Serie TV > Paso adelante
Segui la storia  |       
Autore: fers94    02/01/2012    1 recensioni
Rober fa ritorno a Madrid dopo tre anni di assenza per ritrovare la donna che ha sempre amato.
Il primo capitolo fa solo il punto della situazione, mentre nei successivi si sviluppa l'intreccio della storia.
(...) Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente (...) [dal capitolo 3]
(...) - Buongiorno... Da quanto sveglio? - Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi. - E quando sono sveglia, invece? - Quando sei sveglia, lo sei. (...) [dal capitolo 10]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9. Quanto costa crescere
 
 
Mancava qualche minuto alle nove della sera, e a quell'ora a Palma c'è poca gente in giro. La vita comincia tra le due e le tre di notte, quando le principali discoteche aprono le porte ai giovani che se la vogliono spassare e dimenticarsi ogni problema ballando e facendosi drink su drink. Già, a Palma ogni dieci metri trovi una discoteca. Sono sempre affollatissime, e sinceramente a me e Silvia sono sempre piaciute poco. Nell'estate trascorsa sull'isola, in tre mesi saremo andati in discoteca forse un paio di volte, il tempo di prendere un drink e sentirci un pezzo house e poi ne uscivamo. Questo perché né io né lei impazziamo per la confusione. E per l'house. Già, all'Arrànz abbiamo imparato ad amare la danza jazz, fra la tante cose. Proprio per questo, la stavo portando in una sala di danza, che un amico di mio padre aveva aperto a Palma pochi mesi prima. Lo sapevo perché mi aveva mandato decine di mail. Io in realtà neppure lo conoscevo, ma si sa che per farsi pubblicità si va oltre i limiti della conoscenza di ogni singola persona; poi figuriamoci, parliamo di un amico di mio padre, quindi metterà anche lui l'opportunismo davanti tutto. Aprire una sala di danza a Palma è come aprire un'enoteca all'Oktoberfest, per intenderci. Ma si sa che ci sono quelle persone che preferiranno sempre il vino alla birra, lo stesso vale per jazz e house. Il luogo era però insolito, quindi immaginavo fosse poco frequentata, ma la cosa non mi dispiaceva affatto. Era meglio non ci fosse troppa confusione, ho sempre adorato l'atmosfera pacata, specialmente quando sono con una donna. E lì sarei dovuto andarci con la mia, di donna. Svoltai a destra dinnanzi ad un bivio appena dopo una curva, proseguii per un centinaio di metri, e mi trovai davanti un'insegna luminosa rosa fluorescente, con su scritto "Bailamente - Palma de Mallorca". Sì, mi sembrava si chiamasse proprio così, Bailamente. Non avrei comunque potuto trovare conferma nel vedere il volto del proprietario, visto che non avevo idea di chi fosse e come fosse fatto nonostante mi avesse tartassato di mail. Però avrei potuto riconoscere la musica e l'ambiente un po' più elegante rispetto alle discoteche. Quindi spensi i motori, mi tolsi il casco e sorridendo feci cenno a Silvia di scendere.
- Eccoci. Capirai quando entreremo.; le dissi.
- Bailamente? Cos'avrà di diverso rispetto alle centinaia di altre discoteche di quest'isola?; fece poi lei.
- Te l'ho detto, capirai una volta che saremo entrati. Ti sembro uno che ti porta in discoteca a Palma? Mi fai così poco originale?
- No, ma la scritta non mi fa venire in mente niente di diverso.
- Già, hai detto bene; la scritta. Ma sono certo che una volta dentro, la tua faccia cambierà quest'espressione scettica che hai adesso...
- Spera che cambi in meglio, altrimenti mi avrai illusa!
- Non voglio illuderti. Non voglio farlo mai più.
Ci guardammo, la mia frase lasciava trasparire ogni rimorso del mio passato, anzi, del nostro passato. Abbassai lo sguardo un po' intimorito, poi sospirai, rialzai il capo ed accennando una sottospecie di sorriso le dissi: 
- Su, avanti, apri la porta...
Lei ricambiò quel sorriso un po' amarognolo, quindi spinse il maniglione rosso del locale, salì il gradino e fu dentro, poi io seguii a ruota e mi chiusi la porta alle spalle. L'ambiente non era affatto male; le pareti erano color crema, era pieno di applique decorate all'etnica che emettevano luci sull'arancione, c'erano anche tavolate da buffet dove vi erano vassoi di bigné, arancini di riso, crocchette, bruschette all'italiana e piccoli entrèe di questo genere. Ad un lato vi erano dei tipi col frak che dovevano essere accompagnatori di ballo professionisti, più in là c'erano ragazzi che muovevano qualche passo di danza seguendo uno dei tipi col frak che stava dinnanzi a loro; ad un altro lato c'era un tipo seduto ad un pianoforte che in quel momento non suonava ma parlava con dei tizi che sorseggiavano spumante. La musica era perfetta, proprio come l'avrei voluta, un misto tra jazz e be-pop, quella musica che a Palma non conoscono. Questo era forse l'unico luogo dell'isola che la conosceva. Silvia si voltò verso di me con un sorriso che gli si estendeva lungo tutto il viso, poi farfugliò qualcosa che non riuscii a capire, quindi mi prese per mano e ci avvicinammo vicino a uno dei tipi col frak. In quel momento c'era un pezzo di jazz leggero, dunque le misi un braccio dietro la schiena e con l'altro le presi la mano e la misi all'altezza delle spalle, poi avvicinai il mio viso al suo e cominciammo a ballare, infischiandocene di quella sorta di istruttore che francamente, secondo me, non stava azzeccando mezzo passo. Fu qualcosa di meraviglioso. Non ballavamo insieme da un sacco di tempo, più di quei tre anni che ci avevano diviso, per questo quel momento mi fece venire peggio delle farfalle nello stomaco. Quelli dovevano essere almeno aquilotti! L'avevo rivista, l'avevo riabbracciata, l'avevo baciata ancora, ma quando ballammo insieme fu come se fossimo andati su un altro pianeta, un'emozione diversa, unica. Forse perché c'eravamo conosciuti e innamorati così. Ballando. D'altronde, se non fosse stato per la danza, passione comune a entrambi, non ci saremmo neppure mai guardati negli occhi. Non saremmo entrati in quella scuola, non ci saremmo stretti la mano con un sorrisino stupido e il successivo "Piacere!" di routine. Ed ovviamente non ci saremmo innamorati e successivamente amati. Il signor destino però l'aveva voluto, grazie al cielo. Non ricordo neppure se mi accorsi quando la musica finì, ricordo solo che mi ritrovai Silvia tra le braccia in una specie di casqué. Eravamo circondati da un mucchio di gente, compresi i tipi del frak, e tutti applaudivano, quasi compiaciuti del fatto che avessimo ballato lì, in quel locale. E ricordo che Silvia rideva; era felice ed io lo ero ancora di più perché ero riuscito a renderla felice. Un uomo in camicia si avvicinò a Silvia e le chiese se eravamo tesserati al locale, quindi Silvia rispose una roba del tipo "Non abbiamo bisogno di una tessera" o qualcosa del genere, con quell'aria altezzosa che a me faceva impazzire (in positivo ovviamente). I tipi col frak non fecero altro che complimentarsi, dopodiché ballammo ancora un po', finché un tizio non chiese la mano di Silvia per una rumba. Da come la guardava, io avevo già dedotto che fosse un porco, ma Silvia volle accettare ed io non cercai di impedirglielo. Nel frattempo anch'io ballai con una signorina piuttosto piacevole, ma il mio sguardo rimaneva fisso dov'erano il tipo e Silvia. Stavo per esplodere di gelosia, e fingevo di essere divertito a stare tra le braccia di quella biondina, proprio come Silvia stava facendo con quel porco. Secondo me, mi voleva far ingelosire e ci stava riuscendo davvero bene. Gli sorrideva, gli parlava, sembrava aver piacere. Poi, ad un tratto, vidi la mano dell'uomo scivolare troppo in basso, a cercare il fondoschiena di Silvia. Lì non ho più retto. In un secondo mollai la biondina che se restavo altri due minuti ci provava pure lei e raggiunsi quell'uomo e Silvia (che già aveva cambiato espressione in volto). Sferrai un pugno talmente forte a quell'uomo che lo buttai a terra. Mi disse qualche brutta parola, ma poi scappò come un codardo. Silvia mi prese per mano ed uscimmo dal locale, dall'uscita sul retro per non incrociare il porco. Era incazzatissima, infatti cominciò il suo rimprovero, tremando dal nervoso.
- Rober ma che cazzo ti salta in mente?
- Che cazzo mi salta in mente? Quello stanotte ti avrebbe voluto scopare... Mi sale il sangue al cervello quando qualcuno prova solo a toccarti! Io non volevo neppure che ci ballassi con quello... Già avevo capito che tipo era!
- Io so solo che potevi trovare un modo meno violento per farglielo capire... La serata stava andando così bene... Perché sai solo rovinare tutto quello che di buono costruisci?
- Dai, non dire così... La serata può continuare ad andare bene... È vero, d'accordo, forse ho esagerato... Scusami... Devo imparare a controllarmi... Ma è come se quando vedo che qualcuno ci prova con te oppure tenta di farti qualcosa di male, io non sia più cosciente di quello che faccio... Perdo il controllo di me stesso... So che non è una buona cosa ma non è voluta... Te lo giuro... Ti prego, perdonami!
- Sei proprio un bambino... Quando crescerai prova a tornare... Anche se non so se mi troverai ad aspettarti!
- No, ti prego, aspetta...
Ma Silvia aveva già girato i tacchi. Sì, se n'era andata, chissà dove, chissà per quanto. Aveva anche iniziato a piovere, ed io nel frattempo cominciai a piangere come un bambino, anzi, più propriamente come un coglione. Le mie lacrime si confondevano con le gocce di pioggia, mentre Silvia scompariva nel buio. Ero riuscito un'altra volta a farla scappare da me, un'altra volta grazie alla mia violenza, al mio inesistente autocontrollo. Mi appoggiai al gradino di una casa, mettendomi le mani sul volto e gemendo come uno stupido. E se non fosse mai tornata? E se non avesse mai più voluto vedermi? Avevo perso la battaglia più importante della mia vita. E così, dopo aver perso Sergio, avevo perso anche la donna che ho sempre amato. Cosa mi restava? In un secondo mi ero giocato la vita. Ero solo. Non sapevo cosa fare. Mi vergognavo di me stesso. Già mi ballava in testa l'idea di chiamare Pedro e dirgli che al matrimonio non sarei potuto venire. Non ero degno di testimoniare un amore così grande, quando io l'amore so solo buttarlo al vento. Ormai ero completamente bagnato, cominciai anche a tossire, quindi decisi di andare in albergo. Mi sarei asciugato, cambiato i vestiti e fatto un boccone perché ancora non avevo mangiato nulla. Avevo progettato che sarei andato in un ristorante con Silvia, ma ormai... E lei? Dove sarebbe andata? D'altra parte, la chiave della camera d'albergo l'avevo solo io. Allora cambiai idea. L'avrei cercata, almeno per darle le chiavi e poi sarei anche sparito, non volevo certo assillarla con i miei capricci. Sì, ma dove? Ero talmente sbigottito che non ricordavo neppure da che parte fosse andata. Cazzo, stavo di merda. Poi, d'un tratto mi resi conto che Silvia non potevo perderla, non così, non per un gesto così futile, non dopo tutto quello che avevo fatto per ritrovarla. Non potevo perché senza di lei nulla mi sembrava più sensato. E già mi ero cominciato a rimproverare che avessi anche solo pensato all'ipotesi di averla perduta. No cazzo, non mi volli arrendere. Svoltai tra un vicolo e l'altro di quell'angolo di Maiorca, gridando il nome di Silvia e beccandomi qualche secchiata d'acqua perché quel quartiere era tristemente privo di movida e popolato solo da vecchie suocere rompicoglioni che alle nove di sera già marcivano tra le lenzuola. Tutto invano però. Non la ritrovai. Era un paio d'ore che vagavo tra le vie più cupe della città, sotto la pioggia. Non dico che mi arresi, anche perché non corrisponderebbe alla realtà, ma mi ero stancato fisicamente e quantomeno avevo una broncopolmonite in atto.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Paso adelante / Vai alla pagina dell'autore: fers94