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Autore: BellaSghi    03/01/2012    2 recensioni
Eccomi qua, dopo mesi di assenza, ci sono di nuovo!
Quindiiii, Bella si ritrova a vivere in una casa con dei genitori che si odiano, solitaria nella sua cameretta, percepisce qualcosa allo stomaco, una sensazione... un segno... Di cosa si tratterà? Benee, questa fanfiction qualcuno l'ha già letta altri no; avevo postato i primi capitoli in precedenza ma per motivi personali ho dovuto rimuoverli.
Ora sono qui, ho modificato qualcosa ma il contenuto è sempre lo stesso!
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccomi qua!
Bene, come ho già annunciato nella trama, alcune di voi hanno già letto questa prima parte della fanfiction!
L'avevo pubblicata qualche mese fa, ma poi ho dovuto rimuoverla, per motivi personali.
Adesso la ripropongo, soltanto i primi due capitoli sono uguali, gli altri, ovviamente no!
Cercherò di postare regolarmente!
E di essere precisa!
Nel frattempo, vi auguro una buona lettura, spero vi piaccia :D
Un bacione!



 
Prologo.


 
Ci sono attimi che sanno togliere il respiro.
Che hanno la capacità di aumentare i battiti del cuore, sanno farlo scalpitare, fino a farlo diventare impossibile da ascoltare.
E quei battiti sono come un martello che batte contro un chiodo. Imperturbabili. Inarrestabili.
Come l'onda di un oceano che si infrange contro la scogliera. 
I battiti del cuore sono quelli che accelerano nell'attimo che precede un bacio.
Il battito del cuore è qualcosa di incredibilmente importante.
Tutto inizia con un battito e tutto finisce allo stesso modo.
Ci sono attimi imprevedibili. Ed è proprio in quel momento che bisogna saperli cogliere.
**
Mi affacciai alla finestra, la luna era alta nel cielo e le stelle brillavano nella cupa atmosfera estiva.
Le grida dei miei genitori si udivano dal piano di sotto.
Sentivo che da un momento all'altro sarebbe scoppiato il finimondo.
Qui. Nella mia stanza avevo la conferma di essere al sicuro.
Ma...Avvertivo una strana sensazione incombere dentro me stessa.
Non sapevo definire con assoluta certezza cosa fosse ma sapevo che il mio stomaco aveva bisogno di qualcosa. 
Qualcosa che non era così semplice da procurare. 
Qualcosa che forse avrebbe portato a gravi conseguenze.
Il sangue.
All'interno, il mio stomaco si contorceva. Si dimenava. Voleva cedere. Il mio corpo voleva cedere.
Ma il mio cervello mi sussurrava di non arrendermi.
Ce l'avrei fatta.
Dovevo farcela.
Non potevo arrendermi. Non senza prima aver lottato. NO!
Ma come potevo far tacere quel bisogno insaziabile dentro di me?
Sentivo la debolezza assalirmi di giorno in giorno. Sapevo che da un giorno all'altro avrei perso completamente le forze. E sarebbe stato solo in quel momento. Che mi sarei arresa.
Ma adesso, finché c'era del sangue che mi scorreva nelle vene, avrei di sicuro continuato a lottare.
Avrei lottato per il bene dei miei genitori, ignari di quello che mi  stava capitando. Non mi sarei mai perdonata se gli fosse accaduto qualcosa.
A dir la verità, anch'io ero ignara di quello che stava accadendo al mio corpo.
Io ero sempre la stessa, dentro, ma fuori avevo un aspetto così possente, così invincibile che se mi fossi fatta una foto, avrei di sicuro fatto una gran fatica a riconoscermi.
I miei occhi erano contornati di rosso. All'estremità della pupilla si potevano intravedere dei sottili filamenti marroni che ricordavano il mio vero colore degli occhi.
I miei capelli erano arruffati in una coda alta, con dei piccoli boccoli che fuoriuscivano ai lati delle orecchie.
Avevo un aspetto incredibile. E se prima avevo ancora qualche dubbio sulla mia vera identità, ora non ce l'avevo più.
Ogni minimo particolare del mio corpo era cambiato. Io ero cambiata. 
 
Ero tranquillamente persa nei miei pensieri quando un vento gelido attraversò la finestra spalancata e mi pizzicò le orecchie.
Dei leggeri brividi invasero la mia pelle pallida. Di istinto mi voltai verso la finestra per andare a chiuderla.
Guardai attraverso il vetro e vidi il cielo diventare grigio piano piano. Eppure sarei stata pronta a giurare che due minuti prima stesse splendendo il sole.
Rimasi per qualche minuto incantata dal panorama incupito nel fresco cielo d'estate.
Scrutai le strade. Che sotto il sole battente diventavano bollenti.
Scrutai gli alberi. Che nelle piene giornate di sole, tendevano i loro rami verso i suoi raggi.
Chiusa la finestra e chiusa la tapparella, tornai a sdraiarmi sul letto.
Quella sera non mangiai. Non avevo fame.
Andai direttamente a letto.
Feci fatica a prendere sonno perché la forte pioggia disturbava la quiete della casa.
**
La mattina dopo mi svegliai infastidita dai raggi del sole che penetravano attraverso la finestra.
Ma.. Un momento! Ero sicura di aver chiuso la tapparella la sera prima.
Eppure In quell'istante, c'era anche la finestra spalancata.
Bah. Può darsi che mio padre sia entrato ad aprirla senza che io me ne accorgessi.
Sì sì.. Doveva essere andata così.
--
Mi alzai dal letto ancora un po’ assonnata e mi diressi verso il bagno per una doccia rilassante.
Adoravo sentire il calore dell'acqua sulla mia pelle ed osservare quelle minuscole goccioline che scivolavano inarrestabili verso il fondo della doccia.
Quando mi sentii perfettamente pulita e rinfrescata, mi vestii e scesi al piano di sotto a fare colazione.
I miei non c'erano. Probabilmente erano già al lavoro.
E anche se fossero andati da qualche altra parte, non mi sarebbe importato, visto che a loro non importava di me.
Erano due anni e mezzo che l'atmosfera in casa non era delle più tranquille.
I miei genitori urlavano e litigavano ogni volta che potevano.
Ma negli ultimi mesi, percepivo anche odio nei loro sguardi.
 
Una volta arrivata in salotto, aprii il frigo affamata e tirai fuori il cartone del latte e ne versai un po’ nel bicchiere. Poi presi la crostata che c'era nel mobile e ne tagliai una fetta.
Ahi! esclamai. Mi guardai il dito e vidi che usciva del sangue. 
Come mio solito, me lo portai alla bocca e ne succhiai il resto.
Ma non appena ebbi assaggiato una gocciolina di sangue, non riuscii a farne a meno e continuai a succhiare il sangue come se fossi una sanguisuga.
e poi BOOM!
Sentii la porta spalancarsi di colpo. Ed io lasciai il mio dito.
Vidi un uomo abbastanza giovane che mi fissava con un'aria maliziosa.
Era appoggiato allo stipite della porta, la sua bellezza era impressionante, non c'è che dire, ma qualcosa nel suo sguardo mi fece capire che lui non era il classico esempio di bravo ragazzo.
Si avvicinò a me, mi prese il mento tra le mani e mi disse :"che c'è piccolina? Hai paura?"
Io lo fissai negli occhi. Lui mi guardava con disprezzo.
"Che c'è, hai perso la lingua? Come ti chiami?" Continuai a rimanere in silenzio.
"Oh, povera. La bambina si è spaventata. Oh ma quanto mi dispiace! NO PPROPRIO PER NIENTE".
Lo guardai. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Lui mi fece sbattere rumorosamente per terra.
"Ah, comunque io sono James. E tu sei una vampira."
Cosa? Ok, non sapevo chi fosse quell'essere . Né che cosa volesse da me.
Ma se le sue intenzioni erano quelle di andare in giro per strada e fare degli stupidi giochetti alle persone, bè, aveva trovato la vittima sbagliata!
Mi rimisi in piedi, uscii dalla porta d'entrata, e cominciai a correre.
"Corri pure quanto vuoi bambina. Ma tornerai da me. Fidati."
Corsi sempre più veloce. Attraverso il bosco, Attraverso zone che non conoscevo.
Mi fermai solo quando andai a sbattere contro qualcosa.
"Ehi..attenta." No, mi sbagliavo. Non contro qualcosa. Ma qualcuno!
Quella voce era così soave..così dolce..delicata e soffice.
Mi alzai da terra con l'aiuto della sua mano.
"Stai bene?" Mi disse rivolgendomi un caldo sorriso.
"Emh... Sì, credo. Non lo so".
Lui ridacchiò dolcemente e poi mi scrollò via di dosso alcuni rami  e foglie che dovevo aver preso durante la caduta...
"Dai, vieni sediamoci su questo tronco." Ubbidii. non avevo la più pallida idea di dove fossi!
"emh.. Io, volevo dirti grazie!" Gli dissi, un po’ impacciata.
Non sapevo perché stavo balbettando ma la sua presenza mi metteva in suggestione.
Era bellissimo. Aveva i capelli color del rame e gli occhi come diamanti.
Era un ragazzo semplice. Non era il classico BELLO. Era semplicemente SEMPLICE.
Gioco di parole? Lo so. Ma in momenti come quelli, cercare di comporre frasi di senso compiuto era a dir poco complicato.
"E di cosa?" La sua voce mi ridestò dai miei pensieri.
"Per avermi trovata. Emh..io ecco.. Stavo scappando da non so cosa.. e.. mi sono persa". Un'altra frase senza un filo logico. Mi avrebbe preso sicuramente per pazza.
Lo vidi sorridere e ridacchiare appena.
"Emh.. Sì, mi sa che sei ancora un po’ confusa per la caduta. Dai vieni con me a casa mia. Ti offro un the caldo. E così ti riprendi un attimo e mi racconti per benino tutta la storia ok?"
"S-s-ì, dac-c-ordo. Va b-bene". Ma dio santo, perché balbettavo?
Lo sentii sfiorarmi le spalle con la sua giacca.
Proprio come nei film!
Il mio cuore prese a battere velocemente. 
"ah, Comunque io sono Edward. Edward Cullen".
E mi sorrise.
In quel momento il mio cuore prese a battere ancora più velocemente.
E in quell'istante, lì, con Lui, avevo la certezza che un cuore non poteva battere più forte di quell'attimo.


  
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