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Autore: Talulah    04/01/2012    6 recensioni
<< Un piccolo movimento fece dirigere gli sguardi di tutti verso uno dei migliori palchi, verso una splendente nobildonna, e un magnifico gentiluomo.
“ Lo zarevic! “ sussurrò qualcuno, “ è arrivato finalmente!”
Un silenzio stupefatto e incantato accolse la loro entrata, e dopo pochi minuti mormorii, bisbigli e sospiri sognanti riempirono la sala. (...)
Il teatro sprofondò nel silenzio, tutti erano impegnati a non perdere neanche un attimo di quel raro momento. Lo zarevic si avvicinò lentamente alla sua dama, per poi prendere la sua mano e portarla alle labbra con una naturalezza così elegante e perfetta da essere disarmante. Osservai la scena con una punta di invidia e triste desiderio. Quanto le sarebbe piaciuto ricevere un baciamano così regale, così perfetto, sarebbe stato un sogno se un gentiluomo l’avesse guardata con quell’emozione unica trasmettendole quell’attaccamento profondo. Sarebbe stato il sogno di tutte.. Avevo avuto molti corteggiatori essendo di ricca e nobile famiglia, ma mai nessun uomo mi aveva trattata come il Granduca stava facendo con la sua dama. Che signora fortunata, pensai con la triste invidia che si acuiva sempre più.
Non saprei ben dire quanti cuori sognanti infranti ci furono a teatro quella sera.. >>

Una storia piena di passione, amore e veleno, fatta per far sospirare le sognatrici. In un epoca dove tutto è basato su ricchezza e nobiltà, può l'amore vincere su tutto?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Russian Royal Family'
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Capitolo IV

 Di dubbia morale

 
 










Mi svegliai, piano piano, cominciando ad aprire lentamente le palpebre. Con quella vaga sensazione di intorpidimento e stordimento che accompagna sempre il risveglio da un sonno pesante, guardai. Cercavo di ricordare, ma cosa? Poi ebbi un piccolo aiuto. Fissai per qualche secondo la fioca luce sui toni del viola e del blu. Di scatto mi alzai dal letto. Doveva essere tardissimo e io avrei dovuto essere alle sei in punto alla reggia dei FitzMaurice. Corsi alla porta della mia camera, e appena la spalancai, trovai fuori Eveline che era in procinto di bussare. La giovane cameriera arrossì.
<< Vostra Grazia, è tardi. Ero venuta a svegliarvi.. >> bisbigliò, con gli occhi luminosi nel buio della mia camera.
<< E mi vieni a svegliare proprio adesso che è tardissimo?! >> le dissi, arrabbiata. Ero ancora intorpidita e debole per il recente risveglio, avevo gli occhi socchiusi e una gran voglia di tornare a letto. Il nervosismo aveva preso il sopravvento e io volevo solamente tornare nella calda sicurezza del mio lettuccio.
Eveline sbiancò, << ma Vostra Grazia, siete stata voi a dire di non voler essere disturbata.. >> mormorò, pallida.
Maledii la mia impulsività. Adesso ricordavo proprio tutto, compreso quello che Eveline diceva. Le feci un debole sorriso di scuse, << Oh.. Perdonami Eveline, sono piuttosto nervosa questa sera.. Ma adesso, bando alle ciance, aiutami a prepararmi il più velocemente possibile! >> dissi frettolosamente, spingendola all’interno della camera e richiudendo la porta. Mentre Eveline correva alla grande vetrata per spostare le tende e far entrare quella luce buia ma luminosa allo stesso tempo, mi tolsi velocemente la vestaglia, facendola ricadere sul pavimento. Eveline si voltò. Arrossì. Mi vestì rapidamente, aiutandomi a mettere corpetto, giarrettiere e vestito. A lavoro finito mi guardai allo specchio. Per l’uscita di quella sera, avevo scelto un vestito argentato che dava sull’azzurrino, più largo di maniche, ma stretto al punto giusto sulla vita e sul seno. Mi feci rifare la treccia, il più velocemente possibile, sapendo bene del tempo che mi era nemico. Appena Eveline ebbe finito, non mi guardai neanche allo specchio, ma corsi il più velocemente possibile lungo i grandi corridoi della casa, arrivando in pochi minuti all’entrata della casa dove, le serve mi porsero scialle e borsetta, che io strappai loro di mano poco educatamente. Quando vidi la carrozza già pronta ad aspettarmi, ringraziai mentalmente la duchessa. Con un sospiro di sollievo e un sorriso, pensai che forse non sarebbe andato tutto così male, e con questo piccolo pensiero che mi rassicurava, mi affrettai a raggiungere la carrozza. Rapidamente salii, senza l’aiuto di nessuno, e quindi anche questa volta, poco educatamente, ma non m’importava. Ero troppo presa dai folli pensieri che mi affollavano la testa. Stavo per fare qualcosa di assurdo. Ero nervosa, il cuore mi batteva isterico, eppure non mi ero mai sentita così viva. E ne ero felice. Ma la paura non mi abbandonò neanche per un attimo, facendomi pensare a tutti i pericoli che correvo. E se il sarto di fiducia della marchesina,  Sir Francis Wilkinson, sarebbe andato a dire ai quattro venti che avevamo richiesto degli scandalosi abiti per una scandalosa festa? Sarebbe stata la fine. E se alla festa qualcuno ci avrebbe riconosciuto? Sarebbe stata la fine. E se degli ubriaconi ci avessero aggredito al ballo? Sarebbe stata la fine.
Nel panico più assoluto, e con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie, chiesi con voce tremolante al cocchiere, << Che ore sono, Sigmund? >>
Il signore, non fece in tempo a rispondere che lo sportello della carrozza si aprì di scatto mostrando una sorridente Jessica, dalle guance paffute imporporate, il naso rosso e gli occhi luccicanti dal freddo. Il vento le scompigliava i bei capelli scuri.
<< Le sei e venti, e tu sei in ritardo! >> disse sorridendo gioiosa. Non sembrava importarle molto del mio ritardo, e in quel momento ero talmente presa dalla situazione che non mi accorsi nemmeno del fatto che eravamo passate dal lei al tu. Le sorrisi, anche io rossa in volto e con i capelli non proprio in ordine. Scesi dalla carrozza, con l’aiuto della mia nuova amica, cosa insolita per entrambe. Ci fermammo a guardarci per qualche istante, prima sorridendoci, poi il nostro sorriso divenne una lieve e bassa risata. Sincera, dopo tanto. Non ci fu bisogno di parole. Jessica mi prese per mano e strattonandomi, corremmo insieme a perdifiato verso l’entrata della grande e luminosa casa. Arrivate alla alta porta, cominciammo a ridere, entrando nella calda casa accogliente. Jessica si affrettò a togliersi lo scialle e quando capii che nessuno mi avrebbe aiutato a farlo, me lo tolsi anche io. Da sola.
<< Sai, questa sera ci siamo solo io, te e mio fratello a casa! Mio padre è all’estero per un viaggio di lavoro e mia madre beh.. The con le amiche >> concluse alzando le spalle, << ehi tutto bene? >> chiese preoccupata mettendomi una mano sulla spalla, notando il mio pallore.
<< T-tuo fratello? >> balbettai pallida e sconvolta.
La marchesina scoppiò a ridere e disse, << Tranquilla, lui sa già tutto! >> disse continuando a ridere.
La testa cominciò a girarmi vorticosamente, sentii le gambe deboli formicolarmi e la mia vista cominciò ad essere offuscata da tanti puntini neri.  Udii in lontananza Jessica smettere di ridere all’istante e aiutarmi a sedere chissà dove.
<< Oh santo cielo, scusami, non avrei dovuto essere così diretta! Adesso metti la testa fra le gambe, così, brava.. >> disse Jessica preoccupata.
Respiravo affannata, le lacrime che mi offuscavano la vista. Alzai la testa, ancora disorientata e con il cuore che batteva a mille. I puntini stavano scomparendo. Alzai lo sguardo verso Jessica che mi guardava pallida e preoccupata, torturandosi le labbra e le mani.
<< C’è anche vostro fratello? E che penserà di me? Che sono una sgualdrina, ecco cosa! Nessuno, nessuno doveva sapere niente Jessica! >> dissi, ormai in preda ad una crisi isterica. La stanza riprese a girare, i puntini ricominciarono ad offuscarmi la vista.
<< Ok, va tutto bene Dominique, calmatevi.. Mio fratello verrà al ballo e appena l’ho saputo ho capito che avevamo due scelte.. Non andare e rinunciare alla nostra avventura, oppure cercare di convincere mio fratello a farci da guida in quel mondo scandaloso.. Mio fratello ha accettato, anzi ha detto che ci divertiremo! Vedrà me, sua sorella, negli stessi abiti in cui vedrà voi! Non penserà assolutamente proprio a nessuna sgualdrina >>, disse dolcemente accarezzandomi il capo, cercando di rassicurarmi. Funzionò.
Mi aiutò lentamente ad alzarmi, ridendo. Io la fulminai con lo sguardo, per poi unirmi alle sue risate. Salimmo piano piano le scale che portavano al piano superiore.
<< Sir Francis è già qui? >> chiesi, timorosa.
<< Si e da un bel po’ anche >> disse, lanciandomi una divertita occhiata di rimprovero.
Le sorrisi. Percorremmo un lungo corridoio e ci fermammo entrambe d’avanti ad una porta da cui provenivano voci concitate, che Jessica spalancò. Sorrise radiosa e si avvicinò ad un uomo sulla quarantina, che portava un vestito colorato, che lo strizzava talmente tanto che mi chiesi se riuscisse a respirare o almeno a far circolare il sangue. Portava una alta parrucca bianca e boccolosa, ed un trucco piuttosto pesante sulle guance. Salutò la marchesina con un finto accento francese. Era buffo e simpatico al primo impatto. Chissà se anche al secondo.
<< Lei è la duchessina de Polignac Francis, trattatemela bene, mi raccomando! E Dominique, lui è Sir Francis Wilkinson, il sarto migliore che ci sia! >> concluse ridendo.
<< Puoi ben dirlo cara, puoi ben dirlo.. >> disse con quel buffo accento, per poi rivolgersi a me, << è un piacere fare la vostra conoscenza mia cara, avevo tanto sentito parlare di voi, e sapevo che eravate bella, ma non immaginavo così tanto >> disse, con un timbro di voce profondo, senza alcuna traccia del ridicolo accento.
Jessica mi fece l’occhiolino divertita, mentre io assumevo un colorito incandescente.
<< Bene signore, ora veniamo a noi! Per quale motivo tanto chic avete chiamato il re delle stoffe? >> chiese, ritornando il buffo personaggio che era e assumendo una posizione piuttosto ridicola.
<< Per un compito speciale Francis.. E abbiamo bisogno di abiti altrettanto speciali.. >> disse la marchesina, arrossendo e con lo sguardo basso.
<< Interessante.. Continuate.. >> chiese con un sopracciglio arcuato.
<< Abbiamo bisogno di abiti meno decenti e più osè! >> disse Jessica tutto d’un fiato e viola dalla vergogna.
Il sarto perse la sua compostezza e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Dopo varie pacche sulla spalla da parte dei suoi pupilli, ci guardo stranito, stupefatto ma con una nota di malizia nello sguardo.
<< E’ per quel ballo, vero? >> disse ad occhi sbarrati dalla sorpresa, divertito.
<< Si >> rispose Jessica, a testa alta, ma rossa in volto.
Ancora più sorpreso, Francis riprese la sua posizione ritta e altera, << e sia allora! Sarete le più belle donne con abiti indecenti che la Stagione londinse abbia mai visto! >> disse solenne, per poi battere le mani.
I suoi pupilli si affaccendarono per mostrare a noi e al re delle stoffe tutti i tessuti più belli e pregiati, dalla seta al cotone più puro, dagli intricati disegni o dalla semplicità romantica, dal nero onice, al bianco panna. E non potevano mancare scarpe, cappelli, mascherine, parrucche, trucchi, scialli, calze e giarrettiere, dai più strani ai più particolari. Centinaia di stoffe e vestiti già pronti passarono per le nostre mani, senza tregua. Mi stavo togliendo un vestito, troppo colorato, con troppe balze, e con decisamente troppi merletti, con l’aiuti di Paul e Pauline, fratello e sorella davvero simpatici quando qualcuno, senza bussare, irruppe nel nostro intimo angolino dedicato agli abiti scandalosi. Un giovane uomo, bellamente e pigramente appoggiato allo stipite della porta, sgranocchiava una mela a grandi morsi, guardando sfacciatamente prima la marchesina, poi me. L’incredibile somiglianza fra Jessica e quel giovanotto mi portò a pensare che quello fosse Andrew, il fratello della mia amica. L’iniziale rossore, aumentò sempre più quando fui consapevole dei pochi pezzi di stoffa che mi coprivano e delle giarrettiere ben visibili.
Jessica, accortasi subito della presenza del fratello, proruppe, << Va via Andrew, gira a largo! Spaventi la nostra ospite! >> disse arrabbiata.
Il bel giovane, si bloccò con la mano in cui teneva la mela vicino alla bocca semiaperta. Probabilmente stava per addentare l’ennesimo morso, ma la sorella lo aveva interrotto. Spalancò un po’ gli occhi, guardando prima Jessica, poi me. La mano gli ricadde vicino al fianco.
<< Vi sto spaventando? >> mi chiese, gentile e sfacciato allo stesso tempo, con una sincera curiosità nello sguardo. Pareva anche divertito.
Non sapevo cosa rispondere, << n-no, n-non credo.. M-mi sento a disagio p-più che altro.. >> balbettai in un bisbiglio, ancora rossa in volto.
Il marchese mi sorrise divertito, ma stranamente quel sorriso mi rassicurò. Fissai più attentamente il giovane uomo che avevo d’avanti. Era alto e dalle spalle larghe, anche i muscoli erano piuttosto pronunciati. Aveva luminosi occhi verdi, contornati da folte ciglia scure, labbra carnose proprio come quelle della sorella, e un colorito pallido. Dei boccoletti neri come la pece, gli ricadevano sulla fronte, alcuni andavano quasi a coprire gli occhi. Andrew era un bel ragazzo, sicuramente non avrebbe avuto problemi nel trovare una bella fanciulla con una buona dote. Un cuscino volante lanciato dalla marchesina ci ridestò entrambi dai nostri sguardi, e il bel marchese riuscì per un pelo a scansare il proiettile, ridendo divertito, e scansando i successivi cuscini e giornali che la sorella imperterrita gli lanciava contro nel tentativo di colpirlo o almeno di allontanarlo dalla camera.
<< Beh, magari ci presenteremo stasera, Dominique! >> disse Andrew, ridacchiando fra un giornale volante e l’altro.
Fece un cenno con la mano, prima di chinarsi per evitare un cuscino, e scappò via ridendo. Ancora rossa in volto, guardai la marchesina che affannata e rossa in viso, cercava di soffiare via il ciuffo spettinato caduto d’avanti agli occhi. Prima incredula, poi divertita, scoppiai a ridere. Jessica mi guardò sorpresa, per poi unirsi alla mia risata. Sir Wilkinson ci riportò all’attenzione, battendo le mani.
<< Abbiamo troppo lavoro per perderci in chiacchiere e risatine, signorine! >> borbottò, per poi sorridere cercando di non farlo vedere.
Dopo due ore passate ad avvicinare stoffe e tessuti al nostro viso, per vedere quale tonalità si addiceva di più alla nostra carnagione, dopo aver provato decine di vestiti dalle forme diverse per vedere quale di questi esaltava di più le nostre forme generose, io e Jessica decidemmo quello che avremmo indossato l’indomani sera, con l’aiuto di Sir Wilkinson ovviamente, che soddisfatto, raccattò le sue cose per salire con i suoi pupilli nella sua strana e bizzarra carrozza, partendo a gran velocità. Sia io che Jessica, guardandolo andare via, concordammo che non era un gran che come cocchiere. Entrammo in casa infreddolite intenzionate ad andare a metterci vicino al fuoco, quando mi cadde lo sguardo sull’orologio a pendolo. Per poco non mi venne un colpo. Erano quasi le undici. Spalancai gli occhi. Il tempo era davvero volato e solo adesso che mi ero resa conto dell’ora tarda cominciavo a sentire le membra appesantite dalla stanchezza. Frettolosamente, consapevole della possibile strigliata di Gabrielle, mi guardai in torno in cerca del mio scialle e della mia borsetta. Gli afferrai al volo da un semplice attaccapanni. Jessica mi guardò stranita.
<< Vai via? Di già? >> chiese dispiaciuta, facendo un passo verso di me con le sopracciglia contratte e le mani unite in grembo.
<< Si, perdonami Jessica, ma sono veramente in un gran ritardo! >> dissi cercando di aggiustare i capelli.
<< Ma non ti ho offerto nulla! Nemmeno un the? >> chiese speranzosa facendo un altro passo verso di me.
<< Jessica, io.. Davvero.. N-non posso.. >> balbettai a disagio, dispiaciuta.
Lei mi bloccò con una mano, << non dire altro, capisco benissimo, ma domani non mi scappi! >> disse lei con un sorriso, alzando gli occhi al cielo.
Le sorrisi grata e l’abbracciai forte, grata. Chissà perché mi aspettavo che Andrew scendesse a salutare, ma non si fece vivo, riuscivo ad intravedere solo una lama di luce fuoriuscire da una porta socchiusa in cima alle scale. Scrollai le spalle. Salutando un ultima volta la marchesina salii velocemente in carrozza. Dopo pochi secondi sentii lo schiocco della frusta e gli zoccoli dei cavalli che a ritmo sostenuto mi portavano verso casa. Mi avvicinai allo sportello per poter guardare fuori, pensando a mia madre. Chissà cosa avrebbe pensato di me se avesse saputo quali programmi avevo per l’indomani sera. Appena i miei pensieri presero una brutta piega, cercai di scrollarmeli di dosso, ma i pensieri “giusti” non arrivarono, così fissai il cielo notturno, buio e pieno di stelle, contornato dagli alti alberi che si stagliavano nel soffitto buio tempestato di diamanti, come a voler rubare qualche piccola luce da tenere con loro. Pensai a tutto e a niente. Ormai, nonostante la paura, avevo preso la mia decisione e sorprendentemente, non me ne pentivo. Sarei andata al ballo, avrei danzato come non avevo mai fatto in tutta la mia vita, avrei chiacchierato di cose e con persone che non avrei neanche potuto mai immaginare, avrei vissuto un'altra vita. Per poco, ma comunque un  altro mondo. Per poco, ma comunque una diversa me. Forse avrei perfino potuto accarezzare un uomo. Arrossii a quel pensiero spudorato quanto indecente e mi meravigliai di me stessa aggiustandomi a disagio sul sedile, come se qualcuno avesse sentito quel pensiero peccaminoso. Gli zoccoli dei cavalli si fermarono e così la carrozza. Il mio cuore però cominciò la sua corsa e finalmente mi resi conto di una cosa. Quella sera stessa o la mattina dopo, avrei dovuto mentire alla mia tutrice, cosa di cui non ero esattamente capace. Avevo mentito, ma per piccole cose, spesso da bambina per evitare un a sgridata, ma non su una cosa così importante. Mi tremarono le ginocchia al pensiero. Scesi dalla carrozza e velocemente mi diressi verso l’entrata dispensando cenni con il capo e lievi sorrisi ad ogni inchino di cameriere e servitori. Una delle governanti, una donna anziana dall’aria rigida e severa, con una crocchia ben ordinata e una magrezza piuttosto inusuale nelle donne della sua età, mi aiutò a togliermi lo scialle e la borsetta, per poi fare un breve inchino e scomparire nel buio della casa. Faceva piuttosto freddo, avevo le dita dei piedi fredde. Mentre procedevo verso le scale per raggiungere la mia camera, sfregandomi con le mani le braccia fresche, sentii dei rumori sommessi. Non capivo bene di cosa si trattasse, così confusa e incuriosita salii le scale lentamente. I rumori continuarono, intensificandosi sempre più. Mi preoccupai. Probabilmente la duchessa stava male. Affrettai il passo, e riuscii a riconoscere da quale camera venivano precisamente i rumori. Non mi ero sbagliata, era la camera della duchessa. Cercavo di ascoltare attentamente, per capire se aprire la porta si o no. Cercando di fare silenzio, mi avvicinai piano alla porta. Poi una vaga consapevolezza si fece strada fra i miei pensieri. Quelli non erano sospiri di dolore. I restanti dubbi vennero spazzati via, da gemiti di piacere sempre più intensi e gridolini soffocati e non, e ruggiti che sembravano provenire da una bestia. I gemiti divennero più forti e sempre più frequenti, ed io indietreggiai schiaffeggiata dai pensieri e dalle immagini che affollavano la mia mente. Con una mano sulla bocca dischiusa, gli occhi sbarrati e il viso rosso per l’aria che non riuscivo a far entrare nei polmoni, indietreggiai sempre più velocemente, non guardando bene dove mettevo i piedi e dimentica ormai del silenzio da mantenere. I ruggiti e i gridolini si inseguivano e ormai riuscivo a sentire solo quello, mentre l’immagine della mia tutrice in una veste trasparente di un rosa seducente, con le cosce aperte, il viso arrossato e un uomo fra le sue gambe che si muoveva su di lei, mi riempì la mente, spaventandomi. Non avevo mai avuto visioni del genere nella mia testa. Non mi ero accorta di stare indietreggiando ancora, così andai a sbattere contro un mobile antico. Il tintinnio di oggetti caduti, interruppe i gemiti e i ringhi bestiali, che si trasformarono in attento silenzio. Il mio viso prima paonazzo, divenne di un bianco cadaverico mentre il panico si faceva strada fin nelle viscere. Dalla fioca luce che filtrava sotto la porta riuscii a vedere un ombra che cominciava ad avvicinarsi alla porta a grandi passi mentre un sospiro femminile e deliziato si disperdeva nell’aria. Spalancai gli occhi di botto, dimenticai gli oggetti caduti, presi velocemente un lembo del mio vestito e corsi verso le mie camere, più veloce che potevo, con il cuore a mille che insieme al rumore veloce dei miei passi sul tappeto, quasi simile ad un martello che batte su legno ricoperto di stoffa, mi assordavano formando una sintonia perfetta con il mio cuore, anch’esso impazzito. Mi sembrava di aver sentito la porta della duchessa aprirsi e l’inizio del corridoio riempirsi di luce. Sapevo di essere stata vista da chiunque avesse aperto la porta della camera in cui giacevano i due amanti, ma non me ne curai e continuai a correre a perdifiato per raggiungere la mia camera. I polmoni mi bruciavano, non riuscivo a respirare decentemente. Arrivai finalmente alla mia camera, mi ci fiondai dentro, e mentre chiudevo velocemente la porta una risata maschile riecheggiò per i corridoi. Mi appoggiai alla porta con il respiro affannato e tremolante, il seno che si comprimeva dolorosamente nello stretto corpetto, le stecche di quest’ultimo che mi infilzavano la pelle. Mi allontanai dalla porta prendendomi il viso fra le mani tremolanti. Non sapevo come reagire a tutto quello, come comportarmi adesso che la duchessa avrebbe sicuramente saputo, non sapevo cosa pensare. Bussarono alla porta e il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, guardai con un misto di panico e angoscia la porta.
<< Vostra Grazia.. Volete che vi aiuti per cambiarvi? >> disse la voce piccola e gentile di Eveline.
Un enorme sospiro di sollievo mi scosse. Portai una mano sul cuore impazzito come se quel banale gesto servisse per calmarlo.
<< N-no grazie Eveline, faccio da sola.. >> dissi con voce tremolante.
Sentii la giovane darmi la buonanotte e allontanarsi. Respirai, come se non lo facessi da anni. Mi buttai sul letto, affondando la faccia nel morbido tessuto. Non riuscivo a vedere niente in quel buio soffocante, solo vari puntini e strisce verdi, arancioni rosse e forse anche blu che mi danzavano scoordinate d’avanti agli occhi. Riemersi dopo qualche minuto. Tutti i pensieri presero una nota angosciante quando mi guardai in torno, ripiombando nella realtà. Feci un sospiro sconsolato, strizzando poi gli occhi e facendo diventare le mie labbra una sottile linea dura e stanca. Va’ a impiccarti, dissi mentalmente non sapendo bene a chi. Forse a me stessa. Mi rialzai lentamente, e con un gemito mi rimisi in piedi. Ero a pezzi, sia dentro che fuori. Svogliatamente mi accinsi a togliermi il vestito. Fin qui tutto liscio. Ma poi, da brava gatta nera, mi si presentò il solito problema. Il corpetto. Non riuscivo a slacciarlo da sola e di dormirci non se ne parlava visto che le stecche mi si conficcavano nella schiena e non volevo ritrovarmi dolorante e piena di brutti segni violacei sulla mia pelle. Pensai per qualche secondo, e poi mi decisi. Mi diressi verso il bagno, presi un rasoio e tagliai il dietro del corpetto, liberandomi da quell’indumento infernale. Tolsi mutandoni, giarrettiere e quant’altro rimanendo nuda. Mi infilai nel letto. La luce filtrava dalla finestra, ma non era certo questo il motivo per cui il sonno tardava ad impossessarsi di me. Pensavo, pensavo, pensavo, arrossendo ogni volta che inevitabilmente i miei pensieri mi portavano ai gemiti di passione della mia tutrice. Un brivido mi percorse, mi morsi le labbra. Nonostante cercavo di non ammettere certe cose a me stessa, uno strano calore formicolante mi aveva scossa mentre sentivo quei gridolini. Era.. Desiderio?  Possibile? Non avevo mai provato quella sensazione riguardante un atto così intimo.. Eppure il liquido calore al basso ventre parlava chiaro. Sentii delle voci sommesse in corridoio. Un uomo e una donna. Poi riconobbi la voce della duchessa. Il cuore prese a tempestarmi di pugni il petto, ma la curiosità ebbe la meglio. Mi alzai silenziosamente dal letto, e mi avvicinai alla porta, aprendola piano e di qualche centimetro, giusto quello che mi serviva per poter sentire e vedere meglio. In  quello strano silenzio, il mio respiro affannato sembrava rumoroso. Vidi un ragazzo molto alto e dalle spalle imponenti, i magnifici capelli rossi illuminati dai raggi argentei della luna. Era sulle scale con la duchessa, si tenevano stretti, mormorandosi parole dolci, come due innamorati. Gabrielle non gli arrivava neanche alla spalla, e lui dovette abbassarsi di parecchio per baciarla. Poi la lasciò, spingendola via bruscamente, e se ne andò. Nel momento in cui si girò, riuscii a vedere due sublimi occhi azzurri e un viso bellissimo. Non doveva avere più di venticinque anni, constatai scandalizzata. Per qualche secondo mi sembrò anche che quegli occhi freddi si puntassero su di me, facendo poi un lieve sorriso divertito. La porta d’ingresso sbattè, e la duchessa fece un sospiro. Poi si girò, e puntò lo sguardo sulla mia porta. Indietreggiai di botto, con la paura che mi avesse vista e corsi nel mio letto, con i passi di Gabrielle che si facevano sempre più vicini. Sentii la porta aprirsi lentamente, e subito mi schiacciai atterrita ai cuscini. Non ero pronta per affrontare la duchessa! Oh, Santo Cielo!
<< Dormi? >> sussurrò con dolcezza Gabrielle.
Dolcezza? No, avrebbe dovuto essere infuriata, quindi era più probabile che mi fossi immaginata quel tono tanto caro.
<< No.. >> risposi nel medesimo tono. Stavo per prendere fiato per cominciare a scusarmi quando lei parlò.
<< Allora, come è andata la serata? Sei tornata piuttosto tardi.. >> disse con voce bassa e flautata con una nota di rimprovero.
<< G-già, i-io.. Ehmm, ho perso la cognizione del tempo.. Scusami.. >> dissi, non sapendo bene cosa dire o come comportarmi. La duchessa invece sembrava a suo agio e rilassata più che mai, con i capelli un po’ arruffati, le gote di un rosso acceso come le labbra, gonfie per i baci. La veste sottile faticava a nascondere le sue sensuali forme, baciate dai raggi argentei della luna.
<< Tu e Jessica state diventando molto amiche vedo >> disse con un sorriso, << ne sono felice >> concluse con una carezza ai miei capelli. Il mio pensiero corse subito a cosa ci avesse fatto con quelle mani prima di accarezzarmi e se almeno le avesse lavate. Gabrielle, come se avesse capito la direzione dei miei pensieri, fece una risatina divertita, per poi accarezzarmi la guancia e strusciare il suo pollice contro le mie labbra, << oh, così bella, così bella.. >> mormorò, sognante.
Non mi stupii. Gabrielle era sempre stata una donna particolare. Peccato che solo quella sera mi fossi resa conto di quanto lo fosse. Chissà se sua madre era a conoscenza di certi comportamenti della sua cara amica. Scossi la testa, liberandomi di quei pensieri e di quelle carezze. La duchessa mi baciò la fronte, mi diede un buffetto sulla testa e poi cominciò ad avviarsi alla porta. Ora o mai più, mi dissi, cercando di accumulare tutto il coraggio di cui disponevo, servendomi del buio per celare un eventuale rossore sul mio viso.
<< Gabrielle.. >> la chiamai a bassa voce, esitante.
Lei si girò di scatto, con un sorriso, i bei capelli scuri le incorniciavano il viso delicato, << Mhm? >>
Presi un respiro, << domani sera, sono stata invitata alla reggia dei FitzMaurice, si prenderà un the con alcune ragazze dell’alta società, e Jessica mi ha invitato a restare a casa sua per la not.. >> fui interrotta bruscamente dalla duchessa.
<< Vai alla festa? >> chiese, alzando di un po’ la voce, ma sempre con un sorriso. Non riuscivo a capire se fosse sincero o meno, ma restai comunque atterrita dalla sua domanda così diretta che proprio non mi aspettavo. Il cuore prese a battermi all’impazzata, ed io non sapevo cosa rispondere. Il sorriso di Gabrielle si affievolì, e arcuò le sopracciglia, << allora? >>, chiese, con voce mielosa.
<< Si.. >> risposi, impotente e atterrita gli occhi spalancati fissi nei suoi.
<< Bene! Divertiti cara, e non provare a mentirmi di nuovo! >> disse ridendo, ma con occhi serissimi.
Non sapendo che dire o cosa fare, mi limitai ad annuire impercettibilmente. Gabrielle uscì dalla stanza a passo svelto, quasi saltellando, mentre ridacchiava. Con la bocca ancora dischiusa, ma gli occhi che ritornavano al loro posto, mi accasciai sui cuscini, dopo aver fissato a lungo la porta chiusa, stupefatta. Cominciai a farmi domande, che richiedevano risposte che non arrivavano. Ma ero davvero pronta a catapultarmi in un mondo di cui non sapevo niente? Ed ero davvero sicura di conoscere il mio mondo? La duchessa si era rivelata una donna piuttosto libera, perfino con ragazzi così giovani, e forse anche Jessica, per quanto avesse un aspetto fragile e delicato, sembrava più esperta su certi argomenti. Ripensai a quel bel ragazzo, dal viso meraviglioso, gli occhi sublimi e dalla stazza imponente. Aveva un accento che mi ricordava tanto qualcosa. Pensavo e ripensavo a quegli occhi glaciali, e alla teoria dei due mondi, riflettendo per la prima volta che forse ne esisteva solo uno ma con tante facce di cui io non ero a conoscenza. Caddi in un sonno profondo, fatto di gemiti di piacere, ringhi, e spalle imponenti. Peccato che nel sogno la duchessa non fosse presente. 













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Salve a tutti!
Mi scuso immensamente per il ritardo, ma purtroppo fra feste e salute scadente, il computer l'ho visto poco e niente! Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono! Grazie davvero infinite! Un bacione e al prossimo capitolo :)
  
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