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Autore: Vattelapesca    03/01/2012    2 recensioni
Ho scritto tante cose, ma questa è la mia prima FanFiction in assoluto. Ero curiosa di provare.
La guerra è finita ed il mondo magico è finalmente libero. Ma il dolore per i caduti sembra qualcosa destinato a non finire. Dal primo capitolo: E lui, Harry, in prima fila assieme a tutta la famiglia, addirittura prima di zia Muriel, non poteva sentirsi più estraneo. Era a mille miglia di distanza da tutto e da tutti, dal pianto disperato di Molly Weasley, dallo smarrimento sulla faccia pallida di Lee Jordan, dal dolore soffocato di Fleur e Bill, da quello puro di George, dalle mani intrecciate di Ron e Hermione e dal viso duro di Ginny che lo fissava fiera con gli occhi lucidi di lacrime.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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11. A ray of Black light


La mattina del suo diciottesimo compleanno, Harry Potter camminava in aperta campagna tra l'erba bruciata dal sole cocente. Il cielo era così azzurro da sembrare irreale. Attorno a lui, come uniche compagne, le api ronzavano ininterrottamente mentre si posavano frenetiche sui fiori. Nonostante il caldo opprimente, aveva deciso di camminare, piuttosto che materializzarsi direttamente davanti alla casa. Inoltre, nonostante le esaustive spiegazioni che il Signor Weasley gli aveva mandato via gufo, non ne conosceva l'ubicazione esatta.
Quando aveva comunicato la sua decisione, la sera prima, Hermione e Ron si erano dimostrati sorpresi, ed avevano insistito per accompagnarlo. Alla fine, avevano dovuto cedere alla sua volontà, lasciandogli i suoi spazi. L'unica raccomandazione di Ron era stata quella di tornare in tempo per la cena, o avrebbero dovuto affrontare il disappunto della Signora Weasley.
Harry sorrise, ripensando a come Ginny gli aveva comunicato, appena prima di ripartire, che sua madre aveva ogni intenzione di presentarsi a cena, in modo da festeggiare il suo compleanno. Lì per lì, Harry aveva pensato di spedire un gufo alla Signora Weasley per distoglierla dal suo intento. Ma poi si era accorto che sarebbe stato terribilmente ingiusto. Non si trattava solo del suo compleanno, ma anche di poterli salutare prima che partissero per l'Australia. E poi, mentre camminava lì, all'aria aperta di quel giorno meraviglioso, Harry era arrivato a pensare che forse, dopotutto, festeggiare qualcosa avrebbe fatto bene a tutti.
La casa apparve dietro ad una collina, inconfondibile. Era esattamente come il Signor Weasley l'aveva descritta. Piccola ed un po' sbilenca, era circondata da un cortile, che a differenza di quello della Tana, poteva reggere l'appellativo di giardino senza vergogna. Aveva l'aspetto di un normalissimo cottage, forse un po' dismesso, a giudicare dall'intonaco scrostato e stinto dal sole. In effetti, pareva estremamente Babbana ed Harry immaginò che dentro potesse viverci una vecchietta , che divide la sua giornata tra il giardinaggio, il gatto e il thè delle cinque con le amiche.
Improvvisamente, Harry si trovò a sperare di trovarci davvero quella vecchietta, di sicuro sarebbe stato tutto molto più facile. Ma non sarebbe stato giusto.
Inoltre, le intenzioni che lo avevano spinto a fare quella visita erano genuine e sincere. Voleva davvero andarci, ma il senso di colpa che lo dilaniava non era una cosa facile da ignorare. Mentre bussava alla porta – non c'era campanello – si chiese se, un giorno, avrebbe imparato a considerare quel sentimento latente come un vecchio amico.
La porta si aprì, rivelando un volto femminile la cui bellezza era stata visibilmente provata e sciupata. Harry se lo aspettava, ma non poté far a meno di trasalire impercettibilmente quando la vide. La somiglianza con la sorella pareva ancora più accentuata, adesso che due profonde occhiaie solcavano la pelle chiara ed i capelli parevano ribellarsi dall'acconciatura, cadendole in malo modo sul viso.
Andromeda Tonks spalancò gli occhi, sorpresa di vederlo, ma poi inclinò la bocca in un lieve sorriso.
“Harry Potter.” disse semplicemente.
“Ehm, salve Signora Tonks. Io... vorrei parlare.” riuscì a balbettare Harry, alquanto in imbarazzo.
“Ma certo, entra pure.” rispose la donna scostandosi dalla porta per farlo passare. Lo fece accomodare ad un tavolo di legno chiaro nel piccolo salotto poi lei sparì in cucina. Harry rimase fermo a fissare la stanza. Era piccola ed accogliente ma disomogenea, sembrava che i mobili fossero stati aggiunti nel corso di diverse generazioni. Sulla mensola del caminetto c'erano delle fotografie allineate ordinatamente. Harry si alzò per andare a vedere da più vicino. In molte di esse il ragazzo non fu in grado di riconoscere nessuno, ma il suo sguardo non poté non essere attratto da un lampo color rosa cicca. Una Tonks adolescente gli faceva la linguaccia dalla cornice, felice nella sua divisa di Hogwarts. Nella foto subito accanto, riconobbe con una stretta al cuore Lupin. Era la foto del suo matrimonio ed, ovviamente, era assieme alla moglie. Nella sua espressione non c'era alcuna traccia del tormento che lo caratterizzava, sembrava l'uomo più felice del mondo. Per l'occasione indossava dei vestiti nuovi, senza toppe o scuciture ed al suo braccio Tonks agitava la mano, l'anello al dito. Lei indossava un semplice vestito di un giallo sfolgorante, e per l'occasione si era fatta i capelli neri e lisci.
“Avrei voluto che indossasse il bianco, ma dopotutto non sarebbe stato da lei.” disse la voce di Andromeda alle spalle di Harry. Il ragazzo si girò abbozzando un sorriso e la vide posare sul tavolo in un tintinnio un vassoio con dei bicchieri e una brocca di limonata. Lui si accomodò sotto suo invito, poi anche lei lo imitò.
Harry versò la limonata nei bicchieri e la ringraziò prima di bere. Il liquido dolce scese nella sua gola fresco e ristoratore dopo la lunga camminata sotto il sole cocente.
“Si può dire che abbia seguito il mio esempio. Quando io e Ted fuggimmo insieme per sposarci non ebbi di sicuro il tempo per procurarmi un vestito come si deve. Ma non mi importava, proprio come non mi importava che la mia famiglia mi disconoscesse. Non si può dire che le abbia dato il buon esempio, dopotutto.” sorrise triste, percorrendo il bordo del bicchiere con le dita. Sembrava persa nei ricordi.
Harry avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non era sicuro del vero significato delle sue parole.
“Remus era...” cominciò in tono difensivo.
“Un brav'uomo.” lo interruppe lei. “Si, lo so. Non era questo che intendevo dire. Ammetto che, almeno all'inizio, avevo le mie riserve su di lui. Ma la rendeva felice. La rendeva felice come non lo era mai stata. Senza di lui era come spenta, non riusciva più neanche ad usare i suoi poteri. Sono sicura che te lo ricordi.”
Harry annuì, e lei proseguì. “Mi ricordava tanto me stessa. Come facevo ad impedirle di essere felice? All'inizio era questo che mi ripetevo, ma poi è scattato anche qualcos'altro. Remus non era quello che credevo. Me ne accorsi quando capii il malessere che provava al pensiero di aver rovinato la vita a Dora. Ne era seriamente convinto, e ne soffriva in una maniera talmente intensa da turbarmi. Fu allora che iniziai a volergli bene. Quando nacque Ted sembrava l'uomo più felice del mondo. Quindi non pensare male di me. Avevo imparato a considerarlo parte della famiglia.” fece una pausa, poi mormorò piano, come fosse un sospiro “E poi ho perso tutti, compreso lui.”
Il silenzio riempì il salotto, insinuandosi nel pulviscolo sospeso nella luce potente che arrivava dalle finestre.
Per un po' nessuno dei due parlò. Andromeda guardava fuori con ostinazione, le labbra tremanti e gli occhi asciutti.
“Mi dispiace.” disse Harry dopo un tempo infinito.
Lei si girò verso di lui, rivolgendogli un sorriso dolce. “Non dirlo. Non è colpa tua. Non lo è affatto.”
Harry abbassò lo sguardo, non sentendosi in grado di ribattere.
“Sono contenta che tu sia qui, Harry. Non ho dimenticato che tu sei il Padrino di Teddy e ti avrei portato subito da lui se non stesse dormendo.”
“Vorrei far parte della sua vita, se lei è d'accordo. Sarei venuto prima, ma sono successe un sacco di cose. Non mi sono dimenticato, davvero. Ma tutto è così...”
“Poco facile?” fece lei, scostandosi un ciuffo scuro dal viso pallido.
“Stai tranquillo, non ho creduto che tu avessi abbandonato Teddy. E poi, ad essere sinceri, anche io non ho mostrato tanta disponibilità. Mi sono rintanata qui, lontano da tutto, senza curarmi d'altro. A proposito, come hai fatto a trovarmi?”
“Ho chiesto ad Arthur Weasley.” lui la vide annuire, poi, disse. “Se posso vorrei chiederle una cosa: che posto è questo?”
“E' la casa di campagna dei genitori di Ted. Quando eravamo giovani, ci piaceva tanto venirci in estate. E poi ci portavamo Dora durante le vacanze, qui in campagna poteva fare tutti i giochi spericolati che voleva. E' che... la casa a Londra mi sembrava così vuota, e ho pensato che questo sarebbe stato un ottimo posto per crescere Teddy, almeno per ora.”
“Che c'è?” chiese poi, notando lo sguardo di Harry. “Ti sembra strano che un membro di un'antica famiglia Purosangue possa amare la vita di campagna?”
“Beh...” si ritrovò a borbottare Harry, sorpreso dall'acume di Andromeda Tonks, che aveva intuito i suoi esatti pensieri.
“Non sono mia sorella Narcissa, nè tantomeno... Bella.” la voce le tremò nel pronunciare l'ultimo nome, reso ancora più agghiacciante dal diminutivo. “Come potrei?” disse scuotendo la testa. “Non sono una Black più da tanto tempo, ormai.”
Harry rimase in silenzio, percependo la portata dei sentimenti che la donna doveva provare in quel momento. Harry non sapeva come era avere fratelli o sorelle ma, dentro di se, sentiva il rapporto con Ron o con Hermione come un qualcosa di molto simile. Provò ad immaginare cosa avrebbe provato se uno dei due avesse ucciso suo figlio.
Fu semplice orrore.
Ma, la cosa che più lo spiazzava, era l'essere ben consapevole che lui poteva a malapena capire la portata di un dolore del genere. E già così lo trovava orribile.
Rabbrividì di fronte alla tempra di quella donna, che riusciva a stare seduta davanti a lui in maniera composta, nonostante la tempesta che doveva avere dentro.
Improvvisamente, l'urlo di un bambino riempì il silenzio.
“Si è svegliato.” disse Andromeda con un sorriso spontaneo.
Si precipitò fuori dal salotto e meno di un minuto dopo, era tornata con in braccio il bambino.
Era cresciuto dall'ultima volta che Harry lo aveva visto, al funerale dei suoi genitori. Si avvicinò titubante, ed, appena vide la bocca sdentata di Teddy inarcarsi in un sorriso non poté fare a meno di rispondere.
“Lo vuoi tenere in braccio?” gli chiese Andromeda.
“Io... veramente, non credo di esserne in grado.” balbettò Harry preoccupato, la prospettiva lo terrorizzava ed eccitava allo stesso tempo.
“Andiamo, coraggio.” lo incitò lei. Così, senza che potesse neanche accorgersene, si ritrovò a stringere il bambino tra le braccia. Era una sensazione molto strana. Teddy sembrava un cosino fragile, ma tra le sue braccia si divincolava senza sosta, ridendo con la vocina acuta. Harry si mise a sedere sul divano sotto consiglio di Andromeda, per riuscire a tenerlo meglio.
Improvvisamente, i pochi ciuffi di capelli che Ted aveva in testa cambiarono colore. Da rosso fuoco che erano, diventarono nero corvino, come quelli di Harry.
“Credo proprio che tu gli piaccia.” asserì la nonna mentre il bambino allungava le dita paffute per afferrare gli occhiali di Harry, che rideva, sempre più a suo agio nel tenerlo sulle gambe.
Allora si ricordò di una cosa. Facendo del suo meglio per tenerlo con un braccio solo, sfilò dalla tasca dei pantaloni la foto che aveva trovato a Grimmauld Place. Avvicinandola alla faccia di Teddy, cominciò a parlargli. “Vedi questo ragazzo? Questo è il tuo papà. Era molto bravo a scuola ed infatti era Prefetto. Io non sono mai diventato Prefetto, ero troppo uno scavezzacollo, forse. Ma i miei due migliori amici sì, te li farò conoscere.”
Il piccolo aveva già allungato le mani per afferrare la fotografia ma, Andromeda, previdentemente, si era avvicinata per sfilarla dalla mano di Harry.
“Questa è meglio che la tengo io.” disse con un sorrisetto. “Grazie, Harry.”
“L'ho trovata nella stanza di Sirius. Ho pensato che poteva farvi piacere averla.”
Lei annuì con fare stanco mentre guardava la foto e, per un attimo, apparve molto più vecchia della sua età. C'era qualcosa di struggente nella sua figura illuminata dalla calda luce del sole. A guardarla bene, Harry si accorse che assomigliava molto meno a sua sorella di quanto avesse creduto, nonostante i segni di stanchezza che la marchiavano. Era il suo sguardo a fare la differenza. Nonostante la bellezza austera ammaccata, forse per sempre, dal dolore, i suoi occhi rimanevano vivi, illuminandola. La forza che l'animava, si disse Harry, era la volontà di vivere per qualcuno.
“Domani partirò per l'Australia per ricercare i genitori babbani di una mia amica, Hermione Granger. Ma stasera i Weasley hanno voluto organizzare una cena per... salutarci. Se vuole venire, ne sarei molto felice.”
“Oggi è anche il tuo compleanno.” disse lei senza scomporsi.
“Beh, sì.” Harry aveva omesso quel fatto di proposito, perché gli sembrava inadatto dire che avrebbero festeggiato il suo compleanno. In quel momento un compleanno gli sembrava la cosa più stupida del mondo. Inoltre, aveva accettato la cena solo per via del viaggio imminente.
“E' a Grimmauld Place.” aggiunse il ragazzo.
“Quel posto mi ha sempre messo i brividi. No, non credo che verrò. Grazie, ma penso che per oggi possa bastare così.”
Harry fece per alzarsi tenendo Teddy in braccio, avendo colto l'invito ad andarsene. Ma appena lei lo vide, mise le mani in avanti, fermandolo.
“No, no! Resta! Non era quello che intendevo. Anzi, sarei molto felice se restassi per pranzo.”
“Non si preoccupi, signora Tonks, davvero.”
“Insisto.” decretò lei, sollevando il mento con un'aria tanto nobile e perentoria da cancellare in Harry ogni desiderio di rifiutare il suo invito.
 
 

Quando tornò a Londra, nel tardo pomeriggio, trovò ad accoglierlo la famiglia Weasley al completo. Aveva appena chiuso la porta che la Signora Weasley si era già precipitata ad accoglierlo chiedendogli ripetutamente spiegazioni riguardo alla sua assenza. Evidentemente, Ron ed Hermione non le avevano detto nulla. Harry lo comunicò a tutti senza troppi giri di parole, mostrando le foto che Andromeda gli aveva regalato.
“Oh!” esclamò la Signora Weasley “Ma come è cresciuto! Aveva proprio ragione Tonks, assomiglia tanto a Remus!”
“Secondo moi ha il naso di Dora'” intervenne Fleur avvicinandosi per guardare una delle foto.
“Ma perché non hai invitato Andromeda?” chiese la Signora Weasley con le mani sui fianchi.
“L'ho fatto. Ma lei ha preferito rimanere a casa.”
La Signora Weasley si mostrò comprensiva, anche se Harry la sentì borbottare qualcosa che suonava come “Ah! Se c'ero io, la convincevo!”. Poi sparì in cucina seguita da Fleur e Bill.
“Dov'è Ginny?” chiese Harry avvicinandosi a Ron e Hermione, che stavano ancora guardando le fotografie.
“Arriverà tra poco assieme a papà ed Hagrid.” gli rispose Ron.
“C'è anche Hagrid?” chiese Harry, sorpreso, adocchiando la porta stretta e lunga di Grimmauld Place con una certa apprensione.
Improvvisamente un fracasso di pentole provenne dalla cucina, sovrastato dalla voce della Signora Weasley.
“Oh, no.” borbottò Ron, mentre i tre si precipitavano a vedere.
Quella che si trovò davanti forse fu una delle scene più comiche di tutta la sua vita. La Signora Weasley, in piedi vicino a i fornelli, fronteggiava Kreacher con un mestolo in mano e la bacchetta nell'altro, mentre un sacco di patate si sbucciavano da sole saltellando in aria. L'elfo guardava la donna con fare sospetto mentre rimestava un gran pentolone.
“Che succede?” chiese Harry.
“Oh, niente, Harry caro. Solo che non c'è bisogno che Kreacher prepari tutto, ci sono qua io.”
“Kreacher cucina per la festa del padrone. Kreacher conosce il padrone, questa è la casa della famiglia di Kreacher e Kreacher fa come vuole!”
“E' tutto il giorno che fanno così.” borbottò Bill con un sorrisetto.
“Ehm, Signora Weasley, perché non lascia fare a Kreacher mentre lei si riposa?” chiese Harry con fare titubante.
“Nient'affatto, Harry caro. Non ho bisogno di riposarmi, è il tuo compleanno e voglio cucinare per tutti voi.”
“Va bene.” acconsentì Harry, prima che l'elfo potesse ribattere con qualcosa di molto peggio.
“Allora perché non cucinate insieme? Potreste dividervi i compiti...”
I due parvero guardarsi con sospetto, ma poi si rimisero a tagliuzzare e mescolare più velocemente di prima.
Dopo poco, il resto degli invitati arrivò. Come Harry aveva previsto, il problema si presentò all'entrata. Semplicemente, il mezzogigante non passava dalla porta. Dopo parecchi minuti di tentativi piuttosto inutili – compreso un incantesimo che doveva far diventare la porta molle come gomma, ma che non riuscì neanche un po' – Hagrid fu portato direttamente in cucina con una smaterializzazione congiunta.
E meno male che c'era lui, vista l'assurda quantità di cibo che era stata prodotta. La Signora Weasley e Kreacher, infatti, avevano intenso l'invito a collaborare in una maniera piuttosto originale: dare luogo ad una sfida a chi sfornava più leccornie.
Fu così, che, quella sera, si congedarono a tarda notte, con la pancia piena e la mente intontita dalla Burrobirra e dal Vino Elfico.
 
 
 
PS:
anno nuovo, capitolo nuovo! Spero vi piaccia, perché io l'ho sentito particolarmente mentre lo scrivevo.
Allora, il fatto che Tonks sia stata uccisa proprio da sua zia è una dichiarazione della Row. Riguardo al personaggio di Andromeda, spero di averla resa bene, non si sa molto di lei ed ho dovuto affidarmi alle mie sensazioni.
Che altro dire? Il cottage me lo sono inventato di sana pianta, però Ted Tonks era veramente un nato babbano.
Vi ringrazio come sempre per i commenti. E ringrazio anche tutte le persone che la seguono in silenzio.
Con questo aggiornamento ho anche riformattato i primi capitoli, che erano messi veramente male. Al livello di scrittura non cambia niente, al massimo qualche virgola e la correzione di alcuni errori (orrori) che più di una volta Enide mi ha fatto notare. A proposito, continua così, sei la mia salvezza!
Insomma, non capivo la formattazione, poi ho imparato e ho deciso di uniformare i primi capitoli agli ultimi. Adesso tutto è molto più ordinato.
Un bacio e buon anno a tutti,
alla prossima.
  
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