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Autore: CrazedLunatic    02/01/2012    4 recensioni
Quando Kurt viene aggredito, Blaine lascia immediatamente il college per prendersi cura di lui. Quest'unica decisione cambia la loro relazione e ridisegna il loro futuro. Fa anche sì che tutte le persone che li circondano si rendano davvero conto di quanto siano vicini in realtà. AU.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi scuso per la lunga attesa, ma vuoi il Natale, vuoi la lunghezza del capitolo, non sono davvero riuscita a farlo uscire prima. D'ora in poi tutto dovrebbe comunque tornare alla normalità :) Buona lettura!


1. Trasferire il conto bancario
2. Ritirarsi dalla UK
3. Rescindere il contratto d’affitto
4. Impacchettare tutto e traslocare
5. Fare domanda d’ammissione per la OU- online o per i corsi serali? Chiedere a Carole cosa ne pensa?
 6. Comprare a Kurt un bel regalo per tirarlo su di morale
 
Questa era la lista di cose che Blaine doveva fare nei tre giorni successivi. Per quanto le prime cinque apparissero difficili, Blaine era sicuro che l’ultima voce della lista scritta su un tovagliolino della caffetteria sarebbe stata la più complicata.
Kurt aveva avuto una notte agitata. Si era svegliato diverse volte gemendo e scalciando. L’infermiera gli aveva dato qualcosa per aiutarlo a dormire, ma apparentemente aveva interagito male con uno degli altri farmaci, perché dopo averlo assunto Kurt era finito a vomitare per due ore e mezzo dentro secchio. Alla fine, verso le tre del mattino, il poverino era finalmente riuscito ad addormentarsi, ma aveva tossito per la maggior parte della notte. Il risultato era stato che si era svegliato alle 11:30 con 100.7 di febbre, si era riaddormentato immediatamente e non si era più risvegliato a partire di quel momento. Adesso erano le tre del pomeriggio e cominciava a mostrare i primi segni del risveglio. Emetteva suoni sommessi, aveva cercato di girarsi un paio di volte (il che si era tradotto in un gemito perché aveva applicato pressione sulla ferita) e la sua mano stava cercando a tastoni nel tentativo di afferrare qualcosa.
Blaine si sporse verso di lui e la prese. Le dita di Kurt s’intrecciarono con le sue e il ragazzo sembrò rilassarsi visibilmente. "Mmmmmhey." Sbadigliò, con gli occhi ancora chiusi.
“Ciao.” Blaine si chinò e lo baciò sulla fronte. “Ti senti meglio?”
Kurt gli strinse la mano e annuì. “Credo di sì, sono solo s-stanco.” Sbadigliò di nuovo, girandosi sul fianco in modo da fronteggiare Blaine, perché altrimenti le sue ferite glielo avrebbero impedito. Sbadigliò ancora in maniera davvero adorabile. Alla fine aprì gli occhi e ammiccò. “Ciao.”
Blaine rise e lo baciò di nuovo sulla fronte. “Ti ho già detto che ultimamente sei assolutamente adorabile?” Quando Kurt scosse la testa, rise ancora di più. “Beh, lo sei. Sono quasi sicuro che nessuno al risveglio sembri così adorabile.”
“Specialmente dopo aver passato tutta la notte a vomitare.” Cinguettò Kurt.
Blaine premette le labbra contro le sue. “Ti amo.”
Kurt sorrise e rispose al bacio. “Ti amo anch’io.” Premette la fronte contro quella di Blaine e si limitò a guardare il suo ragazzo, senza dire nient’altro. Ogni tanto Blaine gli dava un bacio veloce, ma i loro occhi non si staccarono mai da quelli dell’altro. Alla fine, Kurt parlò di nuovo. “Ho paura, Blaine.”
Blaine sollevò una mano per accarezzargli la guancia morbida. “Non hai nessun motivo di esserlo. Ci saranno tuo padre e Carole qui con te.”
"Ma tu no.” Kurt abbassò lo sguardo. “Ultimamente passo la metà del tempo a sentirmi come un anatroccolo che non fa altro che zampettarti intorno e deprimersi non appena lasci la stanza. Sono un bambino?”
“No.” Il ragazzo più grande scosse lentamente la testa. “E di certo non sei nemmeno un anatroccolo, Kurt… sei solo spaventato e va bene così.”
“Fa schifo sapere che domani non sarai qui. E che Dio mi aiuti, se Finn mi sfascia la macchina lo uccido.” Scherzò Kurt nel tentativo di alleviare la tensione, perché non voleva far preoccupare Blaine.
“Seriamente, Kurt, domani andrà tutto bene. L’agente di polizia vorrà solo che tu gli ripeta esattamente quello che hai detto a tuo padre e a me. Tutto qua. Ci vorranno meno di venti minuti, e poi pensaci. Avrai tutto il giorno per guardare quegli stupidi programmi che adori e di cui io mi lamento sempre.” Stavolta era il turno di Blaine per cercare di alleggerire un po’ l’atmosfera, ma non funzionò granché bene.
"Preferirei averti qua e guardare una stupida partita di football.” Brontolò Kurt, poi si tirò a sedere e si appoggiò contro i cuscini. “E se non mi credessero?”
“Non hanno ragione di non crederti, tesoro.” Blaine gli baciò la mano.
“Non sono nemmeno stato stuprato. Non penso che gli interesserà…” Fissò lo sguardo sulle proprie ginocchia. “Non è successo niente di eccezionale, giusto?” Nella sua voce c’era una traccia di sarcasmo, ma lo stomaco di Blaine si rivoltò per il modo in cui tenne gli occhi abbassati mentre pronunciava quelle parole.
Blaine rimase completamente shockato da quell’affermazione. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire da Kurt. Niente di eccezionale? Aveva un polmone perforato. Anche se la maggior parte dei lividi e dei tagli stavano cominciando a scomparire, alcuni erano ancora visibili. Per non parlare dei disordini emotivi che sapeva non avrebbero fatto altro che peggiorare. Kurt sarebbe presto passato dal turbamento alla rabbia, poi sarebbe tornato allo stato attuale. Sarebbe stato un processo lungo. “E’ eccezionale eccome, Kurt. Hai dovuto subire un’operazione. Saresti potuto morire.”
Kurt fece una strana espressione e scrollò le spalle. “Ma non sono morto.”
“Non importa che tu non sia morto! Avresti potuto e sono sicuro che anche loro la vedranno così. Tutto quello che devi fare domani è raccontargli cos’è successo.” Blaine non sapeva come dire a Kurt che la faccenda era molto più seria di come stava cercando di dipingerla lui e che non doveva fingere di stare bene. Gli strinse la mano, sperando di rassicurarlo, ma Kurt si sottrasse alla sua stretta con uno scossone e si torse timidamente le mani.
“E se non riuscissero a prenderli?” sussurrò.
"Li perseguiranno. Verranno accusati di aggressione e resteranno in carcere per molto, molto tempo. Sarai al sicuro.” La mano di Blaine si spostò sulla sua testa e le sue dita scorsero fra i suoi capelli.
“Ma dovrò… vederli?”
Kurt sembrava di nuovo un bambino spaventato e la cosa gli stava spezzando il cuore. Non gli piaceva questo Kurt. Gli piaceva il bello, divertente, sarcastico e impertinente Kurt che era sempre in grado di ribattere alla perfezione a qualunque cosa gli si dicesse. “Non lo so, tesoro… penso che dipenda dal fatto che si dichiareranno colpevoli. Non credo che ci sarà un processo… ma non posso esserne completamente sicuro.”
Kurt rimase in silenzio per alcuni secondi, poi si rilassò visibilmente. “Guardi troppo Law and Order, Blaine." Lo stuzzicò.
"In realtà non l’ho mai visto.” Rise Blaine. “E’ solo che ho preso in considerazione la scuola di legge e ho letto un po’ di cose. Mi piacevano davvero le lezioni di Educazione Civica alla Dalton. Inoltre, prima di diventare sindaco mia nonna faceva il giudice. Quando ero più piccolo mi raccontava tutto al riguardo.” Continuò, ad accarezzare i capelli di Kurt, guardandolo con attenzione. Quando lui alzò gli occhi per guardarlo, sorrise. “Va meglio?”
“Sì. Vieni a sederti vicino a me.” Annuì con impazienza e si spostò verso la sponda opposta del letto. Blaine si accomodò accanto a lui ed entrambi si sistemarono comodamente. Erano pigiati insieme abbastanza strettamente, ma lo sarebbero stati anche se si fossero trovati sul letto in camera di Kurt. E sul letto di Blaine sarebbero stati perfino più vicini, ma quella era tutta un’altra storia. “Non parli molto di lei.”
“Di mia nonna?” Blaine posò la testa sulla spalla di Kurt.
"Sì.” Kurt prese la mano di Blaine, giocando con le sue dita. “E’ gentile? In TV sembra sempre gentile.”
Blaine strinse le labbra con aria pensierosa. Non gli piaceva molto parlare della sua famiglia, quindi non sapeva esattamente come rispondere. Aveva sempre fatto in modo che il padre di Blaine facesse la cosa giusta quando lui era coinvolto. Però aveva anche pagato per mandarlo alla Dalton Academy, guarda caso proprio in concomitanza del periodo delle elezioni. Avere al suo fianco un nipote gay le sarebbe sicuramente costato alcuni voti. Nel profondo Blaine aveva sempre pensato che era stata quella la ragione a spingerla a tirare fuori i soldi per fargli frequentare la scuola, e non gli episodi di bullismo. “E’ gentile…”
"Non suona molto convincente.” Sussurrò Kurt, spalancando le braccia. “Andiamo. Non mi farai male.”
“Potrei.” Protestò Blaine.
“No. Ti lascerai abbracciare e mi racconterai tutto della tua perfida nonna. Fallo, o ti farò una scenata.”
Blaine scivolò in una posizione semi distesa e appoggiò con estrema attenzione la testa sul petto di Kurt, assicurandosi di non avvicinarsi alle sue ferite. Le dita di Kurt gli accarezzarono i capelli. “Non è cattiva. Non c’è molto da dire, davvero.” Scrollò le spalle.
“Non ti credo.” Cantilenò Kurt.
Blaine rise silenziosamente e scollò di nuovo le spalle. “Non lo so… non è mai stata apertamente cattiva nei miei confronti. E’ complicato…”
"Posso sopportare il complicato.” Lo incalzò Kurt. “Mi aiuterà a non pensare a domani.”
“Davvero, non voglio scocciarti con tutto questo adesso, Kurt.” Blaine strofinò il viso contro di lui. “Parliamo di qualcos’altro. Che cosa vuoi studiare al college? Teatro?”
“Forse. Mi piacerebbe anche studiare fashion design o merchandising.” Allungò le mani per prendere di nuovo quelle di Blaine. “Ho dato un’occhiata agli istituti in Kentucky… alla Eastern Kentucky University ci sono entrambe le facoltà.”
"Hai preso in considerazione le scuole in Kentucky?” Blaine sollevò la testa per guardare Kurt, il cuore che gli batteva un po’ più forte nel petto.
"Sembra che il Kentucky ti piaccia… voglio restare vicino a te. Ma la UK non ha un corso di Fashion merchandising… e la EKU dista solo mezz’ora di macchina dalla UK…” si morse il labbro e guardò in basso verso Blaine. “Forse potremmo vivere insieme?”
Blaine si sollevò a sedere e lo abbracciò: “Pensavo che volessi frequentare l’università in California o a New York?”
“Quello era prima di incontrarti.”
Blaine lo baciò diverse volte sulla testa, i battiti del cuore nuovamente accelerati. Amava così tanto Kurt Hummel che… come poteva spiegarlo? Era una sensazione travolgente, ma travolgente nel modo più straordinario. Quel ragazzo lo faceva assolutamente sciogliere. Non aveva idea di quanto fosse fantastico in realtà. Non aveva idea dell’effetto che aveva su Blaine. “Oh, Kurt… non rinunciare ai tuoi sogni solo per stare vicino a me. Possiamo far funzionare una relazione a distanza. Ce la siamo cavata davvero bene in questi tre mesi, no?”
“Voglio davvero stare con te, Blaine. M-mi sei mancato così tanto e non penso davvero di riuscire a stare senza di te.”
Blaine spostò entrambi in modo che fossero di nuovo sdraiati, accarezzando i capelli di Kurt. “Forse possiamo fare una sorta di compromesso? Mi piace davvero la UK, ma per stare con te sono disposto ad andare da qualche altra parte… ma sarò sincero. Non penso mi piacerebbe molto vivere in California o a New York. Ho visitato New York ed è una meta fantastica per un viaggio, ma… penso che viverci sarebbe tutta un’altra storia.”
"Vuoi ancora frequentare la scuola di legge? So che ti stai laureando in Inglese, ma non mi hai mai davvero parlato di quello che vorresti fare dopo. Ti limiti a scherzare sul fatto che non c’è nulla che tu possa fare con quella laurea.”
"La scuola di legge è davvero dura.” Toccò il naso di Kurt, sorridendo leggermente. “Sarebbe bello, ma non so nemmeno se riuscirei a entrare.”
“Se è quello che vuoi, dovresti provarci.” Nonostante stesse cominciando a sembrare leggermente pallido e assonnato, Kurt gli offrì un grosso sorriso. “Sono certo che saresti un avvocato eccezionale. Sei eccezionale in tutto quello che fai.”
“Grazie.” Blaine lo baciò. “Vieni qui, schiaccia un pisolino. Quando ti sveglierai tuo padre sarà qui con la tua cena e poi guarderemo Chicago. So quanto ti piacciono Mr. Cellophane e He Had It Coming."
Il ragazzo annuì e seppellì il viso nel petto di Blaine. “Non andare da nessuna parte.”
“Non me lo sognerei nemmeno, Kurt. Riposati un po’” Blaine lo baciò sulla testa e si sistemò comodamente mentre Kurt si addormentava.
 
 
"Grazie per aver accettato di darmi una mano, Finn.”
“Non dirlo nemmeno.” Finn rimase in piedi dietro Blaine mentre lui lottava per infilare la chiave del suo appartamento nella serratura. Erano le nove del mattino e pioveva a dirotto. “Abbiamo scelto una giornata d’inferno per il trasloco.”
"Benvenuto nella mia vita.” Grugnì Blaine mentre riusciva finalmente ad aprire la porta. “Probabilmente c’è un vero casino.” Lo disse per abitudine. In realtà casa sua era molto pulita e organizzata. Era una persona talmente ordinata che se una sola cosa era fuori posto si sentiva come se l’intera casa fosse nel caos. Ecco perché passava spesso il venerdì sera pulendo ogni singolo centimetro del suo piccolo appartamento.
"Bel posto! La mia camera al dormitorio fa schifo. E ci si congela sempre.” Si mise le mani nelle tasche dei jeans e si guardò intorno. “Guadagni davvero abbastanza da avere una casa così carina? Dove lavori?”
“Beh, lavoravo nella biblioteca principale del campus e nel negozio di libri in fondo alla strada. Comunque non guadagnavo così tanto. Erano i miei genitori a pagare l’affitto.” Le parole avevano un sapore sgradevole nella sua bocca. Odiava che fossero loro a pagare il suo appartamento e non avrebbe voluto niente di più che avere abbastanza soldi da essere in grado di mantenersi da solo.
"E’ fantastico, amico. I tuoi genitori devono volerti davvero bene se hanno sborsato tutti questi soldi.”
Qualcosa del genere, pensò Blaine, spingendo dentro a calci le scatole che aveva portato per imballare le sue cose. Lasciarono una traccia d’acqua sul pavimento. “Era già arredato quindi non dobbiamo preoccuparci dei mobili. Non dovremmo metterci molto.”
"Non riesco a farmi una ragione di quant’è carino questo posto!” esclamò Finn alcuni secondi dopo, mentre inscatolava dei libri. “Amico, cos’hanno detto i tuoi genitori quando gli hai raccontato che stavi lasciando l’università? Mamma era preoccupata al riguardo, ma io le ho risposto che non avrebbero avuto nessun problema. Lo fai per Kurt e tutto il resto, sai. Non è come se tu stessi semplicemente mollando gli studi, giusto?”
“Giusto. In realtà non li ho ancora avvisati.” Nella fretta di impacchettare, Blaine gettò alla bell’e meglio in una scatola DVD e CD. Aveva già trasferito il suo conto in banca, aveva rescisso il suo contratto di affitto (che fortunatamente era trimestrale, il che significava che, visto che era la fine di Ottobre, Blaine ci aveva rimesso solo i soldi di due mesi di affitto, che aveva saldato mentre si trovava lì), e si era ufficialmente ritirato dall’Università del Kentucky. Dopo aver visto la sua media dell’A pieno, il consulente aveva cercato ripetutamente di dissuaderlo, ma niente avrebbe potuto impedirgli di tornare da Kurt.
“Perché no? Pensi che si arrabbieranno?” Finn chiuse la scatola con il nastro adesivo.
“Probabilmente. Non sono esattamente entusiasti all’idea che io stia con Kurt, Finn.”
Non lo aveva mai ammesso ad alta voce. Beh, lo aveva fatto con Wes… ma non contava. Era sempre stata una specie di cosa non detta fra Kurt e Blaine, entrambi lo sapevano ma decidevano di non soffermarcisi. Dopo tutto non era Kurt a non piacergli; era il loro “atteggiamento”. Lo rattristava il fatto non si erano nemmeno presi la briga di conoscere Kurt. Non che non se lo aspettasse da suo padre, ma sua madre avrebbe potuto almeno incontrarli per pranzo o qualcosa del genere.
“Non gli piace Kurt?” Chiese Finn, suonando molto sulla difensiva.
"Non gli piace che io sia gay.” Rispose seccamente Blaine. “Non s’intona esattamente con la loro immagine di famiglia. Non è che parli molto con loro. Si limitano a pagare per i miei studi e per l’affitto perché mia nonna, a cui non piaccio comunque molto, li costringe.”
Finn lo fissò a bocca aperta. “La tua famiglia… la tua famiglia non parla con te perché sei gay? Non pensavo che tu potessi non piacere a qualcuno, amico! Sei così… piacevole.”
Blaine rise. “Grazie, Finn. Va bene. Non tutti i genitori sono comprensivi come Burt e Carole, ma sapevo che sarebbe successo.” Piegò la coperta che si trovava sul divano e la posò ordinatamente sul tavolino da caffè. “Quando ho fatto coming out sapevo che non sarebbe andata bene. Mi sono dichiarato il giorno del mio dodicesimo compleanno. A mio padre. La mattina dopo mi ha iscritto a un Campo di Conversione.”
“A un campo di cosa?” Finn lo guardò, confuso.
“Si chiamava Desistere o qualcosa del genere. E’ giù in Tennessee. E’ un campo in cui i miei genitori mi hanno mandato per… per farmi diventare etero.”
Finn lasciò cadere la scatola che aveva in mano,  che per fortuna non conteneva nulla di fragile. “Che cosa?
“Era un campo totalmente ridicolo.” Blaine non ne aveva mai veramente parlato prima di allora. Getto alcuni oggetti in una grossa scatola, senza guardare Finn. Pensare a quel campo gli procurava una sensazione di disagio. “Non potevamo nemmeno parlare con la nostra famiglia. Ci sono rimasto per sei settimane. La prima la passi in un albergo riconosciuto con un solo familiare. Non puoi parlare o ‘comunicare in nessuna maniera’ con loro. Non puoi guardare il telegiornale. Non puoi ascoltare nessun tipo di musica fatta eccezione per quella Cristiana e approvata.” Mentre parlava gettò altri vestiti nella scatola, arrabbiandosi sempre di più a ogni parola che pronunciava. “E devi leggere queste riviste ridicole.”
“Su cosa?” Finn lo stava ancora fissando con espressione shockata.
Blaine fece un cenno distratto con la mano. “Su come dovresti ‘cambiare atteggiamento!’ Che cosa significa, poi? Oh, girerò un interruttore e di punto in bianco cominceranno a piacermi le ragazze?”
“Ma tu non vivevi lì?”
“Dopo la prima settimana sì. Dividi la camera con altri tre adolescenti gay.”
“Puoi parlare con loro?”
“Sì, ma era assolutamente ridicolo.” Blaine sigillò la scatola. “Non è che comunicassimo granché e quando lo facevamo… beh… tutti non facevano che parlare di sesso e droga. Di notte la gente sgattaiolava fuori e dava feste e beveva e se la spassava. Il campo non faceva altro che dare a un gruppo di ragazzini gay la possibilità di fare sesso. Scrivevamo il nostro diario sull’astinenza e sull’ignorare i nostri impulsi, ma cinque minuti dopo aver finito di scrivere quasi tutti si rinchiudevano in bagno a fare sesso.”
"Q-quindi… ti leggevano solo la Bibbia e cose del genere?”
“Dovevamo memorizzare dei passi.” Blaine era passato alle stoviglie e Finn lo aveva seguito nell’altra stanza. Blaine avrebbe voluto smettere di parlarne, ma non voleva comportarsi in maniera scortese. “E se non li imparavamo alla perfezione, venivamo puniti.”
“Puniti?”
A Blaine tremavano le mani mentre infilava i suoi piatti di plastica nella scatola. “Sì, puniti. A volte ti costringevano a guardare questi stupidi documentari sulle gioie di amare un uomo o una donna. Hai presente, gli omosessuali guardavano quelli sull’amare una donna, le lesbiche quelli sull’amare un uomo. Altre volte invece ti facevano restare alzato tutta la notte a imparare e recitare un verso dopo l’altro. E a volte uno dei giovani ‘ministri in addestramento’ ti picchiava.”
“Che cosa?” Strillò Finn.
"Già. Gli piaceva colpirti. Specialmente se eri più piccolo o vestito in maniera sgargiante.” Blaine trasse un profondo respiro. Ora che aveva iniziato, sembrava che non riuscisse a smettere di parlarne. Non aveva mai rivelato nemmeno a Kurt cosa succedeva in quel campo e di sicuro non gli aveva confessato le sue scappatelle sessuali incontrollate. Kurt sapeva che a quindici anni la sua vita sessuale era stata molto piena, ma non era a conoscenza dei dettagli. “Venivano avviate indagini di continuo. Sai, colpivano un ragazzino con troppa violenza e, quando questi tornava a casa, qualcuno se ne accorgeva. Ma non portava mai a nulla. Mi ci hanno mandato per cinque estati di fila."
"Come mai hanno smesso?” chiese Finn.
“Non ne voglio parlare.” Rispose Blaine in tono tagliente. Aveva detto abbastanza e si stavano avventurando su un terreno decisamente insidioso. Blaine non se la sentiva, non adesso.
"Okay, amico.” Finn annuì e cominciò a impacchettare alcuni degli oggetti contenuti nei mobiletti. Rimase in silenzio per alcuni secondi, poi disse, “Credo che… uh… non avrei dovuto chiedere. Mi dispiace davvero, Blaine. Non… non è giusto. Quello che ti hanno fatto, intendo…”
Blaine alzò lo sguardo e incontrò quello di Finn. Ormai aveva avuto abbastanza tempo per calmarsi e riuscì a rivolgergli un ampio sorriso. “E’ passato un sacco di tempo, va tutto bene. Solo non dirlo a Kurt.”
“Kurt non lo sa?” Finn sembrava sorpreso. “Perché no?”
"Non mi piace per niente parlarne. Se mai me lo chiederà, gliene parlerò. Ma sai, non sento il bisogno di tirare fuori l’argomento…” Blaine scrollò le spalle. “Al momento ha già abbastanza di cui preoccuparsi. Prima o poi glielo dirò.”
Finn annuì di nuovo, sentendosi ancora in colpa per averlo turbato. Però il fatto che avesse appena avuto un momento di cameratismo con il ragazzo del suo fratellino era piuttosto figo. Il rispetto che provava per Blaine Anderson era aumentato a dismisura nel corso di quella breve conversazione e adesso lo vedeva sotto una luce completamente nuova.
 
Finn e Blaine finirono di disimballare e sistemare verso le dieci di notte, e Blaine era consapevole che non c’era modo di riuscire a intrufolarsi di soppiatto in ospedale, perché l’orario di visita terminava alle 9:00. Aveva sperato di riuscire a raggiungere l’ospedale in modo da poter passare almeno la notte con Kurt, ma le cose non erano andate esattamente come aveva sperato. Lui e Finn ci avevano messo più del previsto a impacchettare tutto, e il fatto di aver lasciato la TV accesa sulla partita dei Buckleyes non aveva per nulla aiutato.
"Tanto stanco. Non posso muovermi.” Gemette Finn, collassando sul divano.
“Non avrei mai immaginato che una scatola di vestiti potesse pesare così tanto.” Blaine crollò su una sedia in soggiorno. Fissò la TV con sguardo spento, senza nemmeno vederla. Quando il suo cellulare squillò era già mezzo addormentato. Abbassò lo sguardo sull’oggetto, immediatamente terrorizzato dall’eventualità che si trattasse dei suoi genitori. Ma era praticamente impossibile che lo avessero già scoperto. Era un numero sconosciuto, ma decise di rispondere comunque. “Pronto?”
"Blaine."
Blaine sorrise e si alzò, incamminandosi verso la stanza degli ospiti in cui lo avevano sistemato. “Hey! Come ti senti? Com’è andata?”
E’ andata bene.” Rispose il suo ragazzo con voce dolce. “Mi sei mancato. Sei già arrivato a casa?”
“Abbiamo appena finito. Ho cercato di tornare in tempo per vederti, ma ci abbiamo messo più tempo del previsto. Mi dispiace.”
"Mmmh, va bene."
Blaine poteva immaginarsi Kurt raggomitolato sul fianco mentre parlava al telefono. E probabilmente in quel momento appariva adorabile. “Hai guardato molta TV oggi?”
“Mhmm. Ho guardato La Bella e la Bestia con Carole. Potrei o non potrei essermi messo a piangere.” Sbadigliò. “Hanno detto che dovrei essere dimesso presto. Probabilmente dopodomani. O il giorno successivo. Purché non mi venga di unovo la febbre o qualcosa di simile.
“Oh?” Chiese Blaine. Aspettò per alcuni secondi ma non ottenne risposta. “Kurt?”
“Hmmm?” Kurt si stava ovviamente assopendo.
"Kurt, ti amo… ti amo.” Ripensando alla conversazione che aveva avuto in precedenza con Finn, Blaine sentì il suo stomaco contrarsi. Voleva vedere Kurt, voleva che Kurt lo abbracciasse. Pur non sapendo cosa c’era che non andava, Kurt lo avrebbe fatto sentire meglio. Ogni volta che pensava a qualcosa di triste, se ne andava dritto da Kurt e gli chiedeva di abbracciarlo. In situazioni del genere Kurt era molto bravo a non insistere per ottenere informazioni. Si limitava ad avvolgere le sue braccia intorno a lui, alzandosi sulla punta dei piedi, e a posare la testa sulla spalla di Blaine. Talvolta canticchiava o lo cullava appena, altre restava immobile, abbracciando forte il suo ragazzo finché Blaine non decideva di staccarsi. “Lo sai, vero?”
"No, non prendere il telefono. No.” Piagnucolò improvvisamente Kurt.
“Tesoro, sono Carole. Mi dispiace, ma si sta addormentando. Gli hanno cambiato di nuovo medicine.”
Blaine si morse il labbro e resistette all’impulso di sospirare lievemente. “Digli che gli parlerò domani?”
“Certo, tesoro. Dovresti cercare di riposarti anche tu. Mi sembri esausto.”
“Lo farò, Carole. Grazie.” Blaine chiuse la chiamata e si sdraiò, ma non si mise a dormire. Aveva troppe cose a cui pensare per dormire e questa non era necessariamente una cosa positiva.
 
"Ciao, Kurt!"
Kurt, che stava per mangiare un boccone di purè di patate, quasi fece cadere la forchetta ('Chi mangia il purè con la forchetta?”  aveva pensato quando l’infermiera gli aveva portato il vassoio) e i suoi occhi si spalancarono per l’orrore. Rachel Berry se ne stava in piedi nella sua stanza d’ospedale e lui, Kurt Hummel, aveva un aspetto orribile. Aveva un aspetto orribile perché non si faceva una doccia da una settimana e probabilmente puzzava. Aveva un aspetto orribile perché aveva i capelli unti ed era abbastanza sicuro che la sua faccia si stesse screpolando per la mancanza di lavaggi.
"Oddio.” Rantolò, mentre due uomini la raggiungevano silenziosamente all’interno della stanza.
“Rachel, non puoi semplicemente fare irruzione nella stanza di ospedale di qualcuno senza bussare!” Sussurrò Leroy Berry, il padre afroamericano e musulmano.
“Come stai Kurt?” gli chiese Hiram, il padre ebreo di Rachel, avvicinandosi al letto.
“Oddio.” Ripeté.
Leroy rise. “Ecco perché non si fa irruzione in camera della gente, Rachel. Pensavo avessi imparato la lezione dopo quanto è successo quando avevi sei anni. Presumo che abbia mentito quando ha detto di averti chiamato?” Rivolse di nuovo la sua attenzione a Kurt.
Kurt riuscì soltanto ad annuire.
Rachel si limitò a roteare gli occhi, si sedette sul largo davanzale munito di cuscini vicino al letto e incrociò le gambe. “Sapevo che avrebbe detto di no, ma la cosa sta diventando semplicemente ridicola. E’ qui da una settimana e non ha permesso a nessuno di fargli visita. Mercedes sta diventando isterica, Kurt.”
"Rachel, non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere.” Hiram scosse il capo e si sedette vicino a Kurt. “Mi dispiace, Kurt. A volte si dimentica che il mondo non gira intorno a lei.”
“Non ha niente a che vedere con me! Kurt Hummel, sono venuta per discutere la scaletta per le Provinciali. Le New Directions hanno bisogno del tuo consiglio. Se avremo un aspetto migliore, anche la mia voce suonerà migliore.
Gli occhi di Leroy si spalancarono per l’orrore. “Rachel! Per favore, vai alla caffetteria e compra qualcosa! Dico davvero!”
“Papà, tornerà in men che non si dica e siamo i due cantanti migliori del Glee Club. Mi serve il suo parere. Portiamo il peso del club sulle nostre spalle e se voglio entrare-.”
"Porta questo peso da qualche altra parte per alcuni minuti, okay? E cerca di tornare un po’ meno concentrata su te stessa, tesoro.” Aggiunse Hiram. “Ti ritengo responsabile per averle comprato quel set per il karaoke quando aveva tre anni, Leroy.
“Va bene!” sospirò Rachel. “Ma tornerò, Kurt, e discuteremo di alcune cose. Voglio parlare con te di alcune idee per i costumi. Stavo pensando di ispirarmi ad Alexander McQueen. So che quel tizio è morto, ma-.”
“Tesoro, vai.” Leroy le fece un gesto con la mano e indicò la porta. Tuttavia stava sorridendo alla figlia e sembrava solo vagamente contrariato.
Rachel Berry uscì dalla stanza, praticamente saltellando.
"Ci dispiace così tanto, Kurt. Ci ha detto che ci avevi dato il permesso di venirti a trovare.” Disse Hiram, sporgendosi verso Kurt e mettendo una mano sulla sua. “Come te la stai cavando?”
“Oddio.”
Leroy rise e si sedette accanto al marito. “Non ti preoccupare, Kurt. Non ti giudicheremo per il tuo aspetto. Anche perché ogni altra volta che ti abbiamo visto, avevi un aspetto fantastico.”
Kurt sbatté le palpebre e aprì la bocca per parlare ma non ne uscì nulla.
“Volevamo venire appena abbiamo saputo che eri qui, ma tuo padre ci ha detto che pensava avessi bisogno di un po’ di tempo. Spero che non ti dispiaccia.” Hiram parlò in tono gentile.
“Ovviamente no.” Squittì Kurt. “G-grazie per essere venuti.”
Leroy sorrise: “Come te la cavi, Kurt? Stai guarendo bene?”
“Sì.” Annuì lui. “Il mio polso adesso sta molto meglio e posso mangiare cibi solidi e muovermi… però non vogliono ancora che provi a camminare. Pensano che sarebbe troppo stancante o qualcosa del genere.”
“Dovresti davvero prenderla con calma.” Hiram strinse leggermente la mano di Kurt. “C’è qualcuno qui con te? Mi sembrava di avere visto il camion di tuo padre.”
"Papà è al telefono con Jeff. Sapete, un altro tracollo al garage. Ha assunto tutta gente nuova – beh, a parte Jeff- e due di loro sono delle specie di idioti.” Kurt scrollò le spalle. “Probabilmente è appena fuori dall’ospedale, dove il telefonino prende meglio. E Blaine dovrebbe arrivare tra poco.”
"Ti abbiamo portato qualcosa da mangiare!” Esclamò improvvisamente Leroy, mostrandogli due contenitori di plastica. “Ti ho preso dei biscotti perché tutti amano i biscotti. Hiram ha pensato che avresti voluto della frutta… il che probabilmente è vero, visto che mangi sempre in maniera sana… ma i biscotti sono buoni e io ti ho portato quelli. Li ho comprati al negozio, però, perché non so cucinare.”
"Questo lo sappiamo, tesoro.” Rise Hiram. Era stato lui a rimanere a casa e a prendersi cura dell’abitazione e di Rachel. Aveva ricominciato a lavorare solo quando Rachel aveva compiuto tredici anni ed era stata considerata matura a sufficienza per restare a casa da sola (e per cucinarsi la cena, perché ogni volta che lei e Leroy erano da soli lui optava per una visita al fast food).
Kurt rise a disagio, non sapendo cosa dire. Non vedeva i genitori di Rachel da più di un anno, ma loro –specialmente Hiram- erano le persone da cui correva di solito quando le cose diventavano insopportabili. Soprattutto quando la situazione alla McKinley aveva cominciato a peggiorare davvero.
Hiram sospirò lievemente, la mano ferma su quella di Kurt in maniera rassicurante. “Stai bene?”
“No.” Pronunciò le parole con voce più bassa di quello che avrebbe voluto e suonò come un bambino piccolo.
Leroy si sedette sulla sponda del letto, dove di solito si sedeva Blaine, e lo guardò con attenzione.
"Quando Rachel me l’ha raccontato ho pianto.” Confessò piano Hiram. “Speravo che non avresti dovuto affrontare niente del genere, Kurt…”
“Anch’io.” Sussurrò Kurt, guardando in basso.
“Migliorerà.” Leroy gli diede un buffetto al ginocchio. “Prima o poi migliorerà davvero.”
“Non mi sembra.” Kurt tirò su leggermente con il naso. “E mi dimetteranno domani o dopodomani… non voglio tornare a casa.”
"Quando mi hanno aggredito alla tua età, mi sono sentito anch’io così. Il tuo attacco però è stato peggiore.” Disse piano Leroy. “E’ un adattamento. Ma la tua famiglia ti aiuterà a rendere il processo più facile. E puoi sempre chiamarci. Anche alle tre del mattino.”
Kurt sorrise in maniera piuttosto patetica e il suo labbro cominciò a tremare. “Lo so. E’ solo che perfino pensarci è d-difficile.”
Hiram si alzò e lo abbracciò- “Hai bisogno di pensarci e di parlarne così da poter guarire… ricordo che Leroy si tenne tutto dentro e rese solo…” La sua voce si spense, mentre cercava le parole.
“Rese le cose più difficili.” Sospirò Leroy. “Ma dopo averne parlato mi sentii molto meglio. Fu più facile superare la cosa e guarire.”
“Ho paura.” Ammise contro il petto di Hiram.
“Lo so, tesoro. Lo so.”
La porta si aprì leggermente.
"Rachel, puoi dar- oh, salve.” Disse Leroy, poi sorrise. “Tu devi essere Blaine.”
Blaine entrò senza far rumore. “Vi ho interrotti?”
Kurt scosse la testa, asciugandosi gli occhi. "No."
Leroy tornò a sedersi. “Sono Leroy Berry. E’ bello conoscerti.”
Blaine sorrise incerto. “Il papà di Rachel? Sono Blaine Anderson.”
“Hiram Berry.” Hiram gli porse la mano non appena Blaine raggiunse il letto.
“Oh, non sapevo che Rachel avesse due padri. E’ un piacere conoscere entrambi.” Blaine strinse prima la mano di Hiram, poi quella di Leroy.
Hiram arruffò i capelli a Kurt. “Dovremmo lasciarvi soli?”
Kurt scosse la testa, perché non voleva davvero che se ne andassero. Si sentiva maggiormente a suo agio sapendo che Leroy era passato attraverso tutto quello e che adesso stava bene. Gli faceva sperare che anche lui sarebbe stato bene. “Non dovete.”
Hiram annuì e arruffò di nuovo i capelli di Kurt. “Resteremo ancora un po’, ma non voglio rimanere troppo a lungo. Devi riposare.”
I quattro rimasero in silenzio per alcuni minuti. Kurt incontrò gli occhi di Blaine e tirò leggermente su col naso, pregandolo silenziosamente di sedersi accanto a lui. Non è che avesse così tanta paura- Solo che aveva davvero bisogno di Blaine al suo fianco.
"Vai ancora a scuola con Kurt e Rachel, Blaine?” Chiese Leroy nel tentativo di fare quattro chiacchiere.
“No. Mi sono diplomato l’anno scorso.” Rispose Blaine, sedendosi sulla sponda del letto.
“Vai alla OSU con Finn?” Gli chiese Hiram con curiosità.
“Studio Inglese alla UK. Comunque mi sono preso una piccola pausa.” Guardò Kurt e gli sorrise.
"Prima di iscrivermi al college non sono andato a scuola per alcuni anni.” Disse con aria pensierosa Leroy.
“ Pensava di poter fare il modello. Non ci è riuscito.” Hiram sbuffò e scosse il capo.
“Se non avessi fatto il modello-”
“Tentato di fare il modello.”
“Se non avessi tentato di fare il modello, non ti avrei mai incontrato.”
Kurt rise sommessamente ascoltandoli. Aveva trascorso abbastanza tempo in casa loro e aveva fatto abbastanza pigiama party con Rachel da abituarsi al loro punzecchiarsi. Quando era più piccolo, prima di incontrare Blaine, era solito desiderare quello che avevano loro. In un certo qual modo erano i suoi idoli. Ovvio che lo fossero, erano le uniche persone gay che conosceva a parte sua zia, che vedeva raramente.
La porta si aprì e Rachel entrò. "Blaine Warbler!"Esclamò, come faceva sempre non appena lo vedeva.
"Anderson." La corresse lui, ma ormai ci era davvero abituato. Non era l’unica a chiamarlo Blaine Warbler. "Ciao, Rachel."
Rachel si precipitò ad abbracciarlo. “E’ così dolce da parte tua fare tutta questa strada per stare con il tuo ragazzo. Ammiro la tua devozione nei suoi confronti. Anche se, devo ammetterlo, la tua presenza è completamente inutile.”
Leroy roteò gli occhi e Hiram lo colpì. Blaine si limitò a guardare Kurt, inarcando un sopracciglio.
“Intendo dire che ha me e Mercedes, naturalmente. Solo che non ci ha permesso di fargli visita. Ma, se lo avesse fatto, saremmo state qui anche noi. Ho provato a entrare il primo giorno, ma mi hanno scortato fuori. Hanno detto che lo facevano perché stavo cantando –volevo solo annunciare la mia presenza- ma penso davvero che non mi avessero in simpatia. Ora, Blaine, cosa ne pensi di camice turchesi e boa verde neon? Molto Alexander McQueen, no?"
"Erm… in realtà, non penso… e…” Blaine guardò Kurt.
“E’ un’idea atroce, Rachel Berry.” Emise un pesante sospiro. “Cosa state combinando al Glee Club? Sono stato via solo per una settimana e state cercando di riportare tutti agli anni settanta. Se continuerai chiedendomi di pantaloni bianchi a vita alta, non ti parlerò mai più.”
"Ho superato la fase dei maglioni con gli animali. Pensavo ne saresti stato fiero.” Lo prese in giro Rachel.
“Lo sarò quando non descriverai lo schema di colori di un bavaglino coperto di vomito di bambino paragonandolo ad Alexander McQueen."
Hiram rise e si alzò. “Dovremmo andarcene, Kurt. Non vogliamo agitarti e impedirti di riposare.”
Leroy diede una patta sul ginocchio di Kurt. “Chiamaci ogni volta che hai bisogno. Siamo sempre a tua disposizione per parlare.”
Kurt annuì. “Grazie per essere venuti. Davvero. Tutti e tre.”
“Starai bene. Migliorerà.” Disse Leroy in tono sommesso.
“Prenditi cura di lui, va bene?” Disse Hiram a Blaine, stringendogli la mano. “ E’ stato un piacere conoscerti.”
“Posso restare?” chiese Rachel.
"Penso che Kurt abbia bisogno di riposarsi. Ti porteremo di nuovo a trovarlo.” Rispose Hiram, avviandosi alla porta e voltandosi a guardare Kurt. “Ciao, tesoro.”
Rachel si chinò per baciare Kurt sulla guancia. “Tornerò a trovarti. Se puoi chiama Mercedes. E’ davvero preoccupata.”
“Lo farò.” Annuì Kurt.
Leroy gli lanciò un ultimo sguardo e se ne andò con suo marito e sua figlia.
Kurt avvolse le braccia attorno a Blaine e strofinò il viso contro il suo fianco, felice di averlo finalmente tutto per sé. “Mi sei mancato così tanto.”
“Mi sei mancato anche tu.” Blaine si sporse per posargli un bacio sulla testa.
Kurt rimase con la testa poggiata sul fianco di Blaine per un po’ di tempo. La tensione che provava stava lentamente svanendo per essere sostituita da conforto e sicurezza. Sentiva alternativamente le dita di Blaine accarezzargli i capelli e strofinargli la schiena. Era molto tempo che non si sentiva così a suo agio.
"Stai dormendo?” Sussurrò Blaine, temendo di svegliarlo nel caso stesse facendo un pisolino.
Kurt scosse la testa, accostandosi a lui. Sentì Blaine ridere e muoversi e poi si sentì attirare più vicino. Guardò su verso Blaine, il mento posato sul suo stomaco. “Mi dispiace di essermi addormentato al telefono. Quelle medicine hanno avuto un effetto più pesante di quello che pensassi.”
"Non è un problema.” Blaine gli rivolse un piccolo sorriso e gli toccò una guancia. “Hai un aspetto molto migliore oggi.”
“Hai fatto tutto quello che c’era sulla tua lista?” chiese Kurt, appoggiandosi a lui.
“Sì. Apri la mano.”
“Perché?” Chiese Kurt con aria furba.
Blaine lo baciò sulla guancia. “Vedrai. Aprila.”
"Posso almeno tenere gli occhi aperti?” domandò mentre apriva la mano. Non ottenne una risposta, comunque. Blaine si limitò a mettersi la mano in tasca e a far cadere qualcosa di molto piccolo sul suo palmo.
"Volevo trovare qualcosa di meglio… ma niente era abbastanza bello. Spero che ti piaccia.”
Kurt guardò giù e vide una piccola tartaruga di vetro verde con occhi di un azzurro brillante. Era bellissima e i dettagli erano molto curati.
“L’ho scelta perché i suoi occhi mi hanno ricordato i tuoi. Al ritorno ci siamo fermati per mangiare in questo piccolo centro commerciale… volevo trovare qualcosa di meglio, ma-.”
Kurt si sollevò e lo baciò,  interrompendolo. “E’ perfetta. Penso che la chiamerò… Nolan.”
“Mi hanno quasi chiamato Nolan.” Rise Blaine. “A un certo punto avrei dovuto essere Nolan Christopher Anderson."
"Molto prestigioso.” Notò Kurt.
“E mi hanno quasi chiamato Zachary Sean. Lucas Branson. Remington Dominic."
"Disgustoso! E’ brutto quasi quanto Wyatt.”
“Wyatt sarebbe il mio secondo nome.” Blaine gli diede una gomitata.
“Il tuo secondo nome è davvero Wyatt?” Kurt rise forte.
“Penso che volessero solo un nome che suonasse ricco.” Blaine scrollò le spalle, ormai abituato al fatto che le persone ridessero del suo nome. A volte ne rideva lui stesso. I suoi genitori avevano gusti davvero pacchiani.
"Blaine Wyatt Anderson." Kurt pronunciò il suo nome in un modo che lo fece sembrare più carino di quello che era. Lo faceva suonare davvero bene. "Blaine Wyatt... sai, in un certo senso mi piace."
Blaine sbuffò. “Beh, sei incredibilmente di parte, no? E che secondo nome va con Kurt Hummel?"
"Elizabeth." La risposta di Kurt fu immediata.
“Ti ho detto il mio, Kurt. Devi dirmi il tuo. E’ giusto così.”
"E’ Elizabeth."
"Kuuuuurt."
"Il mio secondo nome è Elizabeth. Dovevo essere una bambina.” Disse Kurt, in apparenza molto serio. “Il dottore pensava che sarei stato una femmina. Mia madre era estasiata perché aveva sempre voluto una piccola Elizabeth a cui tramandare il suo nome. Quindi decise di riempire il mio certificato di nascita mentre mio padre era in bagno. Papà voleva chiamarmi Kurt… quindi mi ha chiamato Kurt Elizabeth Hummel."
"Stai mentendo. Non ti credo. Nemmeno per un minuto.”
Kurt sbuffò un po’, frustrato, e tornò a concentrarsi sulla sua piccola tartaruga. “Nolan è così carina. Quale dovrebbe essere il suo secondo nome?”
“Sarah?” lo canzonò Blaine.
Kurt lo colpì su un braccio e fu un colpo sorprendentemente duro per un tipo minuto come Kurt Hummel. “Prenditi di nuovo gioco del mio secondo nome, Anderson, e ti chiamerò Redmington Dominic ogni giorno per il resto della tua vita.”
Blaine rise e si appoggiò a lui. “Mi fai sorridere… e quello non è il tuo secondo nome, Kurt.”
“Beh, sei crudele.” Kurt si imbronciò, sebbene avesse sicuramente gradito la maggiore vicinanza del suo ragazzo. Blaine era davvero troppo intelligente per il suo stesso bene. Di nuovo, questo era uno dei motivi per cui gli piaceva Blaine. Era estremamente intelligente. “Adesso scegli il secondo nome di nostro figlio!”
“Nostro figlio, eh?” Blaine osservò la tartaruga. “Personalmente credo che ti assomigli.”
“Blaine!” Kurt rise forte di nuovo. “Scegli un nome!”
"Hmm… Nolan Alexander?"
"Nolan Alexander Anderson-Hummel." Kurt annuì molto seriamente, come se stessero davvero decidendo il nome di un bambino reale. “Bel lavoro, Blaine. Mi piace.”
Burt aprì la porta ed entrò. “Che state facendo voi due?”
“Stiamo dando il nome al nostro primo figlio.” Cinguettò Kurt, mentre Blaine si limitò a scuotere il capo e a ridere.
 

  
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