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Autore: Emily Kingston    03/01/2012    8 recensioni
E se Hermione scrivesse una lista di buoni propositi per il nuovo anno? E se Ron decidesse di aiutarla a realizzarli tutti entro la mezzanotte?
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“Non è una lettera di Viktor,” disse, puntando lo sguardo su Ron. “È…è una lista.”
“Una lista?”
“Una lista di propositi per l’anno nuovo.”
[...]
“Forza, andiamo!” esclamò.
Hermione inarcò le sopracciglia.
“Andiamo dove?”
“Andiamo a realizzare i tuoi propositi,” rispose, sorridendo allegramente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A tutti coloro che hanno dei buoni propositi per l'anno nuovo. 
 


La mezzanotte dei desideri

Ron sbadigliò, saltando l’ultimo scalino ed atterrando in salotto.
Harry si era addormentato come un ciocco e tutti gli altri si erano stranamente defilati subito dopo il pranzo.
Scrollando le spalle fece vagare lo sguardo per la stanza; si accorse di Hermione solo diversi minuti dopo. Se ne stava seduta davanti al caminetto, china su un pezzo di pergamena.
“Che cos’è?”
Hermione sobbalzò, voltandosi di scatto.
Lì per lì aprì bocca con l’intenzione di fargli una bella ramanzina ma poi, accorgendosi della cosa su cui gli occhi di Ron si erano posati, rimase in silenzio e si strinse la pergamena al petto.
“Niente,” borbottò, abbassando lo sguardo.
“Se non è niente perché la nascondi tanto?” domandò, inarcando un sopracciglio.
Hermione arrossì, evitando di guardarlo negli occhi.
“Perché…perché è una cosa privata!”
“Un’altra lettera di Viky?” chiese Ron con nonchalance, sedendosi sul divano. “Auguri di Natale in ritardo?”
Hermione sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Non è una lettera di Viktor,” disse, puntando lo sguardo su Ron. “È…è una lista.”
“Una lista?”
Lei annuì, imbarazzata.
“Una lista di propositi per l’anno nuovo.”
Ron si sistemò meglio sul divano, sporgendo il busto ed appoggiando il mento sui palmi delle mani.
“È una cosa stupida, lo so, ma-”
“Non è stupido,” la interruppe Ron, abbozzando un sorriso.
Anche Hermione sorrise e per un po’ nessuno dei due disse o fece nulla, rimasero semplicemente a guardarsi, con il sorriso ancora sulle labbra.
Poi, all’improvviso, Ron balzò in piedi e le porse una mano.
“Forza, andiamo!” esclamò.
Hermione inarcò le sopracciglia.
“Andiamo dove?”
“Andiamo a realizzare i tuoi propositi,” rispose, sorridendo allegramente.
“Ma sono propositi per l’anno nuovo!” protestò, afferrando la sua mano ed alzandosi dal pavimento.
“Be’, faremo finta che siano propositi per l’anno vecchio,” rispose, trascinandola in giardino. “Li realizziamo tutti entro la mezzanotte.”
“Ma-”
“Dai, sarà divertente!”
Hermione boccheggiò per qualche secondo, indecisa.
“Se non vuoi non importa, insomma…” aggiunse Ron dopo un po’, arrossendo ed abbassando lo sguardo.
Hermione allora sorrise, superandolo e tirando il suo braccio.
“Sarà divertente,” sorrise e gli occhi di Ron s’illuminarono.
 
“Allora,” disse Ron, prendendo la pergamena dalle mani di Hermione. “Primo proposito: sfogliare quanti più libri possibile.”
La ragazza arrossì, abbassando lo sguardo.
Si trovavano sulla via principale di Diagon Alley, circondati dal consueto via, vai dei passanti.
“Questa sembra piuttosto facile,” sorrise Ron, afferrandole una mano e trascinandola lungo la via.
Camminarono per diversi minuti, allontanandosi sempre di più dalla strada principale.
“Dove siamo?” domandò Hermione quando Ron si fermò di fronte ad un’alta porta di legno.
Il ragazzo si voltò verso di lei e le sorrise.
“In un posto dove scommetto che non sei mai stata.”
Le lasciò la mano e spinse una delle ante della porta, aprendo uno spiraglio all’interno dell’edificio.
Hermione lo seguì dentro con titubanza, avanzando lentamente nel buio. Quando finalmente le fiaccole appese alle pareti si accesero, alla ragazza si mozzò il fiato in gola.
Ron la osservò con un sorrisetto compiaciuto stampato sulle labbra.
La luce aveva rivelato una grande stanza circolare le cui pareti erano occupate da altissime scaffalature piene di libri. Al centro c’erano alcuni tavolini mentre in un angolo, tra una scaffalatura e l’altra, si trovava quello che doveva essere stato il banco del bibliotecario.
“Quando ero piccolo mamma ci veniva spesso, adesso è un po’ che l’hanno chiusa. Ma credo che qui troverai tutti i libri che vuoi,” disse, sorridendole.
Hermione si voltò verso di lui, con gli occhi che brillavano ed un sorriso enorme sulle labbra.
Ron arrossì sotto al suo sguardo, grattandosi il capo, in imbarazzo.
Senza attendere oltre, Hermione si precipitò verso uno degli scaffali, iniziando a scorrere i vari titoli dei libri, mentre Ron si sedeva ad uno dei tavolini che si trovavano al centro della stanza.
Dopo qualche ora, durante la quale Hermione aveva passato in rassegna ogni scaffale, finalmente la ragazza lo raggiunse con qualche tomo tra le braccia.
“Tutto qui?” domandò Ron, osservando i libri che Hermione aveva appoggiato sul tavolo.
Lei annuì, abbassando lo sguardo sul primo della pila.
“Abbiamo tempo solo fino a mezzanotte,” disse e Ron abbozzò un sorriso, osservandola mentre si sedeva ed iniziava a sfogliare il primo libro.
Gli era sempre piaciuto particolarmente guardare Hermione quando studiava; in quei momenti era più carina del solito. Con la fronte aggrottata, gli occhi puntati sulle pagine del libro e le labbra increspate era proprio irresistibile.
Quelli erano i momenti in cui aveva davvero paura di perdere il controllo, erano i momenti che gli piacevano di più.
Improvvisamente arrossì, imbarazzato, come se nel silenzio della biblioteca lei potesse essere in grado di ascoltare i suoi pensieri.
Scuotendo il capo, tirò fuori la pergamena di Hermione e dette un’occhiata agli altri propositi. Sorrise leggendoli e pensò che, forse, avrebbe dovuto seguire il suo esempio.
 
Quando Hermione chiuse l’ultimo dei libri che aveva scelto trovò Ron che dormicchiava con la testa appoggiata al tavolo.
Sorrise inconsciamente, rimandando i libri al loro posto con un colpo di bacchetta. Poi, facendo strusciare la sedia sul pavimento, si alzò e si avvicinò a lui.
“Ron,” sussurrò, scuotendogli una spalla. “Ron, svegliati.”
Il ragazzo mugolò, girando il volto dalla parte opposta.
Hermione inarcò le sopracciglia, appoggiando le mani sui fianchi.
“Ronald, svegliati immediatamente!”
Ron sobbalzò, cadendo quasi dalla sedia.
“Miseriaccia, Hermione!” esclamò, reggendosi al tavolino.
Lei alzò il mento e rimase in silenzio.
Dopo diversi minuti, Ron sembrò notare che lei si trovava in piedi di fronte a lui e che i libri non erano più sul tavolo.
“Hai finito?” domandò, arrossendo.
“Sì.”
“Oh, ehm, scusa se mi sono addormentato,” biascicò, arrossendo ancora di più.
Hermione abbassò per un attimo lo sguardo.
“E tu scusami per averti urlato in faccia.”
Ron sbatté le palpebre, sorpreso.
“Lo sai che è la prima volta che ti scusi con me?” le fece notare, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita. “Soprattutto per avermi urlato contro.”
Hermione gli lanciò un’occhiataccia.
“Non farmi rimangiare tutto,” lo avvertì, minacciosa.
Ron alzò le mani, come a dire che non era assolutamente sua intenzione.
“Allora,” iniziò il ragazzo, quando furono di nuovo sulla via principale, “per il prossimo proposito ho avuto un’idea geniale.”
Hermione lo guardò con un sopracciglio inarcato, scettica.
“Su, abbi un po’ di fiducia, Hermione!” le disse Ron, afferrandole la mano.
Lei sospirò, stringendo la presa.
 
“Hogwarts!?” esclamò Hermione, quando sbucarono sul sentiero che da Hogsmeade portava al castello.
Ron annuì, sorridente, e si avviò verso il paese.
“Tu sei matto, Ronald, senza contare che violeremmo una marea di regole!” lo riprese, correndogli dietro.
Il ragazzo scrollò le spalle, continuando a camminare.
“Il tuo secondo proposito è liberare un Elfo Domestico ed Hogwarts è il posto perfetto per trovarne uno,” disse.
Hermione riuscì ad afferrarlo per la manica della felpa e a farlo voltare verso di lei.
“Io non vengo.”
“Dai, Hermione, cosa vuoi che succeda? Useremo il passaggio della Strega Orba che sbuca a Mielandia, nessuno si accorgerà di noi.”
Lei scosse il capo, facendo ondeggiare i capelli.
“Non se ne parla, Ronald,” ripeté.
Ron inarcò un sopracciglio.
“Devo pietrificarti e portarti con me di peso oppure preferisci che rapisca un elfo e te lo porti qui?”
“Non oseresti pietrificarmi,” disse Hermione.
Il sopracciglio di Ron s’inarcò tanto da sparire sotto alla zazzera.
“Vuoi mettermi alla prova?”
Lì per lì Hermione annuì ma quando Ron afferrò la bacchetta e gliela puntò contro, ebbe seriamente paura che l’avrebbe pietrificata.
“Okay, okay,” acconsentì alla fine, sospirando. “Ma sappi che se ci scoprono dichiarerò di essere sotto Imperio.”
Ron ridacchiò, riprendendo a camminare.
“Non oseresti dire che ti ho fatto un Imperio.”
Hermione inarcò le sopracciglia.
“Vuoi mettermi alla prova?”
 
Hogwarts sembrava deserta quel pomeriggio; probabilmente i pochi studenti rimasti a casa per le vacanze natalizie si erano rintanati nelle sale comuni oppure in biblioteca, perfino i professori sembravano essersi volatilizzati.
“Visto? Non c’è nessuno,” sussurrò Ron, scendendo le scale verso le cucine.
Hermione gli dette una gomitata, seguendolo.
“Chiudi il becco, Ronald,” gli rispose tra i denti.
Il ragazzo ridacchiò sotto ai baffi, continuando a camminare.
Dopo qualche minuto si fermò di fronte ad un quadro di frutta e solleticò l’immagine della pera che iniziò a tremare, come se stesse ridendo.
Quando Ron smise di solleticare il frutto, il quadro si aprì, rivelando l’accesso alle cucine.
“Ah, quanti dolci ricordi,” sospirò il ragazzo, entrando.
Hermione gli lanciò un’occhiataccia. Quando anche Harry e Ron erano ancora ad Hogwarts per mesi aveva provato a dissuaderli dall’andare nelle cucine di nascosto ma senza alcun risultato.
Seguendo Ron all’interno della stanza le scappò un sorriso. Adesso che era rimasta l’unica dei tre a finire gli studi, pur di riaverli lì li avrebbe accompagnati nelle cucine lei stessa.
“Che ne dici di quello, sembra piuttosto triste,” disse Ron, indicando un elfo che, in un angolo della cucina, puliva un grosso pentolone incrostato di cibo.
“Non parlarne come se fossero degli oggetti!” lo rimproverò, dandogli una gomitata tra le costole.
“Va bene, ma non diventare violenta,” tossicchiò.
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
“Okay, come non detto.”
Un piccolo elfo dai grandi occhi grigi si avvicinò a loro, inchinandosi così profondamente da sfiorare il pavimento con il naso.
“Salve, Tony può fare qualcosa per voi?” domandò, senza alzare il capo. “Tony ha finito tutti i suoi compiti, Tony è al vostro servizio.”
Hermione lo guardò con dolcezza e, inginocchiandosi, gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Puoi alzarti Tony,” gli disse e l’elfo si rimise in piedi, puntando i suoi grandi occhioni in quelli di Hermione.
“Tony può fare qualcosa per lei, signorina?”
Hermione scosse il capo, sorridendo.
“No, volevo solo darti questa Tony,” disse, porgendogli la sua sciarpa di lana. “Ecco, prendila.”
Gli occhi dell’elfo s’illuminarono.
Ron che era rimasto in piedi alle spalle dei due, osservò Hermione con un mezzo sorriso sulle labbra. Non aveva mai capito la sua fissa per i diritti degli elfi ma vederla adesso, china davanti a quell’elfo mentre gli porgeva un indumento, era qualcosa che gli faceva stranamente bene al cuore. Qualcosa che lo faceva sentire meglio, che gli faceva pensare che per tutto c’era sempre una speranza. Che magari ce n’era una anche per lui.
“Tony è...è molto lusingato, signorina,” balbettò l’elfo, emozionato, “ma a Tony piace stare qui, professoressa McGranitt ci tratta molto bene.”
Hermione si mordicchiò un labbro e l’elfo le ridette la sciarpa.
“No, voglio che la tenga tu. Per favore, tienila.”
L’elfo abbozzò un sorriso e si avvolse la sciarpa attorno al collo.
Hermione allora si rialzò e si avviò verso l’uscita insieme a Ron. Fecero un ultimo cenno di saluto a Tony prima di sparire nel corridoio.
“Non è colpa tua se ha preferito restare,” le disse Ron mentre camminavano per i corridoi, diretti alla statua della Strega Orba. “Hai liberato un elfo e lui ti ha detto che non voleva essere liberato, non puoi farci niente.”
Hermione gli rivolse un piccolo sorriso, infilando le mani nella tasca della felpa.
“Già, in fondo vengono trattati bene qui, no?”
Ron le sorrise ed annuì. Si fermarono qualche minuto dopo ed entrarono dentro alla statua.
“Comunque avevi ragione,” le sussurrò Ron dopo un po’. “Non avrei mai osato pietrificarti.”
 
Il sole stava ormai tramontando al di là delle colline quando Ron e Hermione tornarono alla Tana.
“Non sarà il caso di smettere con tutta questa cosa e tornare dentro?” propose Hermione, osservando Ron che tirava fuori la pergamena dalla tasca dei pantaloni.
“Vuoi smettere perché lo vuoi davvero o perché hai paura di realizzare i tuoi propositi?”
Hermione rimase in silenzio per un po’, colpita dalle parole del ragazzo. Ron non era mai stato un tipo che si sforzava di capire le persone, uno di quelli che si mettono lì e ti dicono la cosa giusta, proprio quella che volevi sentire; a dirla tutta Ron aveva una specie di talento nel dire sempre la cosa sbagliata. Ma forse era solo cresciuto.
Dicono che il tempo cambi un sacco di cose, magari aveva cambiato anche Ron.
“Io non voglio obbligarti,” disse dopo un po’, arrossendo. “Ma ho detto che ti avrei aiutata a realizzare i tuoi propositi e voglio farlo. Voglio mantenere la parola per una volta, mi permetti di farlo?”
Lì per lì Hermione non rispose, poi si aprì in un sorriso ed alzò gli occhi verso il cielo.
“Va bene,” acconsentì.
Ron ricambiò il sorriso e le afferrò una mano, trascinandola verso il retro della casa.
Si fermarono proprio sotto alla finestra della camera di Ron ed il ragazzo, con un colpo di bacchetta, chiamò la sua scopa.
“Ron, cos’hai intenzione di fare con quell’affare?”
Ron si voltò verso di lei, montando a cavallo della scopa.
“Innanzitutto questa è una scopa,” precisò, accarezzando il manico della sua Tornado. “Ed ho intenzione di portarti a stupirti di qualcosa.”
Hermione scosse il capo, allontanandosi di qualche passo da Ron e dalla scopa.
“Io là sopra non ci salgo.”
Ron roteò gli occhi, sbuffando.
“Non è sicuro, insomma, potrei cadere da un momento all’altro, è…è pericoloso.”
“Non ti faccio cadere,” disse Ron dopo qualche secondo, arrossendo sulle orecchie. “Ti prometto che non ti faccio cadere.”
Hermione si mordicchiò un labbro, muovendo qualche passo verso di lui. Pian, piano iniziò ad avvicinarsi, fino ad essere di fronte a Ron e alla scopa.
Inspirando, appoggiò la mano sul manico e si sedette di fronte a lui.
“Bene, ora metti le mani sotto alle mie,” le disse il ragazzo, stringendo il manico di scopa.
Hermione obbedì, chiudendo gli occhi. Strizzò appena le palpebre quando iniziò a sentire l’aria sferzarle sulla pelle, insinuandosi tra i capelli.
“Apri gli occhi,” le sussurrò Ron dopo diversi minuti. “Fidati, apri gli occhi.”
Lentamente, Hermione alzò le palpebre.
“Wow,” sussurrò, osservando il paesaggio.
Ron sorrise, appoggiando il mento sulla spalla della ragazza. Quando si rese conto di averlo fatto arrossì ma fece finta di nulla, concedendosi di osservare Hermione da quella prospettiva.
“Allora, posso depennare il terzo proposito?” domandò ed Hermione annuì.
Si trovavano sospesi sulla campagna che circondava la Tana, di fronte al più bel tramonto che lei avesse mai visto. O forse i tramonti erano sempre stati così mozzafiato ed era tutta una questione di prospettiva. E di fronte al sole che spariva dietro alle colline, tingendo il cielo ed infiammando il prato, fu costretta ad ammettere che il volo aveva anche dei vantaggi, dei vantaggi spettacolari.
 
Planarono sul prato quando il sole era ormai sparito dietro alle colline ed il cielo si stava oscurando.
“Bene,” esordì Ron, infilando la scopa nel capanno di suo padre. “Quarto proposito,” afferrò la pergamena e, dopo aver depennato il terzo, passò a leggere il seguente.
Rimase a fissare il foglio per alcuni secondi, poi un sorrisetto gli spuntò sulle labbra.
“Dove andiamo questa volta?” domandò Hermione, stringendo la sua mano.
“Lo vedrai.”
Dopo pochi secondi si ritrovarono nel bel mezzo di High Street, circondati dai pochi passanti rimasti ad Hogsmeade.
Hermione guardò Ron inarcando le sopracciglia ma il ragazzo la ignorò, iniziando a camminare in direzione dei Tre Manici di Scopa.
Si fermò di fronte al locale e sbirciò all’interno dal piccolo vetro sulla porta.
“Ron?” lo richiamò Hermione, pochi passi dietro di lui.
“Allora,” iniziò il ragazzo, strofinandosi le mani infreddolite. “Il tuo quarto punto è: conoscere qualcuno, quindi adesso tu entra, siediti ed aspetta di conoscere qualcuno.”
“E questo ti sembra il modo per conoscere qualcuno?!” esclamò, mettendo le mani sui fianchi. “Non penso proprio che questo sia il piano giusto, Ron.”
“Tu vai e fidati.”
“Non ti pare che mi sia fidata già abbastanza, per oggi?”
Ron la ignorò e, spingendola, la costrinse ad entrare nel locale.
Quando la porta si richiuse alle sue spalle, la ragazza si voltò a guardarlo, irritata. Ron ricambiò il suo sguardo alzando i pollici ed abbozzando un sorriso.
Hermione sbuffò, dandogli le spalle ed avviandosi verso un tavolino isolato. L’interno del pub non era molto affollato, c’era solo qualche tizio seduto al bancone, che probabilmente doveva essere stato lì tutto il giorno, e qualche coppietta.
Imprecando tra i denti, si sedette ed attese, picchettando le dita sul tavolino. Aspettò in silenzio per alcuni minuti, limitandosi a guardarsi intorno. Stava quasi per alzarsi ed andarsene quando vide Ron entrare nel locale e dirigersi verso di lei.
“Ehi, ti dispiace se ti faccio un po’ di compagnia?”
Hermione lo guardò come se fosse impazzito.
“Ron, ma cosa-”
Ron la ignorò, sedendosi di fronte a lei.
“Io sono Ron, comunque, piacere,” disse, porgendole la mano.
Hermione la strinse, continuando ad osservarlo.
“Hermione.”
Per un po’ rimasero in silenzio, ognuno concentrato su un punto diverso delle pareti del locale, poi madama Rosmerta si fermò al loro tavolo e chiese loro se volevano qualcosa da bere.
“Due Burrobirre,” rispose Ron.
La donna annuì e, sorridendo, si allontanò.
“Allora, ehm, Hermione, sei ancora ad Hogwarts?” domandò, grattandosi il capo.
Hermione annuì, afferrando il boccale che madama Rosmerta le aveva portato.
“Sì, sono all’ultimo anno. Tu?”
Ron sorrise, afferrando anche lui il suo bicchiere.
“Oh, io dopo la guerra non sono tornato,” rispose, sorseggiando la sua bevanda.
Hermione annuì, apparentemente presa dal discorso.
“In quale casa sei?”
“Grifondoro.”
“Be’, allora ci siamo sicuramente visti in giro, anche io ero del Grifondoro.”
Hermione abbozzò un sorriso.
Rimasero lì a chiacchierare per un bel po’, parlando di cose di cui, forse, in tutti quegli anni non avevano parlato mai.
“È stato un piacere conoscerti, Hermione,” sorrise Ron, alzandosi.
“Anche per me, Ron.”
Il ragazzo la guardò, rivolgendole un sorriso storto prima di avviarsi verso l’uscita del locale e sparire in strada.
Hermione rimase per qualche minuto a fissare i due boccali di Burrobirra vuoti. Sentiva che se si fosse alzata in quel momento le gambe non l’avrebbero sorretta.
“Allora, hai conosciuto qualcuno?” domandò Ron, arrivando di fronte a lei.
Hermione alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi azzurri.
“Sì,” disse dopo un po’, alzandosi ed avviandosi con lui verso l’uscita. “Ho conosciuto un ragazzo.”
“Oh, ed era simpatico?” chiese il ragazzo, aprendo la porta per permetterle di uscire. Hermione gli rivolse un mezzo sorriso, precedendolo fuori dal pub.
“Sì, era simpatico,” con la coda dell’occhio vide Ron sorridere sotto ai baffi.
“Bene, resta soltanto l’ultimo proposito e sono solo le undici,” osservò, tirando fuori la pergamena di Hermione. Lesse l’ultimo punto ed alzò gli occhi sulla ragazza.
Hermione arrossì.
“Be’, questo sarà un tantino più complicato degli altri.”
 
A Londra il vento tirava forte quella sera, smuovendo le foglie ammucchiate ai lati dei marciapiedi ed insinuandosi sotto ai cappotti, beffardo.
Nonostante l’ora le strade erano gremite di persone, principalmente cittadini che attendevano la mezzanotte per festeggiare l’inizio dell’anno nuovo.
Ron infilò la bacchetta nella tasca della felpa ed uscì dal vicolo nel quale lui ed Hermione si erano Materializzati.
“Cos’hai intenzione di fare, esattamente?” domandò la ragazza.
“Realizzare l’ultimo punto della tua lista,” rispose, iniziando a camminare per la strada. “Quindi portami vicino al Big Ben.”
Hermione sbuffò, precedendolo ed iniziando a camminare tra i passanti, diretta verso la torre dell’orologio. Dovette spiegare a Ron che non doveva buttarsi in mezzo alla strada almeno un paio di volte e fu costretta a tirargli un pestone quando, durante un diverbio con un altro ragazzo, aveva quasi tirato fuori la bacchetta.
“Siamo arrivati,” annunciò la ragazza, fermandosi proprio ai piedi del Big Ben.
Ron guardò la torre per un po’, alzando il naso verso il cielo, poi, guardandosi intorno con circospezione, afferrò la mano di Hermione e si Smaterializzò.
La ragazza non fece neanche in tempo a rendersi conto di ciò che Ron aveva intenzione di fare, che sentì come un gancio che le arpionava l’ombelico e la trascinava via.
Quando riaprì gli occhi si trovava in una terrazza circondata da una serie di archi.
“Dove siamo?” domandò, guardando Ron.
“Affacciati.”
Titubante, Hermione si avvicinò ad uno degli archi e sporse il volto fuori. Dovevano trovarsi ad un’altezza notevole, considerando che i passanti erano solo una grande macchia scura ed astratta. Quando notò la lancetta di un orologio ferma proprio sotto alla terrazza, si rese conto di dove era.
“Tu sei un incosciente!” urlò, voltandosi verso il ragazzo.
“Avrei preferito più un ‘grazie, Ron’.”
Hermione lo fulminò con lo sguardo, avvicinandosi a lui con aria minacciosa.
“Hai eseguito un incantesimo in mezzo ai babbani!” continuò. “E se qualcuno ci avesse visti scomparire all’improvviso? C’è un motivo se esiste lo Statuto di Segretezza, Ronald!”
Ron arrossì, spostando lo sguardo.
“Non ci ha visto nessuno, ho controllato.”
“Non puoi saperlo!” continuò a sbraitare Hermione.
“Allora scusami, Hermione!” urlò Ron in risposta, gli occhi fiammeggianti. “Scusami se non sono perfetto, scusami tanto!”
“Non si tratta di essere perfetto o meno, Ronald. Si tratta del fatto che tu non pensi mai, fai e non pensi alle conseguenze.”
“Be’, allora mi dispiace di aver provato a fare qualcosa di carino per te, la prossima volta mi farò i cavoli miei.”
“Non ho detto questo,” ribatté Hermione, irritata. “Possibile che devi sempre capire quello che ti pare?”
“Possibile che devi essere sempre così incontentabile? È tutto il pomeriggio che mi faccio in quattro per te, se non l’avessi notato, e-”
Uno scoppiò interruppe la loro discussione ed entrambi, rossi in volto per il recente litigio, si voltarono verso gli archi che circondavano la terrazza.
Un fuoco d’artificio era scoppiato nel cielo, frantumandosi in miliardi di scintille colorate.
“E’ mezzanotte,” sussurrò Hermione, avvicinandosi ad una delle finestre.
“Già,” le fece eco Ron, raggiungendola.
I fuochi d’artificio iniziarono a scintillare nell’oscurità della notte, illuminando il cielo.
“Non è vero,” disse Hermione dopo un po’. Ron si voltò a guardarla con le sopracciglia inarcate. “Non è vero che non ho notato quello che hai fatto per me. L’ho notato. Io…l’ho notato.”
Ron arrossì, apparentemente concentrato sulle scintille dell’ultimo fuoco che era appena scoppiato.
“Perché volevi salire quassù?”
Hermione increspò le labbra, arrossendo.
“Quando ero piccola mio padre mi diceva sempre che, se avesse potuto, sarebbe salito sul Big Ben per godere della miglior vista di Londra che la città poteva offrire. Dopo tutto quello che è successo nell’ultimo anno, adesso che i miei sono di nuovo a casa, sani e salvi, volevo potergli raccontare cosa si vede da quassù.”
Ron si voltò a guardarla, con la luce dei fuochi d’artificio che le illuminavano il volto, facendole brillare gli occhi.
Hermione si girò all’improvviso e lo trovò che la stava guardando e la guardava con così tanta concentrazione che lei non poté non arrossire.
“Mi dispiace per prima,” sussurrò il ragazzo, avvicinandosi.
“Anche a me.”
“Ti rendi conto che è già la seconda volta in un giorno che ti scusi con me?” ridacchiò, sentendo il suo naso che si scontrava con quello di lei.
Hermione non fece in tempo a dire nulla che le labbra di Ron furono sopra alle sue. Erano morbide e calde, proprio come le ricordava. Le era capitato di baciarlo solo una volta, ma la cosa era finita prima ancora di cominciare. Nessuno dei due aveva mai accennato all’argomento ed entrambi si erano comportati come se non fosse mai accaduto.
“Questo non era sulla lista,” osservò Hermione, allontanandosi.
Ron appoggiò la fronte sulla sua e la baciò un’altra volta, sfiorandole appena le labbra.
“Infatti questo era sulla mia lista,” rispose. “Il mio buon proposito per l’anno nuovo sei tu, Hermione.”
Hermione sorrise, avvolgendo le braccia attorno al collo di Ron mentre un altro fuoco d’artificio esplodeva nel cielo.
 
Arthur dette un’occhiata all’orologio da polso digitale che Harry gli aveva regalato per il suo ultimo compleanno, spiegandogli che si trattava di tecnologia babbana.
La famiglia Weasley si era riunita nel giardino della Tana per festeggiare il nuovo anno, mancavano solo Ron e Hermione.
“Ma dove si saranno cacciati quei due?” borbottò Molly, versando un po’ di whisky nel bicchiere del marito. “Insomma, non si vedono da oggi pomeriggio!”
Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo complice.
“Oh, non preoccuparti per loro mamma, sono sicura che stanno bene,” disse Ginny, alzando gli occhi verso i fuochi d’artificio che esplodevano nel cielo.
-
Quando ho avuto l'idea per questa storia ero elettrizzata e, nonostante non lo ritenga uno dei miei lavori migliori, mi ci sento molto affezionata; quindi non mi dispiacerebbe affatto sapere cosa ne pensate :D
Buon anno a tutti ed un grazie grandissimo a chiunque dedicherà qualche minuto del suo tempo per leggere questa storia.
Emily.
 
 
 

 

   
 
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