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Autore: fers94    02/01/2012    1 recensioni
Rober fa ritorno a Madrid dopo tre anni di assenza per ritrovare la donna che ha sempre amato.
Il primo capitolo fa solo il punto della situazione, mentre nei successivi si sviluppa l'intreccio della storia.
(...) Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente (...) [dal capitolo 3]
(...) - Buongiorno... Da quanto sveglio? - Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi. - E quando sono sveglia, invece? - Quando sei sveglia, lo sei. (...) [dal capitolo 10]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. Bentornato a casa
 
 
Aspettai altri due mesi e mezzo, prima di decidere quello che fare. Non sapevo se tentare casting di teatro magari in America, andare da papà e continuare l'azienda economica di famiglia ad Almeria, provare a farmi una vita solitaria chissà dove o tornare a Madrid. Già, tornare a Madrid per Silvia, ovviamente. Cercarla lì e dirle che nonostante i miei sforzi non sono riuscito a cancellarla. E magari vederla rispondere che anche per lei è così e che non aspettava altro che il mio ritorno. Magari. Tempo prima di mollare Marta, avevo parlato con Lola via Skype per sapere come stava. Lei vive a Los Angeles con Pedro, che è diventato un personaggio pubblico ben affermato e che continua ad amarla. Insomma, da lei era tutto a posto. Io le dissi che da me le cose non erano proprio ottime, ma che non potevo lamentarmi. Poi colsi l'occasione per chiederle di Silvia. Forse Lola aveva intuito i miei sentimenti o forse era stata proprio Silvia a parlargliene, in ogni caso abbozzò un sorrisetto alla mia domanda, poi rispose senza problemi. Mi disse che Silvia, finito l'ultimo anno, era rimasta all'Arrànz a lavorare come aiuto-insegnante nelle lezioni di danza ed inoltre conduceva studi di danza in una compagnia di balletto sempre lì a Madrid. Continuava a vivere nella camerata del piano inferiore dell'Arrànz, essendo dipendente all'interno della struttura, nonostante avesse una bellissima villa lì in città. Ma lei preferiva stare vicina al posto di lavoro. Non aveva bisogno di soldi, visto l'enorme patrimonio che aveva ereditato dopo la morte del padre, semplicemente lavorava con la danza per l'enorme passione che nutriva verso di essa. Carmen, la direttrice, aveva sempre creduto in lei e in lei aveva profonda stima, così a fine anno le aveva offerto quel posto di lavoro, che Silvia aveva accettato senza esitazioni. Bene, avrei quindi saputo anche dove trovarla, se avessi deciso di andare a cercarla. Ma io non avevo idea di che fare. È vero che Marta l'avevo lasciata, ma avevo il coraggio di ritornare pentito della fuga dalla ragazza che amo? E lei come l'avrebbe presa? Avrebbe potuto benissimo pensare che fossi poco uomo, dato il mio strano comportamento. Diamine, prima scappo dall'amare per paura di soffrire e far soffrire, scompaio per ben tre anni e poi magicamente riappaio dicendo che non posso fare a meno di lei. A parte il fatto che detta così sembra una soap, ma davvero avevo bisogno di buttare nel vuoto tre anni per capire che non dovevo lasciare Silvia sola a Madrid? Sbagliare è umano, ma fino a un certo punto. Silvia avrebbe potuto pensare che avrei utilizzato quei tre anni per spassarmela con Marta, poi una volta stufo fossi tornato da lei con la faccia da cane bastonato. Io però amandola, non riuscivo a ragionare. Mi feci un esame di coscienza, arrivando ad una sola certezza: i tre anni mi avevano detto una cosa soltanto, cioè che volevo stare con Silvia. Alle spiegazioni avrei pensato dopo, a giustificare ogni singola cazzata commessa. Per me contava lei, lei era la priorità, tutto il resto veniva dopo. Già se n'era andato troppo tempo, quindi decisi di partire per Madrid il prima possibile. Il pensiero di tornare all'Arrànz per la prima volta da ex allievo mi straniva; rivedere quelle mura, la mia stanza, il letto mio e quello di Pedro, le aule delle lezioni, la mensa, il bar, gli spogliatoi, il cortile e anche la famosa stanza costumi chissà che effetto mi avrebbe fatto. E quando pensavo che avrei rivisto Silvia cominciavo a non capire più nulla. Tra questi molteplici pensieri, presi su internet un biglietto del treno Malaga-Madrid, solo andata, in programma per il giorno seguente. Preparai la roba, tornai nella casa dovevo vivevo con Marta per prendere gli ultimi effetti personali una volta che mi ero assicurato che lei fosse stata assente in quel momento, poi andai a dormire in albergo. La mattina dopo era il giorno della partenza, il primo giorno di una vita nuova. Alle otto arrivai in stazione, mancavano 45 minuti alla partenza del mio treno. Non ero riuscito a dormire quella notte, avevo pensato per tutto il tempo a cosa dire a Silvia, quando l'avrei guardata negli occhi. Senza risposta. Anche stavolta, mi affidavo all'impulso del mio fiume di parole, che sarebbe dovuto arrivare tutt'un coro nell'esatto momento del nostro incontro. Proprio come successe l'ultimo giorno, quando le dichiarai che il mio amore c'era sempre stato e sarebbe continuato ad esserci in ogni caso. Mi accomodai su una delle panche in stazione. Vi starete forse chiedendo perché non l'ho mai cercata telefonicamente. Beh, la verità è che mi sono fatto forza e il primo giorno di permanenza a Malaga il suo numero l'ho cancellato. Sapevo che altrimenti l'avrei utilizzato. Guardavo il viavai di pendolari madrileni che scendevano dal treno che avrei dovuto poi prendere io. Era una sorta di navetta: caricava a Madrid e scaricava a Malaga; una volta a Malaga caricava lì e scaricava a Madrid, poi ripartiva di nuovo. Tra i volti dei madrileni cercavo quello di Silvia, che magari era venuta per cercare me. Ma no, lei non c'era. Dovevo essere io a tornare da lei, non viceversa, punto. Arrivò il momento della partenza, salii sul treno e immediatamente mi addormentai, stremato dalla mia notte insonne. Al risveglio, mancavano solo dieci minuti all'arrivo a Madrid. L'ansia saliva metro dopo metro che s'andava percorrendo, ed io guardavo edifici familiari dal vetro del finestrino. Si cominciavano a disegnare quei contorni paesaggistici che avevano tanto l'aria di casa, perché era proprio come se stessi tornando nella mia unica tanto amata città, dalla quale mi sono incoscientemente privato, pentendomene amaramente. Mi ero privato del mio vero amore e della mia cara città per troppo tempo, uno sbaglio che mi rinfaccerò per tutta la vita. All'ansia si mischiava la tranquillità del rientro "a casa", il calore del sole di Madrid era tutta un'altra storia rispetto a Malaga, me ne resi conto appena sceso. Ero arrivato, e quel sole, il mio sole, mi diceva "bentornato a casa". Infatti, appena arrivato, mi resi inequivocabilmente conto che il mio posto era a Madrid e da nessun altra parte, e il discorso combaciava per Silvia. La mia vita era lì. E quel giorno, decisi di ricominciare a vivere la vita alla quale mi ero scioccamente sottratto, la mia vita a Madrid con Silvia. Era come se fossi stato nello spazio per tre anni, per poi rimettere piede sulla terra e non avere alcuna intenzione di riallontanarmi. Andai subito in un albergo che conoscevo bene, dove alloggiai quando ero sotto accusa per il presunto stupro. Mi tolsi di dosso i bagagli, mi feci una doccia e mi vestii per bene: volevo raggiungere l'Arrànz all'istante, in quel momento c'era una voglia irrefrenabile di andare da Silvia, nonostante non sapessi come lei l'avrebbe presa. Erano le due di pomeriggio, in pieno orario di pausa rispetto alle lezioni che si tengono lì. Mi dissi "Ora o mai più" e sgattaiolai fuori dall'albergo. La scuola non era affatto distante, perciò decisi di raggiungerla a piedi, a passo svelto. Era la seconda metà di settembre e faceva molto caldo. L'asfalto mi bolliva sotto le scarpe, i battiti del cuore li sentivo spingere sul petto. Avevo i muscoli ritratti, come in una sorta di posizione difensiva, e mi lacrimavano gli occhi. Non stavo piangendo, lacrimavano e basta, forse per l'ansia, l'agitazione. Svoltai l'angolo dove c'era il campo di calcetto in erba sintetica dove andavo a giocare con Pedro. Mi venne il sorriso a ripensarci. Poi il ristorante dove portavo a cena Silvia, il locale di casting dove conobbi per bene Marta, la fermata del bus dove gli Upa (la band che avevo formato con Silvia, Pedro, Lola, Ingrid e Jero) si sono esibiti per la prima volta in pubblico e tutti quei luoghi si guadagnavano una fetta di spazio tra i miei ricordi man mano che li rivedevo. Ed ecco che, in fondo ad un rettilineo di strada circondata da viali alberati, sorge la Carmen Arrànz, la scuola che mi ha cambiato la vita. Non c'erano apparenti cambiamenti a livello estetico della struttura e neppure d'abitudini studentesche, visto che c'erano una decina di persone appoggiate alla muraglia antistante il portone principale a fumarsi una sigaretta, proprio come facevo io tre anni prima. Il dubbio di entrare o meno mi sfiorò ancora la mente, ma mi dissi che ormai c'ero, che quella era la mia strada e che era tardi per tirarsi indietro. Feci un bel respiro ed aprii il portone. Lì dentro c'era un caos clamoroso, ebbi vari flashback e dejà-vu. L'euforia del piacere di ballare, cantare e recitare mescolato allo stress degli esami, la voglia di fare e la paura di sbagliare. Era così che funzionava lì. Tutti gli studenti per i corridoi e le gradinate, qualcuno al bar, altri nella hall; dopotutto era orario di pausa. Rispetto a tre anni prima, ero cambiato parecchio; prima portavo i capelli lunghi e arruffati, in quel periodo avevo invece un aspetto più serio e più adulto, con due dita di gel che mi pronunciavano un bizzarro ciuffo sul davanti ed il resto dei capelli posati e tranquilli. Ero dimagrito un bel po', forse colpa dello stress di quel triennio da cancellare. Però ero ovviamente riconoscibile. Sbigottito e un po' emozionato, mi diressi dritto alla segreteria, dove c'era ancora Puri, matrigna di Lola, una donna alquanto particolare ma simpatica. Lei non mi riconobbe, e mi disse: 
- Mi dica giovanotto, è qui per gli esami d'ammissione?
- Nah, io ho già dato! Mia cara Puri, si sta facendo anziana se è arrivata al punto di non riconoscere un pezzo di ragazzo come me!
- Oh cielo, Rober! Quanto tempo! Perdonami, ma ti sei sciupato parecchio dall'ultima volta che ti ho visto qui! Devi mangiare di più, rimettiti in forma! Dai, fatti abbracciare!
Mi abbracciò, era felice di vedermi. Quindi continuò. 
- Come va? E Marta non è qui con te?
- Non è un buonissimo periodo, Puri... Marta ed io non stiamo più insieme. Non funzionava, dovevo capirlo molto tempo prima.
- Oh, scusami, io non immaginavo... Mi dispiace! Quindi sei qui per ricominciare tutto da capo, ho indovinato?
- In un certo senso sì. In realtà non devo ricominciare da capo, ma solo ripartire da dove ho lasciato... Sono rimaste troppe cose in sospeso qui, non dovevo andarmene... Sono tornato per provare a rimediare!
- D'accordo, te lo auguro. Posso esserti d'aiuto?
- Sì, avrei bisogno solo di un'informazione. Lola mi ha detto che tempo fa Silvia dava una mano qui con le lezioni di danza...
- Silvia Jauregui! Ma sì, certo. Da' una mano ancora adesso!
- Ora è qui? Dovrei vederla, è importante...
- Mi dispiace, non lo so. Stamattina l'ho vista, ora non saprei dirti se è ancora qui. Comunque, se la vedo posso dirle che sei passato...
- Meglio di no. Se la vedi, ti prego di non dirle nulla. In ogni caso, posso provare ad aspettare un po' nella hall? Hai visto mai che arriva... E poi qui mi sento a casa, spero non ti dispiaccia se mi accomodo per un po'!
Ci scambiammo sorrisi, poi mi acconsentì di aspettare Silvia nella hall. E proprio lì, c'era Tanya, una mia amica dei tempi dell'Arrànz, che avevo però conosciuto solo durante l'ultimo anno. Io ero al quarto (quindi l'ultimo) e lei era appena arrivata, era al primo anno. Ora faceva il quarto e ultimo anno e appena la vidi mi si riempì il cuore. Tanya l'ho conosciuta tardi, quando ero già con Marta. Lei è la nipote di Puri, ed è fantastica. Se non fossi stato con Marta, forse ci avrei provato. Ma ero già troppo nei casini per complicarmi ancora di più la situazione, d'altra parte sarei stato sempre e solo innamorato di Silvia. Lei non mi vide, era di spalle. Ma io sapevo che era lei, avrei riconosciuto i suoi capelli in qualsiasi situazione. Mi avvicinai e le misi le mani sugli occhi. Sorpresa, cominciò a sparare un nome dietro l'altro per provare ad indovinare chi mai fossi.
- Diego, so che sei tu. I soliti giochi idioti!
- No...
- Ok, se non sei Diego, sei indubbiamente Pablo... Siete prevedibili come un temporale quando arrivano i nuvoloni!
- Sciocca eri e sciocca sei rimasta... Ti distrai troppo facilmente, te l'ho sempre detto! Spero che da quando me ne sono andato te la sia saputa cavare comunque! Avanti, abbracciami!
Le tolsi via le mani dagli occhi, si girò, mi guardò incredula e mi abbracciò ridendo.
- Cucciolo! Diamine, quanto tempo che non ci vediamo! Bastardo, potevi farti vedere un po' prima! Mi sei mancato tantissimo... Sei tornato per restare o sei venuto a fare un saluto con Marta?
- Mi dispiace non essermi fatto vedere da queste parti, non immagini quanto... Comunque spero di restare, se le cose faranno il proprio corso! Io e Marta abbiamo rotto, è stato giusto così. Diciamo che anche tu mi sei mancata, dai. La mia stratosferica parrucchiera!
Detto questo, ci abbracciammo ancora, poi d'un tratto Tanya iniziò a piangere. Le chiesi cosa avesse, ma non rispose. Ci sedemmo su un divanetto, mi si accovacciò su una spalla e passò così a piangere dieci minuti circa. Quando vidi che si era calmata, le chiesi spiegazioni. Inizio così un lungo discorso.
- Vedi, Rober... Quando tu eri qui, era tutto diverso. Io stavo bene. Mi hai salutato con un abbraccio e un sorriso, e d'un tratto non t'ho visto più. Sparito da un giorno all'altro per tre anni. Ho provato a far finta che mi facesse semplicemente piacere che fossi tornato, ma come vedi sono subito crollata. Dicono che ti rendi conto dell'importanza di qualcuno o qualcosa nel momento in cui la perdi. Ecco, è tutto vero. Quando eri qui, ti volevo bene. Da quando sei sparito, ho capito che ti amo. Non sapevo come fare senza te. Ho vissuto giorni distruttivi e deprimenti, ho studiato canto in maniera totalmente ossessiva per non pensare a te, sono stata veramente male. E oggi, ricompari. Mi dici che sei qui per restare, ma solo se le cose faranno il loro corso. Non so quanto te ne importi in verità, ma per quanto riguarda me, questo è il corso delle cose...
Rimasi attonito. La mia Tanya, l'amica allegra e la compagna di mille risate mi amava. E ora mi toccava chiarire la mia posizione, dirle che stavo lì solo per Silvia. L'avrei rigettata di nuovo in un abisso, probabilmente stavolta ancora più profondo. Le volevo un bene dell'anima, non potevo farlo. Ma dovevo farlo. Sospirai, la guardai negli occhi e tentai di incontrare il mio solito fiume di parole.
- Ma che dici? No, Tanya. Tu non mi ami. Non può essere. Se mi avessi amato, quando ero qui e stavo con Marta, me l'avresti detto, con la faccia di bronzo che hai. Avanti, io e te siamo amici per la pelle. Ti stai confondendo. Ascolta, io sono tornato per ritrovare il mio unico grande amore che non avrei mai dovuto abbandonare per paura del destino. Sono qui per Silvia. E tu, conoscendomi così bene, avresti dovuto capirlo che c'è sempre stata lei per me. Ti prego, dimmi che non è vero quello che mi hai detto...
- Non posso dirtelo, mentirei. Però, vedrò di farmela passare se per te è un problema. Magari hai ragione, ma per ora non posso saperlo. Ok, perdonami lo sbotto, dai. Silvia era qui, poco fa, ora...
La interruppi.
- Lo so, lo so. Ma adesso mi interessa che tu stia bene. Vedrai che è stato solo un pensiero che ti è venuto rivedendomi. Tranquilla. Abbracciami, dai!
E mi abbracciò, senza lacrime. Le sorrisi, poi suonò la campanella. Tanya si scusò e mi disse che aveva lezione, quindi andò via. Era una situazione stranissima, non mi sarei mai aspettato che Tanya si sarebbe potuta innamorare di me. Nei miei quattro anni all'Arrànz, sono stato il bullo della situazione. Quello che faceva sempre il figo, che si sentiva un gradino sopra agli altri, che se la tirava a morte, che voleva sempre essere al centro dell'attenzione. Ma non ero più come prima. Se Tanya amava quel Rober, allora non l'avrebbe amato più perché non esisteva più. Il nuovo Rober era solo per Silvia, come lo era anche quello di prima, forse però ora meno impaurito dell'amore. Mentre riflettevo, Puri mi chiamò dalla segreteria, facendo segno di dovermi dire qualcosa, perciò andai subito da lei. 
- Cos'aveva Tanya? L'ho vista un po' giù o sbaglio?
- Niente Puri, sta' tranquilla. Si è un po' emozionata nel rivedermi dopo così tanto tempo, sai che eravamo parecchio legati, no?
- Ma sì, certo. Comunque non è per questo che ti ho chiamato. Vedi, ha telefonato Silvia. Ha staccato poco prima che arrivassi tu. In realtà non sarebbe dovuta tornare perché il turno l'ha teoricamente finito, ma ha chiamato qui appunto per chiedere se le sale rimangono aperte dopo le sette di sera... Ha detto che ha bisogno di provare questa sera, tornerà qui per quell'ora. Io non le ho detto nulla di te come mi avevi chiesto, perciò forse stasera puoi finalmente rincontrarla!
- Grazie mille, Puri! Sei stata gentilissima... La aspetterò qui. Sai dirmi che ore sono?
- Rober, sono appena le quattro. Sei sicuro di voler restare tre ore qui? Ora ci sono anche le lezioni, non puoi nemmeno intrattenerti con qualcuno. Fa' quel che vuoi, ragazzo mio, ma ti assicuro che non è il massimo del divertimento. Poi, conoscendo un po' che tipo sei, non credo tu sappia startene con le mani in mano in attesa di una vecchia compagna di scuola!
- Sbagli, Puri. A parte il fatto che sono drasticamente cambiato, Silvia non è una semplice vecchia compagna di scuola... Ascolta, non sono più il ragazzo di prima che ama sfrenarsi, far baldoria e che sa fare solo lo spaccone. Ho imparato ad essere uomo. Aspetterò con le mani in mano, certo che lo farò. Mi pare un comportamento maturo. E poi, per giunta, aspetterò la donna che amo. Ecco chi è Silvia per me, la donna che amo, che ho sempre amato e che non smetterò mai di amare... E sono qui per lei, per chiedere venia per tutte le cazzate che ho fatto e per tutto il tempo che ho perduto inutilmente. Ho voglia di stare con lei, ora. Davvero...
- Quindi tu la ami? Da sempre? Oh figliolo, e Marta cos'era allora per te? Che diavolo dici? Torni dopo tre anni, dici che la ami da una vita e che non c'è mai stata nessun altra per te. E dici di essere uomo ora? Parli di maturità... Quale maturità? Prendere per i fondelli una donna per tre anni, questa è maturità? Oh cielo, Rober...
- D'accordo Puri, ho sbagliato. Ma parlo di maturità perché ho smesso di prendere in giro Marta e anche me stesso. Mi sono sentito uomo solo quando sono tornato sui miei passi, quando ho accettato la realtà dei fatti e l'ho urlata al mondo. Anzi, la sto urlando al mondo. Questa è maturità. Quel che è venuto prima era tutto una merda, lo so bene. Stavo da schifo e tutto mi sembrava uno schifo. Ma ho voluto fare un passo avanti. E che il mondo possa perdonarmi...
- Va bene, va bene. Scusami se me la prendo così tanto, ma sai bene che voi allievi ed ex allievi per me siete tutti come figli. Scusa, davvero. Saranno anche affari tuoi. E comunque puoi rimanere, tranquillo.
- No, davvero Puri, capisco la tua reazione. Beh, è nettamente lecito prendere così il mio discorso. Hai ragione, ho sbagliato tutto in tre anni. Tutto. Ora sono qui per rimediare, per quanto possibile. Se non ti spiace, mi accomodo nella hall.
- Certo, Rober. Vai tranquillo, questa è sempre rimasta come casa tua...
E poi mi accomodai su quel divanetto, dove anni prima ero solito appollaiarmi quando in tv davano i Simpson. I discorsi di Tanya mi avevano messo un po' d'ansia addosso, ma cercavo di pensare solo a cosa dire a Silvia quando l'avrei vista. 
   
 
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