loro."
"Andate pure, ci penso io" disse Rachel allontanado gli infermieri da me. Prese la mia spalla con la sua mano e mi spinse delicatamente verso la sedia, in modo da lasciarmi sedere.
"Stai tranquilla Kristen, quando i pazienti si risvegliano dal coma, soprattutto se lungo più di qualche settimana, devono essere sottoposti a controlli specifici per la loro incolumità. Un coma lungo due mesi non è da prendere alla leggera, stanno solo facendo ciò che è necessario per la salute di Dianna."
"Ma io..." mi prese la mano e la strinse nella sua.
"Lo so, lo so. Ora tu devi solo smettere di piangere e pensare che tutto si potrà sistemare, hai pregato per lei non lo dimenticare."
Presi dalla tasca dei jeans un fazzoletto e mi asciugai il viso.
"Vado...a chiamare i miei amici così vengono qui." sorrise ed annuì.

"Pronto?"
"Nina...vieni. Sono all'ospedale, da Dianna. Si è...si è...oddio Nina non lo so mi ha chiamata e poi i medici mi hanno fatta trascinare fuori dalla stanza. Ti prego venite!" ed ecco nuovamente le lacrime ricoprire il mio volto.
"Arriviamo!" rispose Nina e riattaccò subito.
Passarono circa 30 minuti prima che Nina, Ed e Thomas arrivassero in ospedale. Appena vidi Nina attraverso la porta le corsi incontro e l'abbracciai con tutta la forza rimasta nel mio corpo.
Sentii una calda mano sulla mia schiena, staccai la presa da Nina e mi voltai. Era Thomas, con gli occhi lucidi, probabilmente pieni di lacrime che non voleva far uscire, e lo sguardo di chi spera tutto possa risolversi presto. Mi fiondai nelle sue braccia che mi strinsero il più possibile senza farmi male.
Mi baciò i capelli e subito dopo posò la sua guancia su di essi.
Rimasi a lungo stretta a lui, senza un vero perché ma provavo un leggero senso di protezione.
"Andrà tutto bene Kristen, te lo prometto." sussurrò e trasportata dal suono delle sue parole spinsi un braccio fuori dalla sua presa per prendergli un fianco e stringerlo con forza - volevo sentisse la mia silenziosa risposta.

"KRISTEN!" urlò Rachel che nel frattempo era andata in fondo al corridoio proprio davanti la stanza di Dianna.
Di scatto mi girai staccandomi da Thomas e guardai in fondo al corridoio già inondata dalle lacrime incessanti. 

   
 
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