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Autore: fers94    02/01/2012    1 recensioni
Rober fa ritorno a Madrid dopo tre anni di assenza per ritrovare la donna che ha sempre amato.
Il primo capitolo fa solo il punto della situazione, mentre nei successivi si sviluppa l'intreccio della storia.
(...) Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente (...) [dal capitolo 3]
(...) - Buongiorno... Da quanto sveglio? - Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi. - E quando sono sveglia, invece? - Quando sei sveglia, lo sei. (...) [dal capitolo 10]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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8. In riva al mare
 
 
Andammo a posare la roba di sopra, poi chiesi subito a Silvia di andarcene al mare. Fu contenta della proposta, quindi disse che si sarebbe messa il costume e mi avrebbe raggiunto nella hall, visto che io avevo già il costume sotto i pantaloncini. Per questo scesi alla hall con i Ray Ban sulla fronte, una canotta bianca, i pantaloncini del Real e delle Adidas senza calzini (era sempre così che mi conciavo prima di andare in spiaggia) e mi accomodai su una delle polroncine messe lì. Aspettai davvero poco, perché dopo neppure cinque minuti, vidi Silvia uscire dall'ascensore. Aveva addosso una vestaglia rossa ed anche lei portava un modello di Ray Ban. Ricordavo fosse veloce con i vestiti, ma non ricordavo fino a questo punto. Mi raggiunse e di lì poi uscimmo, con un paio di asciugamani alla mano, e montammo di nuovo sulla moto. Come già detto, era quasi tramontato il sole e nonostante questo ce ne stavamo andando al mare. In realtà non era una novità; anche nella nostra precedente vacanza a Palma, alla sera non andavamo per discoteche come è solito fare sull'isola di Maiorca, ma preferivamo la spiaggia deserta che teneva malinconicamente compagnia alla luna piena. Abbiamo sempre adorato la romanticità dell'udire lo sciabordare delle onde che si propagano e ritraggono sul bagnasciuga, senza che l'occhio possa riuscire a cogliere le sfumature dei colori del mare, come avvolto in un fascio di mistero. Era circa l'imbrunire quando arrivammo in quell'angolo di spiaggia. Il cielo era di un colore misto tra rosa, arancio e blu notte, e la temperatura era piacevolmente tiepida. Poggiammo gli asciugamani sulla sabbia e ci distesimo sopra di essi. Io ero disteso verticalmente, in modo normale, mentre Silvia si era messa per orizzontale ed appoggiava la sua testa a ridosso del mio torace. Poi cominciò a parlarmi, tirando fuori l'argomento di mio figlio. Già, io ho un bambino, che non c'entra nulla con Silvia, che ho avuto quando avevo sedici anni con la mia prima ragazzetta. Cosa volete che vi dica; il primo amore della mia vita, Bea, mia coetanea, con la quale giocavo insieme in un quartiere di Almeria. L'ho conosciuta durante un'estate, da allora è sempre stata una persona a me vicinissima. Eravamo innamoratissimi. Sia quando passeggiavamo in giardino, che quando abbiamo cominciato a fare l'amore, a sedici anni. Un po' di passione, euforia delle prime esperienze, e dopo una settimana in cui c'eravamo lasciati andare, c'è scappato Sergio. Lo so, non posso scopare come il cielo comanda che lascio figli in grembo a destra e a manca. Io ero un ragazzino, non capivo, non volevo tenere quel figlio perché non mi sentivo pronto e papà diceva che non doveva nascere. Alla fine Bea si trasferì lontano, ruppe con me e il bambino venne tenuto; nove mesi dopo venne quindi alla luce. Il mio piccolo Sergio, biondo come sua madre e dal carattere sbarazzino come me. Lo vidi la prima volta quando ero all'Arrànz, a tre anni e mezzo. Ora aveva quasi dieci anni, ma io non lo vedevo da molto tempo. Proprio questa fu la domanda di Silvia.
- E Sergio? Come sta? L'ultima volta che mi ricordo d'averlo visto, era l'ultimo anno di scuola; tu e Marta lo tenevate per mano mentre scorrazzava per scuola, perché Bea te l'aveva portato per una visita, e se non erro era anche il suo compleanno... Ho indovinato?
 - Già, complimenti per la memoria... Tutto esatto... Ma non lo vedo da molto tempo. Sai, Bea è andata a vivere in Brasile per motivi lavorativi, e lì si è anche rifatta una vita con un uomo. Oltre a Sergio, ha altri tre bambini, e vivono tutti insieme, compreso suo marito, nei pressi di Santos. Bea non è mai tornata da allora qui in Spagna, e come da contratto dell'affidamento di Sergio, sarei io tenuto a farle visita in Brasile per vedere mio figlio, visto che lei ha una situazione stabile e l'affidamento quasi totale del bambino. Il problema è che io non ho il denaro sufficiente per fare avanti e indietro tra Spagna e Brasile come fossero due posti l'uno dietro l'altro, e sinceramente sono troppo orgoglioso per chiedere la carità di mio padre per necessità quando ho perso ogni tipo di contatto con lui... Per questo, ho deciso che a Madrid voglio farmi una vita stabile, magari con te, per poi trovarmi un lavoro serio e pagare dignitosamente ogni viaggio che mi conduca a Sergio, come se venisse conquistato col sudore delle mie gronde e la fatica dovuta alla mia voglia di vederlo... Riesci a capirmi, vero?
- Ehi, certo che lo capisco... Non sapevo che Bea fosse andata via in Brasile... Da quanto tempo è lì? Non era a New York con suo marito Alberto?
- Mah, più o meno da quando io ho lasciato Madrid... O forse un po' prima... Con Alberto ha divorziato e con lui non ha avuto figli... Il suo nuovo marito è brasiliano, ma l'ha conosciuto prima di trasferirsi, poi lui le ha trovato anche un posto di lavoro a Santos, quindi si sono sposati e sono andati a vivere lì...
- Lui ti manca, non è vero?
- Tu puoi saperlo più di chiunque altro. Ho passato notti intere a piangere sulla tua spalla perché non riuscivo a vederlo spesso. E a pensare che a quei tempi almeno una volta ogni due mesi potevo incontrarlo... Non lo vedo da due anni, sto una merda. Rispetto a prima, sono solo riuscito ad evitare lacrime. Ma lo stato d'animo è peggiorato, come mi pare ovvio che sia. Ho promesso a me stesso che entro la fine di quest'anno ce la farò ad incontrarlo. La cosa che mi fa più male, è che lui possa pensare che io non faccia abbastanza per vederlo, perché non me ne importa così tanto. Santo cielo, non può esserci affermazione più falsa, ma mio figlio è piccolo, e questa teoria può essere fondata; spero davvero non pensi questo, ma non è difficile che lo faccia. Sono un pessimo padre, ecco cosa sono...
- Ehi, non mi piace sentirtelo dire. È vero, io e te ne abbiamo parlato parecchio di Sergio; appunto per questo, reputo di potermi esprimere... Ascolta, per quello che ho potuto constatare io negli anni scorsi, ho sempre visto un padre gioire al solo sentire la voce di suo figlio al telefono ed esplodere di felicità quando se lo trovava davanti... La cosa fondamentale che un padre deve avere, a mio parere, è l'amore per suo figlio. Tu eri distrutto quando Sergio era lontano, così come lo sei ora, e faresti qualsiasi cosa pur di vederlo, ma purtroppo ora come ora non puoi farci nulla. Un padre che ama suo figlio è un padre meraviglioso. Altrimenti, non sarebbe neppure degno di essere definito tale. Tu sei un padre meraviglioso perché tuo figlio l'adori, ed io lo so. Non hai niente da rimproverarti. Però se vuoi, posso darti io il denaro per andare in Brasile...
- Non posso accettarlo, mi dispiace. Ti ringrazio, ma devo conquistarmi la visita a Sergio da solo. Invece, il fatto che non ho nulla da rimproverarmi su di lui, lo dici solo per non farmi sprofondare o lo credi davvero?
- Credi che io possa mentirti su un argomento del genere, forse?
- No.
- Bene, ti sei risposto da solo!; e mi sorrise.
Le accarezzai la testa e la ringraziai, poi riprese a parlare.
- Hai anche detto che hai troncato in definitiva con tuo padre... Hai voglia di parlarne?
- Forse mi farebbe stare meglio...
- Allora fallo... Non hai niente da perderci.
- Beh, non so nemmeno da dove cominciare! D'accordo, proverò a parlare dall'inizio ed andare per gradi, anche se non so neppure io dove andare a parare... Allora, mio padre ho cominciato a perderlo da quando Bea è rimasta incinta di me. Come sai, papà dirige un'azienda immobiliare, che è di proprietà della mia famiglia da generazioni e generazioni, e naturalmente avrebbe voluto che anch'io continuassi la tradizione. Quando è venuto a sapere che suo figlio sarebbe diventato padre a sedici anni si è preoccupato solo di quello che avrebbero potuto scrivere i giornali sul conto dell'azienda collegandola alla mia situazione. Non gli interessava del bambino, ma solo del fango che i media avrebbero accostato al suo cognome. Lui è stato il primo a fare presente l'opzione dell'aborto alla famiglia di Bea, che ovviamente gli si è opposta, evitando un qualcosa ben più grave di un presunto scandalo. Mi vergogno ancora ad essermi accodato a lui in quell'occasione, ma credimi, ero troppo giovane e non ragionavo. In un modo o nell'altro, comunque, riuscì benissimo a nascondere la gravidanza e il parto di Bea ai giornalisti; io credo che abbia dovuto sborsare qualcosa, anche se non ne ho la certezza. Nonostante riuscì ad evitare le chiacchiere dei media a causa mia, restò comunque arrabbiato con me, dicendo che ero solo uno sciocco irresponsabile, e che non ero degno del cognome che porto. Ma mi disse anche che in ogni caso l'azienda mi spettava ed avrei dovuto portarla avanti. Quando poi a diciotto anni dovevo firmare il contratto per l'azienda e me ne rifiutai perché dissi chiaramente che volevo diventare un attore, papà mi divenne totalmente ostile. Mi cacciò di casa, quindi iniziai la mia vita da solitario. Cominciai a mantenermi facendo il barista, poi andavo a dormire in una delle tante ville di papà, tanto non se ne sarebbe neppure accorto. Con i soldi che racimolavo, iniziai i miei studi di recitazione, poi andai a Madrid per i provini all'Arrànz, e destino volle che mi presero.
- Ma scusa, tuo padre ti è venuto a trovare e ti pagava gli studi quando eri a scuola... Non avevate troncato già allora?
- Sì, è così. Ma mio padre è una persona schifosa. C'era un motivo sul fatto che mi venne a trovare all'Arrànz e percui mi pagasse le rette dei corsi.
- Ti va di dirmelo?
- Cadrebbe quel minimo di decenza che hai sul giudizio verso mio padre, ma io voglio che tu sappia, altroché... Dunque, gli studi me li pagava dicendomi che però dovevo essere il numero uno su tutti, ad ogni modo lo faceva perché era convinto che così avrei stipulato un senso di gratitudine verso di lui che mi avrebbe poi indotto a non rifiutare quel che mi avrebbe chiesto dopo. Voglio dire; era convinto che quando mi avrebbe chiesto di mollare la scuola e seguirlo con l'azienda, avrei accettato perché gli ero grato di avermi pagato gli studi fino a quel momento, ma non andò così. Una volta venne a trovarmi perché qualcuno dei suoi amici ricchi sfondati madrileni gli aveva detto che mi ero fidanzato con te, con una Jauregui, una delle famiglie più benestanti di Madrid, per l'appunto. A lui poteva far benissimo comodo intrecciare un rapporto professionale con gli Jauregui, ne avrebbe giovato la sua adorata azienda. Già vedeva il nostro matrimonio, già ti vedeva col cognome Arenales sulla carta d'identità, già nella sua mente stipulava accordi tra le nostre famiglie. Venne da me solo perché ero fidanzato con una ragazza ricca e da famiglia di buona nominata in tutta Spagna. In realtà noi c'eravamo già lasciati quando venne, ma lui non lo sapeva. Era più o meno poco prima che Alvaro tornasse a Madrid. Adesso capisci anche perché mio padre si mostrava così gentile verso di te e faceva il galantuomo con tua zia Alicia.
- Davvero è per questo?
- Già. Mio padre è solo un opportunista. Non gli interessa delle persone a cui teoricamente dovrebbe naturalmente voler bene; lui vede solo la sua azienda, nient'altro. E in quell'occasione mi chiese di mollare per andare a lavorare con lui, ma come ben sai io rifiutai. Così mi disse che se volevo continuare a studiare lì, avrei dovuto pagarmi le rette senza il suo aiuto.
- Se non sbaglio venne di nuovo... Perché?
- Venne per rimproverarmi, per l'ennesima volta. Fu quando mi accusarono di stupro. Mi aveva appena cacciato di casa dopo che io ero tornato di lui cercando un minimo di conforto, e lui mi aveva detto che non mi credeva innocente come sostenevo. Quindi, dopo un giorno, venne a scuola, come un ipocrita. Venne solo per smerdarmi e fornirmi un alibi per venirne fuori che ovviamente aveva fatto costruire dietro compenso economico. Sia chiaro che voleva tirarmi fuori solo perché porto il suo cognome, altrimenti mi avrebbe fatto tranquillamente incarcerare. Sono contento che almeno non ho avuto bisogno di accettare le sue schifose manovre per uscire pulito dall'accusa. Ero innocente e sono uscito da innocente. Non ti nascondo che anche se avessi per assurdo fatto qualcosa, non avrei accettato i luridi compromessi di mio padre per venirne fuori, soprattutto sapendo che lo fa solo per la sua maledettissima azienda e non per suo figlio. Meglio marcire in galera...
- Mi dispiace. Io credevo che tuo padre tenesse a te... Per questo non ho mai affrontato l'argomento. Voglio dire; se sapevo che per te era una situazione difficile, avrei provato a parlarne. Credimi, non l'ho fatto solo perché non potevo averne idea...
- Ehi, ma perché vuoi sempre rimproverarti qualcosa? Tu sei stata perfetta con me, non hai davvero nulla di cui preoccuparti. Casomai, sono stato io a non volermi aprire su papà, ma credimi, è la cosa più difficile del mondo. A malapena lo ammetto a me stesso, quindi spiegare il concetto agli altri è una catena difficile da sciogliere... Ad ogni modo, sei stata l'unica che mi è stata vicina quando venne papà per chiedermi di mollare e andare a lavorare con lui, nonostante ci fossimo già lasciati e lasciati in un modo tanto brusco. Te ne sarò sempre grato. Comunque, è per questo che non voglio l'aiuto di mio padre per rivedere Sergio. Sai cos'è l'unica cosa che invece mi auguro per il futuro? Di non essere per Sergio un padre così schifoso come lo è stato il mio con me. Sarebbe il rimorso più grande di tutta la mia vita, davvero.
- Non andrà così, ne sono certa. Vedrai che presto rivedrai Sergio e diventerà qualcosa di abituale. Ed io voglio augurartelo con tutto il cuore, perché so quanto ci tieni...
- Tu saresti una madre favolosa!
- Tu credi?
- Non lo credo, ma ne ho la convinzione. Insomma, quando stavamo insieme e Sergio mi veniva a trovare, ho notato che te la cavavi. Anche con lui mi sei stata vicina... In tre, stavamo bene. Ora, non voglio ritirare fuori la storia del nostro bambino mai nato, ma volevo solo dirti che con Sergio sei sempre stata fantastica... E non solo con lui, ovviamente...
- Beh, ti ringrazio dei complimenti.
- Figurati...
D'improvviso, Silvia si sollevò, poi alzò anche me tirandomi su per un braccio. Scoppiò a ridere e continuò a trascinarmi per un braccio, di corsa. Si dirigeva verso il mare; voleva fare un bagno alle otto di sera, a settembre, in un angolo deserto di una spiagga a Palma di Maiorca. Ed io, dal canto mio, volevo fare la stessa cosa. Silvia si tuffò per prima, scomparendo sotto le acque abbastanza limpide di quel mare, per poi tirare il capo fuori dall'acqua ed incitarmi a fare lo stesso. La accontentai subito, buttandomi poco più a destra di dove si trovava lei. Riemersi praticamente subito, poi mi misi di fronte a lei, passandomi una mano tra i capelli scompigliati dall'acqua. La guardai negli occhi e la trovai divertita, quindi avviai un discorso.
- Come mai?
- Cosa?
- Beh, il tuffo improvviso, quest'aria divertita... Ho qualche merito a riguardo, forse?
- Mi ci hai portata tu qui!
- Lo so... Appunto, voglio dire, ti stai divertendo?
- Siamo qui da nemmeno un paio d'ore e finora abbiamo solo chiacchierato... Mi sembra un po' presto per poter dire se mi sto divertendo o annoiando, non ti pare?
- Forse.
A questo punto mi avvicinai a Silvia ancora di più, poi le misi le mie braccia attorno ai suoi fianchi e la guardai negli occhi, ammutolito. Lei ricambiò questa sorta di abbraccio poggiando le sue braccia attorno al mio collo, poi mi guardò e mi disse qualcosa con una punta di sarcasmo.
- Adesso sono io a chiederti come mai...
- Ed adesso sono io a risponderti con un'altra domanda... Cosa?
- Come mai mi guardi così?
- Devo ancora stare a spiegartelo?
- Io direi di sì... Forse mi piace sentirmelo dire, quello che stai per dirmi!
- Ah davvero?
- No. Io ho detto "forse".
- Allora facciamo una prova... Ci stai?
- Ci sto. Allora, ti rifaccio la domanda. Come mai mi guardi così?
- Ti guardo così perché ti amo. Questo è lo sguardo che una persona innamorata rivolge alla persona della quale è innamorata. Uno sguardo che vale più di migliaia di parole. Con le parole si può mentire e lo si fa troppo spesso; ma con gli occhi non si mente mai. Specialmente se chi coglie il tuo sguardo è una persona che ti conosce a fondo, una persona che sa leggere qualsiasi tuo gesto e non sbaglia mai il resoconto. Un po' come me e te.
- Me e te voleva essere solo un esempio?
- No.
Silvia sorrise, poi avvicinò la sua testa alla mia e mi diede un bacio sulle labbra, poi si tirò indietro. Io allora sorrisi, quindi mi abbassai per stare completamente immerso in acqua eccetto la testa, poi presi la mano di Silvia e feci immergere anche lei. Dunque fummo di nuovo vicini e Silvia mi diede un altro bacio; questa volta non la feci allontanare ma con la lingua le aprii dolcemente le labbra ed abbandonammo le nostre bocche alla passione. Le mie braccia scivolavano su tutto il corpo di Silvia, lentamente, mentre nell'acqua lei si stava avvinghiando a me. Le sue mani se ne stavano sul mio volto, ed il mio bacio si propagava anche sul suo collo, per poi tornare a cercare la sua bocca con un accenno di affanno che quasi riusciva a dare un eccitamento in più. Avrei avuto una voglia matta di slacciarle il bikini, portarla sulla spiaggia e aspettare il sole sorgere facendo l'amore ad oltranza, ma decisi di moderarmi e di aspettare che fosse lei ad esplicitare la sua voglia di unire i nostri mondi, quando e qualora l'avesse voluto. Dopo dieci minuti, ci distaccammo ed uscimmo dall'acqua in silenzio. Tornammo a sederci sull'asciugamano, poi ci mettemmo uno di fronte all'altra ed io le presi le mani, sorridendo, e ruppi il silenzio.
- Ti amo.
- Vuoi sentirti dire la stessa cosa da parte mia?
- Non mi interessa tanto che tu me lo dica; a parte il fatto che io lo so anche se tu non lo dici ed in ogni caso l'hai già ammesso, ma a me più che altro interessa che tu me lo faccia capire a fatti. Dal canto mio, io provo a fartelo capire, a dimostrartelo ed ogni tanto voglio anche dirtelo. Voglio dirtelo perché voglio esternare quello che provo. E voglio dirtelo perché so bene che tu adori che ti venga detto. Quindi... Ti amo. Sia a parole che a fatti. Ti amo. Ti amo e basta.
- Vedo che hai le idee chiare!
- Abbastanza... Ascolta, ti sei asciugata?
- Sì, a parte i capelli sono a posto. Perché?
- Perché c'è una cosa che non abbiamo ancora fatto da quando sono tornato ed io penso che ti faccia piacere farla, come ai vecchi tempi. Non fraintendermi e fidati. Ti porto in un posto, ti va?
- D'accordo, provo a fidarmi. Andiamo...
Ci rivestimmo, poi andammo fino alla moto ed una volta allacciati i caschi, partimmo. 
   
 
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