Dovrebbe essere semplice, ma non lo è.
Michele sa controllare la sua mente. Dice di poterla svuotare. Riesce a vedere quello che vuole. Io non riesco a controllarmi in questo modo. Sono la calamita di tutti i pensieri senza risposta. Li sento attraversarmi come il sangue, inquieti, con una fretta innocente e ingenua.
Cerco di trovare nel niente qualcosa di interessante di cui parlare.
Prima di tutto mi chiedo se il nulla esiste e cosa significa.
Il nulla è tutto.
Tutto è nato dal nulla.
Il nulla non è niente.
E quando non c’era, la polvere non sapeva dove fermarsi. Continuava a viaggiare nell’aria in silenzio, confondendosi e nascondendosi dentro l’unica cosa che esisteva.
Il nulla è qualcosa a cui né la mia fantasia, né la mia mente riescono a trovare una risposta felice.
Dovrebbe essere semplice: ritrovarsi senza sole sotto un cielo bianco, vedere un deserto di terra arida assetata, che esiste senza descrivere cos’è la vita.
Dovrebbe essere semplice immaginarsi che la terra che calpestiamo e di cui ci sentiamo padroni è milioni di volte più alta di noi.
Un grande trono senza schienale.
Dovrebbe essere semplice sdraiarsi sul niente per ventiquattro ore, guardare il cielo senza mai chiudere gli occhi e non accorgersi di come tutto si è spostato impeccabilmente, senza fare confusione o creare disordine.
Siamo noi la nota stonata.
Noi che non vogliamo, poi vogliamo, ridiamo, piangiamo, rubiamo la vita, la regaliamo, creiamo e distruggiamo, viviamo perché siamo caduti dentro la vita, ci comportiamo imitando gli altri, senza chiederci cosa significa vivere.
I nostri pensieri confusi colorano la terra o la soffocano.
A volte, ho come la sensazione che ci sia qualcuno che ci ha intrappolato nel mondo. Gli piace guardarci da lontano.
Ride, si commuove.
Siamo le sue bambole di terra.