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Autore: RossaPrimavera    04/01/2012    6 recensioni
-Il nostro non sarebbe amore quindi?
-Esattamente. E' solo un gioco.
-Però converrai che sappiamo giocare molto bene... Attenta, potrei renderti piuttosto felice.
-Non dirlo: potrei prenderti sul serio.
E' uno scontro da film americano di serie B quello tra Edie e Clay, tanto diversi quanto irrimediabilmente simili.
Tra le pareti di una scuola dove vige un ridicolo assolutismo, in una dimensione a se stante basata sul culto dello specchio, può una sola ragazza stravolgere il corso delle cose?
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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 “Senza offesa, ma tu rappresenti più o meno tutto quello che disprezzo di questo mondo"
[Rich, Skins]

 

Physical Logical Temptation
di   Elle H.

 


 

CAPITOLO SECONDO
"In cui è facile confondere e venir confusi"


"We are living in the age
in which the pursuit of all values other than 
Money, Success, Fame, Glamour,
has either been discredited or destroyed"

 

Il risveglio è la prerogativa di ogni incubo: se non venisse mai l’ora di riaprire gli occhi, un sogno non potrebbe definirsi come tale.
Ma la vera fregatura dell’incubo sta proprio nel risveglio, quando la sensazione di orrore si mette in testa di seguirti.
E quando pensi di essere al sicuro, in realtà non sei mai fuori pericolo.
Questo era stato per Edie trascinarsi fuori da quello squallido bagno.
Probabilmente senza l’aiuto di Violet non ce l’avrebbe mai fatta, ma Dio solo sapeva con quale coraggio era riuscita a camminare a testa alta nei corridoi affollati, nonostante apparisse completamente a pezzi.
Inutile dire che la notizia aveva impiegato davvero ben poco tempo per compiere il giro dell'intero istituto: all’uscita buona metà del corpo studentesco la guardava tra l’incuriosito e il derisorio, sussurrando che: “Quel gran figo di Clay l’aveva fatta pagare ad una nuova”.
“Quel gran figo di Clay può anche andare a fare in culo” ribadì Edie sepolcrale, stravaccata sul letto con gli occhi fissi al soffitto.
Violet le lanciò un’occhiata preoccupata, gettando poi di conseguenza uno sguardo tutt'intorno.
“Forse per distarti un po' potresti iniziare a dare una sistemata, che dici? Senza offesa, ma questo posto inizia davvero a somigliare ad una discarica”
Né grande né troppo piccola, quella semplice stanza racchiudeva in sè più caos dell’intero appartamento in cui Edie si era trasferita.
Scatole e sacchi della spazzatura, in cui aveva raggruppato la sua moltitudine di averi, regnavano ovunque incontrastati, occupando ogni superficie disponibile tanto da impedire il movimento. Pericolanti pile di libri e vestiti, accatastate le une sulle altre, erano state relegate nell’unico angolo rimasto disponibile, minacciando il crollo ogni qualvolta qualcuno vi passava accanto. E come ciliegina sulla torta a completare quella desolazione, le pareti erano state del tutto dimenticate, lasciate disperatamente bianche e spoglie. Era più che evidente come la ragazza, nonostante fosse tornata da più di due settimane, si ostinasse a non muovere un solo dito per ricominciare la propria vita in quel luogo.
“Non ne ho voglia” ribatté infatti poco dopo.
“Edie potremmo almeno organizzarci per dipingere le pareti, il colore che hai scelto è ancora di là...”
La giovane alzò lo sguardo, incontrando una zazzera di capelli castani sul limitare della stanza.
“Sparisci tu, sono ancora incazzata” sibilò al fratello.
Non era stato come con Violet: le differenze su Riley si notavano a vista d’occhio.
Una volta così simili tra loro, pareva ora esser cresciuto tutto d’un colpo, superandola in altezza e arrivando a dimostrare molto più dei suoi sedici anni; oramai solo alcuni sporadici tratti del volto le ricordavano il proprio, così simile a quello della loro madre.
Ma ciò che più l’aveva scioccata era stato scoprire come il suo fratellino avesse, in quei quattro anni di distanza, sviluppato un incredibile e snervante buonsenso, capace di innervosirla con la propria ragionevolezza sin da quando aveva varcato la porta di quella nuova casa.
“Ehi, come non detto” rispose, alzando le mani e battendo in ritirata.
Non era facile calmare Edie, non quando sapeva di avere ragione.
E purtroppo per i due ragazzi, dapprima preoccupati e poi atterriti, aveva tutti i diritti di farla valere.
“Spiegatemi: cosa ha estromesso dalle vostre calotte craniche l’urgenza di dirmi che quella cazzo di scuola assomiglia ad una schifosa dittatura?” aveva esordito poco prima, urlando quasi. Le scuse erano state pressoché incomprensibili, tanto da lasciarle l’amaro in bocca: non riusciva a capacitarsi di come, nonostante tutto il tempo trascorso, venisse ancora considerata tanto vulnerabile.
Ma in particolare l’idea che vivere in quella città e frequentare quella scuola la condannasse ad un anno di svilimenti e nuovi problemi proprio non le andava giù. 
Violet, inconsapevolmente, non faceva che aumentare il volume della sue paranoie.
“E se Clay tornasse a cercarti? E se si fissasse su di te?"
"Gran bella vita per me" si limitò a ribattere l'amica con serafico sarcasmo.
 "Edie, non scherzare! Se succedesse non immagini che casini uscirebbero... non sei certo la prima che viene presa di mira in questo modo"
“E fammi capire bene, tu saresti persa di una persona del genere?” aveva replicato seccata, riferendosi a Neils Dunham.
Ma era una domanda stupida, Edie lo sapeva bene. Erano bastate poche, sommarie spiegazioni per permetterle di delineare le figure di quei sei ragazzi, capaci di ammaliare e incutere una sorta di timore riverenziale a loro piacimento.
Non aveva mai frequentato una scuola privata, non aveva mai conosciuto la patinata vita della sua stessa città natale.
Come la pessima parodia di un film, era chiaro quali fossero le cose che lì contavano per davvero: i soldi, la fama, la bellezza, il potere.
Tutti elementi che ai membri del suddetto “Comitato Studentesco” parevano non mancare, mentre la povera marmaglia che li circondava si sforzava di conquistare un posto nella loro cerchia dorata.
“Dovrai stare più attenta a parlare d’ora in poi. Le voci girano in fretta all’Hundred, e se loro sapessero…” aveva continuato Violet a redarguirla, con una serie di regole che ad Edie erano sembrate sempre più stupide; dal non poter fumare senza il loro permesso, al ricevere permessi e giustificazioni extra dietro favori dalla dubbia entità.
“Ti prego, dacci un taglio. Questa roba inizia ad assomigliare fin troppo ad un pessimo mischiotto tra Skins e Gossip Girl. E' nauseante"
Quest'ultima battuta aveva segnato la conclusione di quella pessima conversazione.
Era rimasta distesa sul quel letto mezzo sfatto per ore, coperta contro il sottile gelo autunnale da un pesante piumone,  cullata da gracchianti note di sottofondo.
“Hey come on, cut your crap, get it on, I'm kicking back! You've got to, hah hah, to give it to me baby!”
Già appena tornata avrebbe dato qualsiasi cosa per poter scappare altrove.
Anzi, probabilmente neppure quello: vuoi per pigrizia, vuoi per l’assoluta ignoranza sul dove fuggire. Avrebbe preferito semplicemente scomparire, risucchiata da una voragine magari.Come Alice nel Paese delle Meraviglie. Ma quella in cui si trovava non pareva a sua volta una dimensione completamente estranea? 
Poteva quindi già considerarsi un po’ un’Alice a sua volta...Certo, molto più cresciuta e incasinata.
“Vedi non era così fino a tre anni fa… C’erano solo quattro ragazzi viziati e un po’ stronzi, a cui alla fine non si faceva neanche caso. Ma poi al terzo anno sono arrivati Clay e Neils, entrambi ripetenti, e da lì le cose hanno incominciato a cambiare” le aveva raccontato vagamente Vi.
Più ascoltava le navigate nozioni di Violet farsi strada nella sua testa, più si ritrovava a domandarsi in quale delle due metà della scuola avrebbe dovuto annoverarsi: in quella che li osannava, o in quella che ne era terrorizzata? 
Avrebbe forse dovuto passare il resto delle sue giornate a nascondersi nei corridoi?
Ma a giudicare dal senso di nausea che realizzò di provare di fronte a quel quesito, capì di aver già preso inconsapevolmente una propria decisione. 
Era tornata in quella città per ricominciare da capo, per dimenticare quegli opprimenti quattro anni... Quel primo giorno di scuola era stato un totale fuori programma, ma si rifiutava di trascorrere il suo ultimo anno di scuola a litigare con una manciata di idioti megalomani.
Per un attimo Edie tornò a sentirsi forte e sicura di sè, cosciente che se non altro ci avrebbe provato a tenergli testa, a costo di imparare a giocare sporco, ma poi il suo pensiero tornò a quel bagno, a quanto era successo. A quel bacio strappato con la forza che aveva avuto il potere di turbarla.
E riconsiderando l'intensa occhiata carica di desiderio di Clay Durless, per un attimo non fu più così sicura.

 


"Money Success Fame Glamour
For we are living in the age of the thing!"

[Party Monster, Felix da Housecat] 

 

Anya aveva acquisito con il passare degli anni un passo che la distingueva da qualsiasi altra studentessa di quell'istituto; quando muoveva i piedi, questi parevano sincronizzarsi con precisione marziale, ma con tale leggerezza che del soldato aveva come uniche qualità velocità ed efficienza.
Alta e dritta come un fuso, corti capelli biondi a contornarle il viso minuto, solo un cieco non l’avrebbe notata.
Ma non era solo la sua bellezza a far sorgere una serie di bisbigli e commenti mormorati al suo passaggio: al quinto anno di frequenza lì all’Hundred, Anya Faraday era un nome che riscuoteva un certo discreto rispetto.
Ogni giorno si stupiva da sola di come fosse divenuta oggetto di imitazione, venerazione quasi.
La maggior parte delle ragazze dell’istituto sembrava averla eletta come modello per confutare l’impossibile; spesso notava come i loro occhi la seguissero e la studiassero, osservandole il trucco, la pettinatura, persino i suoi stessi movimenti.
Ma nonostante ciò Anya era sempre stata piuttosto riluttante ad elargire consigli alla moltitudine di giovani che l’assillavano, indipendentemente che fossero al primo o al quinto anno, o che possedessero realmente fortunate doti fisiche o materia grigia. Anche perché supponeva che per tediarla con tante idiozie, l’ultima prerogativa doveva mancar loro terribilmente.
Quello che la maggior parte delle ragazze faticava a capire era l’assoluta inutilità di mezzucci per conquistare uno di quei ragazzi; quando però si accingeva a spiegare loro l’ultimo concetto, queste si ostinavano stupidamente a fare orecchie da mercante.
Per quanto le dispiacesse vederle buttarsi senza speranza tra le braccia dei ragazzi del Comitato, non poteva fare altro che limitarsi a pensare che quella era la loro giusta punizione. Non aveva mai avuto la stoffa della babysitter, men che meno per delle bambine troppo cresciute.
In fin dei conti ognuno ha le sue priorità, e quelle di Anya assumevano quasi sempre un unico nome.
Come ogni giorno raggiunse il tetto dell’edificio quasi correndo, rabbrividendo non appena il vento gelido le frustò le guance.
Portava con sé odore di inverno, odore di neve, odore del periodo dell'anno che più amava.
“C’è aria di Natale”
“Ma se mancano ancora due mesi! Pensa ad Halloween, piuttosto”
“Per l’occasione potremmo andare a Parigi, non credi?”
“Halloween a Parigi?”
“Natale a Parigi!”
I più maligni sibilavano che probabilmente quei due avrebbero finito per sposarsi, ma nessuno dei due pareva curarsi minimamente dei pettegolezzi, per quanto comunque avessero un certo fondamento di verità. In realtà non erano mai stati quel tipo di coppia che si sussurrava commossa il “per sempre”, il loro rapporto era sempre stato estremamente particolare, incomprensibile ai più. Connor Lee si differenziava dagli amici solo per questo, perché a costo di sembrar ridicolo, mai gli era passato nella testa di desiderare qualcuna che non fosse Anya.
Anche ora, allacciati l'uno all'altra come ogni intervallo da cinque anni a quella parte, si limitarono ad ignorare lo sguardo critico che li rimirava poco distante.
Un attimo dopo uno schiarirsi di gola li fece trasalire.
“Anya, devo chiederti un favore” esordì Neils.
C’era stato un periodo, non appena l’aveva conosciuto, in cui Anya si era quasi scoperta affascinata da lui.
Ci teneva a specificare il quasi, perché non aveva tardato nell’accorgersi che dietro tanta serietà, oltre un fare tanto rigido quanto compito, Neils nascondeva tutt’altra identità. Con la sua facciata da bravo ragazzo riscuoteva una certa ammirazione, qualità che però era quasi sempre in pieno contrasto con le reali intenzioni.
Perché Anya ben sapeva che, dietro quel fare da falso damerino, Neils Dunham non era nient'altro che un grandissimo figlio di puttana.
Era anche suo il merito, assieme a Clay ovviamente, di aver unito persone tanto diverse sotto un’unica bandiera, accomunandole ad un unico scopo: divertirsi.
Assoggettare completamente l’istituto e instaurare una sorta di monopolio era stata un’idea loro, un concetto che aveva generato diverse conseguenze, più o meno piacevoli.
“Fammi indovinare… Il solito?” chiese la ragazza alzando gli occhi al cielo esasperata.
“Più o meno. C’è una ragazza nuova in classe con te, giusto?”
Anya questa volta aggrottò le sopracciglia, a disagio.
“Sì, Edie. Aspetta… non dirmi che volete farle qualcos’altro”
“Non è che ci sta andando un po’ pesante, questa volta?” suggerì Connor, osservando l’espressione preoccupata della fidanzata.
Neils rise, minimizzando la questione con un gesto della mano.
“Questo lascialo decidere a Clay. E poi, da quando ti preoccupi per delle altre ragazze? Non devi far’altro che portarla stasera” 
Ma Anya pareva tutt’altro che convinta, considerando che quella ragazza aveva riscosso la sua simpatia in tempo record.
“Non mi sto preoccupando, semplicemente è una ragazza a posto, dovrebbe lasciar perdere. E poi non posso certo obbligarla a venire in un posto che eviterebbe come la peste, non è una vittima sacrificale!” ribatté profondamente contrariata.
“Ma certo che puoi, basta che convinci la sua amica, Violet. Anche lei è in classe con te, se non sbaglio”
“Tu che ti ricordi un nome? Mi sorprendi!” lo schernì la giovane.
“Diciamo pure che non è niente male, mi muore dietro da una vita e non vedo perché non considerarla... Lasciale intendere che potrei trascorrere la serata con lei. Ma porta Edie, assolutamente”
Anya rimase basita di fronte alla sfacciataggine e alla meschinità del ragazzo, e gli rivolse un lungo sguardo carico di rancore.
“E se non dovessi farcela?”
“Oh ce la farai, eccome se ce la farai” concluse il ragazzo con un sorriso, che pareva più un ghigno, dipinto sulle belle labbra.

 

"I have a problem that I cannot explain,
I have no reason why it should've been so plain"

 

End of Line.
Baluardo dell’eleganza e della ricercatezza, mecca di un giovane pubblico assetato di patinato divertimento.
Una vera e propria Hollywood per coloro che cercavano una serata sotto le luci di una piccola ribalta.
L’esterno prometteva sorprese, l’interno di certo non deludeva: superfici bianche, ambiente asettico, vetrate tirate a lucido per rispecchiare gelidi giochi di luce.
Edie guardò la folla di ragazzi e ragazze che si accalcavano con diligenza all’entrata, frettolosi di proteggersi dal freddo e lanciarsi nella loro personalissima, luccicante serata.Erano tutti vestiti di una squisita accuratezza, tanto che per un attimo dubitò del proprio inevitabile, semplice aspetto.
“Oh, ora ho capito perché hai voluto che ci vestissimo da zoccole” disse all'amica.
Violet scattò come una vipera, assestandole un pizzicotto poco convinto sul braccio.
“Non sono vestita da zoccola” sillabò contrita.
Vi pareva particolarmente nervosa quel sabato sera: avanzava agitata verso la pista, lisciandosi lo striminzito abito dorato e gettandosi attorno continue occhiate apprensive.
“Hai intenzione di dirmi finalmente il motivo per cui mi hai trascinata qui stasera?” le domandò Edie, avvicinandosi ed immergendosi in quell’atmosfera di buio e luce, lampi blu e argentei che facevano rilucere ogni singola pagliuzza applicata al suo tubino nero.
“Te l’ho detto… Era solo per provare qualcosa di nuovo” le rispose istantaneamente.  
Ben presto Edie fu costretta ad accettare l’idea che l’amica, per la prima volta nel corso della loro lunga amicizia, avesse deciso di nasconderle qualcosa.
La prima tappa fu il bar, dove vide Violet aggrapparsi ad un cocktail quasi fosse un’ancora di salvezza. Valutò attentamente l'amica, non potendo fare a meno di notare come quella sera avesse cercato di rendersi il più appariscente possibile; più guardava il suo abito, più le ricordava l’incarto di un Ferrero Rocher.
Aveva passato diversi minuti a cercare di estorcerle informazioni su quel posto, per il semplice timore di doversi di nuovo ritrovare a contatto con la sgradevole combriccola dell'Hundred, ma aveva ottenuto solo risposte evasive, degli inconcludenti "Forse sì, forse no".
Eppure, osservando la serie di ragazzi e ragazze che le sfilava attorno, dovette ricredersi. Non impiegò poi molto a notare che la maggior parte di quei volti li aveva già intravisti nella sua stessa scuola. Per un attimo fu tentata di trascinare Violet fuori dal locale a viva forza e obbligarla a vuotare il sacco, ma poi si fermò paralizzata ad ammirare la ragazza che si stava facendo strada verso di loro.
Un viso straordinariamente calmo, una bambola di porcellana in abito bianco e labbra cremisi.
Edie era rimasta subito impressionata da Anya, la rappresentante della sua nuova classe, poiché aveva facilmente compreso che era a lei che si ispirava la maggior parte della componente studentesca femminile. Nonostante la trovasse bella e persino interessante, invece di sprofondare nella venerazione non aveva potuto fare a meno di compatirla per la sua posizione, ottenuta per la semplice capacità di sapersi accollare un ragazzo.
“Violet, Edie, che bello che siate venute!” urlò la ragazza sopra al volume della musica, con una confidenza eccessiva rispetto a quella che in realtà possedevano, che risuonò nella testa di Edie come un campanello d'allarme.
Un attimo dopo, senza un apparente particolare motivo, ricevettero un invito al piano superiore, il cosiddetto privé.
E fu in quel momento, salendo delle scalinate trasparenti e osservando dall'alto la folla scatenata, che Edie intuì che quella serata sarebbe stata tutto meno che tranquilla.

  

" Have no questions but I sure have excuse,
I lack the reason why I should be so confused"

 

“Ehi Clay, c’è il tuo nuovo hobby” disse Neils, occhieggiando la sala inferiore da dietro le grandi vetrate del privè.
L'amico però non diede segno di aver sentito, intento a dedicare la sua attenzione da tutt'altra parte.
L’unica cosa che gli perveniva in quel momento erano dei bassi gemiti e inequivocabili sospiri di piacere, che a tratti gli occludevano piacevolmente l’udito: la lingua infilata nella bocca della ragazza sotto di lui, la mano che si dava da fare sotto il suo vestito, quello non era nient'altro che il preludio di un'ottima serata.
Sapeva come comportasi con una donna, o con una ragazzina che fosse... e a giudicare dalla quella soave voce spezzata, la ragazzina in questione doveva apprezzare, eccome se doveva.
Clay alzò la testa e cercò di guardarla in viso, nonostante la fioca luce che attorniava  la zona dei divanetti.
Non era affatto male, decisamente non lo era. Anzi era decisamente carina... eppure tutto di lei era così ordinario.
“Come hai detto che ti chiami, tesoro?” le chiese in modo molto poco galante.
La ragazza smise di contorcersi debolmente, fissandolo ad occhi sgranati.
“Nicole… Te l’ho detto poco fa!” rispose offesa, ma il ragazzo tornò in un attimo a confortarla con le labbra, strappandole un nuovo sorriso.
“Un nome bello quanto te! E allora Nicole, ti piacerebbe farmi compagnia questa notte?” le sussurrò, perfettamente conscio in anticipo della risposta.
Infatti, come previsto, la ragazza annuì con entusiasmo, sorridendo incredula per tanta fortuna.
“Allora a dopo, sai dove trovarmi” concluse strizzandole l’occhio, lasciando che si ricomponesse e si allontanasse in tutta fretta, certo diretta a confessare tanta inaspettata fortuna alle amiche.
Clay si rialzò sistemandosi i jeans e la camicia, gettando uno sguardo al privé ancora semivuoto.
Chi consolidava i propri impulsi erotici, chi affogava il respiro nell’alcool, chi ballava sregolato in preda ad effetti di sostanze tutt’altro che legali.
Sorrise: quel luogo era colonna portante del suo mondo.
Si avvicinò a Neils, dando uno sguardo alla pista in basso.
“Dicevi?”
L’amico gli indicò il bar sotto di loro, dove intravide un’alta ragazza bionda, che riconobbe subito come Anya, intenta a parlare con altre due ragazze. Una di loro,  perfettamente riconoscibile anche sotto le luci bluastre della discoteca, sfoggiava una liscia chioma di capelli rosso cupo.
“Ti dirò, sto facendo un serio pensierino sulla sua amica. Mi sembra il tipo che lo prende da tutte le parti e poi ti ringrazia pure, tu che dici?” lo sentì mormorare divertito. Clay gli sorrise di sbieco e gettò uno sguardo alla ragazza al suo fianco, considerandola appena.
La sua attenzione era tutta per Edie: la scuola non era il luogo migliore per gli incontri, e c'era un motivo ben preciso se aveva fatto in modo di attirarla lì.
Non si scordava facilmente di chi era capace di suscitare in lui qualcosa che combattesse la noia, sopratutto se si trattava di qualcosa di così insolito come quel vago senso di colpa. Ma ora, osservando ogni suo minimo movimento, dal modo con cui valutava le parole della bionda a quello con cui le sue labbra sfioravano il bicchiere, si ritrovò a provare qualcosa di ben più apprezzabile e riconoscibile.
In quel momento, mentre la ragazza si dirigeva lentamente al piano superiore, capì che il suo non era altro che puro e semplice desiderio. 


 

"I know, how I feel when I'm around you"

 

Tutto era previsto, tutto seguiva un copione già scritto e rivisto mille e mille volte.
Il privè non era altro che una sala identica a  quella principale, solo un po' più piccola e adibita ad ala fumatori per i più fortunati. Lì la folla si rarefaceva, i gruppi si discioglievano distribuendosi per lo più in singoli o coppie. La musica era bassa e soffusa, voluta come sottofondo allo straordinario assortimento di ragazzi e ragazze  addossati al bancone del bar o accoccolati sui diversi divanetti.
Edie si guardò attorno guardinga, avvertendo sin dal principio una chiara sensazione di disagio.
“Ti prego andiamocene” chiese quasi implorante, voltandosi verso Violet e trovandola con lo sguardo perso nel vuoto.
O meglio, verso il fondo della sala.
Neils Dunham si avvicinò a loro con passo volutamente lento, l'espressione di chi già pregusta l'esito delle sue attenzioni.
“Buonasera ragazze, come procede la vostra serata?” domandò non appena fu abbastanza vicino, regalando a Violet un sorriso lascivo.
In un attimo Edie comprese l'intera dinamica dei fatti, il motivo per cui Violet aveva tanto insistito per venire in quel locale, e all'improvviso provò il forte desiderio di urlare dalla rabbia. Ma si limitò solo ad esalare un pesante ed angosciato sospiro per la propria ingenuità, suono a cui i due ragazzi non parvero comunque dare il benché minimo peso.
“Lasceresti che ti offra qualcosa?” chiese Neils offrendo la mano alla giovane con fare cavalleresco,  impeccabile sotto ogni punto tranne che per le intenzioni.
Vi si voltò di scatto verso l'amica, quasi fosse una questione di vita o di morte.
“Non ti dispiace, vero?” chiese con occhi supplicanti, ma prima di ricevere anche solo una risposta la sua mano aveva già afferrato quella del ragazzo, lasciandosi condurre altrove.
“Certo, come no, fate pure!” mormorò sarcastica, rivolgendosi al nulla.
Rimase a guardare le loro figure allontanarsi, prima di avvertire due mani posarsi voluttuosamente sui suoi fianchi.
“Dovevo immaginare che ci fossi anche tu, schifoso pervertito” disse ad alta voce, distanziando bene le parole.
Una risata perfettamente riconoscibile fu la risposta.
“Buonasera Edie, è un piacere vederti”
La ragazza questa volta non fece alcuna fatica per sgusciare via dalla sua presa.
“Mi spiace non poter dire lo stesso” replicò asciutta, incrociando le braccia al petto.
Era un gesto di opposizione, di esclusione il suo, il vano tentativo di  allontanare da sé lo sguardo malizioso ed invadente di quel ragazzo.
La squadrò da capo a piedi, gli occhi che si soffermavano sull'esile linea dei fianchi e sull'incavo dei seni, lasciandosi sfuggire un fischio di ammirazione.
“Però, chi l’avrebbe detto… sotto una divisa possono nascondersi interessanti sorprese”
Sorrise avvicinandosi, il chiaro intento di tormentarla dipinto sul viso.
Edie si voltò in cerca di un sostegno, in ogni caso probabilmente inesistente, in Anya, ma la bionda pareva essersi misteriosamente dileguata.
"Non cercare le tue amiche Edie, siamo solo io e te stasera"

Con somma noncuranza, dando ostentatamente la schiena al suo interlocutore, la giovane optò per il silenzio e si diresse verso il bar, determinata a cercare qualcosa cui aggrapparsi per contrastare l'acre sapore di quel mix di solitudine, rabbia, noia, tradimento e l’evidenza che sì, si era decisamente fatta fregare.
Clay sembrava però fin troppo determinato a seguirla, avviciandosi a lei e posandole le mani sulle spalle, sfiorandole delicatamente.
“Alcool? La trovo una fantastica scelta" sussurrò al suo orecchio.
Non appena incontrò lo sguardo del barman, questi ignorò totalmente gli altri avventori, dedicando tutta la sua attenzione al ragazzo.
“Clay, ancora qui vedo”
“Come sempre Danny, dove potrei essere altrimenti?”
Il loro era uno sguardo d’intesa, tutto faceva parte di una routine perfettamente consolidata.
“Cosa ti faccio stasera?”
“Per me nulla, ma per la mia nuova amica…”
Si voltò verso Edie in attesa di una richiesta, ma la ragazza gli rivolse solamente uno sguardo di disprezzo.
“Grazie, faccio volentieri a meno delle tue profferte amorose”
Il barman la guardò per un attimo basito, per poi scoppiare in una grassa risata, beccandosi uno sguardo ammonitore da Clay.
“Sei la prima ragazza che sento rifiutare le proposte del nostro Clay… Sono colpito, davvero" commentò con un sorriso sincero.
"Questo te l’offro io” concluse alzando un bicchiere al suo indirizzo, gesto intercettato da un cenno compiaciuto della giovane.
“Vodka alla pesca e lemon, ti ringrazio”
Clay fece scorrere le mani in avanti, sfiorando il petto della giovane e attirandola a sè.
“Mi sembra di essere stata chiara: levami le mani di dosso” ribadì Edie, precedendo ogni sua possibile parola.
“Anche a me pare di esser stato chiaro, Edie cara: voglio che cambi questo tuo atteggiamento, mi sento così offeso dalle tue crudeli parole” sussurrò fintamente preoccupato, la presa che si stringeva attorno al suo corpo.
Il cocktail arrivò a salvarla da eventuali repliche, facendola sentire quasi in dovere di dimezzarne il contenuto con due sole lunghe sorsate.
Quando tornò a guardare Clay lo trovò seduto accanto a lei, intento ad osservarla con sommo interesse.
"Che cosa vuoi Clay?" esordì diretta, quasi cattiva.
"Che cosa voglio mi chiedi? Non è forse ovvio?" ribatté il ragazzo, piegando la testa divertito.
“L'unica cosa che mi è chiara è che sei un utopista del cazzo" rispose con rabbia, trangugiando un'altra sorsata dal bicchiere, il sapore forte della vodka che la faceva rabbrividire.
"Se credi che i tuoi patetici mezzucci diano i consueti frutti con me, sei decisamente fuori strada” concluse sprezzante.
Edie riconobbe la rabbia nelle sue parole, chiedendosi improvvisamente se tutte quelle parole messe insieme avessero davvero senso compiuto. Aveva ormai intuito che quel Barclay Durless poteva peccare di tutto, ma non certo d'intelligenza.
Languido cinismo, disprezzo dei sentimenti altrui, eppure profonda conoscenza di quali sensazioni e pensieri era capace di suscitare: questo aveva intuito della sua figura, una serie di elementi che lo classificavano come una persona infinitamente calcolatrice.
Che come previsto non parve minimamente turbata da quel compito scatto d'ira.
“Edie, credo che io e te abbiamo incominciato col piede sbagliato…”
“Ti sbagli, non abbiamo incominciato affatto”
“…Eppure mi pare già di intuire che tipo di persona sei, sai?" disse soddisfatto, allungando la mano per sfiorarle con un tocco la guancia.
"Una di quelle che cerca di sembrare forte e sicura di se, ma in realtà tenta solo di nascondere una miriade di debolezze”
Edie liquidò la sua analisi con uno sguardo indifferente.
“E bravo lo psicologo… questa definizione è tua o l'hai cercata su internet?”
“Oh no, semplice deduzione logica” spiegò affabile, ignorando l’ultima frecciatina.
“E sentiamo, le mie debolezze quali sarebbero?”
Portò il bicchiere alla bocca, attenta ad ogni eventuale mossa del ragazzo, che prevedibilmente non tardò ad arrivare.
Ma la sua baldanzosità scemò quando Clay si chinò su di lei, a così poca distanza dalle sue labbra che fu tentata di prenderla e baciarla; invece si mantenne alla propria decisione, avvertendola trattenere il respiro, sentendola fremere nell'attesa, godendo e abusando della sua sorpresa.
“Beh, me per esempio” concluse allontanadosi.
Edie si alzò in piedi con uno scatto repentino, guardandolo indispettita.
Clay si limitò a rivolgerle uno sguardo malizioso, conscio che quel semplice gesto doveva averle procurato qualcosa di ben più che fastidio; e quel che era peggio, ne era cosciente anche lei. Edie infatti scosse la testa innervosita, avvertendo le prime avvisaglie dell'alcool farsi sentire.
Nel tentativo di negare quel nuovo indesiderato, estatico brivido, la ragazza tentò di liquidare Clay dirigendosi spedita verso la zona dei divanetti, determinata a portar via Violet da quel posto orribile, e soprattutto, ben lontano da quel dannato ragazzo.
Ma le sue intenzioni finirono per infrarsi in meno di un istante. Considerò una fortuna aver lasciato il bicchiere sul bancone, altrimenti di certo l’avrebbe lasciato cadere a terra. Relegati nell'angolo più lontano della sala, Neils Dunham non si era fatto scrupolo di adagiarsi sopra a Violet e di slacciarne il vestito; nessuno, eccetto lei, pareva dar caso a quelle labbra che percorrevano il collo e il petto della sua migliore amica.  
Le viscere le si capovolsero di repulsione, tanto che per un attimo fu tentata di avventarsi su di loro come una furia per schiaffeggiare quel manipolatore.
Forse l’avrebbe anche fatto se Clay non l’avesse trattenuta per una spalla.
“Ehi, lasciali in pace, si stanno divertendo” l’ammonì, ma Edie recalcitrò con rabbia.
“No, non si stanno divertendo, per un cazzo proprio!”
“Tu dici? La ragazza mi sembra abbastanza partecipe” ribatté Clay con un sorriso divertito.
Edie si voltò giusto in tempo per vedere Violet, il viso tranquillo quasi irriconoscibile, aprire con impazienza i pantaloni del ragazzo.
Rivoltò la testa impietrita, gli occhi colmi di spaesamento.
Clay non dovette aspettarsi quella reazione, perché nell’incontrare il suo sguardo lasciò scomparire in fretta ogni possibile commento scherzoso.
“Ehi, guarda che mica la sta stuprando, stai tranquilla”
Ma dentro di se Edie avvertì qualcosa creparsi, come era successo poco tempo prima in quel bagno a scuola: se avesse dovuto dare un nome a quella sensazione, o un preciso motivo, non avrebbe saputo farlo.
Colta da un improvviso istinto di impotenza si allontanò in tutta fretta, imboccando la porta e lanciandosi a fatica lungo le scale, urtando le persone e rischiando più volte di cadere. 
Di sotto la musica era più consistente, molto più alta ed energica, un perfetto mix di musica elettronica.
Fu facile perdersi nella folla, cercando conforto tra la moltitudine di luci e colori esplosivi.
Per un attimo fu tentata di prendere qualcos’altro da bere, di mettersi a ballare fino a non sentir più i piedi e lasciarsi cadere a terra, ma desistette in fretta da quel patetico progetto. Quello non era il suo posto, e quelli non erano suoi amici.
Ritirò il cappotto dal guardaroba e uscì fuori nel gelo notturno, rabbrividendo non appena avvertì l'aria fredda infilarsi sotto il vestito.
Edie si appoggiò al muro dell'edificio, ascoltando i rumori all'interno giungere remoti ed ovattati. Gli occhi sospesi sullo spiazzo deserto e sulla strada poco trafficata, si lasciò abbandonare all'angoscia.
Aveva sempre avuto un’alta valutazione di Violet, era sempre stata la sua amica più preziosa, la sua migliore confidente.
A sua volta ne conosceva i desideri, le opinioni, le  aspirazioni… e nulla di quel ragazzo e in generale di quella serata rientravano tra esse.
Per un attimo non riuscì a tollerare che fosse cambiata a tal punto da rendersi irriconoscibile. O forse era lei stessa ad essere cambiata?
Si era forse persa qualcosa in quegli anni di assenza? Era lei la ragazza fuori posto?
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, chiedendosi stupidamente se forse non avrebbe fatto bene a restarsene lontana da quella città che sentiva tanto estranea.
Può essere pur veritiero il detto “gli opposti si attraggono”, ma non specifica che questi terminano sempre col colpirsi e ferirsi, facendo terra bruciata del rispetto.
La porta del locale si aprì all'improvviso facendola sobbalzare, e quando alzò gli occhi leggermente velati da una patina lacrimosa, Clay era davanti a lei.
La guardò perplesso, per una volta senza dire una parola, appoggiandosi accanto a lei.
"Sigaretta?" chiese piano, porgendole il pacchetto, sorridendo nel vederla annuire goffamente.
Per un lungo momento furono solo silenzio e sbuffi di fumo, gli occhi di entrambi che si perdevano nel cielo velato dalle nuvole.
“Che ore sono?” mormorò infine Edie, gettando il mozzicone a terra.
“Le due e mezza quasi… un po’ prestino direi” fu la risposta, con un tono incoraggiante che la sorprese.
Clay le sorrideva in modo molto più gentile del solito, privo di ogni malizia, cosa che per una volta ebbe il potere di rassicurarla.
“Andiamo Edie, ti accompagno a casa” 
Edie scosse la testa.
"Devo tornare con Violet, lo sai" ribatté senza convinzione.
"L'unica cosa che so è che quando uscirà non vorrai rivolgerle la parola" rispose Clay, prendendola delicatamente per la spalla.
"Io non mi fido a restare da sola in macchina con te!" aggiunse scettica, facendolo ridere.
“Ah no? Torna a piedi allora, ma con quelle credimi che attirerai  non poco l'attenzione" replicò Clay indicando le  alte scarpe col tacco che indossava.
"E poi non te lo permetterei" concluse con più serietà, conducendola con fermezza alla macchina.
Edie lo lasciò fare, valutando per un attimo quell'improvvisa gentilezza, chiedendosi stancamente se era un peccato evitare di dubitarne per una volta, una soltanto.
“Ti avviso che questo non conta nulla” lo redarguì prima di salire, evitando di fare commenti sulla pregevole carrozzeria del ragazzo.
“Tranquilla, attenderò con pazienza il giorno in cui ti sdebiterai del favore, non ne dubitare”
Salire su quella macchina le parve qualcosa di blasfemo quasi, totalmente in disaccordo con la realtà, eppure il sedile accolse morbidamente il suo peso e un tepore soffuso giunse a riscaldarla.
“Sei capace di guidare, almeno?”
“Ti prego... potrei farlo anche ad occhi chiusi”
“Dio non voglia!”
Edie sentì la tensione sciogliersi di fronte ad un continuo botta e risposta, mescolato a calde note di sottofondo, una rauca voce rock che se non altro li accomunava nei gusti musicali, mentre la macchina scivolava diligente e silenziosa nel traffico notturno.
“Ti vedo a tuo agio Edie, che ne dici di rimanere su? La prossima fermata è casa mia” commentò quando furono dinnanzi a casa della giovane, un qualsiasi condominio di provincia.
“Gentile da parte tua” ribatté la ragazza con un malcelato sorriso, sollevandosi e stringendosi nella giacca.
“Aspetta ad uscire, ho un domanda" la trattenne il ragazzo, improvvisamente serio.
"Che cosa è successo prima?" chiese, diretto come lo sarebbe stata lei stessa.
Per un attimo Edie trovo impensabile l'idea di rivolgere le sue confidenze proprio a lui, ma poi concluse che più che una confessione, quella era semplicemente l'esatta realtà dei fatti.
“Trovo assurdo che sia bastato un cenno del tuo amico perché Violet cascasse ai suoi piedi in quel modo. Un po' come fai tu, non è così?”
“Non vedo cosa ci sia di male, basta piacersi per...”
“Ma non così! Voi vi permettete di fare tutto quello che volete, e gli altri soccombono. Alla Violet che conoscevo io tutto questo non sarebbe andato giù, e invece ora tutto sembra cambiato.... O forse sono cambiata io” concluse con voce accorata.
Clay compì per la prima volta un gesto insolito: allungò la mano a coprire quella di Edie, prendendola dolcemente tra le sue.
“Non sempre i cambiamenti sono negativi, Edie. Si stanno solo divertendo, che c'è di male? Noi possiamo...”
“No, voi non potetete, eppure lo fate lo stesso. Lascia stare Clay, non riesco nemmeno a trovare le parole giuste per dire tutto quello che penso” completò asciutta, strappando la mano dalla presa del giovane.
Voltò la testa verso la propria strada, misurandone la tranquillità e l’immobilità notturna, sicuramente preferibile all'atmosfera creatasi nell'abitacolo.
Ma anche a quell'ora della notte Clay Durless ce la mise tutta per sorprenderla.
“Perché ti hanno chiamata Edie?” chiese improvvisamente con assoluta tranquillità.
La giovane si voltò incredula.
“E questo che cazzo c’entra?”
“Nulla. Però mi interessa saperlo” rispose facendo spallucce.
 “E allora attaccati” ribatté Edie con freddezza, afferrando la portiera per aprirla, ma Clay fu più veloce: nuovamente, come tante altre volte in quella sera, la prese e la trasse a sé. Con delicatezza questa volta, quasi con dolcezza.
Si ritrovarono improvvisamente vicini, tanto che Edie poté focalizzare l’attenzione su ogni dettaglio del viso del ragazzo, inalando a pieni polmoni un vago sentore di profumo maschile, provando la strana tentazione di appoggiare la testa nell'incavo del suo collo.
“Per Edie Sedgwick” rispose infine.
“Chi?”
“Edie Minturn Sedgwick. Modella e attrice degli anni sessanta, icona della pop art. Non ti dice proprio nulla?”
“No, mi spiace” rispose il ragazzo, scuotendo la testa con un'aria affranta, tradita da un'ombra di sorriso.
“Vatti a vedere Factory Girl allora, anche perché dubito tu sia capace di leggere un libro intero”
“Tu mi sottovaluti Edie, non dovresti"
“Può darsi. Grazie per il passaggio e per... tutto, Clay. Buonanotte" sussurrò, questa volta aprendo la portiera e discendendone senza incontrare interruzioni.
Solo quando fu intenta ad aprire il cancello, che separava la semplice palazzina dalla strada, udì ancora la sua voce.
"Non mi dai il bacio della buonanotte?" chiese passando dinnanzi al cancello, sbeffeggiandola con un ultimo, immancabile commento.
Nel buio si lasciò scappare un sorriso, eppure quando si lasciò crollare sul letto Edie si rese conto della sgradevole sensazione che si era portata appresso dalla discoteca. Era da quando era tornata a casa che non si sentiva così sola, e per un attimo quasi rimpianse di non esser rimasta su quella macchina, fosse stato anche solo per concedergli un bacio della buonanotte. Anche se cercò di negare l'ultima parte, facendo una smorfia al viso che l'osservava avvilito dallo specchio mentre si struccava.
Dall'altra parte della città intanto, percorrendo a gran velocità le strade del centro, Clay pensava e valutava.
All'End of Line aveva un affare in sospeso, si era dato appuntamento con quella bella ragazza di cui al momento gli sfuggiva il nome.
Ma poi invertì la marcia, rendendosi conto che per la prima volta nella sua vita non aveva affatto voglia di scoparsi qualcuno.
A differenza di Edie, che languiva in un mare di delirio incoerente, lui si scompose appena.
Sempre per la prima volta nella sua vita aveva una sola ragazza in testa, un chiodo fisso dai capelli rossi e dall'impertinenza tale capace di stregarlo.

 
 

"I don't know, how I feel when I'm around you"

 


Squilli nella notte, la suoneria di un telefono che infrange un sonno già di per se tormentato.
Edie si svegliò di soprassalto, cercando a tentoni il telefono a terra, arrancando con le mani tra diversi vestiti sparpagliati. 
“Pronto?” borbottò assonnata.
“Sono io”
“Io chi?”
“Io, Clay”
Edie si portò a sedere, sbattendo instupidita gli occhi, osservando la cifra "5.17" dipinta sul visore della sveglia.
“Edie? Ci sei ancora?”
“Si certo io… chi ti ha dato il mio numero?” chiese più perplessa che mai.
Udì la sua risata dall'altro capo del telefono.
“Lascia perdere, ho una domanda”
“Una domanda alle cinque del mattino?”
“Ho appena finito di guardare Factory Girl”
Le labbra di Edie si piegarono inevitabilmente in un sorriso.
“Oh. E quale sarebbe la tua domanda?”
“Tu sei come la vera Edie Sedgwick?”
“Forse, dipende da come ritieni che sia”
“La recensione dice "Alcolica, Decadente e Glamour”
“E secondo te?”
“Una ragazza sola, che nel terrore di vivere non vive, e nel terrore di amare non ama"
Edie trasecolò, ammutolita di fronte ad una risposta tanto inaspettata.
“Buonanotte Clay” mormorò infine.
“Ci ho azzeccato?”
“Ho detto buonanotte" concluse seccata.
“Buonanotte Edie” convenne la sua voce, stranamente roca attraverso il telefono.
Nonostante quella domanda rivelatrice, Edie stranamente non fece fatica a riacquistare il sonno, accoccolandosi tra le coperte con un sorriso.
Sempre dall’altra parte della città, anche Clay Durless prendeva sonno con un improvviso senso di pace.

 

"Around you, Around you, Around you..."
[Roulette, System of a Down]


-NOTE AL TESTO e deliri dell'autrice-

Ad ogni capitolo mi auguro sempre che la storia suoni esattamente come voglio io, e non melensa e superficiale come so che rischia di essere.
Tutto è così perfetto ed irreale che a volte temo di non riuscire a trasmettere quello che voglio davvero, a scrivere un racconto che rifletta in tutto e per tutto l'ideale esteta e la sua contromossa. Fortuna che esistono le recensioni apposta per questo :) Fatevi sentire!

-Mi piacciono tanto i personaggi secondari che inserisco, ad esempio Anya. La trovo formidabile.
-Per curiosità: all'inizio del capitolo, quando Edie è distesa sul letto, sta ascoltando "Cut the Crap" degli Alice in Videoland; invece quando "scappa" dalla discoteca, lo fa sulle note dei Daft Punk, precisamente "Derezzed". In macchina invece mi sono immaginata "Old School Hollywood", sempre dei formidabili System of a Down.
Il mio amore per la musica è legato a doppio filo con la scrittura, non possono essere separate :)
-Consiglio infine a tutti il film "Factory Girl", un vero capolavoro su quel personaggio mozzaffiato che fu la "vera" Edie!

Vi auguro una buona giornata e una devastante fine delle vacanze (io già mi sento morire)
Mi scuso in anticipo per eventuali ritardi nell'aggiornamento, come sempre un grosso ringraziamento a chi ha recensito e ha inserito la storia tra le seguite/preferite, e anche semplicemente a chi legge. Siete i migliori!
Elle H.

   
 
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