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Autore: CatharticMoment    03/01/2012    4 recensioni
Tom arrivò ad un palmo dal suo naso.
Costringendola ad abbassare lo sguardo per non sostenere i suoi occhi imbestialiti e minacciosi, non sembrava lui quella sera.
- Tu, non osare mai più avvicinarti a lei. Lasciala perdere. Se ha qualche problema lo so prima di te, perciò limitati a farle capire i numeri o quelle cazzate che fai tu, e per il resto pensa alla tua di famiglia ok? -
Lis sentì il suo cuore spezzarsi in mille pezzi, e per altrettanti mille motivi diversi.
Si limitò ad annuire sconvolta e a tirare su col naso.
La prese malamente per un braccio dirigendola verso la sua auto.
- Adesso vattene. – ringhiò carico di disprezzo
Lei non oppose resistenza e non spiccicò parola mentre Tom la trascinava via.
Era troppo impegnata a controllare il suo dolore e la sua rabbia.
- Non ti voglio più vedere da queste parti. Non ti voglio vedere più – disse fissandola negli occhi.
Lis non si era mai sentita così schifata e disprezzata da qualcuno.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTE 
 

 

 
 
 

You don’t know, do you?
That in a crowded place,
my eyes will always search for you.

Non lo sai, vero?
Che in un posto affollato,
i miei occhi ti cercheranno sempre.

 
 
 
 
 
 
 
- Svegliati o faremo tardi! - lo incitò Becca agitando le braccia nevrotica.
Ma Gordon quella mattina di alzarsi proprio non ne volle sapere.
La sera prima o meglio, la notte prima, era rientrato piuttosto tardi ed anche piuttosto sbronzo e si  buttò a letto interamente vestito, ma sua figlia non se ne accorse poiché era rimasta in piedi sulla porta, e la camera era ancora avvolta nel buio più totale.
- Papà!- lo chiamò ancora, ma senza risultati.
La ragazza sospirò arrendendosi alla pigrizia dell’uomo.
- Si è svegliato papà? - chiese Tom a Becca, che lo ignorò appositamente.
- Guarda che ti ho fatto una domanda!- la riprese piuttosto bruscamente, senza ottenere risposta.
Da quando aveva discusso con Bill, qualche giorno prima, non rivolgeva parola a nessuno.
Il moro era sempre più agitato e lui si era svegliato con un gran rodimento di culo.
Di quelli che ti danno il buongiorno, che ti ci svegli proprio.
 E che ti accompagnano per il resto della giornata.
- Lasciala stare- disse Bill massaggiandosi ad occhi chiusi le tempie con le mani
- Ma perché ce l’ha con me? - chiese l’altro agitandosi in cucina, dato non riusciva a trovare la sua tazza del caffè nella credenza, innervosendosi ancora di più.
- E’ ancora arrabbiata dall’altro giorno. Adesso prende l’auto per andare e tornare da scuola, e non ci parla.. E’ perché mi hai difeso- gli spiegò continuando il massaggio.
- Ma io non ti ho difeso, volevo solo farvi smettere di litigare- ammise rinunciando al caffè.
Bill aprì gli occhi, arrossati da un evidente mal di testa:
- Infatti non l’hai fatto- lo fissò truce.
- E allora perché ce l’ha con me? - chiese comunque non capendo.
Bill si accasciò sul tavolino chiedendosi seriamente se qualcuno lo ascoltasse quando parlava.
- Io me ne vado.. Qualcuno svegli papà- disse Becca uscendo e sbattendo la porta.
- Io pensavo che fosse già uscito! – esclamò il moro tirandosi su di colpo.
Tom guardò l’ora, ultimamente lo faceva fin troppo spesso.
Odiava dover essere così vincolato al tempo, alle ore, agli impegni. I suoi e delle altre persone.
Lo infastidiva ulteriormente non essere padrone del suo tempo, di divederlo con altri.
Questo sembrava mancargli spesso ultimamente, e se Tom Kaulitz odiava qualcosa, era proprio non avere il tempo.
- Ci penso io.. Ah, hai risolto quella cosa della mostra? - chiese ricordandosi di colpo.
- No.. - Bill sospirò mesto, bevendo l’ultima goccia del suo caffè.
Quando Tom entrò nella stanza del padre, un odore pungente di alcol gli tappò tutte le vie respiratorie.
Si diresse speditamente verso la grande porta a vetri dalla quale si poteva accedere al balconcino della camera, e la spalancò.
Lasciando che la gelida aria di novembre invadesse la camera, e attenuasse il cattivo odore.
Poi tornò a guardare suo padre, che dormiva con il volto contratto in una smorfia, e capì che il suo malumore non sarebbe passato affatto nel corso della mattinata.
Soffriva nel vederlo ridotto così.
Odiava il dolore che ancora provava e che si portava dentro.
In quegli anni il ragazzo sperò che l’abitudine e, la vita semplicemente, gli alleviassero la sofferenza che gli era stata inflitta da Simone. Ma in realtà Gordon aveva solo imparato a conviverci, e quella ne era la prova.
Delle volte i pensieri e i ricordi gli facevano talmente male che aveva bisogno di bere fino alla nausea per affrontarli, e questo suo figlio lo sapeva bene.
Avevano molti segreti loro due, le storielle che capitavano, le bevute con gli amici, le sbronze, le cattive compagnie di Tom.
E quest’ultimo concedeva tutto a suo padre, perché si meritava di essere felice, e di certo non soffrire così tanto.
Provò a chiamarlo un paio di volte, ma capì che non era proprio aria.
Prima di chiudere la porta guardò suo padre.
Il cuore di Tom si strinse come se fosse pressato in un pugno.
- Io me ne vado..Papà lascialo dormire ok? - disse Tom a Bill ancora seduto
- Dove vai così presto?-
-Devo sbrigare una cosa.. Ci vediamo più tardi.. -
 
 
Era in macchina da qualche minuto, prima di andare al lavoro doveva sbrigare una faccenda importante.
La sua mente era affollata da mille timori.
Il traffico conciliava il susseguirsi di pensieri, di conseguenze, di cose da fare, un tumulto di parole che vorticavano al centro del suo cervello.
Un gomito poggiato al finestrino e due dita che mantenevano il volante dritto erano più che sufficienti per guidare.
Con l’altra mano stava mandando un messaggio a Georg.
Aveva voglia di andarsi a divertire quella sera, e non lo chiamava solo perché a quell’ora il suo caro amico stava ancora dormendo.
Non appena finì di scrivere alzò distrattamente gli occhi, e a pochi metri da lui, che camminava sul marciapiede vide Lis.
Era da un po’ che non la vedeva, o forse gli sembrò di più perché non era mai sufficiente lo scarso tempo che stavano insieme.
E si stupì di se stesso, in quanto quella strana e sconosciuta ragazza gli faceva uno particolare effetto.
Gli piaceva, piaceva tanto, e l’unica cosa che riuscisse a pensare, o a dire era quanto fosse bella.
In vari e impensabili momenti della giornata il sorriso e lo sguardo di lei si stanziavano al centro della sua mente. Avrebbe calato il vetro per chiamarla, ma sarebbe stato troppo pacchiano e scontato per lui.
Si limitò a fissarla, mentre passeggiava in direzione di un posto a lui sconosciuto, senza minimamente notarlo, proprio come la prima volta che la vide.
Nonostante il freddo mattutino, camminava spavaldamente in mezzo ad altre due ragazze.
Una era la stessa che aveva visto alla scuola, e l’altra era una biondina che conosceva molto bene.
E questa inaspettata sorpresa non andò che a suo vantaggio.
Calò leggermente il finestrino, tese l’orecchio per poter ascoltare la sua voce così cristallina e gentile che sorrideva e parlava di qualcosa letto da qualche parte.
Non gli importava cosa dicesse, le vibrazioni delle sue parole gli tolsero dalle spalle e dal volto un po’ di tensione.
 
- Salve.. Lei è Melanie, giusto? - chiese un ragazzo alla donna che era appena uscita di casa.
 Lei lo guardò spaventata, per poi riconoscerlo al volo con un sorriso affannato.
- Oh, tu devi essere il fratello di Bill! - esclamò stringendogli la mano
- Piacere- contraccambiò lui
- Ti serve qualcosa? - chiese prontamente la donna  anche se un po’ confusa
- A dire la verità si.. Io le do il resto di queste.. - disse consegnando alla donna un pacco di foto del marito che la tradiva, che lei prese silenziosamente - se le lei mi farà un favore –
Dopo qualche minuto i due cessarono di parlare, e di prendere accordi.
- Beh, io di più non posso fare, se vuoi davvero proteggere tuo fratello allora mandalo a quella mostra, o saranno guai per lui- la donna guardò per un ultima volta quello strano ragazzo, così diverso dal fratello che lei conosceva.
Le incuteva un certo timore, e la sua figura massiccia e imponente l’avevano addirittura spaventata.
Tom dal canto tornò in macchina mugugnando un’imprecazione non proprio signorile.
 



 
- Cioè- si limitò a dire Karol basita sgranando gli occhi
- Ma io non capisco cos’è tutta questa storia?- disse l’altra alle sue due amiche mentre pranzavano alla mensa della scuola.
- Ancora? Vuoi che te la rispieghi?! - fece ironica Nora
- Sul serio.. Ascolta me, io da queste parti ci sono nata, ce l’ho nel sangue. E ti posso garantire che la guerra tra bande qui è spietata- sentenziò la biondina addentando il suo panino.
- Si, ok, l’ho capito.. Ma cosa volete da me? Io faccio solo ripetizioni alla sorella.. Perché continuate e ripetermi le stesse cose -
- Non stai prendendo sul serio la questione – la mora  prese Lis per un polso, stringendolo anche più del dovuto.
La ragazza sobbalzò nella stretta della sua amica, scrutando cinicamente prima i suoi occhi scuri come la pece, e poi quelli gelidi di Karol.
No, non era affatto uno scherzo per loro.
Soffiò una leggera risatina, scettica e intenzionata a non credere di vivere in una mezza specie di Far West.
- Non è un film questo lo vuoi capire? E’ proprio in questo buco di paese dimenticato da Dio che si fa la droga che gira per tutta la Germania. Muovono un capitale di soldi che tu non puoi neanche immaginare.. Hanno agganci ovunque, non c’è un politico o un poliziotto che non sia corrotto dalla loro droga o dalle loro puttane.. Hai mai visto una macchina della polizia qui intorno? Fanno sparire chiunque gli stia sulle palle, non hai idea delle storie che girano sul loro conto, sembrano bravi ragazzi, ma credimi, non lo sono –  disse gravemente Nora
- Tom è un bel ragazzo, apparentemente tranquillo. Tu hai ragione, non sembra così pericoloso ed effettivamente non lo è, ma gli altri si e ti sono state menzionate solo le cose più stupide – Karol parlò convinta e sicura di ciò che stava dicendo. Come se conoscesse personalmente il soggetto della discussione
- Sentite, io continuerò a fare ripetizioni a Becca, e per quanto riguarda la storia delle bande, dei giri, e quant’altro a me non interessa. Io non ho visto tutti queste teste decapitate o sparatorie- parlò sentendosi pesantemente osservata - Voi li conoscete, io No.. Neanche mi interessa.. - strinse le spalle innervosita
- Promettilo.. –
- Cosa? -
- Che farai solo ripetizioni, niente di più.. Ignora Tom Kaulitz - il timbro perentorio e solenne della voce di Karol, fece rabbrividire la mora, e soprattutto alimentò inconsapevolmente l’interesse che aveva verso il ragazzo.
Non riusciva proprio a spiegarsi per quale motivo le sue due amiche la volevano tenere a distanza da lui.
- Cosa pensi che possa succedere altrimenti? – domandò incredula non riuscendo a trattenere una risata.
- Non deve succedere niente – aggiunse Nora categorica
- Perché vi state fissando così? – domandò seria
Le due interpellate si lanciarono una svelta occhiata.
- Allora? - la incalzò Nora, cogliendola di sorpresa.
Lis si sentì improvvisamente sotto processo.
Tutte le parole gravi e pesanti pronunciate dalle sue compagne, lei non le aveva mai viste, non aveva mai incontrato questi cattivi ragazzi.
Nessuno le aveva parlato di cosa succedesse per le strade di Hellersdorf.
Forse non si era mai interessata, non aveva mai guardato.
Ma guardò il sorriso di Tom, si soffermò a sbirciare nei suoi occhi caldi, ammirare il suo sorriso, la sua voce, questo si, che l’aveva notato. E non ne era spaventata.
Rimase ancora un po’ in silenzio, aspettandosi che una delle due scoppiasse a ridere a crepapelle confessandole che si trattava di una farsa.
Attese invano, in quanto le ragazze non potevano mostrarsi più serie.
- Si – rispose mostrandosi più convincente possibile.
E fu quello che fece, o che, quanto meno tentò di fare.
Nelle ultime tre settimane, era andata praticamente tutti i giorni a casa di Becca, che si rivelò essere messa piuttosto male in matematica. E questo ovviamente gli permise anche di vedere spesso Tom.
Ma cercò di mantenere la promessa fatta alle amiche, e si sforzò di limitare le conversazioni e di rimanere da sola con lui il meno possibile.
Ma più lo evitava e più si ritrovava a pensare a quelle insolite treccine, che incorniciavano quel viso così attraente e affascinante.
Anche uscendo era così, per due anni non si erano mai incontrati, eppure, in quel momento, ovunque andassero si trovavano sempre.
I loro sguardi e i loro sorrisi divennero sempre più penetranti, lunghi e profondi.
Non si guardavano, loro si contemplavano.
Delle volte Lis inosservata, si incantava a studiare gli atteggiamenti del ragazzo.
Cercava quel particolare, quei difetti che tutti vedevano ma che a lei immancabilmente sfuggivano.
Fuori scuola, in giro, in piazza, davanti a qualche pub.
Bastava il suono della voce, la sensazione di avere due occhi cocenti come il sole posati addosso, o un sorriso mozzafiato.
Una sera capitò che Lis era con i suoi amici, in una piazzetta del quartiere, aspettando che il loro gruppo si riunisse.
Sentì dei brividi invadergli la pelle pur non percependo il freddo, senza rendersene conto si voltò indietro, cercando di non dare sospetto a nessuno, e si ritrovò occhi negli occhi con Tom.
Li abbassò timidamente, cercando di camuffare il rossore e la sorpresa.
In pieno inverno a Berlino la pelle le sembrò ardere.
Il ragazzo si trovava dall’altra parte della strada, a un centinaio di metri di distanza, accompagnato dai suoi amici fedeli, il cappuccio della felpa calato sulla testa.
In realtà se la stava guardando già da un po’.
Indisturbato, fece vagare i suoi occhi famelici lungo le gambe messe in bella mostra dalle calze e da un tacco piuttosto alto, salendo fino al suo profilo così armonioso e delicato.
Scivolò poi  sui capelli legati in una bella coda che slanciava la forma del suo volto.
Si gustò la sua risata squillante e simpatica, ne osservò i movimenti, il suo modo di gesticolare.
Fino a quando non si perse in quelle iridi verdi.
Lei si scostò lentamente dal suo gruppo, le braccia lungo i fianchi, in una mano stringeva debolmente una piccola poschette.
Mosse un piccolo passo in avanti e inclinò leggermente il viso per salutarlo, addensando la carica dei suoi occhi.
A Tom sembrò una bambolina, una creatura troppo perfetta per essere vera.
Si calò il cappuccio, mostrando alla ragazza ciò che stava attendendo, la visione mistica di quelle labbra e sorriso peccaminose ed invitanti.
Qualcuno la chiamò, strappandola via da quel sogno, e nel momento in cui Lis si voltò ancora, lo vide di spalle, mentre ormai si allontanava rimettendosi il cappuccio.
Un pomeriggio invece, successe che Tom era insieme a Bill a fare spese al centro commerciale.
La scorse sola, intenta ad ammirare la vetrina di un negozio di scarpe.
Ebbe l’irrefrenabile tentazione di mollare le buste appioppategli dal fratello, e raggiungerla per  poter godere della sua presenza, era così difficile beccarla senza qualche amica alle costole.
Lei distinse il suo riflesso  dal vetro, vide questo portento di un metro e ottanta di muscoli che la osservava. Si voltò di scatto nella sua direzione, trovandosi a pensare che era troppo bello per una sempliciotta una come lei.
Stava per muovere un passo verso di lui, sentire il suo profumo, la sua voce calda, ma suo fratello uscì dal negozio, arpionandosi al suo braccio.
Tom si voltò a parlare a Bill, e quando la cercò con gli occhi, Lis non c’era più.
Quando si incrociavano per casa, purtroppo non c’era tempo e ne possibilità di lasciarsi andare a lunghe occhiate o sorrisi sornioni.
Perché Lis e Becca si erano legate in modo snervante in brevissimo tempo.
La più piccola aveva preso a confidarsi e a parlare di tutto con la più grande.
Si poteva sentirle ridere e sghignazzare.
E questo faceva piacere a Tom, che sua sorella avesse legato con una persona di cui fidarsi, gentile e seria, ma al contempo era consapevole che se avesse fatto un passo falso con Lis, Becca non glielo avrebbe mai perdonato.

 
 
Tom si voltò a parlare a Bill, e quando la cercò con gli occhi, Lis non c’era più.
Quando si incrociavano per casa, purtroppo non c’era tempo e ne possibilità di lasciarsi andare a lunghe occhiate o sorrisi sornioni.
Perché Lis e Becca si erano legate in modo snervante in brevissimo tempo.
La più piccola aveva preso a confidarsi e a parlare di tutto con la più grande.
Si poteva sentirle ridere e sghignazzare.
E questo faceva piacere a Tom, che sua sorella avesse legato con una persona di cui fidarsi, gentile e seria, ma al contempo era consapevole che se avesse fatto un passo falso con Lis, Becca non glielo avrebbe mai perdonato. 
  
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