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Autore: darkronin    03/01/2012    4 recensioni
Abbiamo sempre solo immaginato cosa possa aver pensato il Re dei Goblin di tutta l'avventura che vede Sarah protagonista nel risolvere il labirinto.
Ho voluto tentare di rendere concrete tutte le sfacettature e allusioni che lui -e gli altri personaggi- mostrano di questo mondo all'interno della storia originale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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12-Il ballo





Sarah avanzò, esitante, nella grande sala bianca gremita di gente. Le sembrava di aver dormito fino a pochi istanti prima. Non ricordava cosa avesse sognato, né riusciva a ricordare perché si trovasse in quel posto. Però le sembrava tutto così naturale. L'abito con le crinoline non la impicciava e il busto non la soffocava. Non si sentiva nemmeno eccessivamente a disagio in mezzo a quella confusione: il suo smarrimento era dovuto unicamente al fatto che non sapesse il motivo per cui si trovava in quel posto. Tuttavia, la sala le risultava strana: a tratti opalescente, a tratti grigia e consunta, di quel bianco non più nuovo; capitelli finemente scolpiti galleggiavano dal soffitto senza essere appoggiati a nessuna colonna, cosa che dava grande ariosità alla sala ma contribuiva ad accentuare la fastidiosa sensazione di precarietà; le perle e i pendenti cristallini dei sontuosi lampadari erano offuscati, nel loro splendore, dalla cera colata da troppe candele che aveva creato punte simili alle stalattiti e che sembravano quasi gli strascichi rimasti impigliati di qualche fantasma, che nessuno si era preso la briga di rimuovere.

All'ingresso, celato allo sguardo, un ricco orologio dorato a parete indicava che era da poco passata l'undicesima ora. Una doppia scalinata avvolgeva la sala e si congiungeva, in alto, in una specie di palco rialzato, sotto il quale erano ammassati una miriade di cuscini dai colori caldi e autunnali, sui quali gli invitati si stendevano per spiluccare qualcosa dai tavolini bassi disseminati qua e là.

Intorno a lei, la gente era libera di esprimersi come voleva: danzava, si rincorreva, talvolta litigava anche, contrariamente a quello che si aspettava da un evento mondano, in cui riteneva opportuno tenere a bada le emozioni per non dare scandalo. Tutti gli invitati portavano maschere grottesche sul volto, chi quella dalle fattezze stilizzate di un unicorno, chi quella di ali di farfalla. I loro abiti avevano, prevalentemente, tinte scure dei colori della terra, come fossero vecchi e usati a lungo, e di foggia più antica, quasi settecentesca, rispetto al suo abito. Passava accanto a donne che indossavano ora in una robe-à-la-française, ora uno à-la-polonaise o uno à-la-anglaise. I cavalieri vestivano abit-à-la-française completi, in cui la sottomarsina era, talvolta, composta da qualcosa che ricordava, macabra, la gabbia toracica e portavano larghi cappelli o parrucche bianche. Sarah si sentiva a disagio: più della sensazione di essere arrivata in ritardo (dato che molti si erano già spogliati della marsina, per il gran caldo provocato dalle danze) ciò che la metteva in imbarazzo era il proprio aspetto tanto differente dagli altri invitati: lei era l'unica priva di maschera ed era l'unica con un vestito chiaro, quasi opalescente, e di foggia ottocentesca. E tutti, infatti, la osservavano, curiosi, invidiosi, maliziosi e con commenti maligni sui sorrisi affettati: era sicuramente al centro dell'attenzione.

Ma ecco, semi nascosto dalla folla, un uomo, biondo, fasciato in un meraviglioso completo di uno sfavillante blu regale* che sembrava essere lì per lei: l'unico che sembrava potersi abbinare a lei, portava una maschera** a mano sul volto che poteva rimuoverla spostando semplicemente il braccio. Sarah ne fu attratta. Era bello ed era l'unico a fissarla dritto negli occhi, serio. Non la studiava, sembrava conoscerla e forse attenderla. Ma all'improvviso, egli scomparve alla sua vista, lasciando al suo posto due donne che chiacchieravano amabilmente e a cui una coppiera dalla pelle dorata (anch'essa a volto scoperto, unica altra eccezione) stava servendo da bere.



Sarah era in assoluto la dama più affascinante di tutta la sala...che avesse mai visto. Vederla in quegli abiti, che lui aveva scelto appositamente per lei, assecondando i dettami dell'ultimissima moda e non accontentandosi di quanto era già datato, come si confaceva ai sovrani, l'aveva così colpito che non era riuscito a sorriderle né a fare qualunque cosa che non fosse osservarla con la mascella contratta. Si era comportato come un pivellino alla sua prima cotta e tutto quello che aveva saputo fare era stato scappare lasciando le sue accompagnatrici a rigirarsi gli specchi tra le mani mentre la Tuatha De Danann le raggiungeva con le bevande.

Aveva visto come lei l'aveva guardato, ammirata, ammaliata... non sembrava nemmeno lei con quel velo di desiderio negli occhi. E lui non aveva più saputo come comportarsi fuori dal suo ruolo di cattivo. Lì, in quel posto, non erano un concorrente e il suo arbitro...erano due estranei che si conoscevano di vista. Non poteva aggredirla con i soliti giochetti di parole arroganti, sfidarla e farsi sfidare. Si consolò pensando che quella fuga, tipica delle donne, funzionasse anche al contrario e a come lei, ora, affascinata, lo stesse cercando.

Le sue amiche lo ritrovarono e riuscirono a trascinarlo nelle danze come promesso. Ma si resero conto ben presto che lui aveva la testa altrove. Continuava a spiarla di continuo senza mai perderla di vista, sfruttando anche le grandi pareti vetrate della sala: la vide farsi prendere in giro da alcubi nobili che cercavano di spaventarla o di deriderla. Ma non sapevano con chi avevano a che fare. Aveva promesso loro un divertimento ed eccolo: lei non dava loro poi molta soddisfazione e presto si stancarono di importunarla. Gli scocciava solo che Sarah fosse presa così d'assedio e studiata come una bestia rara.

Non dire che non ci avevi pensato, Jareth?” chiese comprensiva la sua accompagnatrice, i capelli mogano e l'abito lilla. Lui non rispose e incassò in silenzio. Si era giustificato troppo spesso dietro quella scusa.



Sarah continuò a cercare a lungo quell'uomo in marsina blu, dai capelli biondi spruzzati di ciocche dello stesso colore dell'abito e del bistro degli occhi. Era l'unico che non aveva riso vedendola. Lui e la sua cricca, gli unici in cui non suscitava ilarità ma dai quali proveniva quasi un senso di rifiuto. Tutto ciò la incuriosiva e voleva tentare di avvicinarglisi. Possibile che fosse stata tutta un'allucinazione, una propria illusione, una storia che si era raccontata per non sentirsi sola? Nemmeno si accorse di essergli passata davanti, nascosto com'era da un vaporoso ventaglio di piume di struzzo.



Jareth, sorridendo del desiderio che lei mostrava di trovarlo, si voltò in direzione diametralmente opposta. Girava per la sala come un predatore inquieto, tenendola sempre a portata di sguardo, senza farsi mai vedere. Godeva della sua vista ma non sapeva come comportarsi. Si ripeteva che l'attesa era essa stessa un piacere, logorante, nostalgico e languido. I suoi amici erano sempre nei dintorni, pronti a intervenire in caso lui l'avesse richiesto. Al suo passaggio la gente si inchinava in segno di omaggio ma lui neanche li degnava di un cenno del capo. Un'altra delle sue amiche, la mora in abito viola e bordeaux gli si aggrappò alla spalla, quando gli passò vicino, commentando positivamente la ragazza e la sua scelta. Jareth l'ascoltò e sorrise compiaciuto, senza però fermarsi. Poco dopo incrociò il ragazzino che, invece, gli rivolse parole di fuoco. “Sei un cretino!” sibilò velenoso aspettando di calamitare la sua attenzione. Jareth, infatti, perse la baldanza che aveva fino a un attimo prima e ripiombò nei meandri dei suoi pensieri più lugubri. L'altro fece per allontanarsi che Jareth, con poche falcate, lo raggiunse e gli sbarrò la strada.

Che vuoi dire?” ringhiò minaccioso

Quello che ho detto. Se ti piace tanto perché lasci che sia lo zimbello di tutti? O forse ti vergogni a far sapere al popolo magico che ti sei innamorato di un'umana e in così breve tempo?”

Non sono innamorato” tagliò corto lui, infastidito “In così poco tempo non ci si innamora...”

Certo certo...Allora sei solo infatuato. Non cambia niente!” borbottò l'altro seccato “La tua è magnanimità, vero Jay? Vuoi mostrarci la perla rara, pavoneggiarti. Ma non è merito tuo se lei è qui. E la scusa di volerla incantare nei suoi sogni per essere sicuro di vincere è patetica. Per non parlare del tuo volerla proteggere.” Jareth incassò, ancora una volta in orgoglioso silenzio, senza ammorbidire lo sguardo tagliente “E comunque lei non ti merita. E' in gamba, molto più di te che non hai nemmeno il coraggio di avvicinarti ora che ha dimenticato tutto. Non fai che giocare al gatto col topo. Anche adesso ti prendi gioco di lei. Guardati: come sorridi beato nel sapere quanto lei ti desidera! Ti stai comportando come un bambino viziato. Se dovessi scommettere su chi, tra voi due, vincerà questa partita, non esiterei un attimo a puntare su di lei!” Così dicendo piantò lì il sovrano dei Goblin e si allontanò. Jareth non si volse, puntò lo sguardo in lontananza, dall'altra parte della sala.

Il suo compagno aveva ragione da vendere. Lui stava solo scappando. Si fermò, in mezzo al vorticare di danzatori, e guardò verso Sarah: come lo cercava disperatamente, senza nascondere i suoi desideri. Una musica giunse a carezzarlo, infondendogli coraggio. Era una melodia che conosceva bene. Parole d'amore che a sua volta erano state rivolte anche a lui.***

C'è un amore così triste
Nel profondo dei tuoi occhi,
una sorta di pallido gioiello
Mostrato e nascosto nei tuoi occhi
Metterò il cielo nei tuoi occhi

So cosa ho lasciato per trovarmi confinato a Goblin City ma so anche cosa nasconde lei. I suoi occhi parlano del suo amore per me e di quello per suo fratello, due forze diametralmente opposte: una inconfessabile l'altra prepotentemente esposta. Le darò la libertà più grande, quando sarà mia, le darò tutto l'amore di cui ha bisogno e l'addolcirò, in modo che non possa più odiarmi

C'è un cuore così stupido
Che batte così forte in cerca di nuovi sogni
Un amore che durerà nel tuo cuore
Metterò la luna nel tuo cuore

Inspirò a fondo e prese la sua decisione. Affilò lo sguardo e individuò i suoi accompagnatori che si volsero, all'unisono, a guardarlo. Con gli occhi indicò la ragazza e con un cenno del capo confermò il suo piano. Immediatamente due dame, una delle sorelle dai capelli ramati e la bionda, gli furono accanto con gli specchietti stretti in mano mentre, in sala, l'altra rossa e la donna in viola e bordeaux, che aveva commentato la sua scelta, sgusciarono tra i danzatori, strette attorno all'altro uomo della compagnia, in modo da comparire davanti a Sarah. Nascosti dai ventagli e grazie anche alla distrazione della ragazza, che si era appena girata a cercare altrove con lo sguardo, Jareth e il suo amico effettuarono lo scambio. Gli comparve davanti fissandola senza esitare. Lei era evidentemente sbalordita di trovarselo davanti così improvvisamente. Ma ora, Jareth aveva preso una decisione, non sarebbe più fuggito, l'avrebbe affrontata. Era stanco delle troppe frecciatine che si lanciavano. Voleva chiarire le cose con lei, con se stesso, con gli astanti.

Quando il dolore si insinua
Non significa niente per te
Ogni fremito è passato
Non era poi così divertente
Ma ci sarò per te
Quando il mondo cadrà

Per entrambi il dolore ora non significa più nulla. Siamo più simili di quanto entrambi vorremmo ammettere. Lei è pronta a essere tradita in ogni istante. Ciò ha appiattito la gamma dei suoi sentimenti: niente più slanci, niente più follie. La ragione è l'unica cosa che tiene al sicuro entrambi. Quanto a me...ormai vivo nella noia più totale come punizione, in esilio. Cosa può ferirmi di più?

Dipingerò di oro le tue mattine
Prolungherò (4*) le tue serate romantiche
Sebbene ora siamo estranei
Abbiamo scelto il sentiero tra le stelle
Lascerò il mio amore tra le stelle

Abbiamo scelto? Non noi, ci siamo trovati costretti. Ma per lei sarei pronto a rinunciare anche al mio amore, quello che non mi ha mai tradito, la magia. Potrei quasi farmi mortale, per lei. Ma le cose devono andare diversamente e sarà lei a farsi immortale per me. Io l'ho scelta. Lei farà altrettanto? Se doveva giudicare dal suo comportamento e dal languore che l'animava a quel ballo, poteva davvero mettersi l'animo in pace.

Avanzò sicuro, la prese tra le braccia e lei lo lasciò fare, facendosi guidare nella danza. Alle sue spalle avvertì lo sguardo perplesso e stupito del ragazzino che gli aveva dato quella bella strigliata. Stranamente, nessuno li badava: erano una coppia come gli altri. Che lei fosse una giovane umana e lui il Re di Goblin che era stato sfidato non interessava a nessuno.

Quando il dolore si insinua
Non significa niente per te
Ogni fremito è passato
Non era poi così divertente
Ma ci sarò per te
Quando il mondo cadrà

Lo sguardo scivolò veloce sulla sua scollatura, guidato dalla preziosa collana che le illuminava la pelle. Lei se ne sarebbe accorta senz'altro, visto che non staccava gli occhi dai suoi. Eppure non disse nulla: non si offese né lo respinse. Forse era addirittura lusingata. Volteggiavano nella sala, mescolandosi alle altre coppie danzanti come se nella loro vita non avessero mai fatto altro.

Tutt'attorno, gli invitati cominciarono, però, ben presto, a vociferare. Ma non di riprovazione, come aveva temuto il re. Erano tutti incuriositi, quasi morbosamente, dall'identità di quella che ora era, palesemente, la preferita del sovrano. L'avevano osservata, studiata, derisa, in quanto creatura esotica . Ora volevano indagare ancora più a fondo per capire cosa vi fosse di così speciale in lei da catturare l'attenzione di un partito così ambito. Danzando con lei a quel modo, Jareth aveva comunicato a tutti la sua scelta e tutti, allora, volevano vedere meglio, con occhi nuovi, la sua fantastica regina.

Sarah si accorse subito di quegli sguardi indesiderati e cominciò a innervosirsi, sovrapponendo ad essi gli sguardi cattivi che aveva ricevuto a inizio serata. Jareth, però, non la mollava e, anzi, la strinse ancora di più a sé cercando di calmarla. Eppure ora leggeva in lei solo confusione, si era resa conto che doveva esserci qualcosa di sbagliato in tutto quello. Ormai, come nelle migliori delle fiabe, erano all'apice della tensione che sarebbe culminata col bacio di rito. Ma anziché sfociare in un “vissero felici e contenti”, la situazione stava degenerando in paura.

L'orologio a parete, che lui aveva inserito nella scenografia per sapere sempre a che punto del gioco fossero, cominciò a battere la dodicesima ora. Fu la molla che fece scattare la ragazza. Che fosse perché si fosse ricordata della sua missione, cosa assai improbabile, che fosse perché a mezzanotte qualunque Cenerentola doveva fuggire, che fosse perché si sentiva troppo a disagio in mezzo a quell'orgia di gente sconosciuta in maschera o per chissà quale altra ragione, Sarah lo guardò prima allarmata quindi terrorizzata.

Gli diede uno strattone e si liberò dal suo abbraccio. Si trovò assediata dagli altri invitati che erano rimasti interdetti dal suo gesto così poco grazioso. Si fece rapidamente strada, fendendo, non senza difficoltà, quel mare umano infagottato in ingombranti crinoline. La sorpresa era evidente sul volto di tutti i presenti che, rimasti sconcertati da quanto stava accadendo, impiegarono qualche secondo a reagire alla sua fuga. Le urlarono di tornare indietro, che non avevano cattive intenzioni, che non poteva andarsene così, lei che era l'anima della festa attorno a cui ruotava tutto. Tesero le mani spasmodicamente per cercare di afferrarle anche solo un lembo del vestito e, assiepati com'erano, si intralciarono a vicenda nel tentativo di raggiungerla. Ma lei era già lontana e, forte della sua giovinezza e del suo essere una ragazza di carattere, se n'era fregata del bel vestito e si era messa a correre per la sala come se fosse stata in jeans e scarpe da ginnastica.

Jareth era rimasto imbambolato per tutto il tempo. Si era sottratta a lui e l'aveva respinto. Perché si era comportata così? Come doveva comportarsi ora? Il suo rifiuto bruciava come nulla era stato capace fino a quel momento. Lui si era esposto, per lei, si era fatto vedere da tutta l'alta corte, aveva gettato la maschera, le aveva praticamente dichiarato un intento d'amore e lei...lei non solo si era allontanata ma aveva letteralmente calpestato tutto quello. Si sentiva girare la stanza attorno, prossimo a un calo di pressione, una sensazione come quella che doveva aver provato Sarah prima di venir intrappolata nel ballo. La vista si appannò e decise che era il caso di scomparire e tornare al castello: le intenzioni di Sarah erano chiare.

Cercando la via di fuga, scostò la tenda, da cui era certa di essere entrata e andò a sbattere contro una superficie opalescente e a specchio. Alle sue spalle, intanto, la folla era riuscita a districarsi e la stava raggiungendo. Per un qualche inspiegato motivo, sentiva di dover fuggire da lì. Vide una sedia, lì vicino, e decise che se quella, un vetro, era la sua via di fuga, l'avrebbe infranto e sarebbe stata libera.



*Il mondo classico greco e romano era indifferente al colore blu di cui non avevano una precisa traduzione per il termine al punto da far credere che gli antichi non ne avessero percezione fisica. Non veniva considerato un colore a sé stante, ma variazioni ora di bianco, ora di verde, ora di nero: il termine Glaukos comprendeva una vasta gamma di sfumature, che andavano dal blu, al verde, al miele, al grigio; Cyanos, il blu greco, è il colore della sofferenza: "cianotico" è una persona pallida, sofferente; Coeruleus, il latino azzurro, è un'altra parola per dire bianco; il vocabolo serve infatti a descrivere il colore della cera; in sanscrito la parola Nila significa sia nero che blu.

La regalità era rappresentata dalla porpora e l'oro, mentre il blu era il colore barbaro dei Celti e dei Germani e largamente usato nella cultura orientale (si pensi al blu dei mosaici bizantini, al blu della porcellana cinese, al “blu egizio” conservato nei musei, etc. Inoltre, in Oriente era considerato positivo e protettore contro il malocchio; gli occhi blu, inoltre, si ritenevano segno di poteri magici non sempre positivi). Per tale ragione le parole che indicano questo colore, blu e azzurro, sono di origine germanica la prima (blavus da blau), di origine araba la seconda (azureus da lazaward).

Il Medioevo rivalutò il blu a partire dal XII secolo associando al colore le proprietà divine di bellezza e ricchezza adatte a venerare Dio. Contemporaneamente il colore viene sempre di più assimilato alla Vergine e a Cristo. Inoltre, il blu era diventato anche il simbolo del re di Francia, oltre che del leggendario re Artù: ancora una volta, comunque, c'è l'assimilazione del concetto blu-divino-regale



**Visto che farlo spiegare a Jareth sarebbe stato un po' complicato e pesante, vi scrivo il simbolismo da cui ho tratto le mie conclusioni, discutibili e del tutto arbitrarie.

La maschera, ornamento simbolico delle divinità, degli officianti, degli stregoni e degli attori, è caratterizzata da un simbolismo ambivalente. In assoluto, essa ha la funzione di proteggere la persona per permetterle di agire impunemente, di conservare l'anonimato, la sua identità, o la sua neutralità. In questo senso, la maschera ha lo stesso significato del guanto, in quanto impedisce di appropriarsi della conoscenza, della verità, del mistero. […] Come vale anche per le maschere di carnevale, la persona, dissimulata sotto la maschera, ritrova una libertà assoluta. […] Di conseguenza se da un lato dissimula, dall'altro può paradossalmente avere una funzione rivelatrice. […] Essa evoca di conseguenza l'atteggiamento difensivo e ingannevole e solo quando cade la persona appare in tutta la sua verità. […] Ha la funzione di bloccare le emozioni in modo permanente, di mettere l'attore nel suo ruolo isolandolo dalla sua identità personale.” fonte già citata.

Ovvero: Jareth non recita più la parte del malvagio (la sua maschera è quella del demonio) ma si mostra per quello che è.



*** Qua ho forzato la cosa, ma il soggetto della lirica non è proprio chiarissimo, quindi ho fatto in modo che potesse sembrare ambivalente, sia adatto a Sarah come a Jareth

4*to spin: ruotare , agitare ma anche -soprattutto- PROLUNGARE. E se prendiamo lo spin fisico si tratta, più che di rotazione, di rivoluzione....



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Ok, scusate l'ennesima anticipazione ma ero sotto ricatto XD (se non postavo, Jess non mi spoilerava, quindi... ç_ç abbiate pietà di me e della mia curiosità)

Nota...ho detto che i partecipanti vestono abiti particolari. In realtà ciò che mi ha fatto pensare ad abiti settecenteschi sono gli uomini: Jareth veste la classica tenuta completa di pantaloni e redingotte dell'ottocento, frutto della rivoluzione francese e della moda inglese, più pratica e sobria. Ad occhio esperto risulta evidente che le dame non vestono proprio quello che ho scritto (i costumi sono un po' un mix com'era uso negli anni '80) ma se gli uomini vestivano in un modo le donne dovevano per forza adeguarsi ;) e poi Sarah veste effettivamente un abito ottocentesco...quindi una minima libertà interpretativa ci sta tutta.

E niente bacio! Mi dispiace..non ce l'ho proprio fatta a inserire anche solo il tentativo, come viene scritto nel libro. ç_ç

Tutto sommato ero contenta di questo capitolo...rileggendolo per l'ultima correzione, invece, mi sembra sciapo, privo di tensione...

Spero vi sia piaciuto lo stesso. Eventualmente, più avanti, lo rivedrò e capirò dove correggerlo...

Per il resto..ragazzi..mancano 2 capitoli e poi l'avventura si conclude. :( comincio già a provare nostalgia...

A presto!

   
 
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