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Autore: EpicKnight    05/01/2012    1 recensioni
Che dire, la storia parla della mia più grande passione, i draghi, non so ben dirvi cosa ci aspetterà in questa storia perché io la sto vivendo con voi giorno per giorno, figuratevi che il nome che le è stato dato è solo dovuto a questa pubblicazione, spero diventi una storia che vi faccia sognare e perché no, faccia sognare anche me che la scrivo
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.      CHIAMATELO L'INIZIO

Tutti conoscono i draghi, sono creature leggendarie, simbolo di potenza e forza, molte persone vedono nel drago l’incarnazione del male, per altre invece i draghi sono portatori di speranza e fonti di saggezza infinita. Il drago è presente in ogni cultura, ma viene tutt’ora considerato un semplice animale leggendario e  se invece io vi dicessi che i draghi sono realmente esistiti esistiti? La nostra storia comincia molto tempo fa, in un epoca di cui l’uomo non ha memoria, è un’epoca dimenticata che io vi aiuterò a rivivere semplicemente raccontandovela. Immaginate pianure verdi sconfinate, spezzate solo da enormi foreste lussureggianti piene di vita e splendore,  montagne che sfidano la maestosità del cielo fino a raggiungerlo in altezza. I ghiacciai sulle montagne davano vita a fiumi che ormai si sono perduti nel corso della storia, e sfociavano nell’immenso mare che ospitava un’enorme quantità di pesci e altre forme di vita. Anche le pianure pullulavano di vita, antichi esemplari di cervi chiamati Yampa correvano in ogni direzione alla ricerca di un luogo dove fermarsi per bere e riposare, o semplicemente per la voglia di vivere e di correre che questi animali possedevano. Avevano una struttura fisica molto più simile a quella di un cavallo che a quella di un cervo, anche se di diversi metri più grande, erano però dotati di prodigiose corna fatte di un materiale talmente duro da rompere le rocce. La loro velocità e la loro forza erano spaventose, e proprio per queste caratteristiche gli uomini di quel tempo piuttosto che ucciderli per nutrirsi, preferirono addomesticarli e usarli come animali da traino o per cavalcarli. Sebbene fossero molti gli esseri umani che allevavano questi animali, vista la comodità di sfruttarli come un mezzo di trasporto, altri si dedicavano alla loro caccia ed in alcune terre, la loro carne era considerata una vera e propria prelibatezza mentre i loro palchi venivano utilizzati per la costruzione di case e armi, semplicemente incastonandoli gli uni con gli altri tanta era la resistenza del materiale di cui erano composte. Nel mondo erano disseminati un grande numero di insediamenti umani, ovviamente c’erano villaggi grandi e villaggi piccoli, ma i regni fondamentali erano essenzialmente tre: Revios, Antuesta e Niotrio. Mentre nei villaggi più piccoli le decisioni venivano prese dalle assemblee popolari o tuttalpiù dai consigli degli anziani, nei tre regni vigeva la monarchia e si sa, quando una persona ha potere, ne desidera sempre di più. Fu così che fra queste tre potenze si sviluppò pian piano una sorta di guerra fredda, dove nessuna delle tre attaccava per prima per paura di porgere il fianco ad un attacco da parte di una delle altre due. La situazione era quindi stabile, almeno finche gli archeologi di Antuesta non rinvennero nei confini del regno una stele, nessuno immaginava che un solo blocco di pietra incisa avrebbe cambiato il mondo così nel profondo…
“Adam! Adam, ti decidi a svegliarti fannullone!?”
“Allora? Ti muovi? Non è possibile, ti mando a prendere il nostro Yampa e tu come uno stupido ti metti a dormire? E’ possibile che non sai fare altro che dormire? Hai venti anni! Io alla tua età già lavoravo da dieci anni!!”
Adam aprì pian piano gli occhi, la luce che filtrava dai pannelli di legno usati come tetto del fienile si rifrangeva sul volto del ragazzo, mentre si aprivano l’azzurro delle sue pupille prendeva luce e diventava sempre più chiaro, aveva un naso adatto al suo volto, ne troppo grande ne troppo piccolo, le labbra carnose di un rosso vivo e il volto sporcato da una barba almeno di tre giorni. Il ragazzo si alzò in piedi e con quel suo movimento, i suoi capelli, lunghi e di color dell’oro si mossero ondeggiando, aveva degli strani riflessi fra i capelli, tendevano verso il bianco e il verde.
“Mi hai svegliato.” Disse Adam sbadigliando.
“Allora non hai capito? Hai dei doveri, non puoi lasciare tutto il lavoro a me! Da quando tuo padre è morto non fai altro che perdere il tuo tempo a fissare il cielo e perderti nei tuoi pensieri, se la notte dormissi invece di perdere il tuo tempo, non ti addormenteresti ovunque! Non ce la faccio a fare tutto da sola, ho bisogno di una mano, ormai sei grande!”
“Hai ragione, Mamma” Disse Adam mentre si grattava la testa con la mano destra.
“E allora dai, sbrigati e vai a prendere Bruggy nella stalla, oramai è cresciuto, dobbiamo venderlo…” Disse la madre con tono serio.
“Ma mamma! Bruggy è mio amico, come puoi chiedermi di venderlo? Rispose Adam, mentre i suoi occhi azzurri iniziavano a bagnarsi lentamente.
“Tesoro mio, il raccolto come ben sai non è stato sufficiente a pagare tutte le spese, siamo in crisi e non so proprio come darti da mangiare…è la scelta più….” Ma mentre la madre di Adam parlava il ragazzo la interruppe in maniera brusca.
“Stavi per dire giusta?! Bruggy era lo Yampa di papà, è l’unico ricordo che ho di lui! Non puoi chiedermi di andare a venderlo a qualcuno che probabilmente lo ucciderà!!
La donna in un primo momento fu colpita dalla risposta del figlio, ma nonostante capisse i sentimenti del giovane gli si avvicinò con calma e gli tirò un ceffone con quasi tutta la forza.
“Cosa credi?” Tuonò la madre “Secondo te non ci ho pensato? Non è un amico e un ricordo solo per te, ma non abbiamo altra scelta, dobbiamo fare questo sacrificio per tirare avanti! Non siamo ricchi Adam, siamo dei contadini che vivono di ciò che hanno, non possiamo permetterci di tenere Bruggy. Oramai le nostre scorte alimentari stanno finendo, e anche quelle di quel povero animale.”
La madre prese adam solo come una madre sa fare e lo strinse forte a se, capiva benissimo come si sentiva il figlio, aveva perso suo padre all’età di sei anni e l’unico ricordo che gli era rimasto era suo padre a cavallo di quel Yampa. Gli Yampa hanno un invecchiamento più lento di quello degli uomini, si narra addirittura che ci siano degli Yampa di oltre  mille anni e che abbiano addirittura imparato il linguaggio umano e che siano intrisi di una conoscenza sconfinata avendo visto innumerevoli cose nel mondo. Adam fra le braccia della madre si sentiva coccolato e caldo, è vero, lei era un po’ più bassa di lui, ma riusciva ancora a farlo sentire protetto come un cucciolo che vuole solo la protezione della mamma. Egli ricambiò l’abbraccio e anche se non condivideva la scelta della madre e le lacrime scivolavano lungo i suoi zigomi, prese coraggio e con la voce rotta da tutte quelle emozioni acconsentì alla scelta della madre.
Adam era profondamente triste, quella scelta lo aveva scosso nel profondo, ma oramai era un uomo e non poteva più lasciarsi andare in sentimentalismi, doveva prendere le sue decisioni, anche se sofferte e perseguirle fino alla fine, ma nella sua testa vagava un pensiero, che uomo è un uomo che non riesce a provvedere alla sua famiglia?
Con la mente mente vuota Adam uscì dal granaio e si incamminò verso la stalla poco di stante, c’era una piacevole brezza quella mattina, fresca al punto da far dimenticare il calore estivo, il vento trascinava il profumo delle campanule e delle rose che crescevano selvagge nei territori di fianco alla fattoria. Era una favolosa distesa di colori quella che si parava ogni giorno di fronte agli occhi di Adam, il verde della pianura misto al rosso delle rose e al violetto delle campanule gli donavano un dolce, dolcissimo panorama, la sua fattoria era immersa nella natura a circa tre ore di viaggio dal villaggio più vicino, ma non avrebbe mai cambiato quel posto con nessun altro sul pianeta. Era cresciuto in quel luogo incontaminato sotto la cura attenta della madre, quei profumi e quei colori erano a lui cari, ma quella mattina percorse incurante del resto la poca strada che divideva il granaio dalla stalla, fissava solo per terra, di sasso in sasso il suo sguardo si perdeva sempre di più nei ricordi delle lunghe cavalcate col suo Yampa, le difficoltà di montargli in groppa da piccolo, la gioia che provava quando si avventurava con lui per andare a fare commissioni per la madre nel villaggio vicino, i giorni interi passati insieme all’animale che di li a poco avrebbe dovuto vendere a chissà chi. Perso nei ricordi, non si accorse che era ormai fermo davanti alla stalla da un po, allungò la sua mano con un po’ di timidezza, mista ad imbarazzo e tirò la maniglia circolare di ferro, e spalancò il pesante portone di legno oramai vecchio e logoro. La luce approfittò dell’apertura del portone e entrò con forza nella stalla illuminandola intensamente disturbando l’oziare dei timidi animali da fattoria che vivevano li.
  
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