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Autore: LoveShanimal    03/01/2012    3 recensioni
Io sono Helena. E questa è la mia storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera:)
Spero abbiate passato tutti delle belle vacanze. Vi auguro un ottimo 2012, vi auguro tutto il bene di questo mondo.
Ora passiamo alla FF.
E' l'ultimo capitolo, si. Doveva essere un 'breve epilogo' ma come al solito mi sono dilungata. Spero vi piaccia, comunque.
Beh, ho da fare alcuni ringraziamenti.
Un ringraziamento speciale va ad Annamaria, che da poco ho incontrato (LOL) e che mi ha appoggiato quando volevo abbandonare questa FF, mi ha tirato su e mi ha dato forza. Grazie Rhum, grazie :)
Un secondo ringraziamento va a CloyingCyanide, che ultimamente mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, con le sue bellissime recensioni. Grazie.
Poi ringrazio chi mi segue e recensisce con frequenza, _Alibi_Echelon92, Parawhore_Echelon, Fromyesterday.
RIngrazio chi mi ha recensito: _EmTale_, RosaBuò, xcannibalglow, jessromance, LilaOnMars, VanEchelon, Arimi_chan, xxpakievxx. 
Grazie, anche chi mi ha seguito in silenzio.
Mi rivedrete presto, con una FF :) 
Adesso, buona lettura! 

 

Epilogo. 
A photograph of you and I.

 
“Bro, ho una bella notizia per te..” Jared mi aspetta con le mani dietro la schiena, e con un sorriso luminoso, che è in contrasto con quelle occhiaie profonde che gli incorniciano gli occhi color del mare.
Sono sette mesi, sette lunghissimi mesi, che abbiamo iniziato il nuovo tour, e non abbiamo avuto neppure il tempo di respirare.
Tra concerti e viaggi, tra alberghi e poltrone degli aerei, dormire non era sempre così scontato.
Dopo che Jared aveva messo finalmente su un po’ di chili, nel riposo della precedente pausa, adesso mi sembra averli eliminati di nuovo tutti, è scheletrico. Glielo dico sempre di mangiare di più, ma non mi ascolta.
Anche se la colpa non è tutta sua, dal momento che sia io che Tomo abbiamo perso qualche chilo, con tutta questa fatica.
Si schiarisce la voce, e attira nuovamente la mia attenzione.
“Questo è per te.”
Finalmente porta avanti le mani, e scopre due foglietti sottilissimi, due foglietti di quel formato che mi era così familiare.
Due biglietti aerei, non mi serve neppure vederli da vicino.
Sbuffo.
“Jared, mi avevi detto che potevamo avere un mesetto di pausa. Dove dobbiamo andare ancora? Messico, Londra, oppure per la cinquantesima volta nella tua bella Parigi? Ci stiamo consumando, avevi promesso di non esagerare, questa volta. Hai quasi perso la voce nello scorso tour, vuoi perderla anche in questo?”
Scoppio, dopo sette mesi di silenzio sull’argomento.
Sono diventato intrattabile, lo devo ammettere, ma ho bisogno di un po’ di calma e di relax. Questo tour sembra ancora più faticoso del precedente.
Lui mi guarda storto.
“Caro il mio fratellone.. – dice, enfatizzando con acidità l’ultima parola – questi non sono due biglietti aerei per un altro concerto. Non vedi che sono solo due? E Tomo? E Emma? E Vicky? Come possono essere solo due biglietti? Questi sono due biglietti per me e te, stupido. Sono per Los Angeles, volevo farti una sorpresa.”
Assumendo la sua solita aria di superiorità, che questa volta serve solo a celare la delusione, poggia i due biglietti sul tavolino della mia stanza e si gira verso la porta, per andare via.
“Cosa? Los Angeles? Torniamo a casa?” non ci posso credere. A casa. A casa con..
“Si, mi manca terribilmente Kristen. Non vedo l’ora di abbracciarla. E tu hai una questione da risolvere, no?!” mi dice, fermandosi un attimo, per poi riprendere il suo cammino.
Quando arriva davanti alla porta, si gira e mi dice:
“Il volo è per stasera. Domani intorno mezzogiorno stiamo lì. Avverti chi devi avvertire!” mi fa un sorriso abbastanza sarcastico, e se ne va, lasciandomi i biglietti nella stanza e lo stomaco sottosopra.
Finalmente mi decido a prendere il cellulare, e con una smania assurda cerco quel numero in rubrica, che ogni giorno mi aveva tentato, che ogni giorno mi ripromettevo di usare, ma che ogni giorno lasciavo lì, rimandando il momento del confronto.
Purtroppo, o per fortuna, era arrivato, e non restava che prepararmi.
Compongo velocemente il messaggio, con parole brevi e concise, e lo invio a quella voce nella mia rubrica che controllavo sempre, come se potesse essere l’unica prova concreta per i miei ricordi.
Non aspetto una risposta, ma mi spoglio velocemente e mi butto sotto la doccia.
Non resta che prepararmi.
Non resta che prepararmi finalmente all’incontro con Helena.
 
*Helena*
 
 
 
Mi ritiro a casa distrutta.
È un caldo venerdì di agosto.
Già odio questo periodo dell’anno perché odio il caldo, ma ci si mette anche che questo è periodo di matrimoni, e lo studio è pieno perché le persone devono ritirare le proprie foto.
Mi spoglio velocemente, con la testa pesante e la voglia di buttarmi sotto una bella doccia fresca.
Neanche il tempo di dirigermi verso la cucina per bere un bicchiere d’acqua, che la spia luminosa del telefono attira la mia attenzione.
“E se faccio finta di non averla vista?” chiedo, nel silenzio della casa.
Prendo l’ultimo sorso dal bicchiere, e lo lascio sul comodino.
Purtroppo, avevo dimenticato il cellulare in casa, e sicuramente Kristen mi aveva chiamato a casa.
Premo uno dei pulsanti, e la voce della mia migliore amica si espande in tutta la stanza.

 

Hel, sono Kristen. Non so perché non mi rispondi al cellulare, ma volevo sentirti! Hai ricevuto la notizia? Come l’hai presa? Come stai ora? Fatti sentire al più presto!
 

 
Perplessa, rimasi a fissare il telefono.
Notizia? Quale notizia?
Sto per comporre il suo numero, quando vedo il cellulare che mi aspettava nascosto dietro la pianta finta che ho lì da quando mi sono trasferita.
Muovo la testa in segno di disapprovazione nei miei stessi confronti, ‘Sbadata che non sei altro’ penso intanto, e lo afferro.
Quattro chiamate perse: Kristen.
Un messaggio ricevuto: Kristen.
Un messaggio ricevuto: Shannon.
Sobbalzo, leggendo l’ultimo nome.
Shannon.. Shannon.. Shannon.
Il suo pensiero non mia aveva mai abbandonato in tutto quel tempo, facendomi compagnia ogni singolo giorno, ogni singolo momento.
Eppure non mi aspettavo di ricevere un suo messaggio.
Perché?
Perché proprio in questo momento poi?
Indugio, guardando più e più volte quella semplice parola, quei semplici sette caratteri che posizionati in quel modo e in quell’ordine possono mandarmi in crisi.
E poi premo finalmente il pulsante centrale.

 
Domani torno a Los Angeles. Ti dirò poi quando starò per arrivare, intorno mezzogiorno comunque. Fatti trovare all’aeroporto per il sesto aereo. Non voglio scuse, ho bisogno assolutamente di parlarti. Fatti trovare, o troverò io te.
 

Rabbrividisco.
Lo incontro. Solo poche ore, e lo incontro.
Cerco con la mano la superficie del divano, e quando la trovo mi ci aggrappo e mi ci avvicino, così da potermi sedere.
Prendo un lungo sospiro.
Non devo agitarmi, non devo agitarmi.
Ma non posso fare altrimenti.
Sono sette mesi che aspetto questo momento, sette mesi che me lo immagino e non riesco a trovare la soluzione, non riesco a capire come andrà a finire.
Eppure è arrivato, e non posso sbagliare.
Non devo assolutamente perdere anche questa occasione.
Rispondo, veloce, a Shannon, ma prima di inviare cancello e riscrivo il messaggio più volte. Non mi piace nulla di quello che ho in mente, quindi senza perdere altro tempo rispondo nel modo più semplice possibile:

 
Ci sarò.

 
Non mi sento di scrivere altro.
Non c’è bisogno di scrivere altro.
Prevedo una brutta notte, quindi vado in cucina e prendo un sonnifero.
Salgo velocemente al piano di sopra, mi cambio per la notte, e mi distendo nel mio letto, aspettando che il farmaco faccia effetto.
Prego solo affinché vada tutto bene, e poi perdo conoscenza.
 
 
Ore 13:50.
L’orologio del mio cellulare segna quell’ora, ma mi sembra quasi impossibile che sia passata quasi un’ora e mezza dal mio arrivo all’aeroporto.
Eppure è così, e mi maledico per non essermela presa comoda.
Shannon mi ha avvertito che l’aereo avrebbe fatto tardi, ma io sono arrivata addirittura dieci minuti prima dell’orario che magari lui mi ha detto anche senza nemmeno rifletterci.
Intorno a me ci sono tantissime persone, e quando mi giro a guardarli trovo dei volti che ormai mi riconoscono, dopo tutto questo tempo che abbiamo condiviso.
Riconoscono i miei movimenti nervosi, il mio impaziente andare avanti e indietro.
Il mio fastidioso sedermi sulla panchina, per poi rialzarmi e risedermi, nel giro di neppure un minuto.
Ad un certo punto, mi è addirittura venuta voglia di fumarmi una sigaretta, a me, che non riesco a sopportarne neppure il profumo.
Ho squadrato ogni centimetro, ogni volto, ogni cosa o persona che mi sta intorno, almeno cinque volte.
Ma non posso fare a meno di distrarmi in questo modo, perché tutto quello che non voglio pensare è quello che succederà fra poco. Non voglio fare piani, preparare discorsi o crearmi delle aspettative. Sarebbe brutto dopo confrontarle con la realtà e rimanere delusi.
Sbuffo, e sarà la cinquantesima volta.
La tabella segna l’arrivo dell’aereo nella pista numero quattro.
Adesso di quello numero nove.
E adesso..
Le parole della pista numero sei cambiano, e segnano l’arrivo anche di quell’aereo.
Balzo in piedi, e per solo un secondo mi chiedo quando mi sia riseduta.
Ma senza neppure cercare una risposta, inizio ad allungare il collo ed alzarmi sulle punte per vedere il punto da dove dovrebbero sbucare le persone appena scese dall’aereo, in cerca di volti familiari.
Ma le persone mi si parano davanti, e riesco a vedere poco e nulla.
Sconfitta, mi giro, riprendendo la borsa che avevo lasciato come una stupida incustodita, e cerco il cellulare. Non so bene cosa mi aspetto di trovarci, ma spero in qualche notizia di Shannon.
Prima che io possa trovarlo, una mano mi pizzica il fianco e una voce familiari e così melodiosa mi dice: Ciao tesoro!”
Mi giro speranzosa, anche se già qualcosa mi dice che non è Lui.
E infatti, ecco spuntare il fratello, che è diventato più magro di prima, e addirittura sul suo volto sempre perfetto ci sono segni evidenti della stanchezza.
“Jared! Quanto mi sei mancato!” lo abbraccio, in un abbraccio tanto dolce che mi scalda, sebbene non ne abbia bisogno con questo clima.
Quando mi accorgo che queste non sono cose da me e Jared, mi stacco e mi schiarisco la gola.
“Cioè.. hmm.. è bello rivederti!” imbarazzata, faccio un passo indietro.
Lui ride. Sembrava sul punto di rispondermi con una delle sue battute,  ma inizia a squillargli il cellulare e lo prende dalla tasca.
Sorride.
“È l’amica tua. Mi aspetta in libreria. Ci vediamo dopo allora!” mi scocca un occhiolino e scappa via impaziente, trascinando la sua valigia.
Kristen non ha potuto lasciare la sua libreria a nessun’altro, e proprio oggi inoltre il fornitore sarebbe andato da lei, quindi anche chiudere per una mezz’oretta era escluso.
Ma.. ho dimenticato di chiedere a Jared del fratello!
Mi giro per richiamarlo, ma è già sparito.
Di questo passo non lo troverò mai..
Neanche il tempo di pensarlo, che qualcuno mi tamburella alle spalle.
Mi giro scocciata, e mi ritrovo davanti un uomo con gli occhiali da sole, una canotta larga, il pantalone con il cavallo basso, e un sorriso splendente.
Quell’uomo. Il mio uomo.
Rimango immobile, a fissarlo. Al contrario di Jared, non riesco a buttarmi tra le sue braccia, anche se è tutto quello che desidero, tutto quello che voglio.
Respira, Helena. Penso, ma non sono sicura di riuscirci.
Non riesco a vedere i suoi occhi, stupidi occhiali. Perché non se li toglie? Perché deve coprire continuamente quelle due meraviglie che ha nelle orbite?
Quasi leggendomi nel pensiero, se li sfila lentamente, e li appende alla maglietta.
“Ciao, Helena.”
La sua voce.
La sua bellissima voce.
Quanto mi è mancata, eh?! Quanto?
Finisco per balbettare nel tentativo di dire qualcosa, e lui semplicemente allarga le braccia e si avvicina, abbracciandomi.
Il suo profumo mi investe, e tanti ricordi riaffiorano nella mia mente, ricordi che avevo chiuso in un angolo remoto del mio cervello, in modo che non mi tormentassero con la consapevolezza che non erano realtà, ma sarebbero rimasti sempre e solo semplici ricordi.
Non resisto più, e lo abbraccio.
Lo stringo, sempre più forte, perché lo voglio avere accanto a me, perché non mi deve più lasciare. Chiudo gli occhi, e affondo la faccia nell’incavo del suo collo.
Potrei davvero rimanere sempre così, sempre tra le sue braccia, sempre in piedi tra le persone che andavano e venivano, fra quelle che invece di fermavano a scrutarci curiose.
Potrei rimanere così, ma evito, perché io e Shannon abbiamo questioni importanti di cui parlare, e rimandare è inutile.
Lo stringo solo un attimo, più forte, e poi mi stacco da lui.
Forse troppo presto, perché lo vedo un po’ deluso.
“Mi sei mancata.” Mi dice, con sguardo cupo.
“Anche tu.” Non sai quanto, Shannon, non sai quanto.
Mi limito a pensarle queste cose, e non a dirle. Forse è questo il mio errore: invece di comunicare con lui, invece di aprirmi e condividere i miei sentimenti con lui, li tengo per me.
“Avrai fatto molte ore di aereo, vuoi andare a mangiare qualcosa?” gli dico, dopo aver osservato le sue occhiaie.
“Con molto piacere. Ma prima possiamo passare da casa mia?” annuisco, e gli prendo una delle borse, dopo molte sue proteste ovviamente, e lo aiuto.
Per fortuna sono venuta in macchina anziché con qualche mezzo di trasporto, così lo aiuto a mettere tutto nel portabagagli e mi siedo al posto del guidatore: è troppo stanco per farlo anche guidare.
Infatti, non appena iniziamo a muoverci, lui butta la testa all’indietro sul sedile e chiude gli occhi.
Invece di fare battute o altro, mi sto zitta, per lasciarlo un po’ riposare.
Non c’è nessun silenzio imbarazzato o cose così, il nostro rapporto è sempre lo stesso, ci sentiamo a nostro agio l’uno con l’altra, come se non fossero passati sette mesi.
La strada per casa sua mi riporta alla mente l’ultima volta che ci ero andata, tanto tempo prima. I sentimenti, che avevo provato ancora e ancora, delusione, amarezza, rabbia, disgusto, odio, li sentivo tutti. E ancor di più sentivo quelli per Shannon, amore, speranza, paura, e soprattutto sorpresa, la sorpresa dell’amore stesso che avevo scoperto, semplicemente smascherato, per lui.
Lui non può saperle queste cose, perché non gliele ho mai dette.
Guardo di nuovo Shannon.
Sembra dormire. Sembra dormire come dormirebbero gli angeli.
Sorrido, e torno a guardare la strada.
Mi è mancato, si, troppo.
 
 
Ho appena scoperto che un’altra cosa che mi è mancata di Shannon. La sua casa.
Quelle pareti ormai così familiari, quei mobili così belli, quelle fotografie attaccate ovunque.
“Mm.. casa!” dice lui, sospirando e sorridendo, quando varca la soglia di casa.
Io ridacchio.
“Che c’è?” mi dice lui, guardandomi per la prima volta da quando ci siamo sciolti dal nostro abbraccio.
“Beh.. mm.. ecco.. stavo pensando più o meno la stessa cosa! Questa casa mi è mancata..”
Mentre parlo, rivedo i panni miei e di Shannon che quella notte di Capodanno volarono nella stanza, quel divano a cui ci eravamo appoggiati baciandoci, quelle scale che ci avevano portato alla sua stanza..
“Sembra che ti sia mancata più la casa che io! Che ingrata che sei!” ride, e poi lancia la sua roba vicino al divano.
“Ma lo sai che non è vero..” io controbatto, senza alcun accenno di risata o di scherzo nella mia voce.
“Allora.. – cambia discorso lui, come se non volesse rispondermi – che programmi hai per oggi?” non era lui a fare i programmi di solito?
“Parlare con te.” Dico, senza pensarci.
“Con te non si può prendere tempo, eh? E va bene, io devo farmi prima una doccia, però. Sono stanchissimo, e se non mi faccio un bagno freddo non posso fare nulla. – prende un attimo di pausa, e ritorna ad avere il solito ghigno malizioso – se vuoi, puoi venirtela a fare con me.”
Mi scocca un occhiolino.
“Sei un’idiota.” Scuoto la testa in segno di disapprovazione, e mi giro, puntando verso la poltrona che sta davanti alle scale.
“Ma non fare la puritana, tanto io ho visto nuda te, e lo sai bene, e tu hai visto nudo me, e lo so bene. E ci è pure piaciuto, per dirla tutta!”
Credo di essere diventata rosso pomodoro.
Ringrazio il cielo che lui non possa vedermi.
Sento solo i suoi passi che salgono le scale, e finalmente mi rilasso.
L’influenza che ha quell’uomo su di me è abbastanza fastidiosa.
Per passare il tempo, cerco una mentina o una caramella nella borsa. Non ne trovo, ma intanto trovo incorniciata la foto di me e di Shannon, che avevo lasciato lì e che mi ero rifiutata di appendere a casa, per non girare peggiorare la mia situazione.
Ho fatto bene a farla sviluppare, è davvero bella.
È quella foto fatta quando stavamo tutti insieme, il trenta di dicembre.
Rimango a contemplarla per un tempo indefinito, tanto, a giudicare dal fatto che ad un certo punto Shannon è arrivato da dietro e mi ha fatto prendere un colpo, già con i capelli asciutti e con un altro completo.
“Fammi vedere.. – si sporge, dopo avermi fatto saltare dalla paura per essere sbucato così all’improvviso, e vede l’oggetto che stringo nella mano destra – ma quella.. è la nostra foto!”
“Esattamente.. senza farlo a posta l’avevo nella borsa, che coincidenza!”
“Mm.. – fa il giro e si siede sul divano di fronte a me – allora, togliamo subito la questione da mezzo? Parla di quello che devi.”
Mi coglie sempre alla sprovvista.
 “Prima, aspetta, mi puoi spiegare una cosa? – io annuisco, e lui va avanti – come mai sei venuta da me, quella notte? Perché eri così sconvolta?”
Sorrido. “Colpa di quel bastardo del tuo amichetto, Evan.. – prima che lui possa dire qualcosa, riprendo a parlare – lo sapevi che era sposato? Lo sapevi che aveva anche due bambini? Una femmina e un maschio. Li ho visti in mezzo alla strada. Alla fine di lui non mi importava niente, l’ho capito subito. Mi importava solo che fossi stata ancora una volta tradita, illusa, ferita.”
“Mi dispiace.. non ne sapevo nulla, altrimenti te lo avrei detto prima che iniziavate ad uscire insieme.. non te lo dovevo far incontrare! Io volevo semplicemente che lui pubblicasse un tuo libro.. scusa..” è dispiaciuto, glielo si legge in faccia.
“Ah, ma non ti preoccupare. Un libro l’ho comunque scritto. E lo pubblicheranno a momenti. E ho anche parlato con lui. L’ho ritrovato in giro con la moglie e l’ho informata che il marito usciva con me. Ho informato lui che mi faceva schifo. È stata una grande soddisfazione, devo ammetterlo.”
“Cosa?” Shannon ha appena sgranato gli occhi.
“Affrontarlo.” Gli rispondo io.
“No, hai scritto un libro? Lo pubblicherai?” è sorpreso.
“Si.. ti avrei mandato la prima copia, anche se stavi ancora in tour.” Sorrido.
“Come l’hai chiamato?”
Una fotografia di me e di te. Come la vostra canzone. Come la nostra foto.”
“Hai parlato di noi?” dice lui, con gli occhi che gli brillano.
“Più o meno..” abbasso la testa.
“Lo voglio leggere. Ma prima dobbiamo sistemare un’altra questione. Che mi devi dire?”
Cerco di riorganizzare i pensieri, e inizio a parlare, senza davvero sapere quello che voglio dire, ma solo ascoltando il mio cuore.
“Quella sera.. beh, non dovevo assolutamente scappare via. Dovevo affrontarti, e mi dispiace. Sono stata una codarda. E quindi non voglio ripetere lo stesso errore. Shannon, io non ti voglio perdere. Non voglio che esci di nuovo dalla mia vita. E preferisco averti come amico, che non averti. Anche se la situazione è difficile.. non voglio perderti, te lo ripeto. E so che ha cambiato tutto quel mio gesto, che adesso ci può essere... imbarazzo ma.. lo possiamo superare. Voglio starti accanto, e voglio te accanto a me. Non importa, ci riuscirò.”
Sto per riprendere il discorso dopo aver sospirato, ma lui mi blocca.
“Helena, è più complicato di quello che è. Per te può esserci imbarazzo, per me è qualcosa di più difficile, qualcosa che non si può superare con l’abitudine. Le mie intenzioni non cambiano mai, quello che volevo è sempre lo stesso. Ed è differente da quello che vuoi tu. Non so se ce la faccio a stare con te..”
Sto per protestare, ma lui mi zittisce.
“Fammi finire. Non so se ce la faccio a stare con te, quando tu vuoi essere solo mia amica, e solo così mi vedi. Sembra facile da accettare, ma non quando sei tu quella persona che ama l’altra e non è ricambiata. Tu mi vuoi bene, e te ne sono grato, mi fa piacere, ma è il bene di una sorella. Il mio è un bene più grande, uno per una fidanzata, un’amante, una moglie, e non si può contenere, non si può ignorare con l’abitudine. Scusa.”
Lui si ferma, e aspetta una mia risposta.
Io sono esterrefatta, e lo guardo ad occhi sgranati.
Mi muovo, mi alzo, e prendo la borsa. Senza dire nemmeno una parola, giro i tacchi e faccio per andarmene.
“Dove stai andando?” mi dice lui, e mi raggiunge prima che io possa andarmene.
“Mi stai pigliando per culo? No perché ti informo che non è divertente.”
Lo guardo storto.
“Che stai dicendo Helena?” mi dice lui, confuso.
“Tu che stai dicendo! Io che ti voglio bene come una sorella, tu come si vuole bene ad una moglie, che storia è mai questa? Siamo a questo punto perché io ti amo e tu no, ecco perché. Perché tu mi vuoi come amica, io no. Perché per te quella notte ha significato la rottura della nostra amicizia, per me l’inizio del nostro amore. Quindi fai il serio per una volta, e non scherzare.” Giro la faccia, perché non lo voglio guardare. Non può ferirmi anche lui, non può.
“Ma io ti amo, Helena. Ti amo come non ho mai amato nessuno.”
Lo torno a guardare, per trovare sulla sua faccia un’espressione di scherno. Ma non c’è. C’è solo una perplessa, una sincera.
“Stai dicendo sul serio?” non ci credo. Non ci posso credere.
“Si che dico sul serio. Non scherzerei mai su questo.”
La borsa mi scivola per terra, e sento le gambe tremare.
“Quindi.. quindi tutto questo è stato inutile? Sette mesi di sofferenze, sette di lontananza, sette mesi senza te per niente? Per un’incomprensione?” sono ancora più incredula di prima.
“Temo di si..” lui sorride, e non smette di guardarmi.
“Sono una stupida.” Mi porto le mani alla faccia, e la copro.
“Si, lo sei. Ma meglio questo che.. tu che non mi ami o viceversa, no?” lui mi tamburella sulle dita, ma io non voglio muovermi.
“Non è questo. Sono stata male in tutto questo tempo. Non avevo voglia di fare nulla, anzi i primi giorni non volevo andare neanche al lavoro Shannon. E adesso scopro che se non fossi così.. idiota, non sarebbe successo niente!”
Fa un po’ più di pressione sui polsi e riesce a farmi togliere le mani dalla faccia.
“Dimmi.. hai una macchia del tempo?” mi dice, costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Eh? No..” sono confusa.
“Beh, non possiamo fare niente per cambiare il passato. Per il presente invece c’è tanto da fare. E io lo voglio fare con te. Vuoi passare questo presente insieme, Helena?” mi sorride.
Io posso solo guardarlo, e vorrei urlargli di si, ma invece che parlare avvicino la faccia alla sua, e lo bacio.
Anche quelle sue labbra mi sono mancate.
Così grandi, piene, morbide, dolci.
Ancora una volta sanno di buono, ed è così bello baciarle.
“Ti amo Helena, ti amo. Ti amo. Ti amo..” mi dice, tra un bacio e l’altro.
“Ti amo Shannon.” Gli dico, staccandomi un attimo e guardandolo. “Ti amo davvero, come mai ho amato qualcuno.”
Mi abbraccia, e mi sento finalmente felice.
Ho lui, nella mia vita, nel mio cuore, nella mia anima, e non posso desiderare di meglio.
 

LoveShanimal.

 
 
  
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