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Autore: Harry Potterish    05/01/2012    5 recensioni
AlbusxRose|Romantica|One-shot
Nella periferia della Londra babbana le vecchiette del quartiere si divertono a fantasticare su un amore che cerca di sbocciare all'ombra di un ippocastano.
In quel momento capì che lei sapeva, forse da ancor più tempo di lui, che il loro legame era un qualcosa di indescrivibile e, a differenza sua, lo aveva accettato: perché andare contro a tutte le regole, quando si rischiava di rimanere feriti entrambi? Perché ribellarsi se si era consapevoli che ogni sforzo sarebbe stato inutile?
Ispirata all'omonima poesia di Eugenio Montale.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley | Coppie: Albus Severus Potter/Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Non chiederci la parola

Nella periferia di Londra le villette, a quei tempi, avevano quasi tutte un giardino. Le padrone di casa, per questa ragione, entravano spesso in competizione tra loro, obbligando mariti e figli a vivere nel terrore di rovinare le rose o le begonie. In fondo alla via abitavano però due famiglie completamente diverse: Ginny Potter ed Hermione Weasley avevano perso tutta la loro pazienza durante gli anni trascorsi ad Hogwarts ed avevano deciso di comune accordo con i rispettivi mariti –o meglio glielo avevano imposto- di trasferirsi fuori città, per recuperare un ritmo di vita a misura d’uomo e permettere ai figli di crescere all’aria aperta –ossia per avere qualche ora di pace senza doverli controllare costantemente. Da quasi tre anni, ogni giovedì, le due amiche si incontravano alle quattro del pomeriggio per parlare e scaricare lo stress accumulato durante la settimana. I figli venivano lasciati liberi: il più grande, James Sirius Potter, era costretto a fare da baby-sitter ai più piccoli, Lily Luna Potter ed Hugo Weasley. Nessuno si curava di cosa facessero gli altri due, anche perché non avevano mai causato disturbo.

Da tre anni a questa parte, ogni giovedì, alle quattro del pomeriggio, sotto un ippocastano, tutto il vicinato poteva notare due ragazzini della stessa età, particolarmente silenziosi. Lei aveva i capelli rossi, crespi, gli occhi azzurri e qualche lentiggine qua e là; lui, invece, aveva i capelli corvini, ben ordinati e una frangetta un po’ lunga che andava a coprire i grandi occhi verdi. La ragazza leggeva grossi tomi, mentre l’altro la osservava rapito, dissimulando l’interesse nei suoi confronti buttando l’occhio sulle parole del libro, ma senza capirne realmente il senso. Ad un tratto lei sbuffava, chiudeva il volume e gli domandava che cosa non andasse: ogni volta lui prontamente rispondeva che era tutto a posto e lei riprendeva a leggere. Agli occhi dei Babbani che li osservavano da lontano erano due anonimi giovani innamorati: più volte le vicine di casa avevano fantasticato sul loro amore, così forte e restio a nascere. Invece, agli occhi della comunità magica, quei ragazzi erano cugini ed avevano il peso di cognomi importanti a gravare sulle loro spalle.

Quel giovedì qualcosa cambiò. Lei pose la solita domanda di rito ed era già pronta a tornare alle sue occupazioni, quando lui inaspettatamente disse:
-Che cosa siamo noi, Rosie?- La ragazza rimase stupita e lo fissò perplessa.
-Che intendi dire, Al?- Lui parve spazientito: forse si aspettava che lei avrebbe capito al volo.
-Sai perfettamente cosa intendo dire.-
-Va bene allora, se proprio ci tieni a sentirtelo dire, ti dirò che siamo Rose Weasley e Albus Severus Potter, figli dei salvatori del Mondo Magico. Sei contento adesso? Pensavo fossimo d’accordo che durante le ore del giovedì saremmo stati solo Rosie ed Al, solo noi: nessuna aspettativa, nessun impegno sociale, nessun onore da tenere alto e baggianate simili.-
-Perché aggiri la domanda e continui ad evitare l’argomento?- Lei non aveva proprio capito niente.
-Mi sembra di averti risposto con dovizia di particolari. Ora, se non ti dispiace, ho lasciato il capitolo a metà e vorrei finirlo prima che ci chiamino dentro per la merenda.- Quel capitolo, però, lei non lo finì mai, perché lui le strappò il libro dalle mani.
-No Rosie, tu ora mi ascolti! Sai meglio di me che tutta questa situazione è…strana, quasi surreale. Durante la settimana ci vediamo tutti i giorni con i nostri cugini, scherziamo, giochiamo, eppure riusciamo ad essere più legati in quest’ora e mezza di silenzio al giovedì pomeriggio che in qualsiasi altro momento! Spiegami perché, sei tu la genialoide tra i due.-
-Tu ti lasci suggestionare troppo dai discorsi delle vecchiette del quartiere e da quella roba sdolcinata che legge tua sorella. Devi trovare qualche amico maschio Al, e anche in fretta, prima che ti trasformi in una femminuccia.- Lui si risentì parecchio, stette zitto per un po’, poi trovò il coraggio di aprir bocca.
-Non so perché, ma mi ero illuso di poter parlare seriamente con te, invece è tutto inutile. Scusa tanto se non ho intenzione di diventare uno di quegli adulti repressi perché hanno ancora conti in sospeso con il passato! Tieni, finisci il tuo capitolo e dimentica quello che ho detto.- Le sbatté il libro sulle gambe e tornò a guardare il cielo attraverso le fronde dell’albero, cercando di ritrovare la calma perduta. Dopo poco le loro madri li chiamarono dentro per la merenda: lui si alzò e si diresse velocemente verso la porta di casa, ma lei lo trattenne. Le parole che gli disse erano appena sussurrate, ma erano quello di cui lui aveva bisogno, quella risposta che tanto aveva agognato.
-Sei il mio migliore amico, Al, e Merlino solo sa quanto bene ti voglio. Ma siamo anche cugini e questo purtroppo non cambierà mai.- Quindi gli schioccò un rapido bacio: non seppe mai se era destinato alla guancia o alle labbra, perché andò a finire sull’angolo della bocca, a metà, proprio come loro che camminavano sospesi sul filo che divide amore e amicizia. In quel momento capì che lei sapeva, forse da ancor più tempo di lui, che il loro legame era un qualcosa di indescrivibile e, a differenza sua, lo aveva accettato: perché andare contro a tutte le regole, quando si rischiava di rimanere feriti entrambi? Perché ribellarsi se si era consapevoli che ogni sforzo sarebbe stato inutile? Parte del suo cuore era arrabbiata, parte rassegnata e parte…curiosa di capire se era stato tutto un sogno o realmente il lampo di un flash di una di quelle macchine fotografiche babbane aveva illuminato il giardino per pochi secondi.

***

Vent’anni dopo quel ragazzo era di nuovo lì, seduto sotto lo stesso ippocastano, in abito elegante, pronto a dirigersi al suo matrimonio. Aveva detto al fratello maggiore, nonché testimone, che l’avrebbe raggiunto a breve in Chiesa, poi si era diretto in fretta verso quell’albero, dove tutte le speranze che avevano retto in piedi alla sua vita erano nate e, all’improvviso, crollate. Si sdraiò col naso all’insù, come quando era piccolo e, proprio come allora, una giovane con un grosso tomo in mano si mise accanto a lui.
-Come sapevi che ero qui?- chiese con incredulità.
-Oggi è giovedì.- rispose lei semplicemente. Poi iniziò a leggere, senza dire una parola. La scena era la stessa di tanti anni prima, solo che stavolta fu lei ad apportare un cambiamento alla routine.
-Questa foto me l’ha data la signora Pettinsong: l’ha scattata quel giorno. Ha pensato che ti avrebbe fatto piacere averne una copia. Non ho mai avuto il coraggio di dartela perché non volevo ritirare fuori il discorso. Non è molto bella, è in bianco e nero ed è ferma, ma è sempre meglio di niente. Ah, dimenticavo, sul retro mi sono permessa di aggiungere un piccolo commento.- Lui la guardò curioso, le strappò l’immagine dalle mani e la girò. In una calligrafia ordinata ed elegante, come la ragazza cui apparteneva, c’era una scritta blu che recitava:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

-Sono alcuni versi di una poesia di un poeta babbano che mi leggeva mamma da piccola. Ho pensato che meritassi una risposta migliore di quella che ti diedi allora e credo che queste parole ci descrivano perfettamente.- Lui sorrise debolmente poi, rigirandosi quel pezzetto di carta tra le mani, trovò la forza di dire a voce alta la verità che entrambi temevano.
-Non siamo amici, Rosie.-
-Lo so, Al. Ed è per questo che non mi sento in colpa dicendoti che vorrei che tu non ti sposassi.-
-Non lo voglio nemmeno io.- Lasciò che l’eco di quelle parole svanisse completamente, poi continuò a parlare. –Sai, ci ho riflettuto a lungo e se ci pensi bene nelle famiglie purosangue c’è l’abitudine di sposarsi tra cugini: non è male come idea, non trovi?-
-Sarebbe una proposta?- chiese lei con finto disinteresse.
-Tu che ne dici, genialoide?- rispose lui, ghignando.
-Vorrà dire che non avremo figli.- fece lei con il sorriso sulle labbra.
-Nessuno ci vieta di adottarne uno.- Ma quel botta e risposta finì lì, perché lei gli chiuse la bocca con un bacio. Questa volta, però, non ci furono incertezze e si posò precisamente sulle labbra di lui, mettendo fine a tutti i dubbi che avevano tormentato le menti dei due cugini per anni. Il lampo di un flash illuminò i loro volti, ma non se ne accorsero, troppo presi nel recuperare il tempo perduto a cercare di spiegare con la ragione ciò che solo il cuore poteva capire.







Angolo di Harry Potterish
Ieri notte, in un momento di depressione, è uscita questa...cosa. Ho deciso di dare voce alla nuova generazione, visto che la Rowling ne parla così poco. Come si può ben notare, ho una passione per gli amori impossibili! Se avete tempo, fatemi sapere cosa ne pensate. Ringrazio Eugenio Montale per avermi prestato il titolo e uno stralcio di una sua poesia e ringrazio flors99 per avermi inserito tra gli autori preferiti dopo aver letto solo una one-shot: hai davvero molta fiducia! Ora è meglio che vada.
Baci
Harry Potterish

  
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