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Autore: Flom    30/12/2011    2 recensioni
Edward è un giovane ventenne dalla Florida, Isabella una sedicenne in vacanza col padre durante le feste di Natale. Si incontrano per caso sulla neve...scoprendo insieme la passione ....e molto altro. Romantica e dolcissima...la loro prima volta...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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MAGICO NATALE
 
La strada verso la vetta sembrava non  avere mai fine e sentivo le gambe indolenzite per la stanchezza.
Non avevo più il fisico adatto per fare quelle marce forzate e a metà del percorso già meditavo di rinunciare.
Poi pensavo a lui….e le forze tornavano ad invigorirmi.
Il sole rifletteva i suoi raggi sulla neve fresca caduta durante la notte e mille scintille di luce impedivano di tenere completamente aperti gli occhi.
Ogni tanto mi fermavo per riprendere fiato e mi guardavo intorno, scorgendo i primi contorni del panorama mozzafiato che sapevo aspettarmi come premio sulla cima..
Volevo arrivare presto…
Prima di dovermene pentire…
Aumentavo il passo, ma ogni volta finivo l’aria nei polmoni e dovevo fermarmi. Mi sarebbero bastati dieci anni di meno e sarebbe stato tutto diverso.
Cercai di non pensarci o mi sarei depressa…
Guardai l’orologio…era presto.
Mi concessi uno stop un po’ più lungo sedendomi su di una roccia che spuntava pulita tra i soffici cumuli di neve.
Sospirai di benessere, mentre il calore del Sole del mattino penetrava le mie ossa e la mia pelle.
Ero emozionata e lo stomaco me lo confermava.
Approfittai per mettermi un po’ di protezione al viso.
Spalmai la crema e lasciandomi andare un po’ indietro trovai una posizione comoda e chiusi gli occhi…pensando a lui….a noi….e mi assopii……
 
24 dicembre 1982. “Al Catinaccio” Dolomiti.
 
-         Papà non voglio andare a sciare anche quest’anno. -
Cercavo di convincere Charlie a desistere.
 Mi trascinava sempre con sé ovunque andasse e se da piccola poteva essermi piaciuto ora che avevo sedici anni non mi andava più.
-         Tu piccola fai quello che ti dico io…e basta! –
-         Ti prego papà, mi sono stancata di tentare in tutti modi di imparare…sono una pippa con gli sci  e oltretutto non ci sono ragazzi a quel corso. Solo vecchi imbranati. –
-         Io non sono vecchio, ok?!...Forse imbranato un po’, ma ti proibisco di dire che sono vecchio. –
-         Ok! Scusami..ma papà dai…lasciami stare alla baita con gli altri ragazzi. Ci facciamo quattro chiacchiere…una cioccolata calda…intanto tu passi la tua giornata tranquillo ok?-
Mi guardava con la solita aria cerbera, ma sapevo che dietro quella maschera rude c’era il mio dolcissimo paparino. Lo sguardo si ammorbidì e scuotendo la testa mi abbracciò davanti a tutti.
-         Però stasera ceniamo insieme… va bene? –
Mi stava lasciando libera l’intera giornata …era molto più di quel che speravo e dentro di me esultai…”ewwaiii”.
-         Certo papi stai tranqui! –
-         Si “tranqui”…una parola. Vedi di stare attenta e se ti stufi torni all’albergo che io poi ti raggiungo. E’ un ordine! –
-         Sarà fatto capo Swan! – Mi misi sull’attenti prendendolo in giro.
Giocare era il nostro passatempo preferito e lo adoravo per questo.
La mamma ci aveva lasciati otto anni prima per un ragazzo di colore conosciuto durante una vacanza premio della sua azienda e, dopo aver raccolto le sue cose, era uscita dalla porta di casa e non l’avevamo più vista.
Per papà era stata dura, ma poi insieme stavamo davvero bene e in breve tempo l’avevamo dimenticata. Almeno per me…era andata così.
Quella vacanza era un rito. Ogni anno tornavamo in Italia dalla nonna e per la vigilia di Natale andavamo poi, noi due soli, sulle montagne più belle del mondo.
Quest’anno non era diverso dagli altri…a parte il fatto che finalmente avevo 16 anni e mi era diventato lecito muovermi da sola.
A grandi falcate mi avvicinai ai tavoli della grande baita, affollati già di prima mattina da decine di persone in cerca di ristoro.
Mangiare era un obbligo…non ci si poteva rinunciare ai piatti unici che venivano proposti…il loro profumo si sentiva fin giù sulle piste….e lo strudel di mele…mmmm…era una delizia.
Cercai Rose tra la folla accalcata alle casse e quando la individuai mi accorsi che si stava sbracciando da due ore per farsi vedere…
Risi alle sue facce buffe e velocemente la raggiunsi.
-         Ce l’hai fatta a spuntarla col vecchio allora?-
-         Si !E’ stato facile. Sei pronta? –
-         Da una vita…sei fuori? Non aspetto altro da una settimana.-
Rose era un batuffolo rosa dalla testa ai piedi e quegli occhi azzurri e capelli biondissimi erano un insulto alla mia esagerata bellezza…
In realtà di bello avevo soltanto il giubbotto rosso nuovo che la nonna mi aveva regalato mossa da pietà, visto che mio padre insisteva che indossassi sempre lo stesso da tre anni. Per il resto ero un campione di mediocrità. Da primato proprio.
-         Hai portato i biglietti?- le chiesi tendendole il palmo aperto.
-         Certo che sì, cosa credi! Guarda? – Mise la mano in tasca ed estrasse con una lentezza esasperante i due biglietti per il concerto di quella sera.
-          E muovitiii, li voglio toccareee. –
Non potevo crederci…eppure sembrava  che alla fine ce l’avremmo fatta.
Allungai la mano e toccai quel sogno quasi realizzato.
-         Sei sicura che siano autentici?- La canzonai.
-         Ma dico..per chi mi hai preso? Certo che sono veri e li ho anche pagati parecchio quindi sgancia la grana o mia madre poi sospetta.-
-         Non gliel’hai detto? –
-         Perche’? Tu l’hai fatto?-
-         No di certo, mio padre mi ammazzerebbe. –
-         Ecco! Nemmeno io…anzi parliamo piano che qui intorno ci stanno tutte le sue amiche…quelle arpie. Lo sai che quest’anno si è portata dietro tutto il gruppo? Da quando sta su FB sembra non fare altro…Rob di qua…Rob di là…sono folli. Ce n’è una di Roma che pensa la chiamano Sparviero Nero….e un’altra mi pare si chiami Cricrilla Redlips…ahahahah….A volte mi sbudello a sentirle parlare tra loro. –
-         Ma che ti frega?Lascia che si divertano no?E poi quell’attore non è niente male. Forse un po’ vecchio…–
-         A me non piace!
-         Si certo…trovatelo davanti poi dimmi.-
-         Ok dai lasciamo perdere e pensiamo a cosa inventarci stasera.-
-         Senti…io dico a mia madre che dormo da te…e tu dì a tuo padre lo stesso…che te ne pare?-
-         E se poi si telefonano?-
-         Mia madre starà fuori fino all’alba…lo fa ogni anno alla vigilia…poi con quelle…figurati…quindi non è un problema. Digli che se ci sono problemi chiami l’albergo e che a mezzanotte andiamo a letto…e che il telefono a casa non lo abbiamo… inventati qualcosa. –
-         D’accordo…e speriamo che vada tutto dritto .-
Trascorremmo la giornata a prendere il sole senza mettere niente sul viso dimenticando come ogni anno che eravamo sopra i duemila metri e che la temperatura ingannava la potenza dei raggi. Alla sera eravamo due peperoni…anche se nel mio caso sembrava che il sole facesse fatica a guardarmi….dicevano che il sole bacia i belli e forse nel mio caso si era accorto che io non lo ero…meglio…ero solo meno pallida del solito.
Molti ragazzi si erano avvicinati con mille scuse per farci il filo e tenerli  a bada era stato divertente. Quasi tutti andavano da Rose.
Ma qualche bel fustacchione era capitato anche a me.
All’ora di cena ci separammo dandoci appuntamento per le nove e mezzo.
Il concerto era alle dieci, ma avevamo calcolato che in venti minuti saremmo state lì.
Mio padre era tutto gasato dalla giornata sulla neve perchè aveva conosciuto un po’ di persone e le avrebbe riviste poi dopo cena.
Ero felice di vederlo così sereno…ne aveva bisogno e poi tutto questo suo gasamento tornava utile pure a me.
Brontolò per una decina di minuti poco convinto, quando gli proposi di lasciarmi dormire da Rose, ma a quanto pareva aveva anche lui dei progetti e la cosa gli calzava a pennello.
Il piccolo albergo dove alloggiavamo era tutto addobbato di luci e le musichette di Natale venivano profuse da casse nascoste un po’ dappertutto…era carino…coccolo…e accogliente.
Salita in camera mi ero preparata meglio che potevo…un filo di trucco…e poi via di corsa fino a casa di Rose.
Lei aveva un appartamento affacciato alla vallata che apparteneva a sua madre e dal vialetto innevato si poteva ammirare l’intera catena di montagne maestose che quella notte sembravano avvolte da polvere magica.
La Luna piena era alta in cielo e il tappeto di stelle brillava in modo spettacolare.
Era troppo bello quel panorama  per non fermarsi a guardarlo.
Lo strato di neve scrocchiava sotto ai piedi e il gelo secco sembrava entrare direttamente nelle ossa.
Congelata suonai il campanello e un attimo dopo ero di sopra a discutere il piano di battaglia.
-         Hai preso i biglietti?-
-         Si!
-         La macchina fotografica?
-         Si!
-         Il Glossy alla fragola?-
-         Oh ma la vuoi smettere?Pensa piuttosto a cosa dire alle allupate lì fuori. Mamma non so perché stasera ha le palle girate e non fa che fare domande. Quindi ti prego non fare cazzate e cerca di essere convincente.-
-         E cosa le devo dire? –
-         Non lo so…che andiamo a sentire un coro natalizio….che tuo padre ci accompagna…che ….che ne sooo….improvvisa dai…ch e altrimenti facciamo tardi e non intendo perdermi nemmeno una nota.-
Le sbirciai nascosta dietro un paravento.
-         O mio dio, guarda…stanno giocando a twister con un mega poster di quell’attore lì…ahahah…mi verrà da ridere. Non so se ce la faccio.
-         L’ha portato la Zag..-
-         Chi?-
-         Zagrella qualcosa…non chiedermi come si chiama realmente perché non lo so. E’ una che sta sempre stravaccata dappertutto…arriva prima il suo sedere e poi lei…ahahah…fa sempre cicicocò con quella lì bionda vedi?-
-         Quella che adesso sfrega il piede sul “pacco” di quello lì?-
-         Ahahahah…noo…quella è  la Redlips…la chiamano Mistress. Sai quella che ti dicevo prima alla baita, la Cricrilla. Mi fanno morire guardale…sarebbe da restare qui a guardare loro. La bionda che intendevo è quella seduta accanto a mia madre...la vedi?E’ la Geo.-
-         Si, la vedo…sembra più giovane delle altre. Dio come ride…ha le lacrime.–
-          Non lo so quanti anni abbiano, ma di testa mi sembra che non siano cresciute per niente.-
-         Però si divertono…guarda come ridono. Pensi che anche noi saremo così da vecchie?-
-         Sei pazza? Io voglio un marito ricco e un amante focoso…altro che solo donne.-
-         Però sono….-
-         Adesso smettila e entriamo in azione. Siamo già in ritardo di cinque preziosissimi minuti.-
-         Ma io volevo…-
-         SSShhhhh…basta. –
Rose mi ficcò il berretto in testa e mi fece volare la sciarpa intorno al collo.
-         Andiamo. –
-         OK!-
Il piccolo salotto era colorato ed accogliente e il calore della piccola stube addossata alla parete di fondo si avvertiva sulla pelle. Un bel gruppetto di donne “mature” aveva gli occhi puntati su di noi e tra loro si scambiavano commenti su quanto avrebbero voluto avere la nostra età.
A disagio misi mano al mio fascino e interpretai la mia parte.
Pochi minuti di battute sconce…ed eravamo fuori nella notte.
-         Ce l’abbiamo fatta…quanto manca? – Soffiai dentro ai guanti prima di infilarli.
-         Abbiamo 20 minuti giusti…dobbiamo far presto dai…corri. –
La strada buia ci fece perdere un po’ l’orientamento, ma in 15 minuti netti eravamo già sul posto.
Ci aspettavamo di trovare una folla accalcata…ed invece c’era solo una fila ordinata di ragazzi un po’ più grandi di noi.
-         Sei sicura che ci siano i Black Rolls vero?...Non è che ti sei fumata il cervello no?-
La vidi frugare nella tasca ed estrarre quei biglietti quasi fossero una reliquia.
-         C’e’ scritto qui vedi? B-L-A-C-K  R-O-L-L-S….non capisco. –
-         Andiamo a vedere dai. –
Ci avvicinammo stringendoci la mano in apprensione…era da giorni che sognavamo questa serata e l’idea che potesse sfumare ci metteva ansia.
Un grande cartello affisso all’ingresso diceva :
“ SPIACENTI DI INFORMARE CHE A CAUSA DEL MALTEMPO I BLACK ROLLS STASERA NON SI ESIBIRANNO….MA LA BUONA MUSICA SARA’ COMUNQUE ASSICURATA….”.
 
-         NOOO….non ci posso credere. – Rose aveva urlato ai sette venti e tutti si erano voltati a guardarci.
-         Che ti urli…pazza. Certo che una scusa migliore la potevano trovare..maltempo…ma se c’è  un cielo stellato da paura…-
-         Non e’ possibileeee…daiiii…e checcazzoooo!!!-
-         Non cominciare a dire parolacce adesso…lo sai che non lo sopporto.-
-         Ma dico sei fuori?Lo sai che sei davvero bacchettona? Cazzo cazzo cazzo cazzo…ehhh!-
-         Non prendertela con me per la serata buca…Potevi informarti prima. –
-         Ahh adesso è  colpa mia…grazie davvero..sei proprio un’amica. –
-         OOhhh smettiamola dai…e andiamo a vedere chi cavolo canta stasera. Siamo qui…quindi vediamo che succede là dentro. Vuoi?-
-         Ffffff….che palle però!!-
-         Rooossse. –
-         Nemmeno che palle posso direee….ma che palleeee!-
Rinunciai a redimerla e senza troppo entusiasmo entrammo nel locale. Il fumo aleggiava sopra le nostre teste come una nuvola e i fasci di luce degli spot colorati la trapassavano come lampi. Ancora il piccolo palco era vuoto, ma in sottofondo la musica dei Duran Duran si diffondeva creando l’atmosfera. I divanetti erano mezzi vuoti e sui tavoli ai lati sedevano solo alcune coppie e qualche compagnia mista di ragazzi.
La delusione mi ferì.
-         Che cavolo ci facciamo qui, me lo spieghi? – Rose come al solito non aveva mezze misure e il fatto che la serata fosse sfumata la metteva a dura prova….e metteva a dura prova anche me che ero costretta a sopportarla.
-         E dove vuoi andare…lo sai che stasera tutti i locali sono pieni e che non abbiamo altri soldi per andare da nessun’altra parte…quindi?-
-         Si ma che palleeeee!!!-
-         Roooose smettila….sediamoci qui dai, tanto a quanto pare spazio ce n’è anche troppo. –
Ci togliemmo la giacca a vento e il resto appoggiandolo allo schienale e una volta seduta cominciai a guardarmi bene intorno. La luce era soffusa , ma sufficiente per vedere se conoscevo qualcuno da aggiungere alla compagnia monotona di Rose. Lei intanto si stava sistemando il trucco ,peraltro perfetto ,evidenziando l’abisso tra me e lei. I ragazzi del gruppetto accanto al palco erano tutti voltati a guardarla e il suo istinto da gatta morta li mise subito a fuoco.
-         Io quello lo conosco. –
-         Quale?
-         Quello con la camicia a quadri e gli occhi blu.-
-         Ah quello…come tu faccia a vedergli gli occhi da qui lo sai solo tu. Sii carino!-
-         Scemaa…lo so perche’ l’ho già visto altre volte sulle piste….Una volta c’ho pure sciato insieme.-
-         Ti sta fissando…mmm…è già tuo!Guarda? Sbava!-
-         Che stronza che sei…smettila di prendermi per il culo!-
-         Oxford?Devono segnarmela …-
-         Smettila di rompere…Ho sete…prendiamo da bere?-
-         Chiamo il cameriere.-
Alzai la mano in direzione del ragazzo che stava lasciando qualche tavolo più in là dopo aver preso le ordinazioni. Mi fece cenno di avermi visto e lentamente si avvicinò. La luce mise via via i tratti del suo volto in evidenza e,senza volere, i muscoli del mio viso reagirono sorridendogli in coro.
-         Ciao!- Mi disse. La voce non era da meno…un sogno.
-         Ciao…abbiamo sete. – Che cosa cretina gli avevo detto …e che maleducata.
-         Sono qui per questo, ma se vuoi ne parliamo. – Come una carezza…o uno schiaffo, la sua presenza mi mise in stato di shock…e in volto mi si leggeva ogni cosa come fosse scritta a caratteri cubitali.
-         Una coca andrà bene….per favore…e grazie.- Una deficiente.
-         Una coca-andrà -bene e…?-
-         …e grazie!-
-         Noo..ahaha…intendevo, la tua amica che prende?-
Arrossii fino alle ossa e imbarazzata come una cretina cercai di non affogare nella bava che copiosa mi usciva da ogni anfratto.
Diedi una gomitata a Rose che non staccava gli occhi di dosso al ragazzo di prima.
-         Tu che prendi, Rose? – Non riuscivo a smettere di fissarlo, ma controvoglia fui costretta a farlo.
-         Tienimi questo….- Rose mi mise in mano lo specchietto e senza darmi modo di deciderlo mi usò come sostegno.
-         Una birra e limonata. – La guardai come si guarda un brufolo da schiacciare.
-         Ma che schifezza è? – Le chiesi.
-         Lui lo sa…non è vero? – Si rivolse a lui senza guardarlo, mentre lavorava sulle sue labbra come un pittore sulla tela.
-         Ok ragazze…vado e torno. – Strizzò l’occhio e con grande eleganza si dissolse nella nebbia fitta del locale.L’andatura tutta dinoccolata…era tenero…ma anche un figo della madonna.
Ore 22.30: Il portatile che papà mi aveva lasciato era grosso come una valigetta..era un walkie- talkie molto potente ed era l’unico motivo che lo aveva convinto a lasciarmi uscire. Iniziò ad emettere quello strano suono sordo  e dovetti precipitarmi fuori da quella stanza perché Charlie non sospettasse nulla sul luogo dove mi trovavo.
La giacca era rimasta dentro e lì all’aperto si moriva di freddo.
-         Pronto papà? – La voce di mio padre era offuscata da altri rumori di fondo e all’inizio quasi non lo riconobbi.
-         Sei tu?- Gli chiesi. Rispose urlando che non sentiva niente….Meglio per me.
-         Va tutto bene? – Mi finsi interessata a sapere di lui, mentre in realtà non vedevo l’ora di tornare dentro al caldo…e da quel bel ragazzo.
Iniziai a battere i piedi e a saltellare, mentre come aghi di ghiaccio i venti notturni mi sferzavano oltrepassando la trama del mio maglione.
-         Non ho niente papà…solo un po’ di brividi. – Battevo i denti tanto forte che pensai si sentisse il ticchettio fino in fondo alla valle.
Ero in silenzio che tentavo di ascoltare la voce di papà, quando da dietro qualcuno mi avvolse con uno spesso giubbotto di piuma… caldo e maledettamente profumato. Mi voltai spaventata trovandomi faccia a faccia con quel volto splendido che poco prima mi aveva conquistata.
Sorrisi debolmente stringendomi in quel caldo e soffice rifugio, mentre lui portava la sigaretta alla bocca assaporandone l’aroma. Lo guardavo avvolgere le labbra intorno al filtro come se lo stesse baciando…le teneva appena schiuse quando inspirò poi l’aria fredda che lo circondava e rimasi incantata ad osservarlo, mentre quel sottile alito di inferno si liberava dalla sua lingua in anelli perfetti che volteggiavano davanti ai suoi occhi luminosi spalancati su di me. Mi accesi insieme al mozzicone che brillava tra quelle lunghe dita ogni volta che vi si attaccava per aspirarla…
Un sogno.
-         Sii papà sono qui…certo. Non ti devi preoccupare……Va benissimo. A più tardi…-
Non avevo sentito una parola di tutto quello che aveva detto…ma non mi importava…nè di quello….nè del freddo…nè del tempo che passava.
Staccai la linea e lo spensi tenendolo in mano.
Sentivo il suo sguardo addosso anche quando abbassavo gli occhi, incapace di sostenere l’ insistenza del suo troppo a lungo. Sorrideva appena, socchiudendo gli occhi quando le lingue di fumo salivano a leccargli il viso.
Le invidiai…
-         Grazie… sei….gentile. – Balbettavo come se la lingua avesse un nodo e non capivo cosa avesse di così diverso dagli altri da ridurmi in quello stato.
-         Figurati…è un piacere. – Mi guardava dritto negli occhi, scrutandomi fino a mettere a nudo tutti i miei pensieri…e mi sentii spogliata di ogni difesa.
Poche volte mi era successo di rimanere sola con un ragazzo e nella maggior parte dei casi era per studiare o fare ricerche per la scuola. Soltanto uno mi aveva fatto battere il cuore…ma al confronto di come mi sentivo ora…era stato solo un lieve palpito.
Lo vidi combattere il freddo sfregando le mani una con l’altra, alitandovi sopra…e parte di quel delizioso profumo, di respiro suo e di tabacco, mi giunse alle narici risvegliando un piacere che non conoscevo.Fremetti.
-         Sei in libera uscita stasera? Ho sentito che parlavi con tuo padre al telefono scusami…non ho potuto farne a meno.  I tuoi lo sanno che sei qui?-
-         In realtà si tratta solo di mio padre….Charlie…Mia madre non è qui!- Parlavo quasi sussurrando…poi me ne resi conto e mi schiarii la voce.
-         E…no…non lo sa. Mi ammazzerebbe. – Mi strinsi nelle spalle, colpevole.
-         E’ la notte di Natale questa…e io sono solo qui in Italia. Sono venuto in questo posto per sistemare delle faccende di famiglia, ma nella mia piccola casetta sono tutto solo…purtroppo. –
-         Uhh…mi dispiace tanto. Non sei troppo giovane per occuparti di “cose di famiglia”?– Non sapevo che pensare…non capivo dove volesse arrivare.Indagai.
-         Non proprio…ho vent’anni e la mia famiglia…beh…sono io.-
-         Oh!- Sorpresa continuavo a non capire.
-         I miei sono morti un anno fa…un incidente a Miami….e quindi…-
-         Scusami...Mi dispiace tanto. –
Una dolcissima smorfia di sofferenza gli passò in viso…scomparendo subito dopo come una foglia soffiata via dal vento.
-         Ti va se entriamo? Si muore di freddo qui.- Eravamo immersi nel buio…ed ebbi un attimo di paura.
-         Certo scusami…non ti voglio annoiare….ti faccio strada.-
Mi prese la mano nella sua dolcemente, tanto grande e delicata da avvolgerla completamente. Era calda e familiare…come se quel contatto fosse gia’ avvenuto in passato e il mio tatto l’avesse riconosciuto. Lo seguii come un’ombra segue il proprio corpo…lasciandomi trascinare impotente verso l’entrata del locale.
Gli tirai il braccio costringendolo a girarsi.
-         Ehi!...Non mi stavi annoiando…- E cercai il suo sorriso, che si aprì come un regalo.
Ammiccò strappandomi una risatina.
Non lasciò la mia mano nemmeno quando passando tra i tavoli si diresse verso il bancone. Lo seguii senza fiatare…finchè mi prese i fianchi e alzandomi come un fuscello mi sedette letteralmente su un alto sgabello davanti al palco.
-         Ora stai qui…e fai il tifo per me…ok? –
Lo guardai con la “faccia da rana Kermit”…continuando a non capire…ma a parte far segno di sì con la testa non feci in tempo a dire nulla.
Con un balzo salì agile sulla piattaforma rialzata e dirigendosi verso il centro afferrò una chitarra acustica poggiata ad un sostegno. Subito le luci si spensero…e un fascio di luce lo colpì creando un cerchio di magia intorno a lui.
Rimasi rapita da quel che vedevo…rendendomi conto di non conoscere nemmeno il suo nome…
Cominciò ad accarezzare le corde dolcemente…guardando verso quel buio che nascondeva il suo pubblico…e iniziò ad avvicinare il microfono alla bocca.
Il tutto in una sequenza che mi fece ritrovare a bocca aperta.
Era di un sexy da paura.
Ero immobile ed eccitata per l’attesa….
-         Salve a tutti, come va? –
Sorrise in quel modo maledetto che avrebbe steso chiunque. I capelli sembravano indecisi su quale direzione prendere e quel delirio di ciglia folte faceva da splendida cornice alla luce dei suoi occhi verdi come il bosco d’estate. Aveva tolto il maglione e se ne stava con una semplice t-shirt nera sopra un jeans un po’ sdrucito. La fibbia argentata della cintura risaltava su tutto quel nero…e brillava ogni volta che la luce la colpiva.
-         Mi chiamo Edward…vengo da Miami in Florida e volevo farvi ascoltare una canzone che ho scritto qualche anno fa per una ragazza che popolava i miei sogni ma che non ha mai avuto un volto…o un nome... Ebbene ora un nome ce l’ha…- Mi fece un cenno di inchino e arrossii da capo a piedi.
-         Isabella, questa canzone è per te…-
Immobilizzata dall’imbarazzo rimasi a guardare quello spettacolo di uomo muoversi dondolando a ritmo della sua musica melodiosa…le sue mani volteggiare sicure sulle corde che regalavano emozioni. Mi chiesi come facesse a conoscere il mio nome , ma poi ricordai che Rose mi aveva chiamata più volte in sua presenza. Mi piaceva sentire il suono del mio nome uscire dalla sua bocca…era come velluto caldo che scivolava sulla pelle e faceva venire voglia di chiudere gli occhi e di lasciarsi accarezzare.
Concluse troppo in fretta…e quando il silenzio tornò…quasi la sua voce mi mancava.
Mentre gli applausi lo accompagnavano, mi raggiunse sussurrandomi all’ orecchio poche parole…che bastarono a farmi sciogliere come neve al sole.
-         Sei splendida quando non sai che fare…-
Non sapevo come rispondere ad una cosa simile e preferii sorridere e stringermi nelle spalle imbarazzata.
Dovevo congratularmi…dirgli che era stato fantastico…ma non so come con lui dire le cose diventava così difficile.
-         Non mi avevi detto che avresti cantato..- Mi venne solo quello.
-         E non ti ho nemmeno detto che farò cantare anche te..-
Mi guardava con uno strano sorrisino ironico..non capii.
-         Ma sei matto? Io sono stonatissima..non ci penso proprio.-
-         Sono sicuro che con me vicino lo sapresti fare…- Lo disse talmente piano che faticai a credere di aver capito bene.
 Si era allontanato un momento per parlare con quelli del bar che gli sorridevano ….e scambiarono poche battute con pacche sulle spalle. Sembravano amici..e pensai che forse era lì proprio per questo motivo.
Raccolse il suo maglione norvegese bianco gettandoselo sulle spalle e come un dio che scende le scale del Paradiso si diresse verso di me spartendo la folla…Dio com’era bello.
-         Il mio lavoro qui è finito. Avevo promesso che sarei rimasto fino alle 11 …tu che fai? –
Non stava mai fermo, continuava a dondolare sulle gambe e a toccarsi i capelli e il viso…ed io seguivo ogni suo movimento senza riuscire a staccare gli occhi..
-         Ohh..non lo so…devo sentire Rose..la mia amica. –
Feci il gesto di indicarla al nostro tavolo, ma mi accorsi che c’era solo la mia giacca abbandonata a se stessa e le sedie erano vuote. Ne rimasi sorpresa anche se in effetti mi ero dileguata senza nemmeno dirle una parola. La cercai tra la gente…puntando in direzione del gruppetto che aveva adocchiato poco prima…e infatti…era lì.
Il ragazzo fico con gli occhi blu le circondava le spalle e stavano ridendo come dei deficienti…tipico di lei. Gli altri sembravano tutti un po’ bevuti, ma erano lontani e potevo anche sbagliarmi.
-         Vieni con me? Le chiedo se hanno dei progetti per dopo…vuoi?-
-         Ok…- Mi seguì standomi addosso.
 Ne sentivo la presenza fisica  quasi mi toccasse la pelle e ogni tanto avvertivo il tocco delle sue dita sfiorarmi per misurare le distanze. Camminavo senza sapere come….portavo un piede avanti all’altro senza sapere chi avesse dato loro il comando. Era quasi come passeggiare su un materasso ad acqua…le gambe cedevano e dovevo impegnarmi per restare in piedi e camminare dritta.
Quanto mi sentivo stupida.
Raggiunsi il piccolo cerchio di amici senza rendermi conto che la sua presenza dietro mi sovrastava di molto. La cosa mi piaceva…mi dava un senso di protezione…
Mi riaccesi in modalità ON e mi rivolsi a quella sciagurata di Rose che stava ancora flirtando senza pudori con lo scemo di turno.
-         Ehi ciao, vedo che ti sei trovata degli amici! –
-         Ah eccoti Bella…dov’eri finita? Sono rimasta lì come una cretina a parlare alla tua giacca per cinque minuti prima di accorgermi che non c’eri più….e la mia birra non si è vista…e ora so perché…-
Sempre come una vera signora Rose dava sfogo al suo repertorio da vittima immolata, anche se sapeva bene quanto la cosa mi desse fastidio.
-         Senti …cosa vuoi fare dopo? Avete in mente qualcosa? Che so…un altro locale…un po’ di musica? Ballare?-
-         Non lo so…- Si girò verso gli altri alzando la voce.
-         Ragaaa…cosa si fa dopooo? Ce ne andiamo alla “Ragnatela”?-
Sapeva quanto odiassi quel posto. C’eravamo state una sola volta l’anno precedente e tra ubriachi e strano fumo, eravamo tornate a casa così puzzolenti che sembrava ci fossimo fatte una canna. Non ci volevo andare. Papà se ne sarebbe subito accorto e mi avrebbe uccisa. Tutti in coro dissero che era un’idea fantastica e questo mi impedì di aprire bocca per dire la mia.
Sbuffai innervosita voltandomi appena. Lui si abbassò quel tanto da sfiorarmi la guancia con il calore delle sue parole.
-         Ti ci porto io se vuoi…mmhh?- Un soffio leggero…e improvvisamente mi parve un’idea fantastica.
-         Ohh..ok!- Sentivo la mia voce colare miele e bava insieme e mi feci schifo da sola.
-         Allora dai muoviamoci…così a mezzanotte siamo già sul posto per spararci il brindisi.- Occhi Blu aveva dato il via.
Il coro di voci confermò la proposta.
Tutti si alzarono infilandosi le giacche e i berretti.
Era fatta. Avrei avuto lui con me…con me….proprio me.
Mi avvicinai al tavolo per prendere la giacca e raccolsi tutto quel poco che avevo abbandonato lì sopra. Papà non aveva più chiamato e la cosa mi parve strana. Forse si stava divertendo anche lui. Glielo augurai.
-         Si va?- Edward mi raggiunse già vestito.
 Il grosso giubbotto in pelle nera e una sciarpa a rigoni colorati. Il berretto era lungo e gli ricadeva di lato a modi Babbo Natale. Buffo e irresistibile.
-         Come ci andiamo? – Rose urlò per sovrastare le altre voci e subito due di loro dissero di avere portato la macchina.
-         Andiamo con loro?- Mi ero rivolta ad Edward cercando di essere il più naturale possibile, immaginando però di sembrare una pivella ridicola.
-         Preferirei seguirli col mio “gatto”…se per te va bene. –
-         Col tuo che?-
-         La mia moto da neve…il mio gatto personale…E’ più semplice girare per le strade piene di neve. Però c’è posto solo per due…per te va bene?-
Mi andava da Dio..non potevo sperare niente di meglio.
-         Certo. Non ci sono mai salita…dev’essere una figata. –
-         Beh….lo scoprirai tra poco. –
Mi sorrise tendendomi la mano…rimasi ferma un istante, persa nel mare verde dei suoi occhi che aspettavano solo mi tuffassi per perdermi…poi l’afferrai decisa e insieme uscimmo dal locale.
Appena fuori, fummo accolti da una forte folata di vento gelido che sollevava la neve come polvere facendola roteare in aria in grandi vortici.
Le punte dei pini si piegavano alle carezze del vento, lasciando cadere a terra la neve che vi era depositata. La temperatura si era leggermente alzata, il che faceva presagire che sarebbe presto nevicato.
Guardai Edward spalancando gli occhi con aria interrogativa.
-         Non preoccuparti. Se ci sbrighiamo riusciamo ad evitare la bufera. Le previsioni dicevano che il tempo sarebbe cambiato, ma non pensavo potesse succedere così in fretta. Dai vieni. –
Mi passò il braccio intorno alle spalle e a passo veloce mi condusse dietro al locale  dove venivano parcheggiati i mezzi del personale. Rimasi a bocca aperta quando vidi di che si trattava. Quella moto somigliava ad una slitta da quanto era grande e il colore rosso la faceva risaltare sulla neve candida. Mancavano solo i regali appesi dietro e Babbo Natale a guidarla. Risi nascondendo la bocca coi guanti pelosi…ma lui se ne accorse lo stesso.
-         Beh che c’è? La trovi buffa?-
Si fingeva offeso e con le mani ai fianchi mi mise il broncio.
Adorabile.
Lo avrei mangiato.
Lunghi ciuffi di capelli uscivano dal berretto a coprirgli la fronte e qualcuno era sceso sopra agli occhi. Mi avvicinai senza pensare e mettendomi in punta di piedi glieli tolsi da davanti.
-         Ecco…così va meglio no? – Ero serena e stargli accanto cominciava a piacermi. Non mi ero mai sentita così bene. Mi veniva naturale.
Mi avvolse dolcemente tra le braccia sollevandomi da terra.
Sorrideva felice e gli occhi ridevano insieme a lui formando tutto intorno adorabili piccole rughette d’espressione.
Mi sciolsi, mentre mi riappoggiava dolcemente a terra.
-         Andiamo? – Annuii.
Salì agilmente sulla moto impugnando le manopole e con due movimenti esperti fu pronto per partire. Mi fece cenno di salire e allungando il braccio mi aiutò nell’impresa. La sella era grande come una poltrona e quando mi sedetti mi accorsi che si stava scaldando.
-         Ma qui sotto sono caldaaa…che belloooo..-
 Lo vidi ridere di gusto e solo troppo tardi mi resi conto della cosa che avevo urlato, vergognandomene da morire. Di solito non facevo gaffe del genere, ma sembrava che questa serata mi ispirasse proprio.
Diede gas facendo una partenza sprintosa…tanto che mi dovetti aggrappare a lui circondandolo in vita.
-         Tieniti forte Bella…non vorrei perderti per strada. –
-         Non succederà…vai!- Accelerò e subito prese velocità.
Fece un bel pezzo di strada lungo il limitare del bosco, poi però lo strato di neve sulla strada si era assottigliato a causa del sale gettato dagli spartineve e dovemmo procedere lungo un percorso fuori pista immerso nel buio. Talvolta la Luna riappariva in cielo e la sua luce ci faceva da guida , ma il vento, carico di nuvole grigie, la coprì poi definitivamente lasciandoci al buio.
-         Edward, ma tu conosci la strada?...Non mi sembra questa…o almeno non la riconosco. –
-         Credo di si…anche se ci sono stato solo una volta in quel posto…e tre anni fa. E’ in alto vicino alla baita no?-
-         Noo…quello è “Il Ciondolo”…è una birreria e non una discoteca.-
Si fermò lasciando il motore acceso.
-         Ero sicuro fosse quello…accidenti. -
I primi grossi fiocchi cominciarono a cadere dal cielo volteggiando sul fascio di luce del faro acceso puntato verso il bosco.
Il vento era aumentato e sferzava le cime degli alberi con più forza. Il fischio prodotto tra i rami  sovrastava persino il rumore del motore acceso.
-         Non possiamo restare qui fuori troppo a lungo, il tempo sta peggiorando ed è meglio trovarsi al caldo quando nevicherà sul serio.-
-         Ok! Ma dove andiamo? Fa un freddo cane. – Cominciai a preoccuparmi, avevo i brividi.
-         Proviamo ad andare avanti…dovremmo incrociare la strada principale…. –
Ripartì lento, mentre la visibilità diminuiva rapidamente.
Mi strinsi a lui chiudendo gli occhi per impedire alla neve di colpirli.
Il tempo sembrava trascorrere lento e il gelo si infilava sotto ai vestiti con le sue dita pungenti.
     Bussai sulla sua spalla per farlo girare.
-         Non ce la faccio più…manca tanto? –
-         Ora ci fermiamo…fidati di me. –
-         Meno male…sto morendo. – L’unica parte che ancora sentivo era il fondoschiena, scaldato da quel congegno moderno.
La moto rallentò fino a fermarsi davanti ad un grande pino che nascondeva una graziosa piccola malga che già dai contorni sembrava una meraviglia. Non vi erano luci all’interno e la pensai disabitata.
Edward scese scivolando di lato e mi tese la mano per aiutare me a farlo.
Non sentivo più le dita di mani e piedi e anche se non capivo dove fossimo lo assecondai senza chiedere nulla. Il vento fischiava tra gli arbusti producendo suoni sinistri e la neve fitta che cadeva dal cielo lo seguiva rincorrendolo.
Non riuscii a dire una parola. Premevo le labbra serrandole per non permettere a quel putiferio di gelo e neve di penetrarvi.
Mi condusse verso la casetta e dopo aver armeggiato per qualche istante sulla serratura entrammo richiudendo la porta alle spalle.
-         Stai ferma qui un attimo che cerco di accendere una luce. –
-         Mio Dio, ma dove siamo…sei sicuro che ci possiamo stare qui? E’ caldo qui dentro…ci sarà qualcuno no?...e se stanno dormendo?- Sussurrai.
Non mi rispose nessuno, mentre ascoltavo i suoi passi sulle tavole di legno grezzo del pavimento. Via via che gli occhi si abituavano al buio riuscivo a distinguere i contorni della stanza, accorgendomi di quanto più grande apparisse rispetto a quel che sembrava da fuori. Il tepore mi riscaldò producendo quegli aghi dolorosi alle mani e ai piedi…i “diavoletti” li chiamavo io e mi tolsi i guanti per sfregarmi le dita e darmi sollievo. Stavo ancora con la schiena appoggiata alla porta quando Edward tornò da chissà dove con una grossa candela in mano. Lo vidi spostarsi lungo la stanza, accendendo altre candele sparse sopra i mobili e sul pavimento.
Lo guardai stupita, non riuscendo a capire se dovessi essere felice…o spaventata. Edward era uno sconosciuto tutto sommato…ed io ero lì sola con lui…di notte….e al buio. Scacciai quel pensiero non appena mi fu davanti. Reggeva una candela che con la sua luce calda gli illuminava il viso producendo ombre lungo il suo profilo. Si era spogliato del giubbotto e mi offriva la mano libera sorridendo in modo timido e seducente.
Ebbi un momento di off…lungo e sofferto.
-         Benvenuta nella mia casetta Isabella. - 
Aveva il volto arrossato dal freddo e i capelli tutti stropicciati dal berretto indossato poco prima…ed un sorriso disarmante che mi tolse ogni dubbio.
Se c’era un posto dove volevo essere …era proprio lì con lui.
La sua mano prese la mia e mi lasciai guidare verso il centro della stanza.
-         E’ bellissima…davvero. –
-         Ti aiuto a togliere la giacca…sei piena di neve. – Mi sfilò con delicatezza il giubbotto ed io tolsi il berretto stringendolo tra le mani.
-         Dallo a me…lo metterò ad asciugare – mi disse – sei congelata. –
-         Si..ho i diavoletti. –
-         Che cosa?- Sorrise divertito. Raccolse le mie mani che sembrarono sparire nelle sue, calde e morbide. Le avvicinò alla bocca e vi alitò sopra per scaldarle. Le appoggiò una per parte sulle sue guance che al contatto mi parvero bollenti facendomi avvertire ancor di più il dolore.
Mi sfuggì un lamento.
-         Maledetti diavoletti….fanno un male della madonna. –
-         Oh scusa…- Le fece scivolare via dal viso poggiandosele al petto.
-         Non è niente…-
Rimanemmo uno di fronte all’altra…le sue mani sopra le mie.
Desideravo sentire il sapore di quelle labbra schiuse che continuavano a sorridermi dolcemente…accarezzarle con le mie.
Avevo già baciato un ragazzo a scuola, ma il desiderio che provavo ora per Edward era diverso…più intenso. Un’attrazione tale da farmi tremare le gambe. Stringeva le mie mani mentre il petto seguiva il ritmo affrettato del suo respiro. Gli occhi sembrarono colorarsi di nero…intensi…brillavano puntati nei miei e mi ritrovai a deglutire a vuoto cercando di respirare…senza riuscire ad allontanarmi…
Scivolò con la mano sul mio viso accarezzandomi…poi si ritrasse abbassando lo sguardo.
-         Accendo il caminetto…-
Sembrava costringersi a non guardarmi e la cosa un po’ mi ferì. Pensai di aver fatto qualcosa di sbagliato , ma non ebbi il coraggio di chiederglielo.
Rimasi ad osservarlo sedendomi sul grande divano rosso, raccogliendo le gambe e abbracciando le ginocchia. Mi accorsi degli scarponi e imprecai contro me stessa.
-         Oh scusami…ho sporcato il divano…io non volevo…oh mio dio scusami. –
In silenzio si mise in ginocchio davanti a me, appoggiando lì di lato la legna che stringeva nelle mani. Mi sollevò lentamente una gamba sfilando con delicatezza lo scarpone…fece lo stesso con l’altra…senza mai staccare gli occhi dai miei…
Quel che lessi in quelle iridi vellutate mi lasciò senza respiro…erano espressioni contrastanti…come se stesse combattendo con se stesso per trattenerle…
Raccolse i miei piedi tra le mani sfregandoli.
-         Sei congelata. Ora accendo il fuoco e vedrai che andrà meglio. –
A gambe incrociate rimasi a fissarlo nella penombra, mentre abile si muoveva intorno al camino e in meno di due minuti il fuoco scoppiettava liberando nell’aria un gradevole profumo di resine e di pino. Rimase per qualche istante a rimirarlo, come se quelle lingue di fuoco lo trattenessero…era bellissimo. Il calore sprigionato dalle fiamme si propagò velocemente alzando la temperatura della stanza e le mie mani si scaldarono dicendo addio ai diavoletti. Fece un sospiro e poi tutto allegro si rivolse dalla mia parte.
-         Allora, ti va una cioccolata rustica? –
-         Rustica?...interessante. – Ostentava un’allegria che i suoi occhi non provavano…e me ne accorsi subito. Finsi di non vedere e lo assecondai.
-         Questa casa ha più di cento anni e mancano molte delle comodità che conosciamo, ma offre una vista magnifica…che ora naturalmente non si vede e…la cucina è la parte che preferisco….- Lo vidi tornare serio…un mezzo sorriso che i muscoli del suo viso sembravano rifiutare.
-         Mia madre adorava questa casa e amava la vita semplice. Diceva che qui ritrovava i piaceri delle piccole cose che in Florida non le era concesso di provare… - Deglutì il groppo che gli si era visibilmente formato in gola. Seduto a gambe incrociate davanti al camino …era la cosa più bella e dolce che avessi mai visto in vita mia. Si era tolto il maglione ed era rimasto con la sua t-shirt nera. Le linee dolci del suo viso mi attraevano in modo incredibile...non capivo cosa fosse…sapevo soltanto che non riuscivo a staccare gli occhi da lui.
-         E’ la prima volta che vieni qui senza… di lei? – Mi sembrò una domanda crudele non appena la formulai…e cercai di rimediare sentendomi un verme.
-         Perdonami…non volevo essere…non so cosa …- Balbettai a disagio.
-         Non preoccuparti, mi piace parlare di mia madre. L’ho sempre chiamata con il suo nome di battesimo sai? Fin da bambino. Era una specie di gioco che poi è durato nel tempo. Esme era una madre meravigliosa …ma anche un’amica per me.- Nel parlare di quella donna gli si illuminarono gli occhi e quel sorriso che prima si nascondeva nel dolore, era sbocciato nelle sue labbra calde regalandomi il piacere di starlo a guardare mentre dava il meglio di sé.
-         Lo posso solo immaginare, io non sono stata fortunata quanto te. La mia se n’è andata quando ero piccola per seguire i suoi sogni…e non l’ho più rivista da allora. Non so nemmeno dove sia…e con chi. –
-         Avevo capito che fossi qui con i tuoi genitori…e non solo con tuo padre.
-         E invece siamo noi due…ma stiamo bene. Papà è una brava persona e insieme facciamo davvero di tutto. A lei non penso mai…è quasi come se non fosse mai esistita. – Pronunciare quelle parole mi fece male, forse non era vero…ma nel mio cuore preferivo pensare che lo fosse.
Si sistemò sul tappeto mettendosi seduto e appoggiando le braccia sopra le ginoccia. Le mani unite giocavano ad intrecciare le dita, come quando da bambini si fanno i giochini.
-         Esme aveva sempre sognato di venire a vivere qui con mio padre…una volta che io fossi andato a vivere per conto mio. Aveva già fatto un sacco di progetti su come sistemare la casa…il giardino qui davanti …che in estate immaginava come un’esplosione di fiori. Ma soprattutto aveva a cuore il Natale e voleva tanto che tutto fosse perfetto…semplice…ma perfetto. –
Mi sorrise un po’ imbarazzato. Si era lasciato andare…ed io scoprivo ogni istante di più quanto mi piacesse starlo a sentire. La sua voce era come un balsamo per l’anima, una carezza che arrivava dritta al cuore e quando rimaneva in silenzio…mi mancava.
-         Aveva un desiderio che non era mai riuscita a realizzare per tempo e che si era ripromessa di mettere in opera quest’anno…ed io sono qui per questo. –
Di nuovo quel velo di dolore oscurò la gioia di prima e io non potevo che rimanere spettatore di quel divenire inconsapevole.
Sospirò…e fece una pausa. Sollevò gli occhi guardandomi intensamente. Cercava di dirmi qualcosa, ma non riusciva ad esprimerlo a parole. I suoi occhi erano un lago di solitudine e cercava conforto tuffandoli nei miei.
Non resistetti e mi avvicinai per accarezzarlo.
-         Sono sicura che tua madre ne sarà felice…qualsiasi cosa sia…lei lo saprà. – Mi misi in ginocchio dietro di lui e avvolgendogli le braccia al collo lo strinsi dolcemente tuffando il viso sull’incavo del collo. Il conforto che provai mi fece bene al cuore. Tutto quel che facevo con lui mi pareva naturale …come se già lo avessimo vissuto insieme. Sollevai il viso stampandogli un sonoro bacio sulla guancia. Lui voltò la testa verso di me e sorrise apertamente, come se il sole fosse tornato a splendergli intorno.
-         Ho dimenticato la tua cioccolata…vieni con me. –
-         Dove? – Si sollevò da terra e allungò la mano per aiutare me.
-         Nella mia stanza preferita. – Afferrò una candela.
Mano nella mano mi fece strada…e fatti due scalini mi ritrovai nella grande cucina. Il fuoco scoppiettava nella stufa a legna e sopra c’era una pentola d’acqua grandissima che bolliva lenta.
-         Non ti spaventare per il disordine, non sono il massimo come uomo di casa. – C’erano alcuni piatti nel lavandino di pietra e il tavolo mezzo apparecchiato. Accese le candele della stanza e si mise ad armeggiare sopra il fuoco.
-         Non lo vedo nemmeno…non ti preoccupare. Posso aiutarti? –
Cercai di avvicinarmi , ma non me lo permise.
-         Non se ne parla…siediti e aspetta…in due minuti è tutto pronto…spero.-  La stanza era calda ed accogliente. Le pareti erano bianche come la neve e coperte di pentole di rame e vecchi attrezzi di legno per la cucina. Le travature sul soffitto erano molto spesse e nel centro pendevano alcuni addobbi dorati che giravano sui se stessi sospinti dal calore che proveniva dalla stufa. Emettevano piccoli fasci di luce riflessa che giocavano sulle pareti formando disegni astratti. Sembravano stelle cadenti e mi ritrovai ad osservarle incantata.
-         Ecco la tua cioccolata…Cucciola. – Mise la tazze sopra al tavolo e scavalcò la panca alzando la gamba prima di sedervici sopra.
-         Cucciola?...mmm…carino. – Rise afferrando la sua e tenendola tra le mani.
-         Esme mi chiamava così…a me piaceva tanto. Era un modo affettuoso di dirmi che ero il suo bambino. – Non aveva vergogna di raccontare le proprie  emozioni ed era strano osservare come gli venisse facile farlo.
-         Tua madre era una donna fortunata…aveva te. –
Lo dissi senza pensare…era il cuore che parlava.
-         Grazie…sei gentile. – fece una pausa sorseggiando la sua cioccolata, rigirandosi poi la tazza tra le mani.
-         Io sono fortunato a poter stare qui con te…mi fai stare bene. Ne avevo davvero bisogno. Sono contento che tu sia qui.– Era sincero…glielo si leggeva negli occhi splendidi che teneva sempre fissi nei miei. Me ne godevo ogni sfumatura dettata dalle ombre proiettate nella stanza dalle candele accese…e quello scintillio era ipnotico.
-         Ne sono felice…davvero. Sto bene anch’io. – gli risposi.
Il vecchio orologio a cucù segnava che mancavano 5 minuti a mezzanotte. Edward si affrettò ad alzarsi e mi sfiorò la mano.
-         E’ ora…vieni con me. – Sorrideva complice…sapendo che non avevo la più pallida idea di cosa stesse dicendo.
Mi guidò davanti alla grande finestra che dava sul giardino, dove in quel momento scendeva una copiosa nevicata in grande stile. Il buio circondava la casa e l’atmosfera grigia copriva qualsiasi visuale. Tutto appariva grigio…tranne il grande albero che smosso dal vento sembrava ballare contento sotto una doccia di ghiaccio, vestendosi via via di quei fiocchi candidi.
-         Ora rimani qui….e non smettere di guardare lì fuori ok? – Era eccitato mentre si infilava la giacca e il berretto..tralasciando il maglione che era rimasto a terra sul tappeto bianco.
-         Ma dove vai? Lì fuori si gela…- contagiata e curiosa volevo sapere cosa stesse tramando.
-         E’ una sorpresa…shhh…zitta e vedrai. – Mi strizzò l’occhio prima di uscire, gettandosi la sciarpa teatralmente …era da mangiare.
-         Tu sei pazzooo…- Gli urlai a tutto fiato mentre usciva…e continuai a ridere anche quando scomparve dietro la casa.
Passarono un paio di minuti…nei quali il silenzio era spezzato soltanto dal crepitio più tranquillo della legna sul camino. Continuavo a guardare fuori…dimentica di tutto…di mio padre…di Rose e del fatto che fossi lì tutta sola con quel ragazzo stupendo. Mi si stringeva il cuore quando lo pensavo e mi riempiva la testa…il petto…lo stomaco….lo sentivo vicino come se ci fosse sempre stato e lo conoscevo appena….e non capivo come potesse accadere …
Ricordai le parole che mia nonna mi diceva sempre..”Non sarai tu a trovare l’amore…ma è l’amore che troverà te”…e a quel pensiero…sorrisi.
All’improvviso dove prima c’era il buio scoppio una luce che in principio mi colse impreparata e chiusi gli occhi. Riaprendoli però rimasi a bocca aperta. Il grande albero sembrava aver preso improvvisamente vita e brillava ondeggiando al vento quasi la cosa lo divertisse. Mille scintille bianche lo vestivano di luce lasciando piccole scie che pennellavano il buio.
-         Ohh Mio Dio…- Dissi al vuoto che avevo intorno portandomi le dita davanti alla bocca.
Tutto sembrò prendere vita nel giardino….o forse era soltanto frutto della mia immaginazione. Il vento turbinava trascinando i soffici fiocchi di neve in vortici verso il cielo e poi di nuovo a terra come se non li volesse lasciar andare e quella luce li avvolgeva accompagnandoli.
Vidi Edward al limitare del giardino sorridere con le lacrime agli occhi, lo sguardo sollevato ad ammirare la sua opera…le braccia strette intorno al corpo. Muoveva le labbra come se fosse in preghiera, mentre la neve giocava intorno a lui ricoprendolo di un sottile strato.
Si girò verso di me incontrando il mio sguardo fisso su di lui e sorridendo  mi raggiunse. Aprii la porta per accoglierlo mentre sbatteva i piedi sotto al porticato di legno liberandosi della neve che lo aveva ricoperto.
Entrò e richiusi la porta.
-         Tu sei pazzo davvero…ma quel pino è davvero spettacolare, lasciatelo dire. Non ho mai visto un albero di Natale più bello. –
Si tolse in fretta giacca e berretto.
-         Dici che si veda giù a valle? – Le lacrime ancora gli rigavano il viso, ma il sorriso era aperto e incontenibile. Si sfilò gli scarponi saltellando su un piede solo…di fretta, per non perdersi quello spettacolo che al di là del vetro sembrava impossibile potesse durare a lungo.
-         Credo che si veda in tutta la Val di Fassa…fino a Moena. Ma come hai fatto? E’ enorme…ci saranno migliaia di luci…e la corrente?-
-         Abbiamo un grosso generatore che mio padre ha fatto portare l’ultima volta che siamo stati qui. La mamma era stanca di girare sempre con le candele e diceva che un Natale senza luci..non è Natale. Non avevamo fatto in tempo a metterlo in funzione lo scorso anno…e quindi…Era questo che voleva Esme per il suo Natale perfetto…ed io sono venuto qui proprio per poter esaudire questo suo desiderio…-
Il sorriso stava scomparendo…Non permisi alla malinconia di rovinargli il momento.
-         Vieni…aiutami a spostare un po’ il divano. –
-         Che vuoi fare? – Mi guardava sorpreso, ma almeno l’avevo distratto.
-         Lo mettiamo un pochino più indietro così possiamo guardare fuori e scaldarci al fuoco…nelle stesso tempo. – Sollevò le sopracciglia in quel modo buffo che già adoravo e sorridendo sghembo mise mano alla sponda del divano. Lo sollevammo di poco e con breve sforzo fu in posizione.
-         Ecco fatto. Ora va bene. –
Mi ero messa le mani ai fianchi tutta fiera della mia idea. Lui mi osservava…in silenzio. Incontrai quello sguardo profondo e mi sentii subito riscaldare. C’era calore…e amore dentro ai suoi occhi, una passione che lo spingeva a compiere gesti sempre mettendoci il cuore. Amavo quello che vi leggevo e lasciai che entrassero dentro me.
-         Sei bellissima , lo sai? –
 Non riuscii a trattenere un largo sorriso imbarazzato, mentre ancora una volta lui senza vergogna metteva a nudo le sue emozioni. Feci altrettanto.
-         Anche tu sei bellissimo…ma penso tu questo già lo sappia.-
Scoppiammo a ridere come due sciocchi…dissipando così il momento di imbarazzo.
-         Sarai congelato..dai rimettiti questo.-
Raccolsi il maglione che aveva lasciato a terra porgendoglielo. Lui lo afferrò, ma lo mise da parte.
-         Prendo la coperta del Buon Ricordo…aspetta. –
Lo vidi scomparire nel corridoio e fare di corsa le scale che portavano al piano superiore. Pochi minuti e riapparve sulla soglia con un grande plaid rosso imbottito di pelliccia candida e cercava di aprirlo ancor prima di arrivare al divano.
-         Aspetta che ti aiuto. –
Pochi passi e lo raggiunsi afferrando un lembo che trascinava a terra. Subito il contatto con quella soffice pelliccia mi procurò piacere e non resistetti a portarlo al viso per godere della morbidezza.
-         Mmmhh che meraviglia. E’ una favola. –
Si lasciò cadere sul divano e vi spinse anche me, coprendoci poi entrambi con quella nuvola vaporosa. Subito il tepore si fece sentire..generato dal calore dei nostri corpi. Non avevo mai provato quanto fosse gradevole un manto di pelliccia.
Sollevò il braccio mettendolo intorno alle mie spalle ed io mi accoccolai sul suo petto come la più naturale cosa di questo mondo. Sollevai le gambe stendendole sul divano e sospirai serena.Non mi ero mai sentita così felice.
L’orologio alla parete fece i rintocchi della mezzanotte…anche se in realtà le lancette segnavano mezzanotte e dieci.
Sollevammo entrambi lo sguardo verso quel suono e poi ci guardammo.
-         Buon Natale Isabella. – Gli occhi suoi brillavano di una luce intensa…ne rimasi prigioniera.
Mi allungai avvicinandomi e lo baciai sulla guancia. Subito il contatto mi fece fremere e un brivido intenso mi corse lungo tutto il corpo. Faticavo a respirare e privarmi di quel piacere mi provocava sofferenza. Di nuovo i nostri sguardi si sfiorarono e per un attimo il tempo si fermò. Vi lessi gratitudine…desiderio…rispetto e una dolcezza tale da sentirmi persa, completamente disarmata.
Lentamente avvicinò le sue labbra alle mie…rimanendo poi sospeso ad un soffio…indeciso…quasi volesse chiedermi il permesso di farlo.
- Buon Natale a te, Edward. – E lasciai mi accogliesse tra le braccia, mentre le nostre bocche si univano in un lungo bacio appassionato.
Avevo perso il contatto con lo spazio e il tempo…seguivo il suo corpo come se da quello dipendesse anche il mio..ed ogni gesto nasceva da solo…guidato da un istinto naturale…che non  dipendeva più da me.
Accarezzai il suo petto sollevando poi la maglietta per toccargli la pelle. Sentivo il suo respiro aumentare e le sue mani circondarmi leggere come se il suo tocco fosse una lunga carezza. Sospinta da una forza incontrollabile esplorai il suo corpo con le mani…le labbra…tutta la mia pelle. Il profumo di lui mi faceva sentire a casa…come se l’avessi riconosciuto e potessi finalmente goderne.
Lui si stese accanto a me senza mai smettere di baciarmi. Sentivo le sue grandi mani stringermi a lui con urgenza, come se perdere il contatto lo facesse soffrire. Sfilai la sua maglietta, mentre i gemiti della passione accompagnavano i nostri gesti.
-         Oh Bella…sei meravigliosa…- Un sussurro roco..lasciato cadere sulle mie labbra come miele.
Ero così che mi faceva sentire…meravigliosa
Le braccia di lui che mi premevano contro il suo petto e il sapore dolce della sua bocca e della sua lingua che instancabile penetrava dentro la mia giocando a farmi perdere la testa. L’esigenza di avere di più divenne insostenibile…e dovevo dentro me decidere se fare quel passo che avrebbe segnato la mia vita per sempre. Sentivo la sua eccitazione premere contro il mio ventre…ma non aveva chiesto di più…continuava a coprirmi di carezze.
-         Edward…- Sospirai il suo nome sulle sue labbra e lui gemette.
Scese a baciarmi il collo, mentre i brividi percorrevano il mio corpo rincorrendosi…baci profondi…graffiati coi denti…il mio corpo reagiva…urlando il bisogno di avere di più….e ancora…
Si stese sopra di me cercando di non pesarmi addosso e appoggiandosi ai gomiti raccolse il mio viso tra le mani…infilando le lunghe dita tra i capelli che sciolti giacevano scomposti sul cuscino e intorno al mio viso arrossato dall’eccitazione. Mi costrinse a guardarlo negli occhi…e sorridendo scosse   la testa.
-         Non so cosa ti abbia portata sulla mia vita Isabella…ma se tu non fossi qui ora…non so cosa avrei fatto. –
Mi sfiorò le labbra dolcemente con le dita…guardandole come si guarda un’opera d’arte…mi sentivo bellissima.
-         Sei il regalo di Natale più bello che abbia mai ricevuto…- vi pose un bacio leggero .
Accoccolai il mio viso sulle sue grandi mani…cercando le sue carezze…chiudendo gli occhi per assaporarne il piacere e riaprendoli poi per nutrirmi dei suoi occhi pieni di desiderio.
-          Edward...non vorrei essere in nessun'altro posto...voglio solo  te...-
Gemette non appena pronunciai quelle parole…le labbra aperte…il fiato caldo dei suoi sospiri ad eccitarmi …  lasciò che i nostri corpi aderissero uno all’altro stendendo il suo peso sopra il mio. Lo strinsi forte accogliendolo e godendo di poterlo sentire così vicino.
Fece per alzarmi il maglione…poi si fermò.
-         Posso? – in risposta lo aiutai a farlo e subito dopo sfilai la sua maglietta per sentire la sua pelle a contatto con la mia….non avevo freni…volevo appagare quel bisogno di lui che mi stava soffocando. Dovevo sapere cosa si provasse a lasciarsi andare al desiderio….ad unirsi con lui …l’unico che mi avesse mai fatto sentire a quel modo.
-         Oh Bella…sei stupenda…oddio non posso…- continuava ad esplorare il mio corpo che si accendeva di nuove emozioni ad ogni tocco….le sue labbra sul mio seno …accarezzavano lente…una dolce tortura. Mi muovevo inconsapevolmente sotto di lui e la cosa sembrò eccitarlo ancora di più. Premeva il bacino strofinandolo su di me e scoppiai dalla voglia di sentire cosa si provasse ad averlo dentro. Non avevo mai fatto l’amore…non ne avevo nemmeno mai provato così intenso il desiderio e questa smania impetuosa che mi aveva travolta mi stava guidando come una cieca verso la meta. Volevo lui…lo volevo tanto.
Abbassai le mani cercando la fibbia della sua cintura…armeggiai per slacciarla…e sciolsi il primo bottone….lui si sollevò guardandomi.
-         Sei sicura? Ti desidero da morire Bella, ma non voglio che…-
-         SShhhh…non dire niente…ti prego. Vieni qui….e fammi scoprire cosa si prova….a fare l’amore…Soltanto ti prego…non farmi male…-
-         Come potrei farlo cucciola…Lo vuoi davvero? –
Lo fissai e in risposta feci scendere la mano fino a toccarlo. Lo accarezzai sopra la stoffa dei pantaloni…e lui gemette ancora…e ancora.
Strinse gli occhi , mordendosi le labbra.
-         Lo voglio anch’io…tu non sai quanto…- Ansimava.
Con cura mi fece scivolare lungo i fianchi i pantaloni e li tolse poggiandoli di lato. Rimasi nuda…senza pudori.
In piedi si tolse tutto e rimase gloriosamente nudo davanti a me…senza vergogna…libero da ogni stupido timore. Prese la coperta di pelliccia stendendola davanti al caminetto che ancora avvolto dalle fiamme scaldava sia l’aria che l’atmosfera. Mi prese entrambe le mani e mi condusse di fronte al fuoco…
Sentivo sotto ai piedi nudi il tappeto soffice.
Lasciai che mi guardasse…accarezzata dai suoi occhi mi sentivo donna e quella sensazione nuova mi faceva stare bene.
Guardavo le curve del suo corpo come se le avessi sempre conosciute…e mi confermavano ogni istante di piu’ che quel che stavo facendo…era la cosa giusta. Mi avvicinai…lui fece lo stesso e finalmente i nostri corpi si toccarono…pelle contro pelle…appagando ogni mia più fervida fantasia.
Era perfetto….era bellissimo.
Lasciai che mi guidasse…e ci stendemmo sopra quel vello caldo rimanendo abbracciati.
Non aveva fretta…godeva di ogni dettaglio con la calma di chi sa amare davvero. Esplorò il mio corpo…baciandomi…facendomi scoprire sensazioni che non potevo nemmeno immaginare. La sua lingua descriveva bene quel che fossero i miei desideri..li seguiva quasi li ascoltasse direttamente nella mia mente…e mi lasciai andare.
Volli fare lo stesso…e scesi sul suo corpo scoprendo con quanta naturalezza assecondassi le sue esigenze. Sentirlo godere e gemere mi rendeva felice…mi eccitava…
Adoravo il suo corpo…e aspettavo il momento in cui lo avrei sentito parte di me….per completarmi.
Eccitati e col respiro spezzato…ci ritrovammo uno sull’altro…
Lui mi sorrise ancora una volta, mentre aprivo le gambe per accoglierlo e si lasciò scivolare dentro di me con delicatezza…facendo una leggera pressione quando incontrò quell’ostacolo naturale che mi impediva ancora di essere donna. Fu solo un istante…un sottile dolore che scomparve dalla memoria non appena fu completamente dentro di me.
Rimase fermo…aspettando di vedere la mia reazione.
Il sorriso immenso che gli regalai lo fece gioire e cominciò a muoversi dolcemente dentro di me portandomi in Paradiso. Non seppi più dov’ero…ne cosa fosse la mia vita prima di questo. Lo strinsi forte mentre mi baciava il collo e il viso senza darmi tregua. Incontenibile,  l’emozione mi fece venire le lacrime agli occhi…che tenevo stretti per non distrarmi da quel che sentivo. Quando li riaprii rimasi sorpresa di scoprire che anche lui stava piangendo e ci ritrovammo stretti uno all’altra…sorpresi di quanto il destino ci avesse riservato in quella magica notte di Natale. Quasi come un miracolo ci aveva fatti incontrare…e ora ci aveva legati per sempre in quel tenero ricordo…..
-         Ti voglio bene edward…-
-         Ti voglio bene anch’io cucciola….-
Ridendo felici ci arrotolammo sulla coperta…chiacchierando…facendo ancora l’amore…raccontandoci le nostre vite e i nostri sogni…finchè il fuoco pian piano si spense….
 
24 dicembre 2012
 
Mi svegliai di soprassalto…con la dolcezza di quel sogno che mi aveva portato indietro nel tempo e mi costringeva a sorridere. Il Sole si era nascosto tra le nuvole e un soffio di aria fredda mi penetrò dal collo infilandosi sotto ai vestiti. Rabbrividii e guardai allarmata l’orologio…ero in ritardo.
Mi sollevai constatando di avere tutte le ossa rotte. Addormentarmi su quella pietra non era stata una grande idea. Misi lo zainetto in spalla.
 Mi arrampicai lungo l’ultimo tratto che mi divideva dalla meta e quando raggiunsi la cima avevo il fiatone ed ero tutta sudata con le guance in fiamme.
Il piccolo Maso era sempre lì…nascosto dietro al grande albero che in quei trent’anni anni aveva visto più volte ripetersi quella stessa scena.
Edward era in piedi sotto al porticato…intento a mettere le luci lungo il bordo della tettoia che dava sul giardino. Mi vide da lontano…e riconobbi il suo sorriso anche se in realtà lo vedevo poco.
Lasciò cadere quel che aveva in mano e mi venne incontro…
Non smetteva di sorridermi…ed io non potevo che fare altrettanto…contagiata come sempre dal suo immutato carisma.
Gli anni lo avevano reso ancora più sexy…e i capelli brizzolati gli davano quel tocco di eleganza che mi faceva impazzire. Le poche rughe che aveva in volto lo rendevano interessante e ogni anno mi chiedevo cosa avessi fatto nella vita per meritarmi un uomo così meraviglioso.
-Ciao cucciola…ti sei addormentata anche stavolta?- Mi baciò, prima di prendere lui lo zainetto e metterlo sulle sue spalle.
- Ti prego non ricordarmelo…mi sembra di aver dormito sui chiodi. –
-Ahaha..ma non cambiare mai amore mio…cosa sarebbe il Natale senza di te…non lo voglio nemmeno pensare. –
- Che c’e’? Mi prendi in giro?.–
- Ma se aspetto tutto l’anno per poterlo fare. E’ una tradizione. Come la tua mania di andare a valle a piedi per prendere il dolce di Natale. –
- Lo sai che i ragazzi lo adorano. –
- Certo , ma sono grandi abbastanza per andarci da soli…non credi?-
- Pensi che non sia più in grado di farlo da me? Che sia troppo vecchia?-
Mi ero messa in posizione di guerra…mani ai fianchi e sguardo da dura.
Lui mi venne vicino e mi passò il braccio intorno alla vita.
 Si avvicinò all’orecchio e sussurrò appena…perchè sentissi solo io.
-         No cucciola…è che vorrei poter stare solo con te almeno un paio d’ore…Non ti andrebbe di giocare un po’?-
Esibì il suo sguardo assassino.
-         Sei un porco.-
-         Non dire quella parola che mi eccito.- rideva mordicchiandomi l’orecchio.
-         Oh insomma smettila…se ci vedono I tuoi figli cosa gli diciamo?-
-         - Che la loro mamma e’ un gran pezzo di gnocca e che papà non resiste…la deve baciare. – Mi stampò un bacio e si allontanò soddisfatto.
-         Edward Cullen tu sei l’uomo più maledettamente sexy ed impertinente che abbia mai conosciuto….ma senti…- Mi affiancai per parlargli più piano.
-         Te la ricordi la prima volta che siamo stati qui?...-
-         Conservo ancora la coperta come prova della tua verginità. –
-         Ahahaha…quanto sei scemo…davvero ce l’hai ancora? –
-         Certamente…cosa credi..io sono un uomo all’antica. –
-         Ahh sii?...quindi quella sera ti sei comportato da gentiluomo?-
-         Senza ombra di dubbio…Tu me lo hai chiesto…e Io te l’ho dato. Un vero gentiluomo …si. –
-         Il tuo concetto di galanteria non lascia dubbi all’immaginazione.-
-         Direi di no…sai che sono limpido come il vetrocamera della nostra suite al Palace hotel di Miami.-
-         Sii?...quindi doppio e di spessore…e cos’altro? –
-         Resistente e duro come la roccia…vuoi provarmi ? –
-         Ma che hai oggi? Sei particolarmente eccitabile..MMhh mi piace. –
-         E non hai ancora visto niente…- Mi strizzò l’occhio e scomparve dentro casa per riporre lo zaino.
Al calar del sole i  nostri figli Esme e Charlie erano già in preparativi per uscire ..  Ormai quasi ventenni erano soliti andare nei locali con gli amici e lasciare noi soli in quella casetta sperduta.  Un po’ prima della mezzanotte ci salutarono scomparendo nella notte con la motoslitta nuova di zecca.
-         Quest’anno ci hanno abbandonati prima ancora degli auguri …ormai li abbiamo persi. – La nostalgia dei Natali andati cominciava a farsi sentire…forse sull’onda di quel sogno che mi aveva riportato alla mia gioventù.
-         Forse hanno voglia di lasciarci soli…non credi? In fondo ce lo meritiamo? – Mi abbracciava avvolgendomi da dietro la schiena, mentre guardavo da quella stessa finestra di trent’anni prima.
-         Ti ricordi ancora di me quando ero una bambina?-
-         Quella bambina è ancora qui con me…non la vedi?- E mi segnò il riflesso di noi due sul vetro. Come uno specchio sorrisi a quei ragazzi ormai   cresciuti…rimpiangendo un po’ l’innocenza e la dolcezza di quei giorni.
Mi voltai per abbracciarlo e dolcemente lo baciai.
Nascondeva la mano dietro la schiena e curiosa lo costrinsi a mostrarmela. Stringeva un grosso pacco che mi porse come un tesoro sorridendo complice.
-         Ta taaa…Una cosa per te. –
-         Non si era detto niente regali? Non è giusto…io non ho preso niente. –
-         Nemmeno io….aprilo…è per tutti e due. –
Scartai il grosso pacco appoggiandolo al divano rosso ormai un po’ sgangherato e urlai di meraviglia trovandomi tra le mani  la grossa coperta di pelliccia di tanti anni prima. Mi vennero le lacrime…e non seppi trattenermi.
-         Allora era vero…l’avevi conservata…Oddio Edward…che meraviglia. -La portai al viso coccolandomi e annusandola…cercando di sentire se imprigionato vi fosse ancora il profumo di noi.
-         Non c’è nulla di te che non conservi come un  tesoro amore mio. –
Abbracciò me e la coperta insieme…
 - E non lo farò mai…Ti amo cucciola…-
- Oh Pazzo eri e pazzo sei rimasto…ma ti amo così tanto anch’io Edward Cullen…- Piansi di felicità baciandolo, mentre fuori in giardino allo scoccare della mezzanotte il grande albero si accese ricreando il calore e la magia di sempre.
- Buon Natale amore mio. –
- Lo sarà cucciola…lo sarà! –
Prese la coperta dalle mie braccia e come un matador la lanciò in aria per aprirla e stenderla davanti al camino.
…..Fu uno dei Natali più belli della mia vita……<3
   
 
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