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Autore: agaetis    02/01/2012    2 recensioni
Sola. Claire era confusa. Claire era… sola.
Breve storia drammatica/horror, il mio primo approccio a questo genere.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sola

 « Il treno proveniente dalla Francia diretto a Milano Centrale è in arrivo al binario tre ».

Una voce metallica ruppe il silenzio che si era formato alla stazione di Vienna. A mezzanotte e pochi minuti solo qualche persona era in attesa di quel treno. Tra queste vi erano Claire e sua figlia Annabelle di appena sei anni. Il binario era illuminato da qualche lampione, così come il cielo dalle stelle. Era una notte senza Luna.

 Il treno arrivò in perfetto orario, e si fermò per qualche minuto alla stazione, prima di ripartire. Assieme a Claire e Annabelle erano salite altre tre persone: una giovane coppia che pareva russa dal modo di parlare, e un signore sui settanta silenzioso, che reggeva il suo corpo con un bastone di un legno a prima vista molto pregiato.

Claire era diretta proprio a Milano. Era stata Annabelle a convincerla. In Italia abitava suo padre, un uomo con il quale Claire non andava d’accordo da diversi anni, ma la piccola aveva insistito mesi interi per andarlo a trovare, e la madre non era più riuscita a trovare una scusa convincente, cedendo infine alla figlia.

La bambina aveva dormito diverse ore quel pomeriggio, così, seppure fosse tardi per la sua età, era perfettamente sveglia quando, salite sul treno, diresse con forza la madre verso l’ultimo vagone, tenendo la mamma per mano, facendo svolazzare il suo vestitino bianco mentre correva con un enorme sorriso sul dolce viso.

Claire seguiva la figlia a una velocità moderata, dovendo portare con sé tutte le valigie, e fece un sospiro di sollievo quando arrivarono al vagone scelto da Annabelle. Avevano percorso tutti i restanti, e solo in alcuni avevano intravisto persone intente a dormire o a chiacchierare, se non a leggere. Per il resto, il treno era praticamente vuoto, così come il loro vagone. E così come il binario della stazione, eccezion fatta per due barboni che stavano dormendo sulle panchine, dal quale si stavano lentamente allontanando per dirigersi alla loro meta.

Annabelle si era acciambellata sul suo sedile, comodo a quanto pareva. Era emozionata, e intenta a fissare le poche luci della città dal finestrino, pronta a rivedere suo padre.

Claire si mise anche lei a sedere, di fronte alla figlia. Portava dei pantaloni neri, comodi per il viaggio, e una giacca pesante, che aveva posato gentilmente sul sedile affianco al suo, rimanendo con addosso un maglione di un azzurro tenue. Cercava di essere felice anche lei, doveva almeno provarci, per il bene di sua figlia. Sorrise. Era in assoluto la persona che più amava al mondo, avrebbe dato la vita per lei. Divenuta orfana da giovane, il giorno più bello della sua vita era stato quando aveva dato alla luce Annabelle. Non si sarebbe mai scordata gli urli che aveva sentito la prima volta che l’aveva vista. Gli urli che annunciavano l’inizio di una vita. Esisteva solo lei nella sua, e non avrebbe desiderato altro.

« Felice di vedere papà, tesoro? »  le chiese poi, beandosi del suo viso angelico.

« Molto, mamma » disse la piccola, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

« Che ne dici di dormire un po’? Così quando arriveremo sarai riposata » propose dolcemente Claire.

« Ma mamma, dai! Io sono già riposata! » cercò di lamentarsi la figlia.

« Annabelle » disse la madre, continuando poi con fermezza, « è tardi per una bambina della tua età,  dormi ».

Annabelle fissò la madre per qualche secondo, e quando capì che non aveva alternativa si lasciò andare ai cuscini del suo sedile, addormentandosi nel giro di pochi minuti. Claire sorrise, la sua piccola peste non le avrebbe mai ammesso che era stanchissima, troppo testarda. Proprio come la madre.

Il tempo passava e Claire sentì la solita voce metallica che li avvisava di aver oltrepassato il confine italiano.

Prima fermata. Trento.

Non salì molta gente, forse nessuno. Claire non riusciva a giudicare, dato il buio che vagava nella stazione.

Si ricordò di quanto dormisse la maggior parte degli italiani. Gli venne subito alla mente Marco, il suo ex marito. Un insulto al popolo italiano. Avevano litigato tanto prima di divorziare, era stato difficile per Annabelle, ma meglio così per tutti, a detta di Claire.

Avevano vissuto tutti  assieme per tre anni, in Italia. Annabelle aveva imparato lì il suo italiano, così come Claire negli anni precedenti. Ma, conoscendo Marco, Claire rinnegò qualsiasi attaccamento alla cultura italiana, portando sua figlia a casa, in Irlanda. La sua famiglia proveniva da lì. Le sue origini voleva ricordarle come tali, senza sangue italiano di mezzo. Considerava pure sua figlia irlandese, malgrado parlasse un perfetto italiano e un inglese molto povero. Fortunatamente aveva mantenuto la caratteristica della loro famiglia: così come la madre, Annabelle aveva il viso incorniciato da una meravigliosa chioma rossa e ricoperto da un leggero strato di lentiggini, visibili alla luce del sole.

Claire aveva avuto diversi uomini dopo Marco. Per lo più erano irlandesi, sistemati e pronti per avere famiglia. Ray, inglese, giovane, ma troppo complicato. Gerard, americano, bello, affascinante, ma troppo diverso da Claire. Frank, irlandese dai capelli rossi, molto timido, e molti altri, ma non era mai resistita per più di alcuni mesi con ciascuno di loro. Il motivo principale era stato Annabelle, la piccola era troppo affezionata al padre per accettare altri uomini vicino alla madre.  

Sua figlia amava molto Marco. Come è normale che sia. L’unico ricordo felice che Claire aveva di lui era il suo legame con Annabelle. Ogni sera, prima di dormire, fin dalla nascita della bambina,  il papà andava a darle la buonanotte, ripetendo sempre le solite parole, ormai impresse nella mente di Claire: “Sogni d’oro, Annabelle”.

A sua figlia mancava quel semplice gesto, più volte ne aveva chiesto l’imitazione alla madre, per riuscire a dormire serenamente.

Il silenzio aiutava molto a pensare, finché tutto non fu interrotto da un grido spezzato.

Claire sobbalzò dalla sedia. Forse qualcuno sul treno si sentiva male. Forse sarebbe dovuta andare a controllare. Ma non poteva lasciare sua figlia lì, e visto il successivo silenzio tombale, Claire pensò che fosse stato tutto frutto della sua mente, della sua stanchezza.

Tuttavia era rimasta scossa da quel grido. Non sapeva cosa aspettarsi, e rimase all’erta per qualsiasi cosa succedesse. Arrivarono alla stazione di Verona. Claire era rigida e fissava la stazione solitaria, sperando di calmarsi. Ma i senzatetto lì presenti non le furono d’aiuto. Sentiva i loro sguardi su di sé, e aveva paura. Paura per sua figlia, senza un motivo.

Il treno ripartì alla stessa velocità di prima, superando i campi così come le città. La luce all’interno del vagone era abbagliante, accecante, fastidiosa.

Claire si stava rilassando quando un altro rumore la bloccò.

Si girò di scatto. Passi. Una porta aperta. Ancora passi. Cercò di capire cosa stava succedendo, quando girandosi tornò a guardare sua figlia.

No. Chi era? Chi era lui? Perché stava toccando la sua pelle? Perché aveva quel coltello insanguinato fra le mani? Perché le sembrò di aver già visto quegli occhi, color nocciola, così cupi, accentuati da quel passamontagna?

« C-che d-diavolo » tentò di dire Claire all’uomo che di fronte a lei stava toccando la pelle candida di sua figlia con una rossa lama affilata, lasciando gocce di sangue altrui sul suo corpo, ancora addormentato a causa della calma dell’uomo.

« Shhh » fece lui, portandosi il coltello al viso, come gli umani sono soliti fare con l’indice, in segno di silenzio, e poi leccando parte del sangue su di esso.

Claire era terrorizzata, come mai lo era stata prima. Non sapeva come comportarsi. Fissava spaventata l’uomo che giocava con quel coltello fra le mani, vicino alla sua Annabelle.

« L-Lasciala andare » disse con forza tremando, ma non riuscendo a muoversi. Era bloccata, stava gelando, spaventata, non sapendo cosa fare.

« No, dai. È così divertente » affermò l’uomo. La sua voce era roca e strascicata, forse per il passamontagna che gli copriva la bocca. Pazzo, Claire aveva di fronte a sé un pazzo. Un pazzo con un coltello in mano.

« A-a-allontanati da lei, ti prego » disse Claire con un filo di voce. Non sentiva più il proprio sangue scorrere fra le vene, doveva portare Annabelle in salvo.

« Ora mi supplichi, eh, Claire? » sbottò il pazzo ridendo fortemente, continuando: « Non l’avevi mai fatto prima d’ora ».

« Io n-non capisco » disse Claire come se i pensieri le uscissero dalla bocca. « Chi diavolo sei tu? » continuò, tremando sempre di più, sudando freddo.

« Oh, ti verrà in mente, ne sono certo » disse l’uomo allontanandosi da Annabelle, lasciando finalmente Claire libera di respirare, ora che sua figlia non aveva più una lama affilata sul corpo.

Sentì il freddo pervadere la sua mano, fortemente stretta al  bracciolo del sedile, con le nocche ormai bianche ben in vista. L’uomo le stava facendo piccoli tagli sulla mano, sedendosi accanto a lei.

Claire vedeva le gocce del proprio sangue percorrere il bracciolo, rosse.

« Che cosa vuoi da me? » disse lei, con un tono falsamente sicuro.

« Oh, niente, Claire » rispose cautamente il pazzo, facendo dei piccoli cerchi di sangue sulla mano della donna, continuando: « Voglio solo che tu… soffra! » disse con enfasi nel momento in cui trafisse con il coltello la mano di lei, che non riuscì a trattenere un grido di dolore.

E fu con quell’urlo che la bambina si svegliò.

Era stordita, e con occhi ancora spenti fissava l’uomo di fianco alla madre, finendo poi con lo sguardo su di lei. Non le ci volle molto per decifrare lo spavento e il terrore nei suoi occhi, che si rispecchiò nei suoi.

« Annabelle » soffiò sua madre, cercando di usare tutta la calma possibile che aveva, e non pensando alla propria mano di un rosso brillante che pulsava intensamente.

« Mamma! » gridò la figlia terrorizzata guardando la mano della madre, per poi notare le gocce di sangue sul proprio vestito, rimanendo scovolta alla vista di quell’uomo con la faccia oscurata, dagli occhi nocciola.

« C-cosa vuoi tu dalla mamma? » urlò Annabelle iniziando a piangere, rivolta all’uomo sconosciuto.

« Oh, niente Annabelle, è tutto a posto, piccola » disse il pazzo con voce strascicata.

Ma la bambina tremava, forse anche per colpa del pianto. Tornò a guardare la madre, gli occhi rossi dalle lacrime. Cercava risposte. Cercava coccole, la comprensione di sua mamma.

« È tutto… a posto » disse sottovoce Claire, inghiottendo per trattenere a sua volta le lacrime. Doveva farsi vedere forte da sua figlia, farle credere che andava tutto bene.

Infatti, Annabelle sembrò tranquillizzarsi, persa fra gli occhi della madre.

« Ora io e quest’uomo andiamo a parlare un attimo, va bene, tesoro? » le disse Claire, cercando di apparire il più comprensiva e tranquilla possibile.

Annabelle annuì, senza smettere di singhiozzare.

L’uomo era rimasto in silenzio, ma sentendo le parole della donna l’aveva trascinata per il braccio non ferito verso la fine del corridoio, vicino al bagno.

« Lasciaci in pace, ti prego! Non so cosa tu voglia da noi. Ti prego, tu… non farle del male! » lo supplicò Claire, lontano dalle orecchie di sua figlia, che era rimasta immobile al suo posto.

« Ah sì, eh… e perché dovrei, Claire? » chiese l’uomo nascondendo un ghigno sul suo viso.

La donna scoppiò, non riusciva più a trattenere le lacrime.

« Perché… perché lei è tutto per me! » disse fra i singhiozzi.

« Risposta errata, cara » sbottò il pazzo. « Tu sei… sola » disse ridendo in modo maligno.

Non aveva ancora lasciato il braccio di Claire, e non intendeva di certo farlo. L’aveva spinta contro la parete, bloccandola, con il coltello in mano.

« No » sussurrò Claire. « No! » urlò poi, dimenandosi fra la forza del pazzo, che continuava a fissarla.

Senza dire una parola, l’uomo aprì la porta dietro di lei, portandola in bagno, e scaraventandola a terra, mentre lei continuava a urlare, distrutta dal pianto, dal bruciore della sua mano, e da sua figlia ancora seduta sul sedile.

L’uomo uscì dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle, tirando diversi calci in modo da rompere la maniglia, lasciando la donna bloccata all’interno, per un periodo di tempo abbastanza lungo.

Annabelle era rimasta dove prima. Occhi puntati sull’uomo in fondo al corridoio, dopo aver osservato l’intera scena. Era seduta composta, non muoveva un muscolo, e non aveva espressione sul viso candido, le lacrime si erano asciugate, lasciando posto al terrore, ben celato dall’impossibilità di fuggire.

« Tranquilla, Annabelle. Finirà tutto in fretta » disse lui rivolto alla bambina, che piangeva silenziosamente.

« M-mamma » disse lei quasi meccanicamente. Inizialmente il suo era un sussurro, che aumentò fino a diventare un grido straziato con l’avvicinarsi dell’uomo.

Claire sentiva tutto. E piangeva. Tirava pugni contro la porta, tentando invano di aprirla. « Annabelle! » urlava piangendo. Era distrutta. « Tesoro… ti voglio bene! » urlò alla figlia, per poi ricadere a terra, sconvolta.

« Anch’io, mamma! » rispose straziata la figlia, specchiandosi negli occhi del pazzo che stava percorrendo le sue braccia con la lama del coltello, macchiandola del sangue della madre, sporcando la sua pelle candida.

Il treno era nel bel mezzo della pianura, in piena notte. E si sentivano solo le urla di una bambina sul punto morte, e di una madre che stava perdendo la sua vita.

E d’un tratto le urla giovanili terminarono. Come un fulmine nel cielo.

La mamma non aveva più lacrime da versare.

Ma un briciolo della forza che le rimase le permise finalmente di aprire quella maledetta porta.

La luce accecava gli occhi di Claire, rossi dal pianto interminabile.

Sangue. Sangue disperso per tutto il vagone. Sedili prima di un blu oceano erano ora impregnati del sangue di Annabelle. Della sua bambina.

Non vide subito il corpo, gli occhi troppo pieni dalla vista del sangue nella stanza. Poi trovò una mano, che usciva da sotto il sedile. Era una mano piccola, bianca. Claire pensò di essere arrivata alla fine. Prese la mano aspettandosi di trovare il corpo del suo tesoro, ma la mano venne via senza alcun peso dopo di essa. E ora Claire era in piedi in mezzo al vagone, con la mano di sua figlia fra le braccia.

Camminò, trascinando i piedi lungo le pozze di sangue. Poi la vide. Su un sedile, come se per quel pazzo fosse stato un trofeo.

Annabelle la fissava. Dritta negli occhi. I capelli, scompigliati e lunghi, ricadevano morbidi sul sedile, incorniciando la sola testa della bambina.

Claire non ne poteva più. Le sue gambe cedettero e lei cadde in ginocchio di fronte a quella visuale, le mani sulla propria faccia, come per cancellare quelle immagini dalla sua mente.

E dopo un silenzio interminabile, la solita voce metallica.

« Si avvisano i signori passeggeri che il treno è in arrivo a Milano Centrale ».

Il treno si fermò in stazione. Era affollata, saranno state le tre di notte e la gente già aspettava i treni.

Iniziarono a salire persone, e urla di terrore si propagarono lungo tutto il treno. Persone urlavano che era pieno di cadaveri. Persone che entrarono sul vagone di Claire, osservandola prima stupiti, poi con occhi iniettati di terrore.

« È stata lei! È lei l’assassina! Presto chiamate la polizia! » urlavano in molti. Claire era sconcertata. Quelle persone credevano davvero che lei avesse potuto uccidere il suo angelo? Ma non riusciva più neanche a piangere.

« Ha pure lasciato l’arma del delitto! Guardate! » le voci che sentiva erano confuse.

Erano tutti convinti che fosse stata lei, quell’uomo era sparito.

La polizia arrivò di lì a poco. Presero Claire con forza, lei era rimasta ferma, non proferendo alcuna parola.

Claire era confusa.

Claire era… sola.

Ma delle parole rimbombarono nella sua mente, prima di uscire dal treno.

Lesse ciò che c’era scritto sul vetro, sopra la testa del suo tesoro. Parole rosse, brillanti, scritte col sangue di sua figlia: “Sogni d’oro, Annabelle”.




Note dell'autrice:

Salve a tutti! Prima storia originale che pubblico, e soprattutto prima storia horror (o almeno dovrebbe essere tale) e drammatica che scrivo!

È stata scritta quest'estate, e il mio stile probabilmente è cambiato ultimamente, ma ci sono rimasta in qualche modo... "affezionata", per questo la pubblico ora. Spero di ricevere recensioni e/o critiche costruttive, per migliorare sempre di più. 

Baci, Mara :)

   
 
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