CAPITOLO 11
MAYBE I’M AMAZED
La mattina dopo, quello che Silente aveva detto a Lily era già di dominio pubblico, ma lei fece finta di niente. Non ne fece parola con nessuno: il suo nuovo stato di orfana era una cosa sua e solo sua. Non parlò a colazione, ne a pranzo, ne durante le lezioni. La sua voce sembrava essere sprofondata in un baratro dal quale nulla poteva tirarla fuori. E insieme alla sua voce, la sua capacità di ridere delle avversità e di sorridere agli altri, la sua incredibile forza di volontà: tutto sembrava sparito, come se la Lily che improvvisamente sedeva difronte ai suoi amici e che insieme a loro seguiva le lezioni, fosse solo una strana ombra della sua padrona. Non c’era più alcuna Lily Evans, e Lily continuava a ripeterselo nella mente con insistenza. Non c’è nessuna Lily Evans. Io non sono niente. Sono solo una stupida e sola illusa. Una bambina sola e stupida. Quelle poche parole erano come una specie di eco nella sua testa, in vortice, risuonavano dentro di lei. Mi hanno lasciata sola. Tutta sola.
Sirius
aveva provato a farsi dire cos’era successo. Le si era avvicinato in corridoio,
le aveva abbracciato le spalle, aveva sorriso e le aveva detto solo: -Lily, mi
vuoi dire che cos’hai?
Lei
aveva fatto un piccolo sorriso, l’unico in effetti che avesse sfoggiato in quei
giorni e disse le uniche parole che le sentirono dire in quei giorni: -Sirius,
lo sai bene…- non era arrabbiata, solo molto triste. E non si era scostata dal
suo abbraccio protettivo, aveva continuato a camminare, riprendendo la sua
espressione di vuoto rancore. E Sirius capì che le parole non servivano, che a
lei andava bene così, o perlomeno solo quello si sentiva di prendere da lui:
una specie di abbraccio, lungo il corridoio affollato. Lily non avrebbe mai
dimenticato quel segno di coraggiosa amicizia. Perché, si accorse, è più facile
stare vicino a una persona che sta bene che frequentarla quando sta male.
Quando una persona sta male, non vuoi entrare nel suo dolore, e cerchi di
schivarlo per non entrare a farne parte. Ma infondo Lily li capiva. Cosa
avrebbero potuto fare? Lei non glielo permetteva. E giustamente, loro se ne
stavano da parte.
Sul
suo muso lungo e sui loro sguardi preoccpati, i giorni passavano a una velocità
quasi artificiale.
La
sera della loro “missione privata” arrivò in questo modo prima che loro
potessero prendere accordi. Dalla chiacchierata con Silente, Lily e James non
si erano più parlati. Il ragazzo non aveva il coraggio di dire niente, quando
alla fine si incontrarono in Sala Comune.
Neanche
lei sembrava averne voglia. Aveva i capelli legati in una coda e il mantello
stretto intorno al corpo come una coperta. Il viso pallido risplendeva nella
penombra della sera che calava mentre uscirono da castello.
James
si stava spremendo per dire qualcosa, ma non ci riusciva. Cosa poteva dire a
una ragazza che aveva appena perso i genitori?
-James,
non serve che tu mi dica qualcosa.
Lui
la guardò sgranando gli occhi. –cosa…?
-lo
so che stai cercando qualcosa da dirmi. Stai tranquillo, non serve.
-ma,
Lily…
lei
scosse il capo. –a che ora arriva la persona alla stazione?
-a
mezzanotte.
Lily
guardò l’orologio. –tra un sacco…sono solo le otto.
-abbiamo
tempo di arrivare senza correre.
Lei
annuì. –hai ragione, sì.
Costeggiarono
la foresta e si prepararono a camminare in riva al lago. Lontane, immerse nella
fredda oscurità, piccole luci baluginavano indicando la vita di Hogsmade.
-potremmo
andare a cenare ai Tre Manici…- suggerì James.
-sì,
sarebbe carino…- non le passò per la mente di dirgli che avevano già cenato.
Che importava? Una seconda cena non era un male, in quel momento. Non lo era
mai, pensò Lily.
-anche
se abbiamo già cenato?
-pensavo
che per il tuo stomaco non fosse un problema una seconda cena….
-pensavo
lo stesso del tuo…
-allora
andiamo a mangiare!
Entrambi ridacchiarono, e James sospirò per la rottura della tensione. In fondo
non era giusto che Lily si martoriasse per quello che era successo, anche se
era una cosa terribile.
Quando
arrivarono a Hogsmade, il buio era totalmente calato, prendendo il posto di
ogni singolo barlume di luce che ancora fino a poco prima riusciva a guizzare
fuori dall’orizzonte. L’unica fonte di luce erano le finestre illuminate,
qualche polveroso lampione sulla strada. Luce e ombra correvano sulle guance di
Lilian, segnando la stanchezza e la tristezza sul suo volto, la durezza di quel
piccolo sorriso che era riuscito ad affiorare sulle sue labbra, la genuina e
tormentata tranquillità che aveva trovato posto nei suoi occhi. James avrebbe
voluto ancora dire quel qualcosa che avrebbe sciolto il suo cuore cosparso di
rancore e lacrime che non voleva versare. Avrebbe voluto vederla piangere,
anche se questo avrebbe fatto male ad entrambi, perché dopo, finalmente,
sarebbero stati bene. lui, nella fiera certezza di essere importante per lei.
Lei, che finalmente avrebbe sgomberato i suoi sentimenti una volta per tutte.
Ma
non c’era niente che la sua mente potesse architettare da dirle. E insieme, non
voleva rovinare quel momento di strana tranquillità tra loro. Come se dopo
tanti dubbi, dopo tanti affannosi rifiuti da parte sua e tanti insistenti
tentativi da quella di lui, avessero trovato un equilibrio in grado di
soddisfarli.
-eccoci!-
fece lei, aprendo la porta del locale. Un’ondata di calore sferzò i loro visi
freddi di vento, trasportando l’aroma acre della birra e quello saporito dei
cibi appena cotti. Entrarono, arrancando nella folla di tavoli e sedie, di
ordinazioni e bicchieri, di strani individui e maghi nella norma. Si sedettero
in un tavolo in un angolo appartato, lontano dal rumore.
-cosa
prendi?- chiese James.
-una
burrobirra e una pasta del giorno.
Lui
sorrise e annuì. –vado ad ordinare.
Lily
lo guardò sparire verso il bancone, nella flebile nuvola di fumo che aleggiava
nell’aria. Una stretta allo stomaco la ricordò di non guardarlo troppo a lungo,
e quasi istintivamente si mise una mano in tasca. Lo scricchiolare della carta
la tranquillizzò, e insieme la fece tremare. Cosa le stava succedendo? Lei,
Lily Evans, la sicura e forte, l’indistruttibile e la coraggiosa…a noscondere
in una tasca i suoi sentimenti? Perché?
James
tornò indietro poco dopo, con due gemelli e fumanti piatti di pasta e due
calici traboccanti di liquido ambrato.
-a
lei, miss.- la prese in giro. Lily non repplicò.
-buonappetito-
fece, tutto d’un fiato, buttandosi sul suo calice.
Guardò
l’orologio: erano le otto e mezza. Fece un lungo sospiro, per tranquillizzarsi.
Avevano tempo e tutto sarebbe andato bene.
-sai
dov’è il quartier generale?
-ho
chiesto dove posso trovare l’indirizzo alla barista. Non è lontano dalla
stazione.
-menomale…
-non
ti piace girare con il buio?
-lo
sai, sono una coraggiosa.
-sì,
lo so. Le donne sono più coraggiose degli uomini, tu di sicuro lo sei di molti
di mia conoscenza.
Lily
sorrise appena, ricordando il giorno in cui lei gli aveva detto quella frase.
Quel giorno…così lontano da loro, eppure così vicino ai loro cuori.
-infatti.
Sono stata io a seguirti nella foresta, io a convincerti a venire a prendere il
pacco….
-esatto.
Sei stata tu.- Anche James sorrise. –quindi che sarà mai una
passeggiatina notturna per una città deserta? E poi ci sono io, no?
lei
annuì. –esatto… il mio cavagliere senza macchia.
Lui
sorrise. –un po’ di macchie ce le ho ma per te cercherò di nasconderle.
-nascondile
bene Potter, non mi piacciono le macchie!
James
bevve un lungo sorso. –allora mi devo andare a sistemare il trucco!!
Lily
ridacchiò e si alzò, lasciandosi cadere dalle spalle il mantello.
-perché
ti sei alzata? È ancora presto…
-lo
so, ma a parlare di trucco mi è venuta voglia di andare in bagno.
-ti
rifarai il trucco per me?
-scemo!
Si
allontanò, e James sorrise guardandola. Eccola li, la ragazza dei suoi sogni,
che dopo giorni di tristezza che pareva infinita aveva dedicato a lui, proprio
a lui, dei sorrisi. Non ci poteva quasi credere. Senza nemmeno accorgersene aveva
preso il suo mantello. Era liscio, morbido, rilasciava nell’aria il suo profumo
dolce e sottile. Chiuse gli occhi, pensando di accarezzarla. Infilò una mano
nella tasca e vi trovò un pezzo di carta tutto stropicciato. Lo tirò fuori. Non
aveva diritto di leggerlo, di aprirlo…ma lo fece. Quello che lesse lo lasciò
senza fiato. Con la sua scrittura grande e cicciotta, Lily aveva scritto: caro
James. Sì, esatto, proprio “caro James”…due parole che lo autorizzarono, almeno
nella sua mente, a proseguire.
Caro
James…
Mi
sento stupida a scriverti, ma non importa. Tanto non ti consegnerò mai questa
lettera perché mai e poi mai troverò il coraggio di farlo. Sì, esatto, te lo
devo proprio dire: io non sono coraggiosa. Proprio per niente. Non quando si
tratta…bhè, di te. Anche se in tutti questi anni ti sono andata contro, con
forza, con sfacciataggine…io ho un’immensa paura. paura di perderti. Paura che
un giorno non avrai più voglia di correre dietro a me, uno stupido e imperfetto
sogno duro da raggiungere. Ma duro per davvero? In realtà non credo. Te lo devo
confessare, James. Io non sono così irraggiungibile… e adesso non ho nemmeno le
parole per dirtelo. Non riesco. È che quando Silente mi ha detto della morte
dei miei genitori, io ho pensato che…ho pensato che un capitolo della mia vita
si era chiuso. E involontariamente, ho sperato che tu potessi far parte di
quello nuovo.
C’è
un immenso vuoto dentro di me.
è
buio, e Dani e Kelly dormono. Ma io non ci riesco. Quando chiudo gli occhi, li
ci sei tu, insieme ai visi dei miei genitori, tu, li, che non centri nulla con
il mio dolore ma che riesci sempre ad apparire, nel momento sbagliato…eppure lo
rendi sempre quello giusto. Come fai?
Ti
devo confessare un'altra cosa. Io non l’ho dimenticato. Il nostro bacio. Ci ho
provato, ma lui è rimasto li, a confortarmi quando pensavo negativo. E in
questi giorni, più che mai, ne ho bisogno. Di ricordare quel bacio, e tutti i
bei momenti che in un modo o nell’altro sei riuscito a regalarmi. Sì, proprio
tu James. Il Potter che mai e poi mai avrei creduto, improvvisamente, il mio
Superman personale…
Mi
torna in mente una canzone che mi piaceva tanto quest’estate… te la scrivo. Te
la regalo, come tu mi hai regalato tante cose. Sperando che almeno in parte
possa spiegare tutto il grande casino che ho dentro e che hai fatto tu…
MAYBE I’M AMAZED (Jem)
Maybe I'm amazed at the way you love me all the time
Maybe I'm afraid of the way I love you
Maybe I'm amazed at the way you pulled me out of time
and hung me on a line
Maybe I'm amazed at the way I really need you
Maybe I'm a girl and maybe I'm a lonely girl
who's in the middle of something
that she doesn't really understand
Maybe I'm a girl and maybe you're the only man
who could ever help me
Baby, won't you help me understand
Maybe I'm a girl and maybe I'm a lonely girl
who's in the middle of something
that she doesn't really understand
Maybe I'm a girl and maybe you're the only man
who could ever help me
Baby, won't you help me understand
Maybe I'm amazed at the way you're with me all the
time
Maybe I'm afraid of the way I leave you
Maybe I'm amazed at the way you help me sing my song
Right me when I'm wrong
Maybe I'm amazed at the way I really need you
Lo so, suonano così strane queste parole, scritte su
questo foglio, con il loro buffo, indefinibile significato… le hai capite?
Forse no, e allora resterò protetta nel guscio di questi miei stupidi,
incomprensibili sentimenti. Ma se le hai capite… James. Io non mi posso
capacitare che in tutti questi anni tu abbia continuato ad amarmi (se questa è
la giusta parola, non lo so… non l’ho mai detta) e hai continuato a
sorreggermi, ad aiutarmi: “Maybe I'm amazed at the way you love me
all the time”… Perché quando mi sentivo brutta, quando mi sentivo sola,
mi bastava guardare il modo in cui tu mi guardavi per essere di nuovo felice.
“you pulled my out of time”… sì, quando sono con te, il resto non conta. È per
questo che ti ho chiesto di seguirmi nella Stamberga. Perché “i really need
you”… tu sei “the only man who could ever help me”… e suona ridicolo detto
così, lo so. Un po’ sdolcinato, e forse un po’ duro. Perché io ho un’immensa
paura di quelle semplici parole che per tutto questo tempo ho tenuto nascoste
nella mia mente, li in fondo a pile e pile di altre che ho ripetuto troppe volte:
Maybe I'm
afraid… of the way… I love you.
Forse ho visto solo troppi film, e quello che provo non è
amore. E questo modo per dirtelo è solo un disperato tentativo di smettere di
sentire che adesso che i miei genitori sono morti, io sono sola. Sento che… “Maybe
I'm amazed at the way you're with me all the time”, perchè so che sarà
così… lo spero… e me ne stupisco, perché non lo merito. Non da te…
Ogni notte, in questi ultimi mesi, ogni notte io ho
abbracciato forte il cuscino, chiuso gli occhi, e involontariamente ho sperato
di essere di nuovo sulla tua schiena, mentre correvi sotto i rami del Platano.
Ramoso. Tutte queste parole per dirti una cosa così semplice, che tu migliardi
di volte in passato avrai sperato di sentirmi dire. Sapevi che un giorno avresti
vinto? Che avrei rinunciato a tenerti testa? Mi dissi che mi avresti aspettato
per sempre, che speravi un giorno di diventare l’uomo giusto per me.
James, sono io che sono sempre stata sbagliata.
Tu sei sempre stato quello giusto. Sempre…
Tua Lily.