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Autore: Melanto    05/01/2012    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 11: I segreti di Mamoru (parte IV)

Dhyla – Regno degli Ozora, Terre del Sud Nord-occidentali

Mamoru aveva aperto la mappa di Dhyla nel mezzo del letto, in modo che i suoi compagni potessero guardarla dall’alto.
Dopo una colazione consumata in uno strano silenzio carico di tensione, si erano riuniti nella camera della Fiamma e del volante per definire le ultime cose, prima di mettersi all’opera.
“Per quanto grande, Dhyla ha una simmetria ben precisa. Ha una pianta circolare in continua espansione secondo dei raggi definiti, come un sole. Il palazzo dogale è al centro, mentre il mercato corre tutto attorno al perimetro.” Le sue dita scivolavano svelte sulla carta, tracciando percorsi e individuando punti precisi.
Fu ben attento a non guardare mai Yuzo né ad avvicinarsi troppo a lui: l’idea che lo respingesse ancora o lo guardasse con terrore lo tenne a debita distanza. Non l’avrebbe mai sopportato. “Divideremo il territorio in quattro spicchi e a ciascuno il suo. Ma visto che già uno dei Minister ha detto di non aver visto nulla di strano, comincio a essere pessimista. Fate il possibile, la città è enorme e me ne rendo conto, ma una buona fetta di lavoro l’abbiamo fatta ieri; vediamo di concludere.”
Hajime inarcò un sopracciglio, fissando la pianta della città. “Se non riuscissimo a trovare nulla si avvalorerebbe la tesi di cui abbiamo parlato ieri…”
“Quella di un infiltrato nella Guardia Reale? Sì, esatto.”
“Qualcuno dall’interno, che ha potuto seguire tutte le mosse del Principe senza problemi, comunicandole a chiunque.”
Teppei scosse il capo. “Bastardo. Il Comandante Hongo lo ucciderebbe di sua mano se fosse così.”
“Questo è poco, ma sicuro. E per quanto non penso faccia piacere a nessuno l’idea di un traditore, non è un’ipotesi da scartare.” Mamoru richiuse la mappa e la diede al tyrano. “Ora vediamo di muoverci. Il lavoro è molto e il tempo è poco.”
Tutti annuirono, ma lui non guardò nessuno negli occhi, fingendo di essere impegnato a sistemarsi l’abito che stava indossando. Sollevò lo sguardo solo quando fu sicuro che gli altri non lo stavano osservando e cercò Yuzo.
Fissò il collo, i segni erano coperti dal tessuto, ma il senso di bestialità tornò a galla per l’attimo necessario a graffiargli il petto prima che riuscisse a gettarlo nuovamente in pasto al ferreo controllo del suo fuoco interiore.
Guadagnò la porta per primo, con falcate ampie e decise, quasi incollerite, ma nessuno avrebbe mai detto che, invece, stava scappando.

Yuzo aveva svolto il suo compito in maniera precisa, come sempre. Aveva cercato, setacciato la sua zona di competenza in lungo e in largo. Meticolosamente, velocemente. Ma per tutto il tempo la sua mente non era rimasta nello stesso luogo del corpo: si era ancorata in un solo punto del panorama che riusciva a vedere anche da lì. Il palazzo dogale.
I suoi occhi l’avevano inquadrato fin da quando era uscito dalla locanda e non l’avevano mai lasciato, fino a che non era giunto nell’area che avrebbe dovuto controllare. Dopo, solo i pensieri avevano continuato a seguire l’oscillare delle bandiere sui pinnacoli. E in quello sventolare di tessuti si erano rincorse anche le frasi che avrebbe dovuto usare per affrontare il discorso una volta che si fosse trovato al cospetto del Doge.
Perché era questo che lui avrebbe fatto, una volta conclusa la ricerca che gli era stata assegnata.
Sarebbe andato al palazzo per parlare con il padre di Mamoru e tutto quello che ne sarebbe seguito non avrebbe più avuto importanza né sarebbe stato capace di abbattere la sua sicurezza. Ormai aveva preso la sua decisione.
Agilmente saltò giù da un tetto atterrando senza fare rumore e senza attirarsi l’attenzione dei passanti. Era all’interno di un vicolo che separava due abitazioni vicine.
Con serietà e guardandosi attorno fece il punto della situazione: non aveva trovato alcuna traccia della presenza di Stregoni nella sua zona. Questo significava che, seppure fossero stati presenti a Dhyla, non erano passati di là. Nonostante avesse cercato di svolgere le ricerche nel minor tempo possibile, sapeva di non aver tralasciato nulla.
Con passo lento e mischiandosi subito alla gente, si immise in una delle vie anulari che tagliavano i vari raggi della piantina immaginaria della città.
Gli occhi puntati al palazzo dogale e la mente che ripensava alla fiducia che Mamoru riponeva in lui, nonostante l’avesse deluso, disubbidendo ai suoi ordini. Soprattutto, ricordò il modo ferito in cui l’aveva fissato, quando l’aveva allontanato. Quelle immagini caricarono ancora di più le sue certezze, anche in virtù del fatto che Mamoru non gli aveva più rivolto la parola. Se n’era accorto, anche se l’Elemento era stato molto attento a non darlo a vedere, ostentando un atteggiamento insofferente verso tutto e tutti.
Lo evitava.
Evitava di avvicinarlo troppo. Evitava di guardarlo. Evitava di chiedergli anche solo un parere.
E Yuzo non voleva che quell’improvvisa distanza divenisse una voragine. Anche per quello proseguì per la sua strada sempre a testa alta, senza perdere mai di vista l’obiettivo.
Non si sarebbe guardato indietro né avrebbe esitato, non si sarebbe fatto spaventare da quanto sarebbe potuto uscirne ferito. Avrebbe corso il rischio.
Il volante attraversò il cancello di ingresso con passo fermo e percorse il cortile antistante il portone. Un grosso ciliegio secolare sorgeva al centro di una piccola aiuola.
Yuzo lo osservò a lungo mentre gli passava accanto e un’orribile immagine di centinaia di alberi tutti uguali che andavano in fiamme si sovrappose per un attimo a quella, poi si dissolse.
Lui tirò dritto, salendo le scale che lo fermarono davanti un alto e spesso portone di legno rivestito da uno strato protettivo di metallo.
Il simbolo della casata – uno scudo di marmo nel cui centro campeggiava la ‘I’ degli Izawa e il simbolo elementale del Fuoco – torreggiava su di lui al centro dell’arco della porta.
Il chiavistello aveva la forma di un fiore di ciliegio.
Yuzo prese un ultimo respiro profondo, poi diede tre colpi secchi e attese.
L’uomo che gli aprì aveva i capelli bianchi e la pelle scura.
“Posso esservi utile, mio signore?”
Il volante accennò un inchino. “Vorrei conferire con il Doge di Dhyla.”
“L’ingresso ai suoi uffici è sul lato del palazzo, ma sono spiacente di informarla, mio signore, che oggi il Doge non riceve.”
Il servitore gli parlò con cortesia e professionalità, ma quella notizia non ci voleva proprio. A ogni modo, lui aveva sempre la carta del permesso reale da poter tirare fuori. Non era nel suo stile ricorrere alla sua autorità per scopi personali, ma sarebbe stato disposto a tutto pur di riuscire a parlare col Doge prima di ripartire: Mamoru e suo padre avrebbero potuto non avere altre occasioni. Una guerra era pur sempre una guerra e lui non aveva idea di cosa ci sarebbe stato alla fine di quella missione.
Stava per estrarre il permesso dalla tasca, quando una figura a lui conosciuta comparve alle spalle del domestico.
“Yuzo?”
Sheral si fece subito dappresso alla soglia. Sorrideva, felice di rivederlo. In particolare, a lui parve che fosse addirittura sollevata.
“Mia signora” salutò il volante, con un inchino. “Perdonate il disturbo, mi è stato riferito che il Doge non riceve, quest’oggi, ma avrei urgente bisogno di parlare con lui.”
La donna annuì. “Ma certo, accomodati. Rhadan, avverti mio marito che sta per raggiungerlo uno degli amici di Mamoru, per favore.”
Il servitore mostrò un’espressione di pura sorpresa, ma non perse la solerzia, anzi, sembrò animarsi.
“Un amico del signorino?! Vado subito, mia signora!”
In un attimo scomparve dietro una delle porte che costeggiavano l’ingresso.
La padrona di casa lo invitò nuovamente a entrare e il volante varcò la soglia, richiudendo il portone alle spalle.
Quella era la casa di Mamoru.
Yuzo levò lo sguardo verso il soffitto dell’enorme sala di ingresso. Dall’alto scendeva un grosso lampadario pieno di candele, per illuminare gli ospiti che giungevano la sera. Le pareti erano tappezzate di rosso: una sfumatura bordeaux che non era viva e accecante come quella del fuoco, ma trasmetteva calma e tranquillità; era un messaggio di benvenuto e lui si sentì a proprio agio, percepiva calore. Sorrise.
La donna sospirò, portandosi una mano al petto. “Sono felice di vedere che stai bene. Quando Mamoru è arrivato con quegli occhi, ho temuto che-”
“Ho disubbidito ai suoi ordini, era normale che fosse furente. Ma non alzerebbe mai le mani su un suo compagno.” I graffi sul collo punsero per un momento, ben nascosti sotto la maglia dal collo leggermente più alto, cosicché nessuno potesse vederli.
Sheral addolcì lo sguardo. “Ciò che dici mi solleva. Devo ammettere di essermi preoccupata… Io conosco il suo modo di arrabbiarsi, ma ieri… credo di non averlo mai visto arrivare a quel punto.” Delicatamente lo prese sottobraccio, facendogli strada. “E’ davvero molto difficile riuscire a capire come comportarsi con Mamoru quando è così ostile. Ogni cosa che farai o dirai potrà essere quella sbagliata e mandarlo su tutte le furie.”
Il volante accennò un sorriso. “L’ho imparato a mie spese, in questo viaggio, ma non sarà questo a piegarmi.”
Insieme varcarono la stessa porta usata dal servitore che li condusse in un altro ambiente.
Yuzo vide come i corridoi di quella casa fossero lunghissimi e luminosi. Le vetrate laterali offrivano un panorama stupendo della proprietà. Il verde dei giardini aveva il rosa dei ciliegi sullo sfondo e il contrasto era netto, quasi disegnato.
“Da quella parte sorgeva la distesa di ciliegi.”
Yuzo strinse gli occhi per mettere a fuoco un punto particolare, quasi avesse potuto scorgervi qualcosa che ricordasse quello che era accaduto anni e anni prima. Ma in quel tripudio di acacie non c’era nemmeno un petalo di ciliegio. Il loro verde era immacolato.
“Sei venuto per parlargli di Mamoru?” domandò Sheral a un tratto.
Il volante annuì e lei gli sorrise. Gli era grata, anche se non aveva ancora fatto nulla, anche se forse avrebbe fallito, anche se forse Mamoru non avrebbe fatto altro che odiarlo ancora di più, in maniera mortale; nonostante tutto, Sheral gli era grata. Gli era grata anche solo per voler tentare perché a quanto pareva anche lei aveva provato a far da paciere, ma senza alcun risultato. Anzi, attirandosi ancora di più l’odio e il disprezzo della Fiamma.
“Il tuo gesto è nobile e io sono davvero felice che Mamoru abbia trovato dei veri amici, che tengono a lui e vogliono solo il suo bene, per questo ti dico: non prendertela per le cose che potrà dirti Nasir, lui… sa essere molto duro con le parole. Ti prego, non farti intimorire.”
Yuzo tenne a mente quell’informazione ma ora che era giunto fin lì, nulla l’avrebbe fatto desistere, non adesso che c’era così vicino.
“Non fraintendermi” aggiunse Sheral, sorridendo. “Lui è un uomo buono, affettuoso con i suoi figli, ma quando si tratta di Mamoru si irrigidisce e diventa molto più severo di ciò perché si tocca un argomento che non ha mai capito come affrontare. Ma io so che se non risolveranno i loro problemi, finiranno col pentirsene per tutto il resto della vita.”
“E’ per questo che sono qui.”
Scomparendo all’interno di un altro corridoio, girarono attorno all’edificio, entrando nell’ala che il Doge aveva riservato al lavoro. Il panorama era cambiato, e ora si poteva vedere un ampio scorcio di Dhyla oltre i vetri.
Sheral fermò il loro incedere davanti all’ultima porta e Yuzo comprese che erano arrivati. La donna lo lasciò andare, stringendogli però le mani.
“Buona fortuna” augurò.
Yuzo accennò col capo e guardò l’uscio chiuso. Il legno pesante era stato intarsiato in maniera magistrale.
Con decisione diede un paio di colpi.
Gli rispose un tono forte e autoritario. "Avanti."
Non si fece spaventare.
Yuzo entrò e la prima cosa che vide fu la scrivania vuota.
Il Doge non era seduto alla poltrona, ma restava in piedi, dandogli le spalle. Guardava la città attraverso la grande vetrata.
Quei lunghi capelli neri e le mani dietro la schiena gli diedero una sensazione di solidità e forza. Di déjà-vu.
Gli ricordarono Mamoru.
“Interessante.”
Anche il tono di voce era simile: deciso, con quella punta ironica sempre presente, ma più profondo e maturo.
Sheral aveva avuto ragione a metterlo in guardia, avrebbe dovuto fronteggiare un Mamoru adulto e non sarebbe stato facile.
“Non pensavo che mio figlio avesse addirittura degli amici, col carattere che si ritrova.”
Nasir si volse, mostrando a Yuzo il profilo e un occhio il cui nero intenso lo inglobò come fosse caduto in un lago di pece.
“Posso confermare che ne ha, Doge.” Il volante tentò di sorridere, mentre si sentiva scrutato centimetro per centimetro da quell’iride. Lo vide salire e scendere lungo tutta la sua figura.
“Vedremo.”
Nasir si girò completamente, appoggiandosi con le braccia alla sommità della poltrona. Un sopracciglio inarcato e un mezzo sorriso divertito che si tendeva da sotto i baffi. Nel complesso, Yuzo comprese che non si sarebbe dovuto aspettare parole gentili. Lo sentiva quasi a pelle: Nasir lo stava testando.
“Non mi sembri uno di Fyar, non hai la loro aria arrogante. Come ti chiami?”
“Vengo da Alastra, mio signore, il mio nome è Yuzo Shiroyama.” Il volante si profuse in un breve inchino di presentazione, mentre Nasir arricciava le labbra con fare pensieroso.
“Shiroyama…” ripeté, in attesa di un'illuminazione che non tardò ad arrivare. “Shiroyama… Ah! Ma non mi dire!” Distese completamente il sorriso e assottigliò lo sguardo, affondando il colpo. “Allora tu sei il bastardo di Tadashi!”
Yuzo incassò senza battere ciglio, ma dovette ringraziare l’Autocontrollo per questo. Inspirò a fondo e si strinse nelle spalle. “Bastardo non è il termine adatto, signore, dopotutto il Console non è sposato e noi non abbiamo legami di sangue. Sarebbe meglio ‘orfano’, ‘trovatello’…”, mostrò un sorriso che di cordiale aveva solo l’apparenza. “Randagio.”
Nasir colse qualcosa di stonato a ridosso di quelle labbra distese. Lo sguardo del giovane sembrava pacifico, ma le sue parole dovevano essere riuscite a ferirlo. Accentuò il sorriso.
Randagio. Mi piace.” Stemperò il tono sarcastico in favore di uno più rilassato. “Veniamo al dunque: cosa posso fare per te? Hai bisogno di altre informazioni riguardo-”
“No, veramente” Yuzo lo interruppe, stringendo di più le mani che manteneva intrecciate davanti a sé. “Il motivo della mia visita non ha nulla a che vedere con la missione, anzi. Mi rendo conto che quello che sto per chiederle la manderà su tutte le furie e so che non è una questione che mi riguardi, ma… per favore, dia a Mamoru il permesso di portare le spoglie di sua madre a Vestalys.”
La prima espressione che comparve sul volto del Doge fu di sorpresa. Palesemente, non si era aspettato una richiesta così diretta e da uno sconosciuto, per giunta. Ma fu solo un attimo.
Tsk! Questa poi!” Nasir si sedette con un gesto infastidito, le labbra tese verso il lato disegnarono una smorfia. “Certo che non ti riguarda! Adesso mio figlio manda addirittura i portavoce a-”
“Veramente, Mamoru non ne sa nulla, signore. Anzi, mi ucciderà appena ne verrà a conoscenza. Mi aveva raccomandato di non immischiarmi.”
“E tu non sei uno che ascolta, a quanto pare.” Si sporse in avanti fino ad appoggiare un gomito sul tavolo. Gli occhi fissi su di lui; l’avrebbero azzannato se fossero stati fauci. “Sono anni che mio figlio viene qui e tenta in tutti i modi di avere quel dannato pezzo di carta e, puntualmente, se ne va a mani vuote. Ora dimmi: perché dovrei dare retta a te, un estraneo qualunque, e non a mio figlio?”
“Perché, appunto, sono un estraneo. Non mi importa del vostro orgoglio né mi interessa giudicarvi, non vi conosco nemmeno, come potrei? Mi importa solo quel permesso.” Yuzo inspirò a fondo, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Nasir non gli rispose e questo lo spinse a continuare. “Molto spesso, è più facile parlare con un estraneo, perché ignora quella che è la nostra storia e possiamo comportarci come più vogliamo, liberi, anche di essere incoerenti e irrazionali con noi stessi. Io non sono Mamoru e voi non dovete essere a tutti i costi il padre severo e inamovibile che lui crede che siate, ma solo essere padre.”
Stavolta, anche Nasir distolse lo sguardo. Il sopracciglio inarcato e il nero dell’iride che si appoggiò sugli oggetti posti sul tavolo. Con fare pensieroso, fece scivolare le dita sui baffi.
“Ieri pomeriggio, vostra moglie mi ha raccontato la storia di Mamoru e di sua madre”, riprese il volante, “e io credo di aver capito perché non volete cedere alla sua richiesta: temete che dopo non tornerà mai più a Dhyla.”
“Sheral parla troppo.”
“Vorrebbe solo che foste entrambi felici e quindi io vi domando: cosa è meglio? Rischiare, dargli quel permesso e dimostrargli così quanto siete disposto a perdere per lui, oppure tenerlo a tutti i costi legato a voi anche se con odio, rabbia e rancore? Vi rendete conto che potreste non avere più un'altra occasione? Che siamo in guerra e che alla fine di questa missione... nemmeno noi sappiamo cosa ci aspetterà?”
Nasir cambiò posizione; la poltrona era divenuta improvvisamente scomoda. Ci aveva pensato. Ci aveva pensato eccome, dannazione! Fin da quando la notizia era giunta anche a lui il suo primo pensiero era andato a quello sciagurato di suo figlio! Al fatto che fosse un Elemento e che quindi avrebbe preso di sicuro parte al conflitto, figurarsi! Di certo non si sarebbe mai tirato indietro, conoscendolo. E aveva iniziato a scrivergli più spesso di proposito: sapeva che Mamoru non avrebbe mai risposto, non lo faceva mai, ma il fatto stesso che le missive non tornavano indietro per lui era un segno che, almeno al momento, non doveva preoccuparsi. Pensare che sarebbe potuto andare al fronte, pensare che avrebbe combattuto, pensare che non sarebbe più tornato a casa e pensare che non avrebbero mai potuto chiarirsi gli aveva fatto passare infinite notti insonne, a domandarsi se stesse ancora facendo la cosa giusta. E ora era arrivato quel ragazzo e gli sbatteva in faccia tutti i suoi dubbi senza tanti complimenti.
Appoggiò entrambe le braccia sulla scrivania, intrecciandone le mani. “E se non dovesse più tornare?” chiese, guardando Yuzo quasi con sfida.
“Saprebbe almeno che suo padre gli vuole bene sul serio, che lo accetti o meno, mentre voi non avreste il rimpianto di non aver fatto nulla per tentare di dimostrarglielo.”
Il Doge lo guardò fisso, dritto in quegli occhi nocciola in cui lesse tensione e attesa. Quel ragazzo sembrava davvero tenere a quel testardo di Mamoru.
“Mio padre mi ha sempre detto, che dietro le azioni di ogni genitore c’è solo l’amore per i propri figli. Fare un passo indietro rientra in questi gesti d’amore. Un giorno, forse toccherà anche a Mamoru farne.”
Sì, teneva a lui. Nasir sbuffò un sorriso.
“Tadashi ti ha proprio insegnato bene, mh? Parlate alla stessa maniera.”
“Voi… conoscete mio padre?”
“Fin da quando eravamo ragazzini. E’ di Dhyla, non lo sapevi?”
Yuzo ne rimase davvero sorpreso; scosse il capo.
“E’ così.” Il Doge distolse lo sguardo, lasciando che si arenasse su un punto indefinito, mentre le dita scivolavano di nuovo sui baffi. Con la schiena si appoggiò stancamente contro l’imbottitura della poltrona. Socchiuse gli occhi e accennò un sorriso rassegnato. “Dopotutto, è durata anche troppo” disse, pensando a voce alta.
Con un gesto deciso, Nasir schiuse nuovamente le palpebre. Aprì il primo cassetto della scrivania e ne cavò una lettera. La ceralacca rossa chiudeva il foglio ingiallito dandogli una forma rettangolare. La fece scivolare sulla superficie lucida del tavolo, in direzione del volante.
“Quello è il permesso che mi hai chiesto. E’ tuo, prendilo pure.” Piano si alzò dalla poltrona, portandosi alla vetrata. “E salutami tuo padre, quando lo vedi.”
Il Doge non poté notarlo, poiché gli dava le spalle, ma il sorriso di Yuzo era luminoso come il sole. Si profuse in un sentito inchino.
“Vi ringrazio, Doge Izawa. Non mancherò.” In un paio di passi raggiunse la scrivania e prese il documento. Anche se Mamoru avrebbe finito con lo staccargli la testa, era felice. Tutto il resto non importava più. “Arrivederci.”
Nasir lo fermò che era arrivato alla porta; la mano appoggiata sulla spalliera della poltrona non nascondeva un certo nervosismo nel modo in cui il pollice strofinava le altre dita. Preoccupazione. Stava rischiando il tutto per tutto, ormai, e dovette ammettere a sé stesso d’aver già capito che era arrivato il momento di lasciarlo andare. Mamoru non era più un bambino e se davvero dire addio a quella città e anche lui era ciò che voleva… era la sua scelta e lui avrebbe dovuto accettarla. Perché anche quello facevano i padri, oltre ai passi indietro.
“Di' a mio figlio di non essere avventato, va bene?”
Il sorriso di Yuzo si tese ancora di più. Anche in questo, Mamoru e suo padre si somigliavano molto: avevano una scorza dura, ma un cuore incredibilmente grande e accogliente. Bisognava solo grattare un po’ il guscio per farlo venire fuori.
“Lo farò. Lo farò di certo.”
Nasir attese di udire il rumore della porta che veniva chiusa prima di sospirare a fondo. Di fuori, il tramonto stava bruciando nel cielo di Dhyla e lui si sentì di colpo più vecchio.

Yuzo scorse la figura di Sheral presso una delle vetrate del corridoio che conduceva all’ingresso. Aveva percorso tutto il tragitto a ritroso e, nel trovarla lì, capì che era rimasta ad aspettarlo perché quando lo vide gli sembrò che trattenesse il fiato per un attimo.
Lui le sorrise, sollevando il famoso permesso e a quella vista la donna si concesse di tirare un sospiro sollevato.
“Devi esser stato davvero convincente” disse, appena lui la raggiunse.
“Ve l’avevo detto che non mi sarei arreso. E poi… ho fatto tanta pratica con Mamoru; fronteggiare un osso duro non mi spaventa più.”
Sheral nascose una risata nella mano, poi assunse un’espressione più seria e preoccupata. Lo sguardo tornò a perdersi verso l’esterno. “Pensi che vorrà dare una possibilità a suo padre? Pensi che vorrà almeno provare a parlargli?”
Yuzo avrebbe davvero voluto avere una risposta certa a quelle domande, però sapeva quanto l’intera faccenda cambiasse Mamoru, stravolgesse il suo comportamento. Lui faceva affidamento sul suo vero ‘io’, nascosto dietro la rabbia, ma non sapeva quale dei due fosse più forte. Anche con la Fiamma in prima persona, avrebbe dovuto essere convincente e veloce il necessario per riuscire a parlargli prima che l’altro avesse cercato di staccargli la testa.
“Non lo so. Ma come suo padre, anche Mamoru è una persona buona e generosa. Deve solo accettarlo.”
La donna annuì. “Speriamo in bene.”
Rivolgendogli un sorriso lo accompagnò all’uscita, ringraziandolo ancora per quello che stava facendo. Yuzo rispose con un inchino, prima di lasciarsi alle spalle il palazzo dogale.
D’intorno, il tramonto stava divenendo sempre più intenso e il cielo aveva raggiunto una cromia che avrebbe fatto invidia a qualsiasi pittore per quanto viva e seducente. Pareva essere il colore la fonte che riscaldava l’aria di quel pomeriggio.
Mentre raggiungeva i cancelli d’uscita, il volante respirò a fondo.
Metà del lavoro era stato fatto, ma, a pensarci bene, forse quella era stata la parte più facile perché il difficile sarebbe stato affrontare la Fiamma. A dire il vero, non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dirgli di preciso e nemmeno se ne avrebbe avuto la possibilità o se se la sarebbe dovuta guadagnare combattendo. Mamoru stavolta non si sarebbe limitato a dare un pugno nel muro, ma lui era pronto a raccoglierli tutti; tutti i pugni che gli avrebbe tirato.
I soldati di guardia erano rimasti nella stessa posizione di quando era arrivato e non si mossero di un millimetro nemmeno quando uscì, abbandonando la proprietà degli Izawa.
Davanti a lui c’era un lunghissimo viale privo di alberi, diversamente da quanto avveniva in tutto il resto della città. Quella strada era l’ultimo tratto di raggio che congiungeva il centro con ogni punto della circonferenza perimetrale che correva attorno Dhyla.
Negli altri giorni, quando il Doge riceveva, doveva essere molto trafficata, ma in quel momento e col tramonto in atto non c’era nessuno se non una persona, oltre lui. Una persona che proveniva da lontano e camminava nella direzione opposta alla sua. Una persona che era sicuro avrebbe dovuto incontrare, ma che non immaginava se la sarebbe trovata davanti così presto.
Fece un altro paio di passi e poi si fermò. Il tempo per cercare le parole giuste era già finito.

Era vero, aveva diviso la città in quattro spicchi, ma era stato altrettanto chiaro che il centro di quella circonferenza, ovvero il palazzo dogale, sarebbe stata competenza solo sua e di nessun altro.
Mentre camminava in direzione di quella che si rifiutava di chiamare ‘casa’, Mamoru pensò che forse sarebbe stata la sua ultima possibilità, quella, di ottenere il documento per trasferire le ceneri di sua madre o anche solo di chiederle. Una volta ripartito, la missione sarebbe stata la sua unica preoccupazione e con essa la guerra. Attestata lungo il confine Nord, sarebbe stata la meta che avrebbe raggiunto dopo aver lasciato il Principe a Raskal, sempre se l’avessero trovato.
C’era il rischio di non tornare mai più. Volente o nolente la sua guerra privata sarebbe potuta finire lì.
Beh, poco male, nessuno dei due avrebbe pianto, sicuro.
Ghignò, scuotendo il capo.
Non vedeva l’ora di lasciare Dhyla. Quella città lo stava facendo impazzire nelle troppe cose che si erano susseguite, nella piega che avevano preso gli eventi e nella consapevolezza che lui non era più la stessa persona che era partita da Raskal mesi prima. Non poteva ignorarlo, ma faticava ancora ad accettarlo completamente.

“Sono innamorato del Vento.”

Si passò una mano sul viso per spostare i capelli in un gesto deciso.
L’aveva detto ad alta voce e quando certe cose prendevano un suono significava che non si poteva più fingere che non esistessero.
C’erano. Non ci si poteva illudere.
E sapere che Yuzo aveva paura di lui era davvero un valido aiuto, come no.
Sbuffò; non sapeva che fare. Troppe cose cui pensare e di cui occuparsi tutte nello stesso momento e lui sentiva la testa che stava per esplodere. Avrebbe dovuto stilare una sorta di ‘elenco delle priorità’ e decidere cosa affrontare e cosa poteva far cadere nel dimenticatoio.
D’un tratto rivide lo sguardo terrorizzato del volante e rivide sé stesso mentre colpiva il muro.
Quei pensieri non lo lasciavano in pace, l’avevano seguito anche per tutto il tempo che aveva setacciato la sua parte di città. Gli si aggrappavano addosso, gli rendevano difficile riuscire a concentrarsi e comprese che quella era una delle cose che avrebbe dovuto affrontare e non dimenticare.
Doveva parlargli, non sapeva come, ma doveva parlargli, non sapeva che dire, ma doveva parlargli. Doveva farlo. E poi avrebbe mantenuto le distanze, per il bene di entrambi.
Mamoru lo decise quando arrivò all’inizio del viale, l’ultimo tratto di strada prima di giungere al palazzo. Lo vedeva, nitido, stagliarsi sul fondo del paesaggio. E non era da solo. Un’altra figura comparve e Mamoru la riconobbe subito.
Il volante non passava inosservato, con il suo fisico alto e l’andatura elegante. Per non parlare di quel dannato orecchino che riusciva a riflettere sempre e comunque la luce, da qualsiasi posizione. Lo vide brillare anche in quel momento e abbagliarlo per un attimo.
Si fermò.
Uno all’inizio e uno alla fine della strada che conduceva al palazzo dogale, in direzioni opposte. S’accorse che anche Yuzo si era fermato, doveva averlo riconosciuto. Dopotutto anche lui, come l’uccellino, non passava inosservato.
Rimase a fissarlo con la bocca semiaperta. Non poteva crederci che gli avesse disobbedito ancora, non dopo tutto quello che era accaduto, dopo la rabbia, dopo il veleno che gli aveva sputato contro, dopo essere stato allontanato; Yuzo aveva comunque e caparbiamente agito di testa sua.
Sul momento, Mamoru non riuscì nemmeno a capire come si sentisse. Avvertiva freddo e fuoco, tutto insieme, che si mescolava e contorceva nel tramonto che bruciava la città e tutti i suoi colori in un unico e vivo arancione, di luci e ombre. Anche la figura del volante era di quella stessa tonalità ardente.
Provò l’istinto di urlare. Gridare così forte da distruggersi le corde vocali. Poi provò l’istinto irrefrenabile di ucciderlo davvero, come aveva minacciato di fare. E, infine, provò l’istinto di piangere perché tutto gli era ormai sfuggito di mano; il suo passato, i suoi sentimenti, le decisioni da prendere. Ma tra le tre avrebbe dovuto farne prevalere una sola, e l’istinto omicida prese il sopravvento.
Nel momento in cui vide che Yuzo aveva ripreso ad avanzare, caricò anche lui. I pugni stretti, la testa bassa, il respiro di un bufalo.

Yuzo inspirò a fondo e mantenne la testa dritta.
Da come si muoveva, Mamoru doveva essere furente, ma gli avrebbe impedito a ogni costo di ridursi come il giorno prima, in quel modo irriconoscibile. Prima avrebbe dovuto ascoltarlo e dopo, se davvero non aveva capito niente di com'era fatto, avrebbe potuto agire come preferiva.
Yuzo camminò con passo calmo e misurato, senza lasciarsi intimidire dalla collera che bruciava il suo compagno di missione. Gli vide digrignare i denti e sollevare la mano, pronto a ringhiare come un cane feroce, ma impedì che la rabbia potesse prendere il sopravvento e fargli ancora del male.
“Il tuo permesso” disse lapidario. Gli premette la lettera sul petto, bloccandola con tutta la mano: come quando gli Erboristi usavano determinati sigilli magici, lui sembrava avesse voluto sigillare il suo dolore.
L’espressione iraconda di Mamoru si spezzò in due, si fece confusa, le sopracciglia si aggrottarono e le labbra rimasero semiaperte ma mute.
“Puoi riportare tua madre a Vestalys.”
Tutto quello che la Fiamma avrebbe voluto fare, tutti i suoi propositi dettati dalla rabbia, si cancellarono di colpo e negli occhi di Yuzo sembrò quasi cercare una risposta o un’indicazione su come avrebbe dovuto agire, adesso, perché lui non lo sapeva più.
Il giovane di Fuoco sollevò una mano e se la portò al petto, coprendo quella del volante per qualche momento, prima che Yuzo la ritraesse. Allora, Mamoru riuscì a sentire la consistenza della carta sotto le dita, il suo rumore. Prese la lettera e finalmente la guardò. Il sigillo in ceralacca era proprio lì. Era davvero il permesso che rincorreva da anni, l’unico motivo per cui continuava a tornare a Dhyla. Adesso avrebbe finalmente potuto dirle addio per sempre, come aveva desiderato fare da che sua madre era morta. Eppure, in quel momento, non c’era nessuna soddisfazione, non pensava ad altro che a quello che stringeva tra le mani. Quel permesso era divenuto una sorta di simbolo, la guerra segreta tra lui e suo padre, e averlo ora significava che Nasir si era arreso.
“Perché a te?” domandò d’un tratto, incredulo. “Perché lo ha dato a te? Dopo tutti questi anni che io… perché?...”
“Perché siete troppo simili, anzi, direi uguali. Lo stesso orgoglio, la stessa testardaggine. Non avresti mai chinato la testa, vero? Non ti saresti mai fermato a parlare con lui, invece di pretendere di avere ragione a ogni costo e senza condizioni, vero?”
Mamoru lo fissò, sentendo che non c’era più nulla che il volante non avesse capito di lui, pur senza guardarlo direttamente negli occhi, e magari quello stupido nemmeno se ne rendeva conto.
No, non avrebbe mai chinato la testa.
Yuzo sorrise.
“Nemmeno lui, non davanti a te. Non voleva mostrarsi debole per non lasciarsi sopraffare dal tuo rancore, però ti vuole bene, più di quanto immagini. Si è raccomandato di dirti di fare attenzione.” Abbassò lo sguardo sulle proprie mani. “Per favore, dagli una possibilità e non lasciarti questa città alle spalle. Sono le tue radici: se le recidi, potresti pentirtene per sempre.”
Vedendo che la Fiamma non rispondeva sospirò, tornando a osservarlo.
Mamoru rigirava la lettera adagio, come se stesse valutando cosa fare, cosa dire, addirittura cosa pensare.
“Io lo so... so di essere stato... pessimo. Sono venuto meno alla mia parola, ti ho disubbidito, ho messo il naso nei tuoi affari senza pensare a quanto il mio atteggiamento potesse ferirti perché ero accecato dal desiderio di poter fare qualcosa per te. Qualsiasi cosa. Sono stato presuntuoso, hai ragione. Però sappi che non mi pento di essermi intromesso nella tua vita. Nemmeno un po'." Accennò un sorriso. "Torno alla locanda, quando vorrai uccidermi sarò lì ad aspettarti.”
Yuzo gli passò di fianco, Mamoru continuò a tacere.

“Non mi pento di essermi intromesso nella tua vita.”

Solo il volante poteva dire certe cose e fargli capire che, in fondo, nemmeno a lui dispiaceva. Per nulla.
Strinse il permesso e la carta si piegò rumorosamente.
“Aspetta.”
Era partito come una furia, si era dissolto come una fiammata nel cielo e non avrebbe mai pensato che potesse addirittura fermarlo. E chiedergli di andare con lui? No, nemmeno quello.
“Ti va di accompagnarmi?”
Il volante osservò la sua schiena e quell’accenno di profilo nel capo girato di lato.
“Dove?”
“Da mia madre.”
Di tutte le cose che si era aspettato di sentire – insulti, per lo più –, quella non rientrava affatto. Ma non nascose di esserne felice; il suo sorriso parlava molto di più di mille parole.

Avevano camminato fianco a fianco per tutto il tragitto senza dirsi nulla.
Il palazzo dogale, ormai, non era più visibile dietro di loro, a meno che non si cercasse di individuarlo attraverso le altre costruzioni e i rami degli alberi.
In quella zona di Dhyla, che ricadeva nella parte di cui si era occupato Mamoru, a Yuzo parve che i ciliegi si facessero più radi.
La Fiamma aveva continuato a stringere il permesso nella mano, lo sguardo dritto in avanti, e il volante gli aveva lanciato delle occhiate di tanto in tanto, aspettandosi qualcosa, qualche parola, ma niente. Mamoru era rimasto muto.
Per quanto il fatto che non gli si fosse lanciato contro e avesse cercato di ucciderlo gli fosse parso la più grande benedizione del secolo corrente, era altresì vero che non sapeva affatto come interpretare quel lungo silenzio. Dai pochi momenti in cui era riuscito a incrociare il suo sguardo, Yuzo non aveva percepito il gelo degli ultimi giorni, quanto la familiarità del suo calore naturale. Era tornato il Mamoru che lui conosceva, ma gli appariva più pensieroso, come se stesse valutando attentamente quello che avrebbe dovuto fare.
Da parte sua, non domandò; dopo essere stato tanto prepotente da irrompere nei suoi affari, preferì non forzare ancora di più la mano e rispettare i suoi silenzi. Adesso sì, poteva aspettare.
Il cimitero si trovava verso la periferia ed era l’unica zona della pianta circolare a non avere il mercato.
L’ingresso era composto da un altissimo cancello in ferro battuto le cui sbarre disegnavano volute e foglie, fiori e fiamme. Verso l’alto, le punte concludevano con delle affilate picche.
Tutt’intorno, correvano i ciliegi tagliati e curati affinché mantenessero delle forme più piccole, quasi avessero dovuto fare da siepe, mentre all’interno Yuzo s’accorse che di albero ve n’era solo uno. Enorme. Di sicuro il più grande che avesse mai visto. E poiché riusciva a distinguerlo nettamente dominare il paesaggio con i suoi rami lunghissimi, nonostante avessero appena varcato l'ingresso del cimitero, allora doveva essere mastodontico per davvero.
Per un attimo, la presenza del ciliegio riuscì a distrarlo da tutto il resto, ma quando si guardò attorno arrestò il passo senza nemmeno accorgersene.
Tombe ovunque, marmi candidi ornati da simboli elementali. E fiori. Tantissimi fiori che si mischiavano ai petali di ciliegio trascinati dal vento e dispersi dall’albero immenso.
Mamoru si fermò qualche passo più avanti, quando si accorse di non avere più il compagno al suo fianco. Si volse, lo vide lì fermo e lo sguardo che si spostava velocemente su tutto ciò che lo circondava. Il viso tradiva un’espressione quasi intimorita. Gli sembrò a disagio.
“E’ la prima volta che ne vedi uno, vero?” Per lui, come per qualsiasi altro vissuto altrove prima di entrare in una scuola elementale, i cimiteri non erano chissà quale novità, mentre per Yuzo, che aveva conosciuto solo Alastra e di certo non aveva avuto né occasione né motivo per andare al cimitero di Mizukoshi, doveva essere il primo in cui metteva piede. E per il volante, che sembrava essere così impreparato quando si tirava in ballo il concetto di ‘morte’, l’effetto doveva essere molto più forte.
“Sì…” Yuzo si guardava attorno, disorientato.
“Scusami, non ci avevo pensato. Sono stato indelicato a chiederti di venire qui.”
“No! No, non è vero!” Il volante s’affrettò a scuotere il capo. Lo raggiunse in rapidi passi, ostentando una sicurezza che non provava. Sorrise, nascondendosi dietro l’incantesimo che meglio conosceva. “Non è un problema, devo solo… abituarmi, ecco.”
Mamoru lo guardò con intensità e senza ironia. Gli parve quasi di riuscire a vedere oltre l'Autocontrollo, attraverso le sue iridi nocciola, e quello che scorse gli diede l’idea del vetro. Una spessa e invalicabile lastra di vetro che si celava dietro il primo livello di difesa. Molto, molto più in profondità.
“Non funzionerà per sempre. Lo sai, vero?”
“Che cosa?” Yuzo sembrò non capire, ma Mamoru non ne fu del tutto sicuro.
Sospirò.
“Niente.” Riprese a camminare, con il compagno al suo fianco. Fece vagare lo sguardo lungo il percorso. Conosceva quelle tombe forse meglio dell’intera città. Camminare per il cimitero non gli aveva mai creato problemi né fastidi. Anzi, gli metteva una strana tranquillità sotto la pelle, forse perché era un luogo di riposo e il dolore che era appartenuto alla vita terrena non c’era più. Ognuno era in pace con le Dee. “Che impressione ti dà?”
Yuzo osservò il candore delle lapidi fondersi nelle venature rossastre dei diaspri che le decoravano. C’erano più colori lì che in tutta Dhyla; esplodevano nei petali dei fiori di mille varietà diverse.
“Non so. Gli addii non mi piacciono…”
“Questo l’avevo capito.”
Sorrisero entrambi. Poi, il volante si volse indietro. Da lì, più vicini al grande ciliegio, si poteva vedere una porzione di cimitero più ampia; gli parve una strada, costeggiata da case silenziose. Piene di cenere.
“Nostalgia” disse infine. “Mi dà un senso di nostalgia.”
Mamoru si fermò presso il recinto che correva tutt’intorno al ciliegio. Erano distanti parecchi metri dal tronco, ma i suoi rami erano ben oltre le loro teste. Il tramonto lo investiva di lato, illuminandolo di oro rosso. Legato al fusto, vi correva una fune dove oscillava uno stendardo con il simbolo del Fuoco.
“Immagino non abbiate cimiteri ad Alastra.” La Fiamma giunse le mani portandole, in sequenza, al petto, alle labbra e alla fronte, nel gesto di preghiera compiuto dagli Elementi di Fyar. Yuzo, invece, le incrociò al petto, fece un inchino e poi le sciolse.
“No, infatti. La politica della scuola è molto chiara in questo: si viene cremati e poi sparse le ceneri dall’alto dei torrioni.” Sbuffò un sorriso. “Ero sempre stato convinto che il primo funerale cui avrei assistito sarebbe stato quello di Magister Matilda.”
“Che sarebbe...?”
“Il guardiano della voliera.” Stavolta sorrise a piene labbra. “Mi ha insegnato lui a prendermi cura delle phaluat. Sotto sotto, credo fosse lui a prendersi cura di me.”
“Una specie di nonno.”
Yuzo rise. “Sì, qualcosa del genere.” Poi levò lo sguardo al ciliegio con profonda ammirazione. “E’ bellissimo.”
“E’ millenario” spiegò Mamoru. “Quando io ero piccolo, lui era già enorme. Nessuno sa chi l’ha piantato, ma molti dicono sia più vecchio persino della stessa Dhyla.” Riprese a camminare, girando per un percorso laterale che si inoltrava sempre di più all’interno del cimitero labirintico.
In quel momento, Yuzo si rese conto di come stessero parlando in maniera diversa. Di solito, finivano col battibeccare dopo nemmeno tre parole, ma ora sentiva che c’era qualcosa di differente. A pensarci bene, già a Sendai i loro discorsi si erano fatti più rilassati e articolati, profondi avrebbe osato dire. Parlavano di loro stessi con meno difficoltà, si confrontavano, ricordavano. A Rhanka avevano condiviso per la prima volta il loro passato e ora Mamoru lo stava addirittura portando da sua madre. Il modo burrascoso e diffidente in cui si erano conosciuti a Raskal passò per un attimo davanti ai suoi occhi, poi scomparve e gli sembrò lontano un’eternità.
Nella zona in cui arrivarono il cimitero era più monumentale. Cappelle dalla forma di vere e proprie case iniziavano a sorgere qua e là tra lapidi imponenti. Lì erano sepolte le persone più in vista di Dhyla. Loro si fermarono davanti a una struttura di forma cilindrica. Sulla sommità svettava una fiamma di marmo rosso e nero.
Mamoru estrasse una chiave dalla tasca e si avvicinò al cancello che precludeva l’ingresso agli estranei. Lo aprì e si fece da parte per permettere al volante di entrare.
La prima cosa che Yuzo fece, fu di sollevare lo sguardo al soffitto.
La volta aveva lo stesso scudo che aveva visto al palazzo dogale: la ‘I’ campeggiava nel centro, assieme al simbolo del fuoco, sovrastati dalla corona reale che indicava obbedienza al Re Ozora.
Poi si guardò attorno. Le pareti erano costellate di celle con nomi ed effigi, date. Ce n’erano tantissime.
“Questa è la cappella di famiglia. Qui sono sepolti tutti i membri della famiglia Izawa.” Mamoru era rimasto appoggiato con la spalla allo stipite dell’ingresso. Le braccia incrociate. “Nel centro vi è il ramo principale, ovvero tutti quelli che, nei secoli, sono divenuti Doge di Dhyla.” Si mosse e avanzò, fermandosi accanto al volante.
Yuzo vide una fila verticale di loculi più grandi, rettangolari, mentre gli altri erano di forma quadrata.
“Miroku Izawa.” Mamoru indicò il primo, più in alto di tutti. “Capostipite della famiglia Izawa e primo a essere stato eletto Doge. Sotto c’è suo figlio, il figlio del figlio e così via. Dasaratha Izawa era mio nonno.”
Il volante sorrise. La famiglia di Mamoru aveva davvero una storia lunga e antichissima. Ricordi che si perdevano tra genitori e figli, nonni e nipoti, zii, cugini. Legami intrecciati gli uni agli altri; così tanti da dimenticarseli addirittura. Famiglia. Nel senso più infinito del termine.
“Lì ci sarà mio padre, un giorno, e chi lo seguirà alla guida del dogato.” La Fiamma indicò il loculo sotto quello del nonno. “E non sarò io, ovviamente.” Il mezzo sorriso scemò subito in favore di un’espressione leggermente imbarazzata. “Toccherà a uno… uno dei miei fratelli.” Lanciò un’occhiata fugace al volante per vedere la reazione e lo notò sorridere con una punta di soddisfazione. Lui arrossì e girò la faccia.
“Sheral mi ha detto che ne hai tre.”
“Sheral ti ha detto proprio tutto, eh?”
Stavolta, Yuzo rise più apertamente. “Non arrabbiarti, è una persona così dolce e premurosa.”
“Ecco, ora vuoi farmi la parte perché sono stato scortese con lei, dillo! Non aspettavi altro!”
Ma il volante scosse il capo, tornando a guardare le lapidi. “No, non ce n’è bisogno. Tanto lo sai già.”
“Che sfacciato!”
Yuzo rise ancora, divertendosi nel vederlo nuovamente così, nuovamente lui. Sembrava che tutta la tensione accumulata prima di arrivare a Dhyla e tutto quello che era accaduto il giorno prima non fossero mai esistiti. Il tempo si era riavvolto o, forse, aveva solo superato quell’ostacolo su cui si era inceppato, per tornare a scorrere.
“Spero che mio padre non sia stato troppo scortese con te. Non ha un bel carattere e a volte provoca solo per vedere le reazioni.”
“Sì, me ne sono accorto.”
“Non gli avrai dato soddisfazione, spero?!”
“No, no. Ormai sono allenato.”
“Molto bene-… Ehi! No, aspetta! Che vorresti dire?!”
“Io? Proprio niente!” rise ancora il volante mentre lui borbottava per il riferimento, molto poco velato, alle loro zuffe verbali. Alla fine, anche alla Fiamma sfuggì un mezzo sorriso, nell'ammettere a sé stesso che Yuzo non aveva tutti i torti.
“E gli altri? Chi sono?”
Il volante aveva ripreso la parola, indicando tutte le tombe più piccole che costellavano la parete in file ordinate.
“Rami cadetti. Fratelli, figli, zii, nipoti, cugini. Gente che non ho mai conosciuto.” Poi spostò lo sguardo sul lato destro della fila principale. “E mogli.”
Yuzo lo imitò. Partendo dall’alto, i suoi occhi catturarono le effigi delle donne che avevano generato la discendenza degli Izawa fino a fermarsi sul loculo accanto a quello vuoto del padre di Mamoru.
“Ti presento mia madre” disse quest’ultimo e lui rimase intrappolato nel nero degli occhi che, dalla ceramica, sembravano non aver perso nulla della forza che avevano dovuto avere in vita. Occhi neri, che ricordavano quelli di Mamoru, fieri, così come i capelli. Incorniciavano un viso dall’ovale perfetto e i tratti delicati, ma precisi. Sheral aveva avuto ragione.
“E’… è bellissima…” La donna più bella che avesse mai visto.
“Sì, lo era.” Mamoru abbassò lo sguardo sul permesso che continuava a stringere tra le mani. Finalmente si decise a staccare la ceralacca che lo sigillava.
“Che succederà adesso?”
Lui fece spallucce, aprendo la missiva. “Quel loculo verrà svuotato e poi sarà-…”
Yuzo si girò a guardarlo e sul suo viso lesse un’espressione turbata. Fissava il permesso e ciò che recava scritto con le sopracciglia aggrottate.
“Va tutto bene, Mamoru?”
La Fiamma alzò la testa di scatto, richiudendo il foglio. Apparve disorientato e quasi impreparato. “Io… sì. Sì è tutto a posto.” Tossicchiò e si passò una mano nei capelli, cercando di recuperare la sua solita fermezza per dare nuove disposizioni. “Tu… Gli altri dovrebbero già essere rientrati alla locanda. Raggiungili e di’ loro che dopo cena ripartiremo, tanto non troveremo altro qui. Io vi raggiungerò a breve, ho una cosa da fare.”
Per quanto gli parve evidente che ci fosse qualcosa di strano nel modo di fare di Mamoru, il volante preferì non discutere, perché qualunque cosa fosse, sapeva che non c’era più nulla di cui preoccuparsi.
“Va bene” annuì, ma la Fiamma sembrava avere ancora qualcosa da aggiungere.
“Senti…” Si passò di nuovo la mano nei capelli, tirandoli indietro. Poi lo guardò dritto negli occhi e all’Elemento di Alastra parve inquieto. “…per quanto riguarda quello che è successo ieri: giuro che non ricapiterà mai più. Però… non avere paura di me, Yuzo.”
“Ma io non ne ho” rispose il volante, con semplicità, e nel suo sorriso Mamoru ritrovò la familiarità cui si era abituato pur senza volerlo. Eppure, quando lo vide dirigersi all’uscita della cappella, sentì la necessità di avere delle conferme, di poter credere davvero e fino in fondo alle sue parole e al suo sorriso.
Si mosse senza pensarci, lo raggiunse senza pensarci, lo afferrò senza pensarci. O forse consapevole che solo nel contatto avrebbe potuto avere la sicurezza di cui aveva bisogno. Se si fosse divincolato, se Yuzo l’avesse respinto come era avvenuto quando si trovavano in camera allora avrebbe saputo che nulla sarebbe più potuto tornare come era prima, che non avrebbe avuto la sua fiducia. Dopo che era sempre stato il contrario, si rese conto che anche lui aveva bisogno di sapere che il volante si fidava.
Ma Yuzo non si divincolò, non tentò di rifuggirlo, non lo guardò con il terrore di poter essere colpito. E non era per merito di alcun incantesimo.
Il volante lo osservò con perplessità, aspettando che aggiungesse dell’altro, ma Mamoru non avrebbe mai potuto spiegargli che in realtà non voleva nulla se non toccarlo e basta.
La Fiamma guardò il braccio ancora stretto nella sua mano e buttò lì la prima cosa che gli venne. “Potresti… potresti dire all’oste che non c’è più bisogno che mi tenga da parte la camera?”
“Certo.”
Il suo sorriso gli parve l’unica Verità in cui avrebbe creduto fino alla morte.
Lo lasciò andare, seguendolo con lo sguardo fino a che non uscì. Piano raggiunse a sua volta il cancello della cappella, si appoggiò al ferro delle sbarre fissando la schiena del volante che si allontanava tra le lapidi. Nell’aria, il vento del meriggio soffiava su Dhyla trasportando ovunque i petali del grande ciliegio.
“Non posso più spezzarlo, questo legame.”
E mentre stringeva il foglio firmato da suo padre, capì che non era l’unico.




…Il Giardino Elementale…

 

Vorreste vederla la madre di Mamoru, Sakura? Tempo fa trovai la foto di un'attrice giapponese che mi lasciò con la faccia da triglia, perché era davvero come avevo immaginato che fosse Sakura: lei si chiama Yukie Nakama (qui, qui e qui) e trovo che sia davvero bellissima. *-* L'espressività del suo viso mi dà tantissimo la sensazione di delicatezza e distacco; quelle bambole belle e irraggiungibili, di porcellana finissima. Mi sembrava perfetta.

E così, comincia un nuovo anno all'insegna della pucciosità! :3
Mamoru sembra finalmente a un passo dal lasciarsi i vecchi fantasmi e rancori alle spalle per far posto a qualcosa di nuovo e conosciuto al contempo, qualcosa che aveva sempre rifuggito, ma di cui forse nessuno può fare a meno. (\O/ e qui si vede che io ho una vena rrrrrrromanticherrrrrrima inesauribbbbboli anche se cerco di camuffarla con l'angssssstt e il dddddolore! XD)
Un applauso a Blackvirgo *-* che aveva anticipato le mosse di Yuzo! *awwwwwwwwwww*abbraccia*
Il prossimo aggiornamento concluderà questo lungo capitolo 11, dopodiché... il... DODICI. *sbatte la testa contro il gong*
Al momento mi mancano solo quattro scene, per un totale di mezzo capitolo e un pezzetto (ma non è detto che il mezzo capitolo poi non diventi capitolo intero ecc ecc ecc). Alla fine non manca molto, ma ridendo e scherzando sono sei parti, di cui l'ultima di venti pagine che... non vorrei dividere ç_ç Lo so che mi odierete, ma spezzarla non avrebbe senso. T^T lo so che sono graforroica, ma voi mi vorrete bene lo stesso, vero? VERO???? *piange e si dispera*

:*** ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi; grazie della vostra pazienza!


Prima di lasciarvi: SETTIMO VOLUME DELL'ENCICLOPEDIA ELEMENTALE DEDICATO ALLE 'TERRE DELL'OLTRE'!!! :3 Mi ha fatto davvero scervellare, ma credo sia venuto bene! X3 Come sempre, mi sono divertita a fondere cose già conosciute (come gli Elementali) con altre totalmente inventate (i Maustaki, ad esempio X3). Al solito, trovate tutto a fondo pagina! :*



Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (AGGIUNTO IL VOLUME 7°!!!):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki
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