Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Elanor Eliniel    06/01/2012    4 recensioni
Elanor, razionalista e devota ad Ulmo, e Niphredil, dolce fanciulla e amica delle cose che crescono, sono le due nipoti di Cìrdan, cresciute nel Mithlond, sulle rive del Mare.
Ma il mare stesso è mutevole, la Guerra dell’Anello si avvicina e nonostante le speranze di una vita di semplicità, si ritroveranno coinvolte in eventi più grandi di loro, eventi che le separeranno per poi lasciarle a rincorrersi, per poi sradicarle dalle loro tranquille esistenze, sino a spingerle in una nuova dimora e in terre sempre più distanti.
Tra gemme e profezie provenienti dai Tempi Remoti a lettere per Gil-galad datate Seconda Era; tra ombre che si allungano da Sud a paesi nel profondo Est o celati tra i monti; tra amori che rischiano di essere spezzati ancor prima di germogliare e amicizie che nascono in modo inaspettato, questa è la storia di come le due sorelle attraversarono la fine della Terza Era, sino a venirne fuori. Forse.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Arwen, Elrond, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elanor & Niphredil'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Daro! – sibilò la voce, parlando inconsciamente nella sua lingua natia; in realtà, per rivolgersi agli stranieri, l’Ovestron era più appropriato.
La Mezzelfa scese dalla sua cavalla elfica, Nenia, e ne accarezzò la criniera argentea guardandosi attorno, cercando la fonte di quel rumore. Accanto a lei placide e canterine scorrevano le acque del Nimrodel. I suoi due accompagnatori fecero lo stesso.
Una guardia dei boschi, vestita di verde, avanzò con l’arco teso; quando scorse Niphredil lo abbassò dopo averla osservata a lungo, verificando che corrispondesse alla descrizione che ne aveva avuto.
- Niphredil è il mio nome, la Dama degli Alberi. – fece lei sulla difensiva.
- I Signori di Lòrien sono a conoscenza del vostro arrivo – rispose l’Elfo – Il mio nome è Haldir e perdonate la scortesia, ma l’Ombra ormai s’allunga e la prudenza non è mai troppa. -
- Naturalmente – convenne la fanciulla – Guidate ed io vi seguirò. –
 
Era ormai tarda sera allorché giunsero a Caras Galadhon, ove mille luci rischiaravano una città costruita per aria, avvinghiata agli alberi dai tronchi argentei e dalle foglie dorate. La dama dovette salire a lungo scale che contornavano i fusti sino a raggiungere il talan dei Signori di Lothlorien.
- Benvenuta, figlia di Mìrdan. Possa la tua venuta in queste terre arricchire la tua affinità con le cose che crescono. – la accolse Celeborn, alto e avvolto in vesti grigie col viso incorniciato da lisci capelli d’argento.
- Giungi qui, come mi hai già accennato, mossa dal desiderio di ammirare i mellyrn di questo piccolo regno di cui sono la custode. –
Dama Galadriel era apparsa al fianco del marito e la sua statura era pari a quella di Celeborn; le sue vesti erano candide e i capelli erano d’oro e argento, al punto che ella stessa sembrava brillare di luce, come una stella tra le ombre del bosco.
Niphredil chinò il capo in segno di deferenza.
- Per questo e per apprendere nuovi canti da sussurrare agli alberi onde addolcirne il cuore e favorirne la crescita, se la mia signora lo vorrà. In ogni caso, ringrazio i nobili signori di questa valle per avermi accolta. –
Galadriel la osservò per qualche istante prima di parlare e le sorrise in maniera enigmatica.
- Sul Cerin Amroth hai visto prati di elanor e niphredil, ma solo il fiore d’argento ora è qui innanzi a me. – udì Niphredil nella sua testa. La voce della Dama di Lòrien aveva pronunciato quelle parole, ma era certa di non aver visto le labbra dell’Elfa muoversi.
- Ne sarò lieta. – disse la figlia di Finarfin, riprendendo a parlare normalmente.
- La notte incalza – intervenne Celeborn – Haldir, conduci Dama Niphredil dove potrà riposare, presso la dimora di Dama Arwen –
Niphredil spalancò i grandi occhi scuri per lo stupore e poi sorrise al pensiero di incontrare sua cugina, ché non credeva si trovasse in quel luogo.
 
Il sole s’apprestava a tramontare dietro le colline mentre Elanor, seduta sul carro guidato dagli uomini di Denethor, rifletteva.
Non avrebbe mai immaginato che uno tra i più saggi e lungimiranti a Gondor arrivasse al punto di scacciarla come una mendicante, ordinando che fosse condotta nelle terre dell’Anorien e ivi lasciata senza nemmeno una cavalcatura. Ma tra loro non era mai scorso buon sangue e lui, ottenebrato dalla perdita della moglie, per non impazzire ne aveva imputato la responsabilità alla Mezzelfa; inoltre fin troppo beffarde ed orgogliose erano state le parole della fanciulla durante l’ultimo incontro.
Il suo primo pensiero era stato volgere i propri passi al Sud, da Elràwien e Imrahil, ma non le era stato concesso; doveva abbandonare il paese dal Nord e ciò non era semplice per lei che non era una fanciulla d’arme e non possedeva un destriero.
Avvilita e spaventata, si separò dai suoi accompagnatori una volta giunta a destinazione. Le ombre del crepuscolo s’allungavano mentre osservava il carro allontanarsi e i monti Bianchi proiettavano le loro ombre su quella striscia di terra.
In lontananza poteva scorgere l’Anduin e rabbrividì al pensiero della riva orientale su cui potevano aggirarsi bande di orchi; l’Anorien tuttavia era ancora una terra tranquilla, pure, la sua situazione non era delle migliori. Il viaggio sul carro con frequenti scossoni e le preoccupazioni degli ultimi giorni l’avevano sfinita ed era da molto ormai che non trovava riposo.
Con la mente oppressa dal dolore per la morte dell’amica, vagare sui sentieri dei sogni elfici le pareva difficile; abbisognava del sonno mortale, dell’oblio.
Camminò per un po’, finché vi fu luce, alla ricerca di un posto dove passare la notte. Sarebbe partita la mattina seguente, con la luce del sole a illuminarle la strada e avrebbe volto i suoi passi verso Nord, fino ad incontrare qualche abitante di Rohan, sperando di riuscire a procurarsi lì un cavallo. Pensò alla beata terra di Lothlòrien, ove non si era mai recata, e con un barlume di speranza immaginò di raggiungerla; chissà, forse vi avrebbe trovato Arwen sua cugina.
Infine, scorse una piccola grotta nella montagna; vi entrò per assicurarsi che fosse cieca e non avesse altri sbocchi, ma era davvero di piccole dimensioni. Depose a terra il suo fagotto e ne estrasse una coperta che arrangiò alla meno peggio sul terreno prima di accoccolarsi sopra. Cercando di ignorare la paura che le attanagliava lo stomaco, rivolgendo uno sguardo alle stelle, in particolare a quella di Eärendil suo nonno, si addormentò.
 
La Mezzelfa aprì gli occhi azzurri, muovendosi debolmente nel groviglio fatto di coperte e sobbalzò impaurita. Il cielo era screziato dal rosa dell’aurora, ma nella notte ormai vecchia brillava un fuocherello acceso nel mezzo della caverna; una figura ammantata era seduta sull’entrata della grotta, stagliata contro i primi albori del cielo, ed era affiancata da un cavallo bianco.
La figura ammantata si voltò avvertendo i movimenti della fanciulla, ma un cappuccio grigio gli lasciava scoperti soltanto la bocca e il mento.
- Ah, vi siete svegliata, dunque, signora. – fece.
Elanor si ritrasse contro la parete della caverna, in un gesto istintivo.
- Chi siete e cosa volete? – chiese sulla difensiva.
Egli rise brevemente alla diffidenza della dama e si lasciò cadere il cappuccio, mostrando il volto pallido incorniciato da disordinati capelli neri.
- Neron mi chiamano in queste terre. Non servo l’Oscuro, se ciò può rassicurarvi. Ciò che cercavo era un riparo per la notte e questo pare essere l’unico nei dintorni. –
La Mezzelfa si tranquillizzò un po’, ritenendolo sincero; d’altronde avrebbe potuto ucciderla nel sonno se avesse avuti intenti malvagi; pure, non abbassò del tutto la guardia.
- Questo comunque non mi pare luogo che si addica ad una dama elfica, priva di cavalcatura e priva di armi. – commentò accigliato.
- Sono d’accordo con voi. – rispose lei cupa e realizzando che l’interlocutore doveva già essersi accertato dell’assenza di armi mentre ella dormiva – Ma sono stata condotta ai confini di Gondor per dissidi col Sovrintendente. –
- La cortesia di Minas Tirith è diminuita molto, vedo. -
Elanor annuì e si strinse nel mantello stropicciandosi gli occhi, assonnata.
- Non avete detto ancora il vostro nome – constatò lui.
La fanciulla si passò una mano sul viso stanco, cercando di allontanare il sonno che ancora la avvolgeva, ma le sue labbra abbozzarono un sorrisetto.
- Neanche voi lo avete fatto in verità! Ad ogni modo, sono Elanor figlia di Mìrdan figlio di Cìrdan. – mormorò.
Il ramingo la guardò per qualche istante, stringendo gli occhi castano chiaro e scuotendo il capo.
Udire il nome del Signore dei Falathrim risvegliò in lui vecchi ricordi.
- E cosa avete intenzione di fare adesso, in queste condizioni? – chiese seccamente.
Elanor si alzò, cominciando a raccogliere le proprie cose.
- Perché dovrei dire a voi dove dirigo i miei passi? – rispose un po’ piccata, tornando ad essere diffidente.
Anche Neron si mise in piedi, le braccia sui fianchi.
- Cercavo soltanto di aiutarvi. – fece con una punta di disapprovazione.
La dama mosse qualche passo verso di lui, avvicinandosi.
- Aiutarmi? – chiese incerta – E come? Chi siete veramente, sire, e dove siete diretto? Come posso fidarmi di voi? –
La sua voce non era sarcastica, ma sincera.
- Vago per le Terre Selvagge, portando aiuto e informazioni a coloro che si oppongono all’Ombra. Questioni ben più urgenti mi richiamano nel nascosto rifugio dei Dùnedain d’Ithilien, Henneth Annun, dopo essere sfuggito per mare da Umbar ed essere approdato ad Edhellond. – spiegò lui.
La Mezzelfa lo osservò perplessa, chiedendosi come potesse c’entrare lei con il cammino che l’altro aveva da fare.
- Venite – aggiunse il ramingo conducendola fuori dalla grotta.
Il sole era ormai sorto e il cielo si tingeva di arancio. Gli ultimi pezzi di legna nel falò scoppiettarono e il fuoco si spense.
Il cavallo bianco sembrava brillare nell’atmosfera ancora soffusa dell’alba; mirandolo con più attenzione la fanciulla poté notare la sua criniera dorata e accorgersi che si trattava di una giumenta.
Pure, continuava a non comprendere.
- Bell’animale, nevvero? – chiese lui.
Elanor annuì accarezzandone il pelo.
- E’ una giovane cavalla elfica che mi fu donata ad Edhellond da una famiglia di Sindar salpata per l’Ovest. E’ stata una compagna leggera e veloce nell’attraversare Gondor, tuttavia una volta giunto nell’Ithilien non potrò tenerla. Fearil è il suo nome, Spirito Lucente. – continuò.
- E perché mai? – chiese la Mezzelfa, cominciando a capire.
- E’ bene che io raggiunga i rifugi nascosti inoltrandomi tra le selve privo di cavalcatura. Inoltre, come avrete notato, è fin troppo vistosa. Preferisco destrieri dal mantello più scuro onde cavalcare in segretezza. Tuttavia è una cavalcatura che si addice ad una dama degli Elfi, non trovate? –
Ella aprì la bocca, stupita, tuttavia qualcosa ancora non quadrava.
- Sarà vostra se cavalcherete con me sino alle sponde dell’Anduin in prossimità di Cair Andros. Lì sarò vicino alla mia meta. –
Elanor si chiese se fosse il caso di fidarsi di una persona che conosceva da meno di un’ora, pure, o le sue percezioni s’erano pesantemente affievolite, o Neron era in buona fede.
- Sembrerebbe un’offerta generosa – commentò – Ma perché dovrei fidarmi di voi? –
- Perché non avete molta scelta, signora. –
 
Poco dopo, Elanor, raccolte le sue cose, montava Fearil alle spalle del ramingo, cavalcando verso il fiume. Sentendosi un po’ tratta in salvo, un po’ prigioniera, trascorse un paio d’ore narrando la sua disavventura e la permanenza a Gondor.
Infine, giunsero sulla riva dell’Anduin ove l’isola fortificata di Cair Andros sorgeva dalle acque, presidio degli Uomini di Gondor. Ivi Neron smontò da cavallo, scrutando l’isola alla ricerca di volti amici cui aveva affidato il suo cavallo prima di discendere l’Anduin.
- Dama, i nostri passi si separano. Abbiate cura del dono che vi ho fatto e proseguite con prudenza. –
- Mai dono fu più generoso e tempestivo e per ciò vi ringrazio. Perdonate la mia iniziale diffidenza. –
- Non vi è nulla da perdonare, anzi è bene che d’ora in avanti siate ancor più diffidente nelle Terre Selvagge. –
Elanor annuì a quelle parole, fin troppo vere. Rabbrividì al pensiero del lungo cammino che la attendeva; era stato confortante incontrare qualcuno cui sembrava importare qualcosa della sua sorte, in mezzo a quella desolazione. Sorrise lievemente.
Neron parve capire cosa attraversava la mente della dama.
- Molto si apprende circa se stessi nella solitudine; pure, è bene non indugiarvi troppo a lungo. Dove dirigerete di zoccoli di Fearil? –
- Vorrei giungere a Lòrien, presso la Dama del Bosco d’Oro. Ivi mia madre Nìsiel visse per qualche tempo anni addietro e ivi dimora in alcuni periodi Arwen mia cugina. –
- Più a Nord Ovest l’Entalluvio si getta nell’Anduin in un ampio delta. Risalitene il corso sino alle propaggini della Foresta di Fangorn, ove sarà più facile guadarlo. Lì proseguite verso Nord, senza inoltrarvi tra quegli alberi antichi, ché per chi non li conosce è facile perdere la via; oltrepassate il Limterso e giungerete nei pressi del Lòrien Meridionale dove sembra, a buon ragione, sperate in una felice accoglienza. –
- Farò come consigliate. Una volta tra la mia gente, tutto sarà più semplice. – convenne lei.
Elanor sospirò, accarezzando la criniera di Fearil.
- Che i Valar proteggano i vostri passi e le vostre imprese. Spero di rivedervi un giorno, amico. –
- Non so se ai Signori dell’Ovest importi delle sorti di coloro che s’aggirano per le sponde mortali, ma poiché tu ne sei una discendente, che la stella di Eärendil vegli sul tuo cammino. – rispose Neron.
Egli chinò il capo a mo’ di congedo, imitato dalla Mezzelfa, e giunse sulla sponda del fiume ove giacevano piccole imbarcazioni tirate in secca; ne trascinò una con sé e ben presto galleggiò tra i flutti in direzione dell’isola.
- Fearil, mellon nìn, bedim na Lòrien -  sussurrò Elanor alla cavalla. [Fearil, amica mia, andiamo a Lòrien]
L’animale nitrì affettuosamente e partì al galoppo; per i successivi quindici giorni attraversarono insieme le praterie di Rohan e di Celebrant; criniera dorata e chioma bionda al vento.




------------------------------------------------
Rieccomi! Spero che una quarantina di giorni sia stato un miglioramento rispetto agli ultimi 3 mesi, e ne approfitto per fare gli auguri di buon anno a chi segue la storia, in particolare a Thiliol e Black_Moody, che ringrazio per le recensioni :)
Anche a me la storia di Finduilas, seppur appena tratteggiata, ha sempre colpito molto. Per il resto, sono contenta che sia riapparsa Niphredil e le vicende delle due sorelle si intrecceranno sino ad una prossima riunione. A presto, un abbraccio!
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Elanor Eliniel