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Autore: Ciajka    30/12/2011    6 recensioni
Dal diario di John Watson,Grifondoro.
Le sue giornate alla scuola di magia risulteranno essere più avventurose e interessanti dopo la conoscenza di Sherlock Holmes, Serpeverde.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La giornata si preannunciava tranquilla.
 In programma c’era la tanto aspettata gita ad Hogsmeade e avevo intenzione di trascorrerla in modo rilassato, senza preoccupazioni o strani eventi.
Quanto mi sbagliavo!

Aveva nevicato molto. La campagna intorno alla cittadina era completamente bianca e immacolata: aspettava solamente di essere calpestata; mentre ai margini delle strade c’erano enormi cumuli di neve che, in certi casi, rendevano arduo l’ingresso in alcune abitazioni.
Hogsmeade era in fibrillazione: gli studenti dei primi anni si rincorrevano tra le vie, lanciandosi palle di neve; gli altri conversavano nei pub oppure visitavano gli innumerevoli negozi, spendendo allegramente tutti i loro averi in dolcetti e souvenir magici.
Io e i miei amici di Grifondoro Pulsifer, Stevie e Harvey*, eravamo seduti ad un tavolo del pub I Tre Manici di Scopa, ognuno con una bella burrobirra bollente tra le mani, come è di tradizione ormai da anni. Stavamo ridendo di alcuni aneddoti passati, quando, improvvisamente, la conversazione prese una piega imbarazzante.
“Hey John! È da un bel pezzo che non te la spassi con noi!” mi disse uno dei miei amici.
“Hai ragione Pulsifer!” gli fece eco Stevie,”Passa tutto il tempo con quel Serpeverde!”
“Si vede che la sua compagnia è migliore della nostra!” affermò con malizia Harvey.
“Ma cosa dite ragazzi!” dissi io,arrossendo. Effettivamente era vero che gli ultimi tempi li avevo trascorsi principalmente con Sherlock e non con loro.
“Capisco se si fosse trattata di una ragazza..” continuò Harvey con un ghigno “oppure il suo fascino ti ha conquistato lo stesso?”
Avvampai. “NO! No, no, no! “ esclamai, rischiando di strozzarmi con la mia stessa saliva “Forse vi ho un po’ trascurati, è vero, ma questo non vuol dire che..”
“Ah!  Guarda un po’ chi arriva!” mi interruppe Stevie. “Il tuo ragazzo di Serpeverde  ti sta cercando!”
Mi girai verso l’ingresso del pub e vidi Sherlock varcare la porta. Mi nascosi più velocemente possibile il viso tra le mani, pregando che lui non si accorgesse della mia presenza.
Purtroppo Sherlock si accorse di me.
E, cosa assai peggiore, i miei amici si accorsero che lui si era accorto di me.
“Hey, Serpeverde!” gridò Harvey al mio amico “ Oggi il tuo fidanzatino te lo rubiamo noi!”
All’udire questo Sherlock sgranò gli occhi e mi guardò con aria interrogativa, mentre i miei compagni iniziarono a ridere sguaiatamente.
“Non ascoltarli!” gli dissi io con il viso in fiamme “Sono solo degli idioti!”
Sherlock non aprì bocca, spostò solamente il suo sguardo da me a i miei amici.
“Dovresti trovare il coraggio di ammetterlo, John!” rise Harvey.
“Smettetela! Lo scherzo è bello finché dura poco! “ intimai io.
Improvvisamente la porta del pub si spalancò rumorosamente, facendo entrare una ventata di aria gelata in tutto l‘ambiente. Una ragazza fece capolino nel locale e, chiaramente allarmata, gridò ai presenti: “Qualcuno mi aiuti! Il mio gatto è entrato nella Stamberga Strillante e non so come fare per recuperarlo!”
La maggior parte dei presenti commentò sarcasticamente l’accaduto, sottolineando che era solo un animale e prima o poi sarebbe riapparso. Alcuni fecero finta di nulla e continuarono a mangiare e a bere come se nulla fosse accaduto.  
La ragazza stava per scoppiare in lacrime.
La voce di Sherlock vibrò chiara e profonda:“Ti aiuterò io a ritrovare il tuo gatto.”
La ragazza abbozzò un sorriso, mentre i miei amici guardavano a bocca aperta  il Serpeverde.
Sherlock si girò verso di me e disse “Forse mi servirà l’aiuto di qualcuno. Cosa ne pensi, John?”
“Certo!” esclamai, senza pensarci due volte, alzandomi dalla sedia.
“Veniamo anche noi!” fecero coro Pulsifer, Stevie e Harvey.
Sherlock li guardò divertito. “Va bene, così abbiamo più probabilità di trovare l‘animale.”
“Vi ringrazio profondamente!” la ragazza sembrava sinceramente sollevata. “Finalmente qualcuno che ha deciso di aiutarmi!”

Dopo pochi minuti eravamo di fronte al portone malmesso della Stamberga Strillante.
“Io ho troppa paura per entrare.” sussurrò la ragazza “Vi aspetterò qui.”
“Va bene!” rassicurò  Stevie “Ci penseremo noi! Siamo dei Grifondoro coraggiosi,noi!” poi aggiunse, spostando lo sguardo verso Sherlock “O, almeno, quasi tutti..”
Sherlock fece finta di nulla ed entrò per primo nell’edificio.

Il pavimento scricchiolava sinistramente sotto i nostri passi, sembrava quasi che dovesse cedere da un momento all’altro.
“Speriamo di trovare in fretta quello schifoso gatto.” sbiascicò Harvery “Proprio qui doveva scappare?”
“E poi non è proibito portarsi dietro gli animali domestici in gita scolastica?” aggiunse Pulsifer.
“Esatto. L’ha nascosto nel suo zaino e, quando l’ha liberato, era così terrorizzato che è scappato fino a qui.” rispose Sherlock.
“Sembri veramente sicuro di quello che dici!” osservò duramente Harvey.
“C’erano dei peli di gatto nel suo zaino: è stato abbastanza semplice dedurre come si sono svolti i fatti.”
Harvey gli lanciò un’occhiata truce.
“Eccolo li!” gridò Stevie, indicando un angolo del corridoio. Sopra ad un armadio ormai decadente stava proprio l’animale, raggomitolato e impaurito.
“Vieni qui micio!” sussurrò amabilmente Stevie, avanzando lentamente verso il punto indicato.
Il pavimento scricchiolò paurosamente sotto i suoi piedi e, proprio quando era vicinissimo all’armadio, cedette, facendo precipitare il ragazzo al piano inferiore.
Il tonfo fu fortissimo e ognuno di noi si avvicinò al foro creatosi, gridando il suo nome.
“Porca puttana, Stevie!” urlò Harvey ,allarmato “Sei ancora vivo?”
“Si..” tossì lo sfortunato “ma penso di essermi rotto qualcosa..”
 “Adesso ti tireremo fuori di li, non ti preoccupare!” gridai io.
“Come facciamo? Mica possiamo andarlo a prendere saltando nel buco!” gridò Harvey, in panico.
“Intanto guardiamo quanto è profondo.” disse Sherlock, tranquillamente. “Lumos!
L’incantesimo illuminò il piano inferiore. Non era molto profondo, infatti pochi metri sotto di noi si poteva chiaramente osservare Stevie che stava cercando di spostare le travi di legno che gli erano cadute addosso.
“Mi sono rotto una gamba!” urlò il ragazzo, alzando lo sguardo verso la luce.
“Non ci voleva!” disse Pulsifer.
“Dobbiamo tirarlo su di li!” gridò Harvey a noi.
“Stai calmo! Qualcuno ha una corda o qualcosa  da poterlo tirare su?” chiesi io.
“Ehy, ragazzi…” mormorò Stevie.
“No, nessuna corda. Non esiste mica un incantesimo per evocare una corda, per caso?” domandò Pulsifer.
“Ragazzi? Sento dei rumori…”
“Mi sembra di si.. Ma non sono sicuro. Sherlock, tu lo sai?” chiesi io.
“Mi ascoltate?”
“Non me lo ricordo. Potremmo usare un Vingardium Leviosa tutti insieme. Facendo attenzione a non sbatterlo troppo.”
“Cazzo, mi ascoltate? Sta venendo qualcuno qui!”
“Si, potrebbe andare.” approvò Pulsifer.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!
Ci ammutolimmo e abbassammo lo sguardo: di Stevie non c’era più nessuna traccia.
Il suo grido, però, continuava a rimbombare, creando un atmosfera spettrale.
“Qualcuno lo sta trascinando via!” gridai, allarmato.
“Dobbiamo raggiungerlo! Caliamoci nel buco!” propose Pulsifer.
“Mio Dio! Mio Dio! Mio Dio! L’ammazzerà!” urlò Harvey, completamente fuori di testa.
Sherlock ci ignorò e si calò nel foro, atterrando in piedi. “Se volete salvarlo, è meglio che vi muoviate!”
Restammo interdetti per qualche istante, poi seguimmo il suo consiglio.

“Da che parte dobbiamo andare?” chiese Pulsifer.
“Ma è ovvio! Osservate il terreno! È stato trascinato da questa parte!” rispose seccato Sherlock.
Ci trovavamo in una specie di lungo corridoio polveroso e privo di luci. Le pareti erano ricoperte da vistose ragnatele e profonde crepe. Ai nostri piedi c’erano i segni inconfondibili del passaggio del nostro amico: qualcosa lo stava trascinando a peso lungo tutto il percorso.
Seguimmo le tracce correndo, finché arrivammo in una  stanza completamente piena di ragnatele. Non ragnatele normali,però. Le ragnatele comuni si distruggono con facilità, basta una sola manata per liberarsene. Quelle ragnatele, invece, sembravano formate da lunghissimi fili di nylon ed erano straordinariamente resistenti. L’unico modo per avanzare era usare l’incantesimo Diffindo.
“Non vedo un accidenti!” si lamentò Harvey “Ma cosa cazzo ci fanno tutte queste ragnatele qui?”
“Siamo in un nido di Acrumantule.” sottolineò Sherlock.
“Cosa?” domandammo contemporaneamente Pulsifer, Harvey e io.
Sherlock alzò gli occhi al soffitto e sbuffò.“Non avete fatto attenzione alle lezioni di Cura delle Creature Magiche? Le Acrumantule sono degli enormi ragni, molto pericolosi. Il loro veleno può paralizzare un uomo adulto per sempre se non curato in tempo!”
“Ah.” mormorammo sincronizzatamente noi tre.
“Questo mi solleva molto il morale..” aggiunsi sarcastico.
“Almeno adesso sappiamo chi ha rapito Stevie.” continuò Sherlock “Probabilmente un’ Amarantula l’ha scambiato per il suo pranzo e l’ha sicuramente appeso qui, da qualche parte.”
“Appeso?” squittì Harvey, sbiancando.
“Si. Non mangiano mai le prede vive. Prima le avvolgono con la loro ragnatela, poi aspettano che si decompongano. Quindi, se non è morto di soffocamento, cosa che ritengo poco probabile, dovrebbe essere ancora vivo. Basta solo cercarlo.”
“La fai semplice tu!” gridò Harvey “Siamo circondati da ragnatele! Qual è quella giusta? Potremmo metterci tutta la giornata!”
“Se non hai capacità deduttive, si. Prova a pensare. Sei un ragno e devi appendere la tua preda. Dove la metteresti?”
“Non ne ho la più pall-” incominciò Harvey.
“Sh!” lo zittì il Serpeverde “Lasciami pensare!”
Sherlock avanzò di qualche passo, poi si girò verso di noi e esclamò:” Ma certo! Ci sono delle prede già morte che devono essere mangiate con priorità! Mentre Stevie è ancora vivo, quindi il suo corpo deve essere stato appeso nel mezzo della sala!” Dicendo questo il Serpeverde si mise a correre verso il centro della stanza, lanciando l’incantesimo di taglio per avanzare. Noi lo seguimmo, senza dire una sola parola.
Dopo pochi metri lui si fermò di fronte ad un enorme ammasso di ragnatele, che ricordava vagamente una crisalide: solo che al suo interno non si trovava una farfalla, ma quasi sicuramente il nostro amico.
Diffindo!” pronunciò Sherlock colpendo l’ammasso e facendolo precipitare a terra. Quando toccò il pavimento, potemmo udire un gridolino provenire dal suo interno. Cercammo di liberare il nostro amico tutti insieme, sia utilizzando l’incantesimo, sia strappando i fili con le mani, finché ci apparve il volto di Stevie, pallido dal terrore, ma ancora vivo.
“Sia ringraziato il cielo!” esclamò Pulsifer, risollevato.
“C’è poco da ringraziare, qui. Ora dobbiamo cercare di metterci in salvo. Non credo che l’Acrumantula sarà tanto contenta, quando scoprirà che le abbiamo liberato lo spuntino.” disse Sherlock al mio amico.
Aveva appena finito la sua frase che udimmo un urlo raggelante alle nostre spalle: l’Acrumantula si era accorta della nostra presenza e stava avanzando verso di noi.
Stupeficium!” urlò Harvey, colpendo l’aracnide.
Lo schiantesimo sembrò non fare molto effetto, contribuì solo ad infuriare maggiormente il mostro.
“Non è l’incantesimo adatto!” gridò Sherlock “Bisogno usare Arania Exumai, se vuoi che succeda qualcosa!”
Sherlock ci fece avanti, pronunciando l’incantesimo che aveva precedentemente accennato. Un lampo azzurro colpì la creatura, facendola rovinare a terra, dolorante.
“Una via di fuga!” gridai io indicando la parete che avevamo di fronte: tra le ragnatele si poteva scorgere una porta che dava su un corridoio.
“Magnifico!” disse Sherlock “Raggiungiamola!”
Intanto Pulsifer aveva liberato completamente Stevie dai fili della ragnatela e, montandoselo in groppa, lo stava trasportando verso l’uscita.
Mentre Harvey e io stavamo correndo verso la salvezza, Sherlock continuava a lanciare incantesimi all’enorme ragno, ormai sfinito. Si sentì ben presto un tonfo: il ragno era caduto, ormai privo di vita.
Varcammo la porta e ci trovammo nel corridoio, sinistramente oscuro, che sembrava essere scavato nella terra.
“E’ meglio sigillare la porta.” ordinò Sherlock, che intanto ci aveva raggiunti “Così l’Acrumantula non potrà  seguirci.”
“Non l’hai uccisa?” domandai, ricordando il tonfo di poco fa.
“Non ne sono sicuro. Sembrava più svenuta che morta. Per precauzione fa quello che ti ho detto.”
“Ma così rimarremmo bloccati qui!” disse Harvey “Non è meglio ritornare indietro e uscire da dove siamo entrati?”
“Non mi sembra una buona idea.” rispose Sherlock “Mentre stavo per raggiungervi ho sentito dei rumori provenire dal corridoio che abbiamo percorso prima. È possibile che le sorelle e i fratelli dell’Acrumantula,sentendo i suoi lamenti, stiano venendo qui.”
“E’ orribile!” gridai
“Siamo sicuri che non ne incontriamo altri in questo corridoio?” chiese Pulsifer, pallido quasi quanto il fardello che aveva sulle spalle.
“Non noto tante ragnatele. Sembrerebbe essere una zona della casa che non frequentino molto. Anche se lo trovo molto strano anch’io..”
Mentre diceva questo mi sbrigai a sigillare la porta con un incantesimo.
“Bene. Ora percorriamo il percorso e vediamo dove ci porta. Speriamo verso l’aria aperta.”

Camminammo per un quarto d’ora buono, avanzando non troppo velocemente, per cercare di mantenere il passo di Pulsifer, che trasportava sulle sue spalle Stevie. Quest’ ultimo si era un po’ ripreso, un leggero rossore aveva colorato le sue gote, ma era ancora visibilmente sotto shock. Non aveva detto una sola parola da quando l’avevamo liberato.

Arrivammo dopo un po’ in un grande salone, con le pareti costruite interamente in pietra, senza finestre o aperture verso l‘esterno. A qualche metro dai bordi della stanza si stagliavano delle colonne, anch’esse in pietra, creando così un corridoio aperto che circondava il centro della stanza. Nella parete opposta alla nostra c’era una lunga scalinata e, sopra di essa, c’era un portone, il quale sembrava l’unica via di fuga.
Avanzai di un passo. CRAK. Il mio piede aveva fatto scricchiolare qualcosa sul pavimento. Abbassai lo sguardo.
“Ossa!” gridai.
Anche i miei compagni sussultarono sorpresi.
Osservando meglio l’ambiente, vidi che c’erano vari mucchietti di ossa sparsi qua e la, tra le colonne e nei gradini delle scale. Mi si gelò il sangue.
“Un paio di ossa non fanno male a nessuno.” rise Harvey, visibilmente scosso. Voleva fare il coraggioso, ma il tremolio della sua voce lo tradiva.
Continuammo ad avanzare, questa volta facendo attenzione a non pestare quei macabri cumuli, finché arrivammo al centro del salone.
Improvvisamente tutte le ossa presenti cominciarono a vibrare, come se impossessate da qualche spirito.
“Puttana! Cosa sta succedendo?” imprecò Harvey, spaventato.
“Mi sa che non sono semplici ossa.” disse Sherlock, con una nota di preoccupazione e terrore, che sentivo per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti “Sono scheletri incantati, che si sono accorti della nostra presenza e ci vogliono attaccare!”
Le ossa si erano sollevate da terra fluttuando e si stavano ricombinando, formando scheletri dalle sembianze umane. Le cavità oculari risplendevano di una luce rossastra, molto inquietante.
Per attaccarci, gli scheletri si staccarono le loro costole e incominciarono a lanciarcele addosso a mo’ di boomerang.
Cercammo di evitare i loro attacchi con  l’incantesimo di protezione, ma ci rendemmo presto conto che non potevamo andare avanti in questo modo. L’unico modo per sconfiggerli era attaccare.
“Pulsifer, tu proteggi Stevie con Protego, mentre noi tre affrontiamo gli scheletri!” gridai.
“Che incantesimo bisogna usare con questi cosi?” chiese Harvey.
Rictusempra!” gridò il Serpeverde, verso il più vicino scheletro, il quale si scompose cadendo a terra in mille pezzi.
“Bene. Ho capito.” disse Harvey, con tono seccato.
Cominciammo a lanciare incantesimi verso quegli ammassi di ossa, ma sembravano non finire mai.
Osservai che quando li colpivamo e cadevano a terra, dopo qualche minuto le ossa ricominciavano a unirsi e riformavano lo scheletro, di nuovo pronto per attaccare. Così raggiunsi la conclusione che bisognava colpirli due volte per ucciderli dal tutto. Una quando erano in forma scheletrica e una quando erano un cumulo di ossa.
Questo però era molto complicato da fare. Bisognava essere molto veloci a lanciare gli incantesimi ed essere estremamente vigili in modo da non essere colpiti da costole vaganti.
Improvvisamente Sherlock  mi si lanciò addosso. Mentre stavo cadendo a terra sentii qualcosa sfiorarmi il capo e colpire violentemente la colonna che si trovava di fronte a me. Se mi avesse colpito, probabilmente mi avrebbe ucciso.
Sherlock si trovava sopra di me, i suoi occhi gelidi e impenetrabili sembravano ora essersi sciolti, visibilmente preoccupati per la mia sorte.
“Stai bene, John?” il suo tono era veramente angosciato.
Mi sentii avvampare bruscamente. Non so il motivo preciso della mia soggezione. Forse era il fatto che era così vicino al mio volto, forse per il fatto che riuscivo a vedere la mia immagine imbarazzata riflessa nei suoi occhi, forse perché ero al centro totale della sua attenzione, normalmente incentrata sul suo Io.
“John, rispondi! Ti prego!”
Ritornai fulmineamente alla realtà.
“Si.. Sto bene.” mormorai, cercando di alzarmi.
Sherlock si rilassò un poco, ma mi rimproverò comunque: “Devi fare più attenzione! Non ti permetto di farti ammazzare!”

Ricominciammo a lanciare incantesimi.
Tutt’intorno a noi c’era il ghiacciante rumore di ossa che si rompevano e degli incantesimi pronunciati dalle nostre voci, ormai esauste.
Dopo un tempo che sembrava interminabile, gli scheletri divennero una decina, poi si dimezzarono, finché li polverizzammo tutti.
Per fortuna non erano riusciti a ferire nessuno: probabilmente non erano dotati di una mira perfetta, siccome le loro cavità oculari non erano dotate di occhi per vedere.
Ci avviammo senza tante cerimonie verso il portone sopra le scale e uscimmo dalla sala maledetta.
Stevie era ancora pallidissimo:dovevamo immediatamente uscire da li!
Percorremmo un lungo corridoio finché arrivammo in un piccolo sgabuzzino impolverato.
“C’è una finestra!” gridò Harvey “Usciamo da li!”
Dal vetro osservammo che eravamo al piano terra, quindi anche se saltavamo da quell'altezza non c’era rischio di ferirci.
Spaccai il vetro con una fattura.
Uscì per primo Pulsifer, con Stevie in groppa, poi Harvey, io e infine Sherlock.
Finalmente eravamo fuori dalla Stamberga Strillante!

“Il gatto!” si ricordò Pulsifer.
“Sai dove te lo inficco quel gatto?” disse aspramente Harvey. “Che vada a farsi fottere!”
Raggiungemmo il cancello d’entrata ma non c’era traccia della ragazza.
“Forse è andata a chiedere aiuto.”
“O forse se ne è andata appena noi siamo entrati.”
Ci girammo increduli verso Sherlock.
“Cosa stai dicendo?” chiese Pulsifer.
“Osservate le impronte. Queste sono le nostre, quelle che abbiamo fatto all’andata. Queste invece sono le sue, che ritornano indietro da sole. Noterete che non sono fresche, anzi sono di qualche ora fa. Confrontatele con quelle che abbiamo appena creato.”
“Forse è andata a chiedere aiuto.”
“Dubito. Se fosse così sarebbe ritornata. Cinque studenti scomparsi non sono come un gatto.”
Rimanemmo in silenzio, riflettendo su quello che aveva detto.
“Vuoi dire che voleva che entrassimo e non uscissimo più?”
“Così sembra.” rispose secco Sherlock “Ma ora andiamo, Stevie sembra in pessime condizioni. Dobbiamo portarlo in infermeria.”

L’infermeria di Hogsmeade non sembrava molto preparata a casi del genere, quindi fummo costretti a tornare ad Hogwarts.
Madama Chips scoprì che il povero Stevie era stato morso dal ragno e rischiava di rimanere paralizzato per il resto dei suoi giorni. Per fortuna  aveva con sé un flacone contenente l’antidoto e ci rassicurò che sarebbe tornato normale entro pochi giorni.
“Siete stati fortunati. Se rimaneva per ancora un’ora senza l’antiparalisi, sono sicura che il cuore del vostro amico non ce l’avrebbe fatta.”

Avevamo appena finito di cenare. Pulsifer e Harvey non avevano toccato quasi nulla ed erano tornati nella Sala di Grifondoro quasi subito.
Mi stavo avviando anch’io per raggiungerli, quando vidi Sherlock che stava scendendo le scale verso i sotterranei. Mi resi conto solo allora che per tutto il giorno era stato abbastanza schivo nei miei confronti. A parte quell’episodio nella sala degli scheletri, ovviamente.
“Sherlock!” lo chiamai.
Lui si girò verso di me, ma non sembrava molto sorpreso di vedermi li.
“Tutto bene?” chiesi, dopo un momento di pausa. Dalla mia fretta di attirare la sua attenzione, non mi ero preparato un discorso.
“Alla grande.” rispose cupo.
Rimanemmo in silenzio, immobili come degli idioti.
“Beh, immagino che non  è stata una giornata rilassante..” incominciai con tono ironico “Non è da tutti i giorni perdersi nella Stamberga Strillante e rischiare la propria vita per uscirne vivi.”
“Hai ragione.”
La conversazione si era ancora arenata. Accidenti!
Tanto valeva chiederlo direttamente.
“Senti Sherlock, ho notato che oggi eri un po’ strano. Normalmente un’avventura del genere ti avrebbe mandato in fibrillazione, mentre oggi sei sempre rimasto abbastanza distaccato.”
Dalla faccia che fece sembrò che avessi colpito in pieno.
“Non ti preoccupare. Non è nulla.”
“Sono tuo amico, Sherlock! Puoi dirmelo!”
Rimase in silenzio per qualche istante, poi disse: “Sai.. Io mi considero sposato con la mia attività, l’investigare, il mettere luce su casi dove gli altri vedono solo oscurità... “
“Cosa?” esclamai, non capendo il nesso di questo discorso. “Che centra?”
“Non so tu cosa ci hai visto.. Cosa hai pensato che noi.. Ecco..” continuò incominciando a girarsi le mani con fare nervoso. Non sembrava neppure lui!  “Quello che hai raccontato ai tuoi amici..”
“Aspetta, aspetta, aspetta.. Non è per caso che stai ancora pensando a quello che hanno detto questa mattina ai Tre Manici di Scopa?”
“Certo!” disse con tono ovvio.
Mi portai una mano alla fronte, disperato. “Non è possibile!” mormorai tra me e me.
“Era solo uno scherzo! Per prendermi in giro! Non era vero niente!” Non potevo crederci che Sherlock sia rimasto così colpito da quella situazione! Io me ne ero completamente dimenticato!
“Se hanno detto quella cosa è perché anche tu ha-” cominciò
No! Ti ripeto che era un modo per prendermi in giro! Non ho mica detto a loro che sei il mio ragazzo o cose simili!”
Sherlock mi guardò con il suo tipico sguardo privo di emozioni, che utilizza spesso quando sta esaminando o riflettendo su cose importanti.
“Bene.” aggiunse poco dopo. “Allora.. È così.”
“Si, Sherlock. Non preoccuparti.”
Di nuovo il silenzio era piombato su di noi come un pesante masso.
Questa volta fu Sherlock a parlare per primo: “Passerai le vacanze di Natale qui ad Hogwarts?”
Rimasi sorpreso da quella domanda.
“No, pensavo di andare a casa.”
“Logico.” disse quasi solo a se stesso.
“Tu invece?”
“Rimango qui.”
“Non dev’essere divertente.”
“Sempre meglio che a casa con quel lardoso di mio fratello.”
Volevo contraddirlo dicendo che suo fratello non mi era sembrato proprio così grasso, ma evitai, aggiungendo solo:” Se vuoi ci mandiamo qualche gufo.”
I suoi occhi si illuminarono per un infinitesimo di secondo, per poi ritornare di ghiaccio.
“Se per te non è un disturbo.”
“Non dire scemenze!” risi io.

La mia valigia è quasi pronta. Domani partirò per tornare a casa, dai miei genitori. Questa volta si che mi aspetteranno delle vacanze tranquille. Senza pericoli. Senza emozioni forti. Senza mostri.
Senza Sherlock.

Sento già la noia assillarmi.

* Questi personaggi non fanno parte nè del mondo di Sherlock Holmes nè di quello di Harry Potter, ma sono stati inventati di sana pianta da me. Ci tenevo a sottolinearlo.

  
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