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Autore: ila_D    05/01/2012    6 recensioni
Salve! Questa è la prima fanfiction che scrivo e pubblico, perciò non siate troppo duri con la sottoscritta ^///^ E passiamo alla storia ora u.u
Diciamo che è partito tutto con un "e tu? hai mai pensato a Elena&Klaus?" ebbene come avrei potuto non pensarci! così ho iniziato a buttare giù qualcosa ed eccomi qui!
La fanfiction riprende dalla fine della puntata 3x05 e svilupperà una propria trama. Buona lettura! ila_D
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elena Gilbert, Klaus, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il silenzio si faceva sempre più pesante e incontenibile ogni minuto che passava. Elena guardava scorrere il paesaggio dal finestrino, senza dire una parola. Voleva rompere quel silenzio, ma allo stesso tempo temeva di farlo.

Era seduta, disgraziatamente e sfortunatamente, esattamente al centro dei tre posti del camion. Da una parte una Rebekah che sembrava dormisse, dall'altra un Klaus che guidava perso in chissà quali pensieri. Lei, al centro, teneva il capo chino, contando i buchini della maglietta che indossava. Stufa di fare questo lavoro, appoggiò la testa al sedile e chiuse gli occhi.

 

Erano in viaggio da diverse ore ormai e si stava annoiando. Klaus guidava il furgone con un braccio sul volante, l'altro a penzoloni fuori dal finestrino. Voleva accendere lo stereo, ma poi Rebekah si sarebbe svegliata. Avrebbe iniziato a parlare. E adesso non ne aveva nessuna voglia.

Era stata una giornata davvero fastidiosa. Avrebbe voluto gridare al mondo la sua frustrazione e la sua rabbia.

Sentiva il respiro lento e regolare di Elena, al suo fianco. Anche lei si era addormentata alla fine. Si era stancata di avere la testa bassa evidentemente. Era anche vero che fino ad ora non era stato nemmeno di grande compagnia, ma quello era un altro discorso.

Era riuscito a prenderla, e questa volta non sarebbero riusciti a trovarla tanto facilmente. Stavano andando via. Sarebbe riuscito difficile persino a Michael trovarlo.

Già Michael.

Se non fosse stato per Rebekah, ora non sarebbe a guidare il furgone così tranquillo. Anzi, non ci sarebbe e basta.

La guardò.

Lei era la sua sorellina. La sorellina che fin dai suoi primi anni di vita si era aggrappata alla sua gamba per imparare a camminare. La sorellina che quando piangeva andava sempre da lui per farsi consolare. La sorellina che quando litigava con chiunque, chiamava lui per sfogarsi. La sorellina che l'aveva sempre capito. Lei era sua sorella, e per quanto fosse difficile o insopportabile, non poteva negare l'evidenza. Lui le voleva bene.

Sentì un mugolio, si voltò verso Elena. Si era aggrovigliata con la cintura di sicurezza nel tentativo di trovare una posizione più comoda. Stava per strozzarsi e non si svegliava comunque. Che sonno pesante, magari stava anche sognando.

Facendo piano, abbassò il braccio e fece scattare la cintura di sicurezza, liberandola dal suo groviglio. Dovevano ringraziarlo: senza chiedere nulla in cambio le aveva salvato la vita da morte certa.

Trattenne una risatina; quella ragazza era riuscita a sopravviere al sacrificio, ed era capace di morire strozzata con la cintura di sicurezza. Gli ricordava tanto... No.

Bloccò subito il pensiero. Si era ripromesso di non pensarci più. Non doveva permettere al suo ricordo di farsi vivido nella sua mente.

Meglio concentrarsi sugli avvenimenti del giorno. O di quello precedente.

La tua reazione mi è sembrata esagerata, Nick.

Ecco. Nemmeno adesso riusciva a spiegarsi il perchè di quell'azione avventata. Aveva sentito qualcosa. Qualcosa era scattato in lui, spingendolo a proteggerla. Perchè?

A pensarci bene aveva avvertito qualcosa, percepito e sentito con tutto il suo essere, quando l'aveva morsa. Al momento del sacrificio aveva bevuto il suo sangue fino ad ucciderla e si era sentito magnificamente. Ma non era stata la sensazione del sangue, no, era stato qualcosa di più.

Se si concentrava anche adesso poteva percepire il battito del suo cuore, che pompava sangue nelle sue arterie e nelle sue vene, poteva sentirlo scorrere e palpitare nell'aorta, poteva quasi sentire il suo sapore paradisiaco nella sua bocca, mentre beveva avidamente dal suo corpo...

Respirò a fondo. Stava stringendo le mani sul volante furiosamente.

Da quando non riusciva a controllarsi? Diamine, non gli capitava da secoli.

Fece altri due respiri profondi. Ora andava meglio. Che gli era preso? Non era da lui.

Decisamente non era da lui.

 

Damon fissava il corpo del fratello steso sul tappeto. L'aveva trovato, non poco lontano dalla pensione, che giacieva sull'asfalto privo di sensi.

Alla base del collo, il morso di Michael, profondo, ma si stava rimarginando lentamente. Un ramo abbastanza lungo sporgeva dalla sua schiena. Era stato ridotto davvero male.

E se anche strafatto di sangue umano non era riuscito a difendersi, significava che Michael era davvero pericoloso.

Ora seduto sulla poltrona di fronte al camino, aspettava il suo risveglio.

-Aah, mi sento tutto indolenzito-.

-Mi stupirei se non lo fossi-.

-Mi hai portato tu qui?-.

-Secondo te?-.

Stefan si alzò in piedi guardando i suoi vestiti distrutti.

-Ora- iniziò risoluto Damon -dove diavolo sei andato prima?-.

-Non lo immagini davvero?- rispose perentorio Stefan.

-Voglio sentirlo uscire dalle tue labbra. Avanti, dimmi come sei corso scondinzolante dal padroncino, Stefan-.

-È inutile che te la prendi in questo modo. Ti ricordo che Klaus mi ha soggiogato-.

-Non mi sembra ti dispiaccia, dopotutto-.

Per un momento Stefan rimase in silenzio. Poi parlò. -No, infatti-.

Damon lo guardò, alzandosi e andandogli di fronte. Gli mise le mani sulle spalle. -Dimmi che era il tuo tentativo per sdrammatizzare, fratello-.

Stefan fece un amezza risata. -Vedi, non ho scelto Klaus perchè sono stato costretto. Forse all'inizio era così...- si passò una mano tra i capelli -ma adesso no. Ho deciso di rimanergli fedele perchè è mio amico-.

Damon rimase letteralmente a bocca a perta -Cosa?-.

-Hai capito- ribadì Stefan, serio. -Klaus è mio amico-.

 

Elena schiuse lentamente le palpebre. Si accorse di essere immersa nel buio, o, aprendo meglio gli occhi, nella penombra. Era ancora in viaggio.

Si girò lentamente alla sua destra, e vide Klaus che dormiva con le gambe incrociate sopra il cruscotto.

-Fossi in te non fiaterei- sibilò piano Rebekah.

Elena si voltò dall'altra parte, con aria interrogativa.

-Ha guidato per tutto il giorno, ha bisogno di riposo- le spiegò brevemente. Non sembrava avere un'aria partircolarmente serena.

-Fin'ora sei tu che hai parlato- rispose piano Elena.

Se le occhiate potessero uccidere, Elena sarebbe morta in quel preciso istante.

-Dove stiamo andando?-.

-Non ti riguarda-.

Elena perse la calma. Come sarebbe a dire "non ti riguarda"? Dopotutto era stata costretta ad abbandonare tutto e tutti improvvisamente, unendosi a quelle menti psicopatiche, e ora non le voleva rivelare la destinazione? Era troppo. -È un mio diritto saperlo-.

Rebekah sorrise. -Io dico di no invece. Per quanto mi riguarda, la tua presenza è pari a quella di un oggetto-.

-Non ho scelto io di venire con voi. Il minimo che possiate fare è dirmi dove diavolo siamo diretti.- disse tra i denti. Avrebbe volentieri strozzato quella vampira.

-Fai silenzio-.

Non ne voleva proprio sapere. Elena sbuffo stizzita.

Dal finestrino aperto stava entrando un vento gelido, e rabbrividì dal freddo. -Chiudi il finestrino?- domandò a bassa voce dopo un momento.

La vampira la guardò distrattamente. -Come si chiude?-.

Elena la guardò stranita. -Come sarebbe a dire "come si chiude"?- esclamò esterrefatta.

-Scusa se sono stata in una bara per più di novant'anni- rispose Rebekah acida.

-Dovrebbe esserci un pulsante a lato del tuo sportello-.

Rebekah tastò con una mano, tenendo lo sguardo sulla strada. -Non c'è!-.

-Deve esserci per forza, controlla meglio-.

Rebekah guardò a lato del suo sportello, ma sembrava non trovare niente. -Ma sei sicura sia qui?- domandò.

Elena vide dei fari emergere dal buio, che sfrecciavano a una velocità incredibile verso di loro. -Attenta!- gridò d'impulso, afferrando il braccio di Rebekah.

Lei premette sul freno, ma non il furgone non si sarebbe mai fermato in tempo.

Poi Elena vide due braccia forti che si allungavano oltre il suo sedile, per raggiungere Rebekah. Klaus, mostrando un repertorio di imprecazioni, girò il volante verso sinistra, un secondo prima che la macchina andasse a sbattare col furgone.

Grazie al suo interventò però, questo era già fermo e i danni riportati non erano così gravi.

Rebekah aveva un'espressione sconvolta e le mani serrate saldamente al volante.

Elena non si era accorta di stare ancora gridando finchè non si sentì afferrare e scuotere da Klaus. -Elena!-. Le sue mani le stringevano le spalle, provocandole un certo dolore, ma non riusciva a concentrarsi su quello.

-Elena! Basta!-. La sua mente era piena delle immagini dell'incidente. L'incidente in cui aveva perso i genitori. Non riusciva a calmarsi, anzi sentì lacrime bollenti bagnarle le guancie.

Poi Klaus le mise una mano sulla bocca. -Basta!-.

Le sue grida si smorzarono. Semplicemente perchè il suo cuore aveva accelerato improvvisamente i battiti, e lei era troppo sgomenta.

L'ibrido tolse la mano dalla sua bocca. -...Finito?- chiese titubante.

Elena sentiva il suo cuore rimbomabare nelle orecchie e doveva fermarlo. Doveva calmarsi, loro potevano sentirlo. Ma forse lo avevano associato al panico. Sì, era il panico.

-Rebekah.-. Klaus chiamò la sorella. Lei si girò, con un espressione ancora sconvolta, che non le si addiceva.

-Come diavolo hai fatto a perdere il controllo?-.

-Il finestrino... il finestrino era aperto, e non trovavo il pulsante per chiuderlo e poi l'auto è comparsa di fronte...-.

Era chiaramente spaventata. Ma si riprese dopo 5 secondi.

- Scusami se era la prima volta che guidavo- disse con un cipiglio contrariato.

Era la prima volta che guidava? Ma come era venuto in mente a Klaus di metterla al volante se non aveva mai guidato?

I suoi genitori... se quel giorno non avessero preso la macchina... e adesso era scampata per un pelo alla morte. Stava svilppando una sorta di fobia per i mezzi di trasporto.

Il suo cuore sembrava aver rallentato i battiti finalmente.

 

Klaus la fissava. Aveva sentito il suo cuore battere all'impazzata non appena l'aveva toccata.

Poteva la paura arrivare fino a questo punto?

Adesso Elena tremava dal freddo, infatti aveva solo una maglietta piuttosto sgualcita addosso.

Si tolse la giacca e gliela mi sulle spalle. Elena lo fissava con gli occhi nocciola sgranati.

Si sentiva in dovere verso di lei.

Il suo udito fine percepì il suo "grazie" quasi sussurrato. Continuava a guardare i suoi occhi, come se fosse incantato.

Il suo sguardo era limpido.

Le sue gote arrossate mentre guardava intensamente il cielo stellato.

Delle parole sussurate, per paura di rompere la magia.

"Grazie, Niklaus. Sono felice. È un sogno?"

Klaus distolse lo sguardo da Elena. Non sarebbe dovuto accadere.

Non avrebbe dovuto ricordare.

 

Che brutta cera. Elena si guardava allo specchio del bagno.

Si era fatta una coda bassa, per andare a dormire e ora si stava lavando i denti. Tutto ciò nel bagno di un piccolo motel, qualche kilometro più avanti dove era successo l'incidente. Avevano detto che per quella notte era necessario dormire in un albergo, il tempo di aggiustare i guasti al furgone. Avevano preso una tripla. Elena non avevano nemmeno un misero cambio, non aveva i suoi prodotti, non aveva nulla con sè. I prodotti del motel la disgustavano, ma al momento quelli passavano in convento.

Dopo aver appurato che il guardaroba notturno di Rebekah consisteva tutto in camicie da notte poco adatte al suo stile, per non aggiungere altro, Klaus le aveva prestato una sua maglietta e dei pantaloni di tuta neri.

Si guardò nuovamente allo specchio. Inutile dire che sembrava ridicola: il tutto le stava tre volte più grande, e lei sembrava una bambina che giocava a mettere i vestiti del papà.

Non voleva uscire dal bagno.

Oltre la porta sentiva fratello e sorella parlare, ma la sua mente non seguiva i loro discorsi. Vagava ancora a quando l'ibrido l'aveva toccata e il suo cuore era impazzito. Vagava a quando lui le aveva messo la sua giacca addosso per attenuare i suoi brividi, e aveva sentito un calore pervaderle le membra.

Ma non poteva stare tutta la notte in bagno, per quanto la prospettiva sembrava allettante.

Prima di ritirarsi là dentro, aveva visto di sfuggita i letti. Uno matrimoniale e uno singolo.

Voleva solo dormire e dimenticare quell'orrenda giornata. Solo dormire.

Con un sospiro aprì la porta del bagno ed entra nella camera. Rebekah era sdraiata al centro del letto matrimoniale, con gli occhi chiusi.

Klaus era in piedi contro la finestra. Si voltò a guardare Elena, e la risata gli uscì spontanea. Elena con i suoi vestiti era ridicola.

-Smettila di ridere- gli disse Elena.

Ma alla risata travolgente di Klaus, si unì quella della sorella.

-Non avevo i miei vestiti, e indovinate? La colpa non è mia!-. Il tono di quelle parole rasentava l'isteria.

Dopo essersi ricomposto, Klaus parlò -Okay, tesoro. Dove vuoi dormire?-.

-Lì-. Con un dito la ragazza indicò il singolo.

-Bhè, allora spengo la luce- disse la vampira sbadigliando.

Elena non fece in tempo a dire "un attimo" che era già inciampata in qualcosa, forse le scarpe di Rebekah. Stava per toccare terra quando sentì un braccio muscoloso circondarle la vita.

Avvampò. Pregò che nel buio non la vedesse nessuno.

Perchè il suo corpo andava in subbuglio?

Klaus la tirò su e l'avvicinò al viso.

Non riusciva a distinguare i dettagli del suo volto in quell'oscurità, ma vedeva i suoi penetranti occhi come se ci fosse la luce del sole.

Lui accostò la bocca al suo viso e d'istinto Elena chiuse gli occhi, la mente staccata dal resto del corpo.

-Non ti azzardare a scappare dolcezza, ho il sonno leggero- le sussurò all'orecchio.

Klaus rimase un'altro istante a guardarla, soddisfatto della reazione della ragazza. Un sorriso gli si dipinse in volto: sapeva che non sarebbe andata da nessuna parte.

Smise di invadere il suo spazio personale e si diresse verso l'altro letto.

Elena rimase qualche secondo paralizzata, solo il suo cuore faceva le capriole, e di nuovo quella stretta che le attanagliava lo stomaco.

Si mise sotto le coperte e chiuse gli occhi, pregando per un sonno senza sogni.

 

Sentiva i respiri della sorella e di Elena. Calmi e profondi. Stavano dormendo da un bel pezzo. Lui invece fissava il soffitto.

Una volta dato il via libera ai ricordi, non era più riuscito a fermarli.Si maledì per essersi permesso il suo ricordo.

Con te sono felice. Non è un sogno vero?

La sua immagine lo tormentava. Possibile che nella doppelganger...? No. Non era possibile.

Con te sono felice.

No.

Non è un sogno vero?

Non era possibile.

Si addormentò sentendosi sussurare quella frase nella testa.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice u.u

 

Eccomi col capitolo 4! stavolta invece con un giorno d'anticipo! *sorriso sornione*

Ecco, non ho tanto da dire, a parte che questo capitolo mi piace più dell'altro u.u e a voi? Piace?

Idee sulla frase che tormenta Klaus? XD Pareri sulle reazioni di Elena?

Suuu ditemi che ne pensate! Fate un'opera buona e recensite u.ù

Recensite per dirmi qualunque cosa, impressioni, critiche, consigli. Sono le vostre recensioni che mi danno più carica per scrivere! XD

Gente, l'attesa è finita.

Domani finalmente la 3x10, The New Deal! (non sto nella pelle *---------*)

finisco qui che è meglio ùù

Un grazie gigantesco a chi ha recensito lo scorso capitolo:

Aniel

_Ericuzza_

Silvietta1994

lucythebest02

GRAZIE!

A presto,

ila_D

  
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