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Autore: ArtemisiaSando    04/01/2012    2 recensioni
Credo sia la prima fanfiction ispirata alla serie videoludica Uncharted :) La storia che voglio presentare parla del fortuito incontro tra un giovane Victor Sullivan e la cantante di un bar in una città appena devastata dalla guerra.
Nascerà immediatamente qualcosa tra i due personaggi, che pure si vedranno costretti ad affrontare ciascuno i propri demoni personali per poter costruire una relazione. Il passato della ragazza ed il "lavoro" di Sully riusciranno forse a minare la loro amicizia...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

Sullivan non si limitò a tornare la sera seguente, ma per molte sere a seguire si ripresentò nel minuscolo bar solo per vederla. Ormai conosceva molte delle sue canzoni e riusciva comunque ad apprezzarle ogni giorno, era sicuro che la ragazza si fosse accorta della sua presenza ed ogni sera la scopriva ad osservarlo attentamente mentre beveva il suo scotch o fumava il sigaro. Forse era semplicemente una sua impressione, ma più si abituava alla sua presenza più la ragazza gli sembrava bella, anche se bellezza per lei sembrava più un eufemismo che un attributo. Qualche volta gli era parso quasi impossibile che potesse esistere qualcosa del genere al mondo, un tesoro di una preziosità talmente rara ed inestimabile da non poter essere paragonato a nulla che Sullivan avesse mai rubato in vita sua.

Alla decima sera Sully decise di attuare il suo piano: sarebbe uscito dal locale molto prima della fine dell’esibizione e l’avrebbe aspettata nel vicolo su cui dava la porta sul retro.

Quando fu nel vicolo tenuemente illuminato si accese un sigaro, e accostandosi al muro accanto alla porta attese pazientemente.

 

Lo straniero se ne era andato presto quella sera, ed Estel l’aveva osservato uscire con un tenue senso di disagio. Si era abituata alla presenza dell’uomo che gentilmente l’ascoltava ogni sera con un dolce sorriso sulle labbra, se avesse avuto più rispetto per se stessa avrebbe chiesto il suo nome, si sarebbe avvicinata al bello sconosciuto ricambiando quell’interesse che sembrava provare per lei. L’istinto le diceva che avrebbe potuto fidarsi, lasciarlo entrare, il buon senso la rimetteva in riga ogni sera, ricordandole che avere un qualsiasi tipo di relazione con qualcuno sarebbe stato un rischio che non poteva permettersi di correre.

Non sapeva quanto a lungo sarebbe rimasta, né quanto a lungo sarebbe rimasto lui, probabilmente quell’improvvisa uscita significava un’imminente partenza e il pensiero le punse spiacevolmente il cuore, ma allo stesso tempo la costrinse a riportare i piedi saldamente a terra.

Concluse la serata e, come sempre, si avviò verso la porta sul retro. Le sembrò strano, appena uscita sul vicolo, sentire un forte odore di sigaro impregnare l’aria.

 

Il cuore mise Victor Sullivan in allarme ancor prima che il cervello elaborasse il rumore della serratura che scattava. Col battito irregolare ancora nella gola, lanciò il mozzicone di sigaro a terra e aspettò che la ragazza si facesse strada attraverso l’uscio. I capelli ramati ondeggiarono appena alla brezza della sera e un intenso profumo di fiori freschi gli inondò i polmoni, non appena la donna gli passò accanto senza accorgersi della sua presenza.

- Ehi!- la fermò con voce più rauca di quanto si sarebbe aspettato, non appena quella prese a camminare nella direzione opposta, ondeggiando piacevolmente i fianchi. La ragazza si arrestò a pochi passi da lui, voltandosi, apparentemente tranquilla. Un mare d’oro lo inondò, nonostante lo sguardo di lei non fosse dei più amichevoli:- Non voglio problemi.- fiottò distogliendo lo sguardo e riprendendo a camminare.

Sully si morse distrattamente il labbro inferiore, non poteva lasciarla scappare così:- Aspetta.- disse piano afferrandole delicatamente il braccio esile e caldo, questa volta la ragazza rilassò lo sguardo, stupita.

- Tranquilla, non voglio farti del male. Non sono come gli altri sciacalli lì dentro.- continuò dolcemente lasciandola, l’ultima cosa che voleva era metterla in una brutta situazione.

- No, infatti non sei come loro. Sei l’unico che è stato tanto sfrontato da seguirmi fin qui.- scherzò lei, nascondendo per un istante gli occhi d’oro tra le lunghe ciglia nere. Sully si sentì mancare il respiro, averla così vicina era tutta un’altra cosa e per un attimo non seppe cosa rispondere, se non sfoderando un modesto sorriso dei suoi che di solito con le donne aveva sempre funzionato.

Poi improvvisamente la risata leggera e melodiosa di lei ruppe il silenzio, suscitando in Sullivan la stessa reazione:- Davvero, che sei venuto a fare?- sorrise dolcemente, ma senza indietreggiare.

 

- Volevo solo sapere il tuo nome. – si sentì rispondere e per un attimo Estel rimase confusa dal calore che il viso dello sconosciuto aveva acceso nel suo cuore. Lo guardò intensamente nelle iridi azzurre e seppe che poteva fidarsi, il cuore gli batteva talmente forte nel petto che quasi arrossì per lui e per un istante la tentazione di toccarlo fu così forte che temette di non resistere.

 

Sully ricevette lo sguardo più intenso che avesse mai visto, quasi la ragazza gli stesse guardando direttamente attraverso l’anima. Resistette all’impulso di abbassare gli occhi e dopo un lungo istante la vide tornare a sorridere, bella come la primavera. In quel momento capì che ormai la sua priorità non era portarsela a letto, improvvisamente quel desiderio era stato scalzato da qualcosa a cui non avrebbe saputo dare un nome.

- Estel. Il mio nome è Estel June. – soffiò e solo allora l’uomo si accorse di quanto erano rimasti vicini, sorrise appena sperando di non sembrare troppo idiota e resistette all’impulso di abbracciarla.

- Victor Sullivan, per gli amici sono Sully.- ghignò abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe, non gli era mai successo di essere tanto impacciato con una donna, soprattutto una che doveva essere press’a poco di dieci anni più giovane.

- Ora devo proprio andare.- sorrise lei indietreggiando di qualche passo, non sembrava infastidita e Victor ne fu piacevolmente sorpreso.

- Stai attenta.- gracchiò istintivamente vedendola girare le spalle e allontanarsi, lei si voltò con un gesto distratto della mano:- So badare a me stessa.- lo canzonò, non poteva darle torto, era stata una delle frasi più stupide che avesse mai usato per approcciare qualcuno. Gli rivolse un ultimo fugace sorriso e con una scrollata di spalle se ne andò, salendo in fretta le scale alla fine del vicolo male illuminato.

Sully guardò la figura esile dai capelli ramati sparire in lontananza maledicendosi tra i denti:- Stai attenta? E chi cazzo sono? Sua madre?- si rimproverò con voce roca, prendendo un altro sigaro dal taschino della guayabera. Non riuscì ad accenderlo, invece si lasciò pesantemente andare contro il muro battendovi forte i palmi di entrambe le mani, notando solo in quel momento che tremavano.

- Diavolo! Il cuore … - ghignò dovendo ansimare per riprendere velocemente il controllo, e quello cos’era? Non aveva mai avuto una reazione del genere, anche con le donne più belle che aveva incontrato e ora il cuore gli batteva in petto come ad un ragazzino alla sua prima cotta.

Prese un respiro profondo e passandosi una mano tra i capelli decise che era ora di smetterla con quella farsa, non poteva lasciarsi vincere da una ragazzina, doveva dimostrare a se stesso che poteva essere una delle tante. Accese il sigaro prendendo una generosa boccata e si avviò verso il suo albergo.

   
 
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