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Autore: aki_penn    30/12/2011    8 recensioni
Mentre il condominio Chupa Cabras si prepara ad affrontare l'estate più calda degli ultimi quindici anni, i suoi inquilini più giovani dovranno imparare a sopravvivere a loro stessi. Tra portinaie pettegole, padri apprensivi, furti di ventilatori e agognate quanto temute prime volte, l'estate di Soul Eater.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Liz Thompson, Patty Thompson, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trentotto scalini'
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Trentotto scalini

Capitolo Diciannovesimo

Le Olimpiadi del Chupa Cabras

 

Nygus, la fidanzata del signor Sid, era intenta a disinfettare la ferita sul ginocchio di Crona, che stringeva un pupazzo dall’anatomia discutibile.

“Non so come comportarmi con la corsa a tre gambe” piagnucolò. Nygus annuì “Probabilmente se l’avessi saputo non saresti finita distesa per terra” constatò la donna. La ragazzina annuì a sua volta sconsolata, mentre vicino a loro si banchettava con braciole e salsiccia. I signori Ford facevano affari d’oro, mentre Ox, con l’aiuto di Harver, sfrecciava tra i tavoli con indosso un grembiule bianco.

Dopo le olimpiadi del Chupa Cabras, consistenti in prove che partivano dalla corsa a tre gambe,  e finivano con la temibile maratona, passando per il tiro alla fune e il lancio del panino, l’intero condominio si era riunito per la cena. Nonostante la maggior parte dei condomini pensasse che fare delle olimpiadi in versione condominiale fosse una stronzata, nessuno disdegnava una bella grigliata.

Medusa e Stein sedevano uno di fianco all’altra né troppo vicini né troppo lontani, con davanti il signor Spirit che si beava della sua schiacciante vittoria alla maratona condominiale.

“Davvero un grande successo” commentò Stein, ingoiando una patata al forno, con una vaga vena ironica, che il suo interlocutore non intercettò. Blair, al suo fianco, inguaiata in un vestito leopardato con gli strass, annunciava candidamente di aver dimenticato di mettersi le mutande, facendo andare il vino di traverso al signor Albarn.

I signori Nakatsukasa mangiavano vicini, composti, curandosi di non mettere i gomiti sul tavolo, conversando col signor Mifune, il quale però sembrava piuttosto agitato. Accanto a loro, uno di fronte all’altra, stavano Black*Star e Tsubaki. La ragazza rappresentava tutto ciò che i genitori le avevano tramandato, compostezza, tranquillità, buongusto, Black*Star molto meno: mangiava come se non vedesse cibo da dieci anni. “Spuncione, mi schizzi di sugo” si lamentava Angela, agghindata con un tovagliolino ricamato, seduta accanto a Mifune “Composto, composto” sibilava questo, cercando di farsi sentire solo dal suo disordinato discepolo. Fu fatica ovviamente sprecata e Tsubaki passò la cena guardando il proprio piatto, vergognandosi ad alzare la testa e vedere cosa stava combinando Black*Star con l’arrosto.

Il professor Excalibur, del canto suo, era intento a dire che vincere il gioco delle parole, per lui, era stata una bazzecola, era dal dodicesimo secolo che non esisteva persona più acculturata di lui. In effetti, il vocabolario del signor Excalibur era veramente vasto, peccato che la sua parola preferita rimanesse comunque cretini. Se poi la parola cretini era accompagnata da qualche colpo di bastone, ancora meglio!

Justin Law faceva finta di ascoltarlo e annuiva placidamente, non si poteva dire lo stesso per la sua band, formata da una scimmia, un tipo imbronciato, un tizio con il cappello da baseball che leggeva anche mentre mangiava e un orso di pezza, che a metà della cena presero il professore e lo riempirono di botte dietro lo stand dei dolci, senza che nessuno corresse in suo aiuto.

Angela chiese a suo padre se il tipo con la testa da orsetto lavorasse al circo e lui le spiegò che era un artista e a volte gli artisti si vestivano in modo strano.

“Eh, il metal evangelico è un ramo piuttosto particolare” sospirò il signor Nakatsukasa bonario.

Oltre alla band e al professore erano presenti anche il signor Sid, Marje, il signor B.J. e Azusa, che aveva vinto la prova di tiro con l’arco.

I signori Evans sedevano vicini con l’aria di chi teme un contagio nello stare troppo vicino ai plebei, Wes, il maggiore, invece si era messo a chiacchierare con la scimmia della band metal evangelica di Justin. Non era chiaro come facessero a capirsi, dato che la scimmia emetteva solo suoni gutturali, ma evidentemente l’empatia tra musicisti era più forte del linguaggio verbale.

Soul sedeva dall’altra parte della panca, di fianco a Maka.

Giriko aveva passato tutta la serata in giro per lo stand della carne cercando di trovare i punti migliori per sistemare le sue telecamere, tutto questo senza che nessuno sospettasse niente. Arachne aveva mangiato da sola, in silenzio, e aveva fatto i complimenti al cuoco, per poi andarsene senza pagare.

Free, che era venuto nonostante non fosse stato invitato, aveva passato metà della serata dicendo che dall’altra parte della fiera c’era un ristorantino mobile che faceva le rane fritte, cosa che fece piangere copiosamente Elka, che si dimostrò assolutamente inconsolabile, finché il giardiniere non le promise di comprarle un acquario nuovo per i suoi amici anfibi. Il cane da guardia, invece, sgranocchiava un osso sotto al tavolo, dove la gente si faceva piedino o si tirava i calci, a seconda del rapporto di amicizia. Liza e Arisa, del canto loro, erano già ubriache a inizio serata.

Infondo al tavolo, Liz passò una birra a Maka, che sedeva accanto a lei “E’ calda ed è una marca pessima, ma meglio di niente” proruppe a un certo punto. La ragazza sbatté le palpebre “Oh, guarda, io sono a posto, non mi piace molto la bir…” cominciò, cercando di declinare gentilmente l’invito. Il rifiuto fu vano, perché Liz continuò a spingere la bottiglia di vetro verde verso di lei “Bevi, bevi che ti fa bene. Cerchiamo di dare un po’ di brio a questa serata”

“La mia sorellina è arrabbiata per colpa dei disegni di Kid” spiegò Patty con un sorrisone. Maka alzò le sopracciglia e anche Soul si voltò verso le due sorelle “Che disegni?” domandò.

Liz scosse la testa con l’aria di chi non ha per nulla voglia di parlare di quell’argomento “Lasciamo perdere”

“Pornogomma” rispose invece Patty, che riuscì ad essere meno esplicativa di sua sorella.

Pornoche?” continuò Maka perplessa, arrossendo, un po’ come se fosse un’abitudine. Sobbalzò quando sentì la mano di Soul vicino alle cosce, si voltò di scatto verso il ragazzo con tutta l’intenzione di tirargli una sberla. Ammesso e non concesso che Soul le piacesse, non aveva nessun diritto di permettersi di fare cose del genere nel bel mezzo di una cena condominiale e…

I suoi malumori si placarono appena la mano di Soul si strinse attorno alla sua, poggiata sulla coscia. Le aveva dato la mano sotto il tavolo. Arrossì violentemente, era lei quella peggiore tra i due. Guardò Soul con aria imbarazzata. Il ragazzo la guardò, intento a masticare un boccone di carne “Che c’è?” domandò un po’ brusco. Maka si voltò dall’altra parte, vergognosa “Niente” rispose con voce più stridula di quanto avrebbe voluto. Soul le osservò la nuca, continuando a ruminare, un po’ perplesso, per poi mandare giù il boccone e prendersi la birra che Maka aveva rifiutato.

Proprio in quel momento, Kid tornò a sedersi al suo posto, dopo una buona mezz’ora di assenza. “Finalmente l’ho trovata” annunciò contento, sistemandosi al meglio davanti a Liz, che lo fissava con sguardo omicida.

“Questa salsa barbecue ha un colore molto migliore di quella di prima, non trovi, Liz?” domandò spremendone un po’ nel piatto della sua coinquilina. Lei lo fulminò “Kid, è una salsa, la devi mangiare non ci devi dipingere un quadro, chi se ne frega della tonalità del colore” sbottò serissima, senza distogliere gli occhi dai suoi.

Con un gesto repentino rubò la birra a Soul “Questa la bevo io, che ne ho bisogno!”

Dalla metà della tavolata si alzò una voce “Ragaaaaaziiii…non litigatevi la birra…qui abbiamo della grappa purissima!” esclamò Arisa, prima di cadere dalla panca, ubriaca. Mifune fece del suo meglio per rimetterla a sedere composta, mentre questa rideva a crepapelle.

“Non credo sia saggio dare da bere la grappa ai bambini” fece la signora Nakatsukasa-chioccia, mettendosi un fazzoletto davanti alla bocca. Poco più in là, il signor Albarn cercava di palpare Blair, completamente ignaro di ciò che veniva offerto alla propria progenie. Stein e Medusa si pestavano vicendevolmente i piedi facendo a gara a chi produceva meno smorfie di dolore. Erano entrambi molto abili.

 

§

 

Soul infilò le dita tra i capelli di Maka, mentre lei affondava il viso nel suo petto. “Soul” piagnucolò strascicata, mentre lui faceva due passi indietro per non perdere l’equilibrio.

Il ragazzo spostò gli occhi verso Liz, un po’ stizzito “Che bisogno c’era di far bere di nuovo Maka?”

Liz incrociò le braccia sotto il petto “È che sono di umor pessimo!” disse a mo’ di scusa. Soul era convinto che non valesse come spiegazione, ma non obbiettò oltre, era troppo impegnato a sorreggere una ragazza bionda che non reggeva l’alcol.

“Oh, Liz. Quel festone a forma di fiore di ibisco è stropicciato…” lamentò Kid, allungando il braccio nella direzione del ghirlanda che affrontava i suoi occhi con quello scempio.

“Chi se ne frega, Kid. Prendiamo Patty e andiamo a casa!” decretò la ragazza, sistemandosi il cappello di forma vagamente texana.

“Noooo, sorellina…sono sul toro!” esclamò una voce da poco lontano. Liz emise un sospiro stizzito vedendo la sorella cavalcare con maestria il toro meccanico.

“Signori e signore, la ragazza col cappello da cowboy sta superando tutti i record di resistenza e permanenza sul toro!” schiamazzò un tizio col megafono, probabilmente il proprietario dell’attrazione.

“Non le permetterò di mettersi più in mostra di me!” sbottò Black*Star tentando di scavalcare il bordo gonfiabile.

“Tranquilla, Liz, la porto a casa io tua sorella!” fece Tsubaki, mentre cercava di trattenere Black*Star per la vita. Probabilmente si sentiva in colpa per essersi ubriacata l’ultima volta che erano andate alla fiera, lasciando tutto nelle mani di Kim e Liz, per l’appunto.

La ragazza sospirò “Va bene. Grazie, Tsubaki” poi occhieggiò Black*Star che si agitava come un ossesso e sussurrò un buona fortuna tra sé.

“Su, Kid, andiamo a casa, così quel festone non ti darà più fastidio”

“Non possiamo metterlo a posto e andare a casa dopo?”

“No” fu la risposta categorica. Kid piagnucolò un po’, ma Liz lo trascinò via senza pietà e Soul li guardò rimpicciolirsi per colpa della distanza, mentre camminavano sotto i lampioni.

Sospirò quando Maka mosse la testa sul suo petto sfiorandogli il mento.

“Soul” sussurrò con aria stanca, trusciandosi addosso a lui. Il ragazzo fece una smorfia, era da un po’ che quella storia andava avanti e gli stava dando non pochi problemi, davanti a Liz si era dimostrato imperturbabile, ma a quel punto agire era indispensabile. Tirò Maka per i codini, senza farle male, giusto per farla sembrare indiavolata e farle staccare la testa dal suo petto.

“Maka” chiamò “mi guardi?” fece, con una certa apprensione. Lei sbatté le palpebre qualche volta, mostrandogli un paio di iridi lucide e verdi. Non poté fare a meno di pensare che fosse carina anche così.

“Potresti smetterla di strusciarti? È da quando ci siamo alzati…no, anzi, da prima, che lo fai in continuazione” domandò contrito. La ragazza batté di nuovo le ciglia con aria perplessa, per poi sciogliersi in una risata poco consapevole. Si sbilanciò in avanti e lo legò in un abbraccio soffocante.

“Ti da fastidio?” ridacchiò alticcia, con la faccia affondata di nuovo nel suo petto e la vita che sfregava sul bacino di lui.

“Per la miseria” bofonchiò lui, rassegnato.

Poco distante dal Chupa Cabras intanto, Liz e Kid continuavano a bisticciare. “Potevi almeno farmi sistemare quel festone, quell’unico festone fuori posto!”

“Se te l’avessi lasciato fare ti saresti perfino messo a sistemare in fila la colonna di formiche!” sbottò la ragazza, stizzita.

“Non è vero” ribatté Kid rosso, sapendo di mentire.

“Lasciamo perdere, per favore” supplicò Liz, varcando la soglia del Chupa Cabras. Kid, nel buio, scorse una forma che non aveva mai notato fino ad allora.

“Cos’è?” chiese, bloccandosi a metà del sentierino che dal cancello portava al condominio scrostato. Anche Liz, già sullo zerbino, si fermò a fissarlo. Senza guardare ciò che aveva interessato l’amico, rispose “La nuova scultura di Patty. L’ha fatta con la ferraglia che ha trovato vicino ai bidoni. Vedi, la mia sorellina è anche ecologista, ama il riciclo”. Suonò un po’ come una pacata presa in giro.

Kid storse il naso “E gli occhi come li ha fatti? Sembrano di cristallo, risaltano alla luce dei lampioni”

“Che ne so…chi se ne frega. Dai, Kid andiamo a letto” fece stancamente, iniziando a salire i gradini. Poteva anche lasciarlo lì, tanto la loro porta non si chiudeva e lui non avrebbe avuto problemi a entrare quando si fosse scocciato di studiare l’opera di Patty. Fortunatamente il ragazzo desistette presto e la raggiunse velocemente, facendo i gradini a due a due.

“Era buona la bistecca di sta sera, vero? Anche l’occhio aveva la sua parte. Ho dovuto un po’ sistemare le carote filangè, ma non mi voglio lamentare” cominciò lui, intenzionato a fare conversazione.  

Liz annuì “Sì che era buona e in più era gratis, offerta da tuo padre, l’avrei mangiata anche se fosse stata una scarpa” rispose, decisa a ignorare lo sproloquio sulle carote alla julienne.

Il ragazzo sospirò incrociando le braccia, mentre continuavano a salire le scale diretti al terzo piano “ È un bel problema. Dobbiamo proprio trovare una soluzione per le nostre difficoltà finanziarie”

“Erano proprio necessari quegli otto flaconi di sapone liquido?” chiese Liz con l’intenzione di punzecchiarlo.

“Indispensabili” ribatté lui contrito, senza cogliere la frecciatina.

“Immaginavo” sussurrò sarcastica Liz. Storse la bocca e continuò “Potremmo vendere il lampadario dell’ingresso. È gigantesco, vecchio e pacchiano”

Kid sgranò gli occhi e serrò i pugni “Sei impazzita? Quel lampadario è antico, vale un sacco di soldi e, cosa più importante, è simmetrico” strillò. Fortunatamente il Chupa Cabras era deserto e nessuno poté lamentarsi del fracasso.

“Per l’appunto: vale un sacco di soldi” sottolineò lei, sorvolando sull’ultima dote del lampadario elencata da Kid.

“Non se ne parla” ribatté lui aprendo la porta di casa semplicemente appoggiandosi e spingendola. Accese la luce e alzò gli occhi a guardare i meravigliosi riflessi del lampadario in ferro battuto e gocce di cristallo. Liz entrò a sua volta e chiuse dietro di sé la porta, fissando l’espressione ebete del suo coinquilino che fissava quel lampadario, che a suo dire era pacchianissimo.

“La simmetria ti fa diventare scemo” sussurrò tra sé, senza che lui potesse udirla.

Non ci volle molto però perché la faccia gioiosa di Kid si trasformasse in una maschera di dolore. Liz s’accigliò, era così sconvolto che non riusciva a parlare e indicava convulsamente il soffitto con l’indice. Liz alzò la testa incuriosita.

“Ne…ne mancano d-due” balbettò fuori di sé il ragazzo. Lei ci mise qualche secondo prima di individuare le gocce scomparse. Effettivamente ne mancavano due all’appello: gli occhi della scultura di Patty.

“L’avevo detto che la mia sorellina ama il riciclo” cercò di sdrammatizzare lei, ma Kid sembrava inconsolabile e si stava spalmando, disperato, sul comò.

“Non…non è più sim-simmetrico” piagnucolò. Liz strinse i denti davvero esasperata, non ne poteva più di quella fissa idiotissima della quale LEI, e solo LEI, doveva preoccuparsi.

“Per la miseria Kid, lo sai cosa è simmetrico? Io sono simmetrica!” urlò sporgendosi in avanti, lui distolse lo sguardo dal lampadario, preso di sorpresa.

“Mi sono perfino nascosta il neo che ho qui, col correttore!” sbottò adirata, indicandosi la tempia, dove di solito stava un unico, singolo neo, che le rendeva asimmetrica la faccia. Kid deglutì spaventato.

“Ehm…io…” cercò di dire, impacciato, ma Liz continuò imperterrita “E se non ti basta, anche le mie tette sono simmetriche, cacchio!”

Kid boccheggiò, non aveva mai visto la sua amica così maledettamente arrabbiata “Se non ci credi puoi toccarle!” sbottò.

“Non c’è bisogno” tirò indietro lui, spalmandosi, più di quanto già non fosse, sul comò. “Ci vorrebbe una…procedura” aggiunse poi, timidamente.

Lei lo fulminò con uno sguardo “Te lo dico io cosa devi fare, adesso” sibilò con un tono che poteva essere benissimo una minaccia.

 

§

 

Soul stava davanti, scendendo per la discesa di ciottoli bianchi, non troppo ripida. Maka veniva dopo, tenuta stretta per una mano. Lui era abbastanza sicuro che potesse inciamparsi e cadere da un momento all’altro, stare davanti a lei per attutire ogni possibile crollo era una buona soluzione.

La ragazza, stretta nel suo giubbottino di jeans, si lamentava e trascinava i piedi.

“Soul, dai…non voglio” gemette con gli occhi stralunati. Soul, sempre continuando a scendere in direzione della spiaggetta, si voltò verso di lei per ascoltarla “Hai freddo?” domandò, pur escludendolo dato tutto l’alcol che Liz le aveva fatto ingerire.

Maka scosse la testa e i codini svolazzarono, mentre lei metteva il broncio “Non mi va, c’è il guardiano in spiaggia” brontolò.

Soul roteò gli occhi. Era assolutamente vero, ma lui contava che ci mettesse almeno un’oretta a perlustrare tutto il lungomare, in modo di dare loro il tempo necessario per utilizzare a proprio piacimento i lettini degli stabilimenti balneari. Quello che non aveva calcolato era che a Maka venisse in mente del sopraccitato guardiano, come diamine faceva ad essere così responsabile anche da ubriaca?

Pur lamentandosi, Maka si era fatta condurre fino in spiaggia e in quel momento stava affondando con le ballerine nella sabbia. Le gambe erano nude ed esposte al vento.

Soul le appoggiò una mano sulla schiena e l’attirò a sé, dandole un bacio. Annebbiata, Maka, decretò che un bacio, seppur non particolarmente casto, non poteva essere nulla di male. Si lasciò stringere e baciare, lasciandogli campo libero tra le sue labbra umide. Soul aveva un respiro caldo, in contrasto col vento fresco che veniva dal mare.

Il ragazzo si lasciò cadere all’indietro, atterrando perfettamente su uno dei lettini blu dell’impianto balneare. Lei rimase in piedi, seppur a fatica, piegata in avanti e si ritrovò con le mani di lui sul viso, mentre continuava a esplorare la sua bocca con la lingua, senza staccarsi nemmeno per un attimo.

Non ci volle molto perché riuscisse a farle perdere l’equilibrio tirandola verso di sé mentre si sdraiava.

Gli era finita distesa addosso con le gambe per aria, che sgambettavano. “Soul” si lamentò, riuscendo a fatica a liberarsi dalla presa, per puntellarsi coi gomiti sul petto di lui.

“Il guardiano” biascicò con le sopracciglia aggrottate. Soul fece una smorfia e la ribaltò con uno sfarfallio di codini biondi. Maka non si rese nemmeno conto bene di come successe, la consapevolezza delle cose arrivava in ritardo rispetto al momento in cui accadevano e la cosa dava un certo vantaggio a Soul.

“Macché guardiano e guardiano!” esclamò lui, prima di baciarla di nuovo e passarle le mani sulla gonna scozzese. Le lamentele si spensero così.

Più in alto, ma comunque in balia del vento marino, Stein e Medusa si tenevano stretti a braccetto come una coppia d’altri tempi, facendo a gara a chi stringeva di più facendo male all’altro. Entrambi ovviamente sfoggiando un sorriso smagliante.

“Hai notato che la figlia di Spirit e il minore degli Evans sono scesi in spiaggia?” disse lei, come se fosse solo interessata a fare conversazione.

“Già, saranno scesi a guardare la luna piena” replicò lui, non perché lo pensasse veramente, ma per tentare di sviare il discorso.

“Stasera non c’è la luna piena” considerò Medusa, sfoggiando l’espressione più ingenua del suo repertorio. “Non è che stanno facendo qualche cosa d’altro? Forse bisognerebbe fermarli, prima che il guardiano li trovi, sarebbe imbarazzante” suggerì con la voce più materna che riuscisse ad assumere.

“Io dico che dovremmo farci gli affari nostri. Che si imboschino nelle tende, negli armadi, nei cespugli e pure in spiaggia” disse la sua, tranquillo, lui.

Medusa si finse scandalizzata “Si vede che non hai figli. Se ne avessi ti preoccuperesti anche tu per quei piccolini. Pensa che dispiacere per Spirit trovarli così” chiocciò. Stein si voltò velocemente verso la fiera, dove Spirit, abbracciato a Blair, Arisa e Liza, sbevazzava vino al bancone del bar di Marje, dove lavoravano Kim e Jacqueline. “Non credo che Spirit, al momento, sia in grado di notare granché” decretò il professore.

Medusa fece una smorfia delusa “Allora forse dovremmo occuparcene noi” propose languida. Stein si sistemò gli occhiali “Potremmo farlo, ma potremmo anche non farlo” commentò, trascinandola via dal bordo della scogliera.

“Sai non mi fai per niente male con quel gomito sulle costole, brutta strega”

“Nemmeno tu. Dovresti impegnarti di più, sei un uomo, no?”

“Se vuoi ti spengo la sigaretta nell’occhio” propose lui, magnanimo.

Davanti al bar dove Kim serviva da bere, Arisa notò le due figure a braccetto che si allontanavano “Pare che il professor Stein e la dottoressa Medusa se la intendano proprio” esclamò allegra. Se avesse sentito i discorsi trucidi che erano impegnati a fare, l’avrebbe pensata diversamente.

“Su su, Kim, dammene un altro di quei bicchierini così forti” chiese Spirit, piuttosto alticcio, battendo la mano sul bancone del bar su ruote. La ragazza coi capelli fucsia sospirò e versò un altro po’ di latte di suocera nel bicchierino dell’uomo, per poi girare i tacchi e rimettere a posto la bottiglia.

“Grandi affari ‘sta sera?”

Kim si voltò, ancora intenta a sistemare il liquore dove stava di solito. Aveva riconosciuto la voce “Ox” constatò piatta “Non lo so. Se continua a bere questa roba credo morirà presto. È la cosa più alcolica che il bar possiede. Ne vuoi un po’?”

Ox scosse la testa, un po’ perché non ne voleva, un po’ perché anche se ne avesse voluto Kim glielo avrebbe fatto pagare il triplo del suo vero valore.

“Hai finito di lavorare?” chiese ancora la ragazza, mettendosi a pulire il bancone di legno con uno straccio. Ox annuì “Proprio ora, ho ripiegato le sedie e anche Harver è andato a casa perché era stanco. I miei non so dove siano, forse dalla concorrenza” concluse ridacchiando e indicando l’insegna del bar di Marje. Kim alzò le spalle, la cosa non la toccava, tanto, qualsiasi fossero gli incassi, il prezzo della sua prestazione di barista rimaneva invariato, a meno che non facesse personalmente la cresta sulle ordinazioni, ma quello era un altro discorso.

“Ti ho portato di nuovo la cena. È un po’ fredda perché mio padre ha spento la griglia prima che ci mettessimo a sistemare le sedie e i tavoli, ma è meglio di niente” spiegò, mettendo un piatto coperto da un tovagliolo sul bancone, per poi rivelarne il contenuto. Kim guardò la salsiccia “Non ho ancora mangiato”

Ox sorrise nel vederla mettersi a cena, nonostante fosse tardissimo, e pregò che il signor Albarn non la chiamasse proprio in quel momento, dato che erano metaforicamente soli.

“Tu hai mangiato?” domandò dopo un po’ di silenzio, presa dal dubbio. Ox alzò le sopracciglia “Oh, sì” mentì, per poi essere smentito immediatamente dai rumori del suo stomaco. Kim fece una smorfia, deridendolo, e lui arrossì.

“Kiiiiim…mi dareshti un altro po’ di quel buonissimo latte di shuocera…” biascicò, ubriaco, il signor Albarn, dall’altra parte del bancone.

“Arrivo signor Spirit” rispose Kim senza distogliere gli occhi da quelli di Ox, che si sentiva decisamente in imbarazzo. La ragazza si sporse a dargli un bacio sulla guancia, veloce e non più consistente di quello che si può dare a una vecchia zia, ma lui avvampò comunque.

“Grazie” sospirò un po’ scocciata per il troppo lavoro, avvicinandogli il resto della salsiccia come invito a mangiarla e tornando ai liquori. A Ox si era chiuso lo stomaco.

 

§

 

Kid si teneva stretto con una mano alla gamba del comò, come per paura di volare via, e con l’altra alla gamba di Liz, come per paura che lei potesse volare via. Guardava il soffitto con aria persa e il respiro corto. Liz, seduta su di lui, lo guardava dall’alto mordendosi le labbra.

Kid ansimò e deglutì, non si ricordava di aver mai avuto così tanta saliva in bocca e il lampadario non riusciva nemmeno a vederlo.

“Liz” chiamò a fatica lui, con un rantolo. Lei fece una smorfia “Ti sto facendo male?” chiese preoccupata.

“No…però…è tutto così…poco armonico e il pavimento è freddo e scomodo” enunciò a fatica.

Lui non la vide, ma sulla tempia di Liz apparve una vena pulsante “Se tu la smettessi di tenere stretta la gamba del comò, come se stessi prendendo un tram orizzontale, tutto questo sembrerebbe molto meno idiota! E guarda me, non il soffitto!” sbottò, ritrovando tutta la rabbia che per qualche minuto era sfumata. Era riuscita a fare sesso con Kid, più o meno, ma lui era comunque un immane cretino!

“Liz, non me la sento di lasciar andare la gamba del comò” ammise lui titubante, concludendo con un sospiro.

“Maledetto deficiente!” sbottò lei iraconda, allungandosi in avanti, per quanto la posizione glielo permettesse, nell’intento di staccare Kid dalla mobilia.

“Se sei contento, non vedo perché devi fare tutte queste storie, tu e le tue dannate schiene di gomma!” 

Strisciò le ginocchia sul pavimento facendosi quasi male, mentre Kid annaspava preso da troppe cose con cui non riusciva a destreggiarsi. Fu in quel momento che si udì un “Skiusimiii”. Patty cercò di aprire la porta d’entrata, ma questa finì per sbattere contro i piedi di Kid, sdraiato di traverso nel ben mezzo dell’ingresso.

“Patty” gemette Kid dolorante, piegando un po’ la gamba ferita, ma Liz intervenne immediatamente urlando come un’aquila “Non piegare le ginocchia!”

Fu così che lo spiraglio che si era aperto nella porta d’ingresso venne nuovamente serrato e Patty, cercando nuovamente di aprire, colpì per la seconda volta Kid, che questa volta imprecò malamente.

“Patty! Vai via. Kid e la tua sorellina hanno da fare in questo momento!” strillò Liz, mentre la vena sulla tempia diventava sempre più  visibile.

Sul pianerottolo ci fu un po’ di trambusto e un “Se foste nati nel dodicesimo secolo nessuno vi avrebbe permesso di urlare così a quest’ora di notte” pronunciato da un pomposo professor Excalibur, che per fortuna Liz e Kid non poterono vedere.

Ne seguì una feroce rissa i cui risultati sono incerti, nessuno, oltre a Excalibur e Patty, seppe mai come andarono le cose, ma da allora non si salutarono più.

Nello stesso momento, Soul e Maka erano intenti a tornare a casa a piedi, lei si teneva giù i lembi della gonna e lui le aveva appoggiato una mano sul sedere.

“No, no, non c’è il guardiano, figurati!” lo scimmiottò lei, furiosa. Gli ultimi effetti dell’alcol erano svaniti quando il guardiano della spiaggia li aveva colpiti con un fascio di luce bianca.

“Scusa” disse Soul strascicato, senza sentirsi realmente in colpa. “E poi mi stai palpando il sedere” fece notare, ancora più adirata.

“Non ti sto palpando il sedere: ti sto tenendo giù la gonna, se c’è un po’ di vento ti si alza e si vede che non hai gli slip” spiegò professionale, la verità era che, in effetti, voleva toccarle il sedere.

“E di chi è colpa se non ho più le mutande?” soffiò adirata fulminandolo con un’occhiata smeraldina.

Soul aggrottò le sopracciglia “Non so dove le ho lanciate, era buio” spiegò strascicato.

“Maledetto deficiente!” sbottò strizzando gli occhi e accelerando il passo, lasciandolo indietro. Soul si mise le mani in tasca e varcò la soglia del Chupa Cabras con la sua solita andatura ciondolante.

Maka era arrabbiata, ma non così tanto da preoccuparlo.

“Maka, dai…” la richiamò, strascicando i piedi e la voce, raggiungendola all’altezza del terzo piano, dove ormai sia il professor Excalibur che Patty si erano dileguati.

Maka si voltò verso di lui, facendo rimbalzare i codini, che le si adagiarono sulle spalle. Era ancora imbronciata, ma Soul non vi badò e le diede un bacio leggero sulle labbra. Lei chiuse gli occhi d’istinto per poi riaprirli appena lui si allontanò da lei e ricominciando a guardarlo astiosa.

“Sta sera i miei vecchi e Wes non tornano a casa” la informò, marpione. Maka gli cacciò un’occhiataccia “Direi che per sta sera preferirei andare a letto” rispose, mentre Soul la bloccava tra sé e il muro del vano scala. Il ragazzo increspò le labbra e alzò gli occhi al cielo.

“Come vuoi” acconsentì, prima di darle un bacio sulla guancia che avrebbe potuto essere un timbro.

“Buona notte” disse, mentre già saliva le scale, diretto al quinto piano.

Era indeciso se essere esaltato per il mezzo amplesso o deluso da come erano stati interrotti e dal pessimo umore di Maka. S’infilò le mani in tasca e trotterellò fino alla porta di casa alla ricerca delle chiavi.

Venne sbalzato in avanti e per poco non sbatté il naso contro la porta quando qualcuno lo abbracciò da dietro. Non l’aveva sentita arrivare, ma avrebbe saputo dire anche ad occhi chiusi a chi appartenevano quelle braccia e quel profumo.

“E’ squallido se alla fine ti ho seguito?” domandò con un sussurro Maka, che aveva affondato la testa della sua schiena. Soul si morsicò il labbro inferiore prima di rispondere “Se dormi con me, no”

 

 

 

Aki_Penn parla a vanvera:

Ebbene eccomi qui, anche se un po’ in ritardo. Sono abbastanza agitata all’idea di pubblicare questo capitolo, ho paura che sia un po’ eccessivo, l’argomento è uno solo, ma a fini di trama, in conclusione, era proprio quello di cui avevo bisogno di parlare. Spero che l’effetto non sia così male.

Avevo detto a qualcuno che questo capitolo sarebbe stato un po’ più lungo degli altri e in effetti è una pagina più lungo del solito, se non si conta che ne ho staccato un pezzo per scriverci una one-shot : sì, insomma, sono riuscita a scrivere lo spin-off lemon di Trentotto scalini di cui favoleggiavo da troppo tempo. Per ovvi motivi non ho potuto inserire qui quella parte, ma dato che per un certo periodo avevo pensato di far passare questa long al rating rosso mi sembrava giusto, come minimo, scriverci una lemon. Si sistema temporalmente subito dopo la fine di questo capitolo ed è una scontatissima SoMa, cosa volete farci, mi piacciono tanto questi due. *-*

Oltre a tutto questo volevo informarvi che questo che avete appena letto è il penultimo capitolo, l’ultimo e l’epilogo saranno un po’ più corti della media, credo.

Come sempre vi ringrazio infinitamente per i commenti e per tutto il sostegno, mi rendete davvero felicissima. Spero che non ci siano troppi errori, l’ho ricontrollato, ma non si sa mai. Quindi, Auguri di Buon Anno a tutti e grazie ancora!

Aki_Penn

 

 

 

 

   
 
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