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Autore: Natsuki_Kuga    02/01/2012    3 recensioni
Kanashimi e Kurenai. Due passati difficili alle spalle, due caratteri complessi, modellati dalla solitudine. Un presente ingarbugliato. Gli occhi diabolici di Kana incrociano Kurenai. La odiano. La disprezzano. Ma non riescono più a fare a meno di lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suona, sempre troppo presto, per i miei gusti. Con un calcio allontano le coperte e barcollo verso il lavandino, tentando di affrontare nel modo migliore possibile il nuovo giorno. Indosso la mia divisa scolastica, mi pettino e mi dirigo al refettorio, per la colazione.
 
Spingo la porta con aria annoiata e mi metto in fila per ritirare il mio vassoio, quindi mi dirigo verso l’angolo del tavolo più lontano dalla folla. Mi siedo e inizio a sorseggiare il the, quando la vedo comparire.
 
Kurenai non è obbligata ad indossare l’uniforme, quindi può presentarsi abbigliata nel modo che ritiene più consono. La invidio, ma soprattutto la compatisco. Da un lato, niente scomodissime gonnelline stupide a pieghe; dall’altro, così, salta terribilmente agli occhi. È alta, slanciata, “adulta” rispetto all’età media delle commensali. Il colore sgargiante della camicetta che sfoggia stride con il triste grigio topo delle nostre sailor fuku. Come se non bastasse, Kurenai è l’aiuto bibliotecaria, un volto noto, una “vip”…e non passa di certo inosservata. Eppure, sembra che le attenzioni del pubblico non la sfiorino nemmeno. Come potrà mai simulare tanta indifferenza? Io, abituata a rimanere nell’ombra, non potrei mai essere a mio agio in una simile situazione.
 
Abbasso lo sguardo, per timore che mi veda e mi raggiunga. Ma è già troppo tardi. Il falco Kure mi ha già puntato.
 
-Buongiorno!- mi sorride, appoggiando il vassoio proprio davanti a me.
-Ciao Kure.- rispondo con voce monocorde.
-Dormito bene?- incalza.
-Splendidamente.-
-Non si direbbe!- mi regala un altro sorriso non richiesto.
-Il risveglio è già duro di per sé, anche senza i tuoi sfottò- ribatto, acida.
Kure sorride, senza rispondere. La guardo severamente, inzuppando un biscotto.
 
Dall’altra parte del refettorio, noto uno strano movimento. Un gruppo di suore è impegnato in una discussione, e poco dopo anche Kurenai viene chiamata ad unirsi. La osservo alzarsi e avvicinarsi alle sue interlocutrici. Non mi sfuggono gli sguardi delle altre ragazze, che perdono immediatamente interesse per me e la zona a me adiacente, per concentrarsi su di lei. Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.
 
Proseguo la mia colazione, in fretta, senza seccatrici, e una volta conclusa vado a riporre il mio vassoio, prima che Kurenai faccia ritorno e abbia l’opportunità di infastidirmi nuovamente. Mi dirigo verso il corridoio che porta al dormitorio, fortunatamente lei è talmente presa dalla conversazione da non notarmi. Me ne ritorno in stanza, per lavarmi i denti e prepararmi per l’inizio della lezione.
 
Kure è una ragazza davvero insensata. Sembra che la natura si sia divertita a creare questo pericoloso cocktail di virtù e di assurdità. È intelligente, studiosa, di bell’aspetto. Le piacciono gli insetti, i morti, i dispetti. E mi chiedo perché mai una ragazza simile perda il suo tempo ad infastidire una come me. Che ci troverà mai di così interessante, o, ancor peggio, divertente nell’essere infamata da me? I miei sguardi tetri e i miei ordini di girare al largo non sono mai riusciti a farla desistere. Io voglio solo essere lasciata in tranquillità. L’unica persona alla quale avessi mai voluto bene mi aveva rovinato l’infanzia e la vita, per sempre. Non potevo riporre la mia fiducia in nessuno, dovevo cavarmela da sola, e ce l’avrei fatta, ne ero certa.
 
E invece di andare in giro con qualche ragazzo della sua età o di farsi i suoi affari, quella petulante ragazza continuava a seguirmi, a comparire dal nulla. Mi canzonava, mi spaventava. Mi chiedeva come stavo, come andavano le lezioni, oppure si limitava ad osservarmi. Altre volte mi parlava, quando mi trovava assorta, nelle notti d’estate, seduta sul mio muricciolo. Mi raccontava della sua vita di adesso, della sua vita di allora. Io la ascoltavo, in silenzio. Senza commentare, senza giudicare. Alcune di quelle cose sapevano di già vissuto, altre erano totalmente estranee al mio modo di sentire. Era esattamente come…leggere un libro. Lei si apriva, ma io non dicevo nulla. Mica si risponde, a un libro. Un libro è un oggetto.
 
Nonostante i fatti che emergevano dalle sue narrazioni fossero terribili, se avessimo fatto a gara per “chi è la più sfigata del reame”, avrei vinto io. Lei, non lo sapeva direttamente, ma lo intuiva. Lo capivo dalle domande che non mi faceva, o dal rispetto che aveva per i miei silenzi.
 
La solitudine. Per lei, era qualcosa che le era stato posto dall’esterno. Una cosa in cui si era ritrovata suo malgrado. Aveva sofferto per aver perso le sue radici, e per non averne mai affondate di altre, se non solo superficialmente. Guardava il genere umano con disincanto, alla ricerca, forse, di chi, avrebbe potuto comprenderla appieno. Non si era più di tanto sbagliata, in questo senso. Io potevo comprendere che cosa significasse essere sola. Ma, al contrario di lei, la solitudine era una condizione che io stessa cercavo. Nel silenzio del mio cuore sentivo un lontano richiamo, che mi gridava di tenermi alla larga da ogni genere di legame. E lei, interferiva coi miei piani.
 
Mi sembra un sogno. Sono due giorni che non intercetto Kure. Né per i corridoi, né ai pasti. E soprattutto, niente agguati notturni. Finalmente mi godo la mia pace. Forse si sarà ammalata. La punizione divina per avermi molestato.

 

***


 
A quanto pare ci sarà una novità nella gestione del lavoro alla biblioteca. La direttrice dell’istituto mi ha fatto sapere, per iscritto, che arriverà una nuova addetta alla mia mansione. La bibliotecaria vera e propria andrà in maternità a breve, e io dovrò sostituirla. Ormai è da diverso tempo che mi occupo di questo incarico, e non dovrei avere grossi problemi; si è però resa necessaria la nomina di un’altra aiutante, e, da quanto ho capito, sarà una ragazza in una condizione simile alla mia. Dovrò insegnarle il mestiere…che noia.
 
Stamattina, prima di andare a lezione, dovrò passare dalla direttrice, che mi darà qualche indicazione di massima a proposito della nuova arrivata. Entro nella stanza adibita alla mensa per fare colazione. Osservo le studentesse in fila, tutte così tristemente identiche nel grigio delle loro uniformi. Ritiro la mia brioche e il mio caffè, e getto un’occhiata rapida ai tavoli che mi circondano. Eccoti lì, musona solitaria. Tieni la testa bassa sperando che non ti veda, eh? Mi spiace, il radar cerca-Kana non fallisce mai.
 
Raggiungo la piccola Kanashimi e la infastidisco, come al solito . Chissà, magari una volta, al posto di quelle smorfie, potrei avere la fortuna di scorgere un sorriso. Può rispondermi acida quanto vuole, un giorno magari si stancherà di sprecare le sue energie a fulminarmi, sa anche lei che è perfettamente vano.
-Il risveglio è già duro di per sé, anche senza i tuoi sfottò-, mi dice. Cosa posso fare, se non sorridere? Quando fa così la sostenuta…non posso che trovarla adorabile.
 
Un gruppo di suore si incontra all’ingresso del refettorio, e poco dopo, una di loro mi chiama e le raggiungo. Mi ricordano il mio impegno preso con la direttrice, le rassicuro affermando di ricordarmene. Dopo alcuni convenevoli, le congedo, per tornare al mio tavolo. Ovviamente, Kana ne ha approfittato per scappare. Scuoto la testa. È decisamente troppo adorabile.
 
Anche per oggi, le lezioni si sono concluse. Sistemo i miei libri nella borsa, chiudo a chiave la porta della mia stanza e mi dirigo verso la biblioteca. Come indicatomi dalla direttrice nella breve riunione mattutina, avrei dovuto trovare la nuova arrivata già nel luogo di “lavoro”, il pomeriggio stesso. Il programma prevedeva, per tre giorni, un breve apprendistato per la new entry, coadiuvato dalla bibliotecaria vera e propria. Era evidente che per tre pomeriggi avrei dovuto tralasciare lo studio, per fare la maestrina. La cosa mi seccava molto, considerando anche la mia scarsa propensione al dialogo con gli estranei.
 
Sono in leggero anticipo. Tengo a portata di mano le chiavi dell’ingresso della biblioteca, ma mi accorgo che la porta è già aperta, evidentemente la bibliotecaria è già dentro. Risistemo le chiavi nella borsa ed entro nella stanza. Mi dirigo meccanicamente verso la mia postazione, ma mi rendo conto che, stranamente, la borsa della mia superiore non è alla scrivania di fianco alla mia. Nell’area consultazione scorgo invece, con mia sorpresa…un ragazzo. Un bellissimo ragazzo.

Sta appoggiato al tavolo, con le braccia conserte, e osserva con aria assorta il giardino interno dall’ampia e luminosa finestra. È alto, slanciato, con dei disordinati capelli biondi, e dei lineamenti a dir poco perfetti.
 
-Che accidenti ci fa un ragazzo, qui, in un istituto cattolico femminile?- penso, sgomenta. Lui non si muove di un millimetro, forse non mi ha nemmeno sentito. Esigo al più presto una spiegazione. Mi dirigo verso di lui, con aria decisa.
 
-Chiedo scusa!- esordisco, con tono fermo. Il ragazzo sembra quasi riaversi da un sogno, e si volta a guardarmi, con aria stupita. E io rimango senza parole. Cazzarola, che occhi! Che sguardo profondo! Mi sorride.

-…Itou-san, giusto? Avevo le chiavi e quindi ho pensato di entrare! Perdonami la maleducazione…sono Haruka Ten’ō, la nuova aiuto-bibliotecaria! Piacere di conoscerti!-
 
…che cosa? Q-questa...sarebbe…lei? Incredibile!
 
-P-piacere mio, Kurenai Itou!- farfuglio, quasi a disagio, accennando un inchino. Che idiota. E io che stavo per cacciarla. Che figuraccia ho rischiato!
Si inchina leggermente anche lei. Lei. Già. E avrei scommesso che fosse un uomo!
-Mi dispiace tanto di arrecarti questo disturbo. Comunque, volevo rincuorarti. Prima di essere trasferita qui, mi occupavo della biblioteca anche nel precedente collegio. Imparerò in fretta!- mi dice, con un’espressione decisamente convincente e un sorriso accattivante.
 
Ma da dove esce questa tipa? Con quell’aria beffarda e sicura di sé, è quasi irritante. Spero solo che, come ogni bravo politico che si rispetti, non mi abbia riempito anche lei di promesse da marinaio. Chissà che se la sappia cavare da sola in breve tempo e che non mi rubi troppe attenzioni dallo studio.
-Buono a sapersi! Sei qui anche tu per una borsa di studio, mi accennava la direttrice…- le chiedo, giusto per cercare un argomento di conversazione con quella enigmatica figura.
-Precisamente. Sono orfana, e sono cresciuta in un collegio. Ho conseguito la laurea di primo livello e mi trovo qui per la laurea di secondo grado. L’indirizzo che avevo scelto non era disponibile nei pressi del collegio precedente…anche lì mi permettevano di fruire di vitto e alloggio in cambio di qualche…mansione speciale!- mi dice, facendo l’occhiolino.
 
Rimango di sasso. Che diavolo vorrebbe significare? Non riesco a dare un senso alla sua strana ironia, e probabilmente mi si dipinge un’espressione poco convinta in volto.
-Mansione?- mi sfugge.
Haruka scoppia in una grassa risata.
-Esatto! La stessa che avrò adesso…e cioè,  archiviare i libri e concedere…prestiti alle studentesse!-
La guardo poco convinta. Altro che poco disturbo, questa specie di Don Giovanni in gonnella mi porterà molte grane, ne sono certa.
 
Sono trascorsi quasi due giorni da quando ho avuto il “privilegio” di conoscere Haruka. È una ragazza molto sveglia, e ho dovuto darle ragione: sapeva decisamente fare il suo lavoro. Il primo pomeriggio era trascorso tranquillo, la bibliotecaria titolare e la direttrice ci avevano raggiunto poco dopo e ci avevano illustrato il da farsi. Haruka si era presto messa di buona lena per cercare di avere un po’ di dimestichezza con i vari archivi e le pratiche per i prestiti. Era decisamente la star del pomeriggio, e i mille sguardi interessati delle studentesse venivano ricambiati con un suadente sorriso. Che razza di galletto del pollaio. Al momento di salutarci, mi aveva strappato la promessa di accompagnarla al pranzo successivo per un breve giro nella struttura, e io avevo acconsentito, senza grande entusiasmo. –Sai com’è, anche per socializzare!- aveva concluso, con la sua solita aria un po’ sbruffoncella.
 
Il pranzo insieme non era stato questa gran cosa. Le avevo spiegato un po’ alcune questioni tecniche, come utilizzare le chiavi, come accedere al giardino, e quant’altro fosse necessario, e quindi ci eravamo recate al lavoro. Le avevo parlato molto poco, visto che Haruka era supervisionata dalla bibliotecaria ufficiale. Verso sera, eravamo rimaste sole. A giudicare dai libri che aveva, Haruka forse studiava qualcosa di inerente all’ingegneria. Ma non mi interessava poi molto saperlo.
 
Quanto era strana. Si vestiva in maniera molto mascolina, cosa che sicuramente aveva contribuito ad indurmi in errore nella determinazione del suo genere. Aveva fascino da vendere, era bellissima, e nessuna sembrava riuscire a trattenersi dal magnetismo dei suoi occhi. Neppure la direttrice del suo ex-collegio e neppure quella dell’attuale, probabilmente, visto che le avevano permesso di trasferirsi ad anno accademico già iniziato. Si stava dondolando su una sedia, picchiettandosi le labbra con la matita, con aria assorta. Chissà quante ragazze aveva stregato, e quante altre avrebbe fatto capitolare ai suoi piedi qui.
 
-Che cosa c’è?- mi chiede, d’improvviso. Accidenti, mi ha beccato in pieno. Che idiota.
-Nulla, nulla, Ten’ō-san!- ribatto, abbassando lo sguardo sul mio libro.
-Ti prego, basta formalità! Chiamami semplicemente Haruka!-
-D’accordo…fai pure lo stesso con me!-
Mi sorride, notando il mio imbarazzo. Sa di piacere, e forse crede di avere il coltello dalla parte del manico pure con me. Ma io non sono una stupida ragazzina delle superiori, che si fa infinocchiare con poco.

Mi alzo, quasi irritata da quel pensiero.
-Si è fatto tardi! Ci pensi tu a chiudere, per oggi, visto che dovrai farlo spesso, prossimamente?- le chiedo, secca.
-Ok capo…buona serata, a domani!- mi congeda con un occhiolino.
-A domani- ribatto, artica, e me ne vado.

Mi sento molto come Kanashimi, in questo momento. Già, Kana…non la disturbo da troppo tempo. Domani mattina…sarà mia.
 
 

§§§

 
Note dell’autrice:
la storia non è ambientata in una città precisata, ma si trova, intenzionalmente, in Giappone. Non stupitevi del fatto che ci siano istituti cattolici anche lì. Intendevo precisare il fatto che i personaggi, come da etichetta giapponese, ricorrono ai suffissi onorifici. È buona norma utilizzare il suffisso “-san” per persone con cui non si ha confidenza. Persone poco conosciute, si chiamano tra loro usando il cognome. Man mano che la conoscenza si approfondisce, diventa possibile adoperare il nome. Tra amiche, oppure verso persone più piccole di età rispetto a chi parla, si può adottare il vezzeggiativo/diminutivo “-chan” (cosa che Kurenai fa spesso con Kana). Ci si chiama semplicemente per nome senza suffissi soltanto in caso di conoscenza profonda, in altri casi risulterebbe maleducazione. Kure e Kana, nella fiction, si conoscono molto bene, quindi a loro è concesso! ;-)
Il personaggio Haruka Ten’ō è invenzione di Naoko Takeuchi, e si riferisce al character design dell’omonima guerriera presente in “Sailor Moon”. Rispetto all’originale, questa potrebbe andare leggermente Out Of Character, e diventare un tantino più provolona dell’usuale.
In questo caso, il rapporto tra Haruka e Kurenai prende ispirazione, ancora una volta, dal gioco di ruolo “Sailor Moon and the Seven Deadly Sins Senshi”, dove la player di Haruka si diverte a fare avances a Kurenai. Dunque, un vivo ringraziamento anche alla player di Haruka Ten’ō!
Un grazie sincero a Hotaru/Niniel Virgo, Kurenai/AmicaChips e Kanashimi/Fighter per le loro splendide recensioni, vi adoro ragazze! Lo sapete già che la mia forza siete voi <3
Grazie anche a chiunque abbia letto questa storia, a chi l’ha aggiunta fra le storie da seguire e chi addirittura tra quelle da ricordare! Mi avete caricato di un grosso fardello colmo di aspettative, spero di non deludervi! Ogni critica è bene accetta.
Sereno 2012 a tutti voi!
 
Natsuki / Setsuna
  
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