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Autore: fers94    02/01/2012    1 recensioni
Rober fa ritorno a Madrid dopo tre anni di assenza per ritrovare la donna che ha sempre amato.
Il primo capitolo fa solo il punto della situazione, mentre nei successivi si sviluppa l'intreccio della storia.
(...) Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente (...) [dal capitolo 3]
(...) - Buongiorno... Da quanto sveglio? - Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi. - E quando sono sveglia, invece? - Quando sei sveglia, lo sei. (...) [dal capitolo 10]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10. Al fianco di un angelo
 
 
Decisi di tornare un momento al Quetzal, l'albergo, per darmi un'asciugata, prendere un ombrello e risgattaiolare a cercare Silvia. Così feci. Mi ero quasi perso, ma ritrovai l'hotel. Entrai bagnato come un pulcino, tanto che la signorina della reception ebbe quasi pena di me, chiedendomi se avessi bisogno di un controllo alla gola o altro, ma io le dissi che era tutto a posto, poi andai in camera. Doccia calda e rapida, giaccone ed ombrello ed ero pronto. Ma avevo lasciato la porta della stanza aperta. Successe l'incredibile. Silvia sbucò dalla porta, muta. Io balzai su dal letto, dove mi ero appoggiato, e subito le dissi:
- Oh, sparisco subito... Volevo tornare a cercarti almeno per darti le chiavi della stanza, ma ci sei arrivata da sola. Buonanotte, spero che domani ti vada di parlarne. Sai che non può andare a finire così.
- Ehi, frena, frena.; quindi si sedette sul letto e con una mano mi fece cenno di accomodarmi al suo fianco.
Lo feci, poi riprese. 
- Che hai sbagliato, questo è sicuro ma... Fanculo tutto, io ti amo lo stesso!
Io sorrisi con una faccia probabilmente da ebete, poi mi resi conto che era tutto così strano, quindi risposi.
- Cosa? Ma non avevi detto che dovevo tornare da te quando avrei cambiato i miei modi? Insomma, pensavo fossi incazzata nera, che non mi avresti voluto vedere più... Ed io penso anche che tu abbia ragione. Non ti merito. Ho sbagliato ancora, e non avrei dovuto permetterlo. Però ti amo. In ogni caso, scusami, davvero, credo che mi debba comunque far perdonare.
- Sì è vero, ero incazzata ma... Sai cosa credo io, invece? Che tu sia più importante di un cazzotto...
- No, io non merito una ragazza come te. Non sono più importante di un cazzotto, perché quel cazzotto è opera mia... Però sai cosa ti dico? Che il nostro amore è più importante di un cazzotto di gelosia di un coglione come me. Così forse rende meglio!
- Allora mettiamola così, come dici tu. E comunque, quel cazzotto, anche se terribilmente sbagliato, tu l'hai dato per me. Che non succeda più, però.
- Non deve succedere più che io dia cazzotti o che io faccia qualcosa per te?
- Scemo...
E poi le diedi un bacio sulla punta del naso. Lei mi abbracciò, sorridendo. Dunque ripresi.
- Sono ancora le dieci. Mi concede l'onore di una cenetta, visto che siamo ancora a digiuno, signorina?
- A patto che il posto dove mi porti sia abbastanza distante da quella sala di ballo!
- Ma sì, certo. Promesso!
- Ah, comunque... Non ho avuto tempo e modo di dirtelo, ma... Ballare di nuovo con te è stato meraviglioso. E ti ringrazio per averci pensato. A parte tutto, è stato davvero bello. Grazie, sai sempre di cosa ho bisogno e non ancora capisco come tu faccia a saperlo...
- Se mi fossi risparmiato il cazzotto sarebbe stato perfetto, non trovi? Va bè, ad ogni modo... È sempre lo stesso discorso, io capisco quello di cui hai bisogno perché sei un libro aperto per me. Quante volte dovrò dirtelo, eh?
Le diedi un bacio sulla guancia, poi mi disse:
- Dai, allora mi faccio una doccia e poi usciamo...
- D'accordo, ti aspetto giù!
- Mi raccomando, la signorina della reception, oltre ad essere piuttosto carina, ti ha sempre guardato da capo a piedi. Occhio a quello che fai!
Mi feci una risata e le riposi.
- Puoi sempre mollarle un pugno in faccia, no?
Lei rise, dunque si chiuse in bagno. Io cominciai a scendere alla hall, ed effettivamente notai che la signorina della quale parlava Silvia, (la stessa che prima mi aveva chiesto se avessi bisogno di un controllo medico) non faceva altro che guardarmi e sorridere. Passai dieci minuti di imbarazzo, a ricambiare quei sorrisi in maniera abbastanza distaccata e cercando di evitare il suo sguardo. Per l'amore del cielo, bella lo era, ma io ero tutto per Silvia, ci mancherebbe altro! Forse anni prima, con la testa che avevo, c'avrei anche provato, ma non di certo se stavo con Silvia. Dunque arrivò anche lei; sorrise antipaticamente alla signorina, poi si avvicinò a me e sottovoce mi disse:
- Baciami...
- Lo fai solo per quella?
- No. Lo faccio anche per quella, mi da' fastidio. Ma il motivo principale è che lo voglio, l'avrei voluto anche prima, in stanza, ma avevo paura di finire a letto con te.
- E perché, hai paura di fare l'amore con me?
- Non è paura, è insicurezza... Cerca di capire...
Sorrisi, poi mi ripetè di baciarla, ed io lo feci. E lo feci non perché mi faceva piacere dare una pugnalata alla signorina (sinceramente, di quella non me ne fregava proprio nulla), ma perché io Silvia l'amavo. Se mai mi avesse chiesto un bacio, dovunque ci fossimo trovati, in qualsiasi circostanza, io gliel'avrei sempre dato. Perché l'amavo. In realtà, i baci non vanno chiesti, ed io lo so, ma nella posizione in cui si trovava Silvia, a me avrebbe avuto il diritto di chiedere anche la luna. Ed ovviamente, io gliel'avrei data; non so come, ma l'avrei fatto. Qualche istante, poi Silvia si girò dalla parte della signorina con aria soddisfatta; dopodiché mi guardò, storse un po' il muso e mi disse:
- Quando diavolo deciderai di tagliarti questo dannato pizzetto? Quando ci baciamo mi pizzica dappertutto! Avrò mai il piacere di baciarti comodamente?; poi rise.
- Ehi, hai sempre detto che ti piaceva il prudere della mia peluria!; risi anch'io, poi le morsi il labbro.
- Mmm... Così non da' fastidio...
- Ma è meno romantico!; quindi le diedi un bacio lampo sulle labbra, - Avanti, andiamo che altrimenti si fanno le due di notte senza che tocchiamo nulla da mangiare!
- Mi hai dato troppi baci, lo sai? Ti ho dato una mano e ti sei preso tutto il braccio!
Nel frattempo uscimmo dall'albergo, e notai la signorina quasi offesa con lo sguardo basso. Poi risposi.
- Non mi sembra che tu non abbia gradito o abbia rifiutato!
- Invece quella della reception proprio non ha gradito!
Continuammo a parlare, mentre andavamo a piedi verso il ristorante. Faceva piuttosto fresco per andare in moto, nonostante avesse smesso di piovere. Sarà stata una coincidenza, ma aveva piovuto dal momento in cui io e Silvia avevamo litigato fino a quello in cui mi aveva raggiunto in albergo. Un temporale che rispecchiava il mio stato d'animo. Ed ora restava solo il pungente odore degli asfalti bagnati associato al mio cuore, ancora spaventato dall'episodio ma in quel momento tranquillo e sereno. Era proprio così. Arrivammo al ristorante che avevo scelto, un posto pacato, di quelli che sull'isola di Maiorca ne trovi pochi. Sia all'esterno che all'interno aveva le pareti rosse, ed era un ristorante italiano. Era abbastanza affollato, ma tutto sommato gradevole ed accogliente. Dentro c'era un chitarrista che passava per i tavoli cantando e suonando di tutto, su richiesta. Non avevo prenotato, ma fortuna volle che trovammo un tavolino per due, ad un angolo, a lume di candela. La perfezione. Tirai la sedia a Silvia, poi mi accomodai anch'io. Ordinai del vino, poi consigliai a Silvia di provare gli gnocchi italiani, perché io li avevo già provati una volta, a Malaga con Marta, ma questo preferii non dirglielo. Seguì il mio consiglio, quindi entrambi ordinammo gli gnocchi. Parlammo, parlammo di tutto, ridendo. Eravamo felici. Mangiammo bene, vino ottimo, gnocchi ottimi, tutto perfetto. Chiamai anche il chitarrista, gli feci suonare "Lately" di Stevie Wonder; la cantai però io, dedicandola a Silvia mentre le tenevo la mano. Poi uscimmo via; era ormai mezzanotte passata. Camminammo abbracciati l'uno all'altra per tutto il tempo, ma questa volta in silenzio; le parole le avevamo spese tutte al ristorante. Raggiungemmo l'albergo, ed ancora abbracciati passammo sotto lo scomodo sguardo di quella signorina della reception. Finalmente eravamo in stanza. Silvia andò dritta in bagno, mentre io mi levai i vestiti, buttandomi sul letto a torso nudo e boxer. Pensavo che stava andando tutto bene. Silvia uscì, in vestaglia, e venne accanto a me. Si mise il mio braccio attorno al suo corpo, poi si appoggiò al mio petto e cominciò a parlarmi.
- Sono stata benissimo... Volevo ringraziarti... E gli gnocchi erano fantastici!
- Non devi ringraziarmi... Lo faccio perché ti amo, non perché mi aspetto qualcosa in cambio!
- Un'ultima cosa... Domani sera conto di stare a Madrid, perché dopodomani ho le lezioni... Quindi nel pomeriggio di domani dovremmo ripartire... D'accordo?
- Certo, non preoccuparti.
- Grazie.
Poi disse "Buonanotte" e mi baciò sulle labbra. Si appoggiò sul mio petto e chiuse gli occhi. Io non dissi più nulla, mi limitai a tenermela stretta. Ero felice, non mi mancava nulla fra tutte le cose che volevo, perché lei era l'unica. Ovvio che volessi anche Sergio, ma per lui è un discorso a parte. Passai tutta la notte a guardare Silvia dormire. Fu una delle notti più belle della mia vita. La luce della luna illuminava fiocamente il suo volto, rilassato dal sonno, e l'eco delle lontane onde del mare sembravano stare a cullarla. Ed io passavo le mie dita lente e caute sulle sue braccia nude. La mattina arrivò presto; alle otto Silvia aprì gli occhi e mi parlò.
- Buongiorno... Da quanto sveglio?
- Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi.
- E quando sono sveglia, invece?
- Quando sei sveglia, lo sei.
Silvia arrossì, poi mi accarezzò. Dunque riprese.
- Non credo di essere un angelo, sai?
- E perché? Non ti fidi di quel che dico?
- Semplicemente credo che gli angeli non avrebbero il coraggio di uccidere un figlio.
- Di nuovo con questa storia? Nostro figlio se l'è portato via un aborto spontaneo. Tu non c'entri nulla.
- Ah no? Io sapevo di essere incinta e sapevo benissimo anche che non dovevo fare sforzi. Eppure quel giorno ho fatto una gara di ballo. E sai perché? Perché volevo ballare e vincere. Perché quel bambino non volevo che condizionasse la mia vita e volevo continuare a fare le stesse cose che facevo prima di restare incinta. Di mio figlio non me n'è importato nulla. Ho messo me stessa davanti a tutto, davanti a lui, che sarebbe stato il regalo più bello che la vita mi avrebbe potuto fare. Il mio egoismo ha vinto. Il mio egoismo ha ucciso un bambino. Il mio bambino, il tuo bambino, il nostro bambino.
­- Ne abbiamo già parlato. Non era neanche il momento giusto per avere un figlio.
- E questo mi autorizzava ad ucciderlo?
- Non ho detto questo e comunque tu non hai ucciso nessuno. Ehi, guardami. È andata così, ora non prendertene le colpe. Non serve. Se non è stato un aborto voluto, tu non hai nulla da rimproverarti, chiaro? Devi smetterla di tormentarti. Ora pensa solo che siamo qui, insieme e felici. Isola tutto il resto e soprattutto non contare i rimpianti del passato. Se l'avessi fatto anch'io, forse ora non sarei neppure qui con te. Tranquilla!
Asciugai quel paio di lacrime che Silvia si era fatta scivolare sul volto e l'abbracciai. Quella storia la faceva soffrire troppo. Ogni volta che le dicevo belle parole, lei sentiva il dovere di scrollarsele di dosso perché secondo lei non le meritava per quello che era successo a nostro figlio. Riuscii a tranquillizzarla, poi decidemmo di andare un po' al mare; dopotutto, saremo dovuti ripartire nel pomeriggio, quindi volevamo usare il tempo che ci restava da trascorrere a Maiorca prendendo un po' di sole senza troppi pensieri. Ci adagiammo di nuovo su quella sabbia, sopra un solo asciugamano, abbracciati. Adoravo il fatto che mi abbracciasse, come se stesse a poco a poco sentendosi di nuovo un po' mia. Glielo feci presente.
- Mi fa piacere che mi abbracci spesso, ultimamente. Volevo solo fartelo sapere, non voglio fruttarne nulla, sia chiaro.
- Davvero ti fa piacere?
- Certo; ti amo, è anche normale...
Mi diede poi un bacio sulle labbra e riprese.
- Che tu ti metta però bene in testa che non vuol dire nulla; o meglio, sai che anch'io sono innamorata, ma non so se sono pronta a ricominciare con te. Sto semplicemente provando a lasciarmi andare e a fare quello che ho voglia di fare per adesso. Ora infatti, avevo voglia di baciarti e l'ho fatto.
- Lo so. Ed è giusto che ti lasci andare, tranquilla che non le prenderei comunque come illusioni, le vivo anch'io al momento, come vengono...
Silvia in costume è indescrivibile ed io sono un uomo. Le mie mani in automatico si sarebbero volute andare a posare ben oltre la sua schiena. Sarebbe stato un gesto spontaneo, dettato dal momento, che mi poteva venire naturale. Fino ad allora, dal mio ritorno, avevo fatto solo il bravo ragazzo (a parte il cazzotto); quello romantico, quello che dorme nel suo stesso letto senza eccitarsi o allungare le mani ma che piuttosto la guarda dormire ed aspetta che apra gli occhi per dirle frasi dolci, quello che aspetta le sue volontà prima di farci l'amore, quello che le scrive "Love You" sul casco, quello che la porta al ristorante dedicandole una canzone romantica, quello che la ama castamente. È vero che glielo dovevo perché ero stato io ad aver sbagliato nel passato, ma in quel momento (e non solo in quello) sarei voluto andare oltre con lei. Erano tre giorni che passavo con lei e la vedevo per tutte le 24 ore, una sorta di guardare ma non toccare; fragile. Sono umano; avevo voglia di farci l'amore; sempre perché l'amavo, certo, ma il fatto che sia drasticamente cambiato non vuol dire che sono un santo, ho voglia anche di passione focosa, non solo di romanticismo. L'amore è l'insieme di questi due mondi ed io volevo viverlo a pieno quell'amore, mentre fino a quel punto avevo vissuto solo uno dei due mondi. C'era però quella parte di me che vinceva sempre sulle altre che mi disse che ero in dovere di non fare così. Già, ero proprio innamorato perso. Infatti non feci nulla di tutto quel che mi era balenato in testa e restai tranquillo a prendere il sole al suo fianco. Dopo un'oretta, ci facemmo una nuotata, poi prendemmo un gelato e lasciammo la spiaggia. Dovevamo andare in albergo a riprendere le nostre cose e poi ripartire per Madrid, facendo scalo a Valencia, come all'andata. 
   
 
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