Mi
scuso per
il ritardo e per questa misera introduzione, ma devo cogliere
l’occasione in
fretta visto che l’adsl non è molto collaborativo
ultimamente!-.-“
Questo
capitolo forse vi lascerà insoddisfatti, ma era
assolutamente necessario per
andare avanti…è un assaggio di ciò che
verrà ;)
Buona
lettura!
Chiunque abbia
avuto l’occasione di
assistere al concerto del 14 settembre del 2007 alla Brixton Academy di
Londra,
lo ricorderà sicuramente come una delle esibizioni migliori
dei Thirty Seconds
To Mars.
La combinazione
perfetta tra la
dinamicità di uno spirito in fermento e la peculiare
solennità che caratterizza
la vera musica, quella che tocca le corde dell’anima.
La voce di Jared
dava espressione ad
un cuore carico di rinnovata forza e vita.
Era
un’ode ad una musa lontana e
incerta che, inconsapevole, ispirava il suo animo.
Un animo che,
come un animale ferito,
tentava di curare le ferite autoinflittasi a causa dei suoi stupidi
errori.
L’energia
di quel momento di pura
arte era palpabile nella sua intensità e travolgeva il
pubblico, che per un
momento si sentì davvero catapultato su Marte.
Ma sarebbe
sbagliato attribuire solo
a Jared il merito di una tale perfezione.
Tutto rese
quella notte incredibile e
unica:
il violino di
Tomo in A Moder Myth,
il quartetto d’archi in The Kill, la batteria di Shannon, il
basso di Tim.
E una nuova
canzone.
Una di quelle
che struggono l’anima
per la sua intensità.
Una di quelle
che nessuno si sarebbe
mai aspettato.
Do you tear under pressure?
On fire, you’re tearing me apart
Do you tear under pressure?
This
love's become a war
Poche
frasi che
raccontavano un amore durato un anno e mezzo.
Un
amore che
aveva testato quanto pressante potesse essere il bisogno di una persona
accanto.
Un
amore che era
ceduto sotto il peso di chilometri di distanza.
Un
amore che
bruciando sotto il fuoco della passione aveva lacerato entrambi gli
amanti,
indipendentemente dalle colpe e dai colpevoli.
Un
amore che era
diventato una guerra tra volontà, possibilità e
desiderio.
A thousand mistakes Heaven made
Only a miracle could save you today
A thousand mistakes Heaven made
Only a miracle could save you today
E
la paura che il
loro incontro fosse stato l’ennesimo errore del destino.
Perché
ogni passo
in avanti nella vita di lui comportava dieci passi indietro nella vita
di lei.
Una
corsa
infinita verso il nulla.
Una
strada
disseminata da arrivederci carichi
del dolore di un addio.
Un
inevitabile
addio.
Un
addio dal quale
solo un miracolo avrebbe potuto salvarli.
Un
miracolo che
forse era avvenuto, oggi*.
Do you tear under pressure?
On fire you’re tearing me apart
Do you tear under pressure?
This love's become a war…
Poche
frasi che
racchiudevano tre mesi di solitudine.
La
sensazione di
dover reggere la pressione di un mondo intero sulle sue spalle.
Un
mondo di sogni
e di speranze alimentate dalla loro musica.
La
consapevolezza
di avere nelle mani la responsabilità di due vite, oltre
alla sua.
La
voglia di
cedere e l’impossibilità di farlo.
Il
fuoco di futili
passioni e distrazioni.
La lacerazione della sua
anima.
This love's become a war.
E
un amore che
era diventato una guerra contro se stesso.
Tutto
questo era Pressure.
****************
Le ore di volo
che lo separavano da
Kate erano inquiete.
Era
un’inquietudine strana, carica di
speranze e aspettative, ma anche di timori e dubbi.
Ci sarebbe
riuscito o avrebbe
miseramente fallito?
Era tutto
così maledettamente
incerto, e Jared odiava non riuscire a prevedere il corso degli eventi.
Continuava a
guardare le nubi dal
finestrino dell’aereo, in religioso silenzio.
“Sento
gli ingranaggi del tuo
cervellino fin da qui.”
Jared si
voltò verso Shannon che, con
le braccia incrociate al petto e un cappellino da baseball con la
visiera
abbassata sugli occhi, cercava di prendere sonno.
“Ti va
di parlarne o preferisci
tormentarti per tutto il volo?” chiese alzando il cappellino
e puntando il suo
sguardo felino in quello ghiacciato di Jared.
Il cantante
sospirò.
“Ok,
tirerò ad indovinare…Si tratta
di Kate, vero?”
Jared
fissò lo sguardo nel vuoto.
“Prima
la cover alla radio, poi la
nuova canzone al concerto…Hai esposto quella parte di te che
hai sempre
nascosto al mondo pur di riconquistarla…”
Il cantante
guardò il fratello.
“E
adesso hai paura che sia stato tutto
inutile…temi che ti
rifiuterà…”
“Ho
paura che non mi crederà,
Shannon…che non crederà alla
veridicità dei miei sentimenti, alla solidità
delle mie intenzioni…”
“Tu ci
credi?”
“Sì,
altrimenti non ci proverei
nemmeno.”
“E
allora andrà tutto bene, Jay…Kate
non è stupida. Capirà se sei sincero.”
“Spero
che tu abbia ragione.”
“Io ho
sempre ragione.”, disse il
batterista, guadagnandosi un’occhiata carica di sarcasmo dal
fratello minore.
“Ok,
quasi sempre…”
Jared scosse il
capo sorridendo.
“Senti,
che ne dici di dormire?
Undici ore sono tante. Non vorrai mica presentarti da lei in uno stato
cadaverico? Rischieresti di dire cose di cui potresti
pentirti…”
“Proverò
a riposare un pò…”
“Fallo
e basta, Jay.”disse Shannon
sistemandosi meglio sul sedile.
Jared
tornò a guardare al di là del
finestrino.
“Shan?”
“Mmh?”
“E se
fosse la fine?”
Shannon
sospirò, alzando la visiera
del cappello, e si voltò verso il fratello.
“Tutto
va bene alla fine, Jay…se non
va bene, allora non è la fine**.”
“Molto
saggio…”
“Trentasette
anni serviranno pure a
qualcosa, no? E adesso dormi.”
Shannon
ritornò ai suoi tentativi di
prendere sonno, obiettivo che raggiunse in una manciata di minuti.
Jared rimase
sveglio un altro po’,
poi si decise a chiudere gli occhi e si abbandonò ad un
sonno profondo e senza
sogni.
****************
Los Angeles li
accolse con un cielo
nuvolo che prometteva pioggia.
“Che
cazzo di tempo! E io che speravo
in un po’ di sole californiano.” esclamò
deluso il batterista, mentre metteva
finalmente piede sull’asfalto.
“Tipico
di settembre, amico.” disse
Tomo sistemandosi meglio la chitarra sulla spalla.
“Ehi
Tim, nemmeno il tempo di
scendere che già hai la sigaretta in bocca?”
La risposta di
Tim a Shannon fu una
semplice alzata di spalle e il rumore del suo accendino davanti alla
sigaretta.
“
Esistono dei limiti, sai? E lo dico
da fumatore.”
“Ognuno
ha i suoi vizi, Shannon.”
rispose il bassista buttando fuori il fumo.
“Sei
proprio una causa persa. Ehi, ma
dove…Jared! Muoviti a scendere da quel fottuto aereo! Non
vorrai mica
trascorrere tutto il tempo in questo cazzo di aereoporto?!”
Il frontman era
ancora in cima alla
scala che contemplava ciò che gli si parava davanti.
C’era
una strana tristezza in ciò che
vedeva, ma decise di non dare troppo peso alla cosa.
Non era il
momento di farlo.
Raggiunse
velocemente gli altri e
riservò un’occhiata di rimprovero al fratello
maggiore.
“Shan,
le buone maniere no, eh?”
“Non
quando sono incazzato.”
“E
perché saresti arrabbiato?”
“Lo
sai che sono metereopatico.”
“So
solo che sei un coglione…”
Quando si dice
che il frutto non cade
mai lontano dall’albero.
“Devo
per caso ricordarti chi è il
maggiore qui?”
“Hai
bisogno di caffeina, vero?”
“Sì,
e anche urgentemente.”
“E
allora sbrighiamoci.”
La band
raggiunse il terminal, prese
i bagagli e si recò in uno dei coffee shop
dell’aereoporto.
“Ah,
ah, tu no caro fratellino!”
“Che
significa ‘io no’, Shannon?”
“Significa
che tu hai qualcosa di
importante da fare e che il caffè non lo puoi
prendere.”
Jared lo
guardò confuso.
“Jared,
se rimani un altro minuto qui
insieme a noi, finirai col rimandare, rischiando così di
perdere il coraggio di
andare da lei. E io so benissimo che non lo vuoi.”
Shannon aveva
perfettamente ragione.
Jared
annuì.
“Ci
pensate voi ai miei bagagli?”
“Sì,
non preoccuparti. Tu vai, ora.”
Il frontman
sorrise al fratello.
“Grazie
Shan.” disse allontanandosi
da lui.
“Guarda
che la voglio rivedere!” gli
urlò dietro Shannon.
Jared si
voltò verso il fratello
un’ultima volta, gli annuì e poi corse fuori
dall’aereoporto.
Entrò
in un taxi e diede l’indirizzo
di Kate all’autista.
****************
Erano in
macchina da almeno mezzora.
Il traffico losangelino rendeva lenta la corsa.
“Senta,
non potrebbe andare un po’
più veloce o prendere una strada alternativa? Mancano solo
un paio di isolati.”
“Mi
dispiace signore, ma a quest’ora
è quasi impossibile…la situazione è
così un po’ ovunque.”, rispose
l’indiano
alla guida.
Jared
sbuffò passandosi una mano tra
i capelli castani.
“Va
bene, procederò a piedi...ecco a
lei i soldi…tenga pure il resto.”
“La
ringrazio signore.”
Jared scese dal
taxi e si diresse
verso casa di Kate.
Durante il
tragitto, qualche goccia
di pioggia bagnò il suo viso.
Una
pioggerellina leggera, di quelle
che fanno odorare la terra e che cullano i pensieri di chi sta a
guardare
dietro una finestra.
Una pioggia che
presto si trasformò
in un temporale.
“Ecco,
ci mancava solo questa!”
Alzò
il cappuccio della felpa e
aumentò il passo fino a trovarsi di fronte ad una villetta
gialla a due piani,
con un piccolo giardino curato che dava sulla strada.
Semplice e
composta, proprio con
Kate.
Percorse il
vialetto di ghiaia e
giunse davanti alla porta.
Rimase qualche
minuto ad osservare il
campanello, combattendo contro l’impulso di tornare indietro.
Arretrò di un
passo ma poi sentì una voce provenire da quella casa. La sua
voce.
“No,
no, l’ho finita
finalmente…aspetto solo che il professore confermi la
data…in teoria il 23,
sì…Oh diamine, hai visto? Sta venendo
giù il diluvio!”
Sembrava che
parlasse al telefono.
“Dici
che se faccio la danza della
pioggia, ho maggiori possibilità di passare Burk?- rise
– Nuda, certo, come
vuole la tradizione!”
La voce era
sempre più vicina.
“Beh
tentar non nuoce! Anzi vado
subito a controllare…”
La porta si
aprì di scatto, rivelando
a Kate la figura incappucciata di Jared. Le parole le si bloccarono in
gola e
il sorriso le morì sulle sue labbra.
All’improvviso
scese il silenzio
attorno a loro.
Solo i battiti
dei loro cuori
colmavano il vuoto che si era creato.
Il tempo
sembrò congelarsi e i loro
sguardi rimasero incatenati per un istante eterno.
Il mare che
bagnava la terra più
scura.
Il naufrago si
sarebbe
salvato?
*L’
“oggi” è
ovviamente quello del concerto e dell’incontro con Jeremia.
**
Quella è
una delle perle di saggezza del nostro Shannone. Sì, anche
il maggiore dei Leto
è dotato di una certa intelligenza XDDD