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Autore: EdenGuns    06/01/2012    6 recensioni
Seguito di “Appetite for Destruction”
***
Dov'eravamo arrivati? Ah, mi pare ci fosse un segreto, una storia d'amore e tanto sesso. Giusto?
***
Lies sarà lo spartiacque tra Appetite e gli Illusion; quattro giorni quante sono le tracce, compresa "You're crazy" versione acustica.
Tante novità, qualche conclusione dell'episodio precedente. Ma come già detto, è uno spartiacque, giusto per saziare alcuni appetiti.
P.s. I titoli dei capitoli sono il nome della persona che parla in prima persona. Niente da aggiungere, buona lettura e lasciate il vostro pensiero ;)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guns N' Fuckin' Roses'
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3. Slash

 

« Said where you goin'
What you gonna do
I been lookin' everywhere
I been lookin' for you
»
You're crazy, GN'R

 

23 Luglio 1988

Il corridoio dell'hotel era immacolato, con la moquette rosso scuro intarsiata da fili d'oro perfettamente pulita e le pareti dall'intonaco candido.

E la combriccola composta da cinque capelloni mezzi ubriachi e una ragazza che pomiciava senza sosta con uno di loro non sembrava c'entrare nulla con quell'ambiente.

Infatti non c'entriamo un cazzo con tutto questo lusso.

Puzzavamo anche un po', a mio parere. Di vodka, per la precisione.

« Ehi, Slash, ce l'hai tu la nostra chiave?» chiese Eden.

Gliela sventolai di fronte al viso con espressione sarcastica e lei mi fece la linguaccia. Ridendo mi avvicinai alla porta, facendo scattare la serratura.

« Michelle?» chiamai, togliendomi il giubbotto di pelle e lanciandolo sulla sedia.

Duff e Eden entrarono a loro volta, spogliandosi degli indumenti pesanti.

Non ricevetti alcuna risposta e, un po' preoccupato, mi avviai verso la stanza che condividevamo. Perdendo una scommessa, l'altra coppia aveva dovuto accontentarsi del divano letto.

Che, per la cronaca, sembra molto più invitante del nostro baldacchino tutto fiocchi di raso e tende in seta.

Aprii la porta della camera e rimasi a bocca aperta davanti a tutto quel casino: i cuscini erano stati abbandonati negli angoli più remoti, lo specchio rotto e i mobili più leggeri rovesciati.

Come a coronare il disastro, un foglio spiegazzato e alcune foto troneggiavano sul materasso dalle coperte aggrovigliate.

« Ragazzi!»

Il mio tono addolorato li fece scattare.

« Che cazzo...»

Eden corse al centro della stanza.

« Dov'è Michelle?» chiese, con gli occhi pieni di lacrime.

Io, in tutta risposta, mi avvicinai al letto e presi tra le mani il pezzo di carta.

Chiunque veda questo foglio, lo dia ad Eden Grant.

Rimasi fermo, col cuore che batteva all'impazzata.

« E' per te» sussurrai, allungando la mano verso la ragazza senza nemmeno guardarla in viso.

Poi raccolsi le foto e mi lasciai cadere sul materasso. Rappresentavano me, Axl, Adrianna e quell'altra bionda di cui non avrei mai ricordato il nome in atti poco casti.

Una goccia si infranse sul mio viso ritratto in quella vile azione.

« Che è successo, Saul?» mi chiese Duff, poggiando una mano sulla mia spalla e sedendosi di fianco a me.

Scossi la testa, asciugandomi le lacrime e cacciando giù l'urlo di dolore che combatteva per scaturire dalle mie labbra.

« Io...»

« Tu, tu sei un pezzo di merda.»

Non avevo mai visto Eden così.

Ribolliva di rabbia, con gli occhi rossi dal pianto, le lacrime che scivolavano giù per le guance e i pugni serrati allo spasimo con le braccia lungo i fianchi.

« Se n'è andata! Contento, ora?»

Mi lanciò uno sguardo di fuoco e uscì dalla stanza stringendosi al petto il foglio ormai spiegazzato.

« Eden!»

Duff mi guardò un attimo, dispiaciuto, poi le corse dietro.

Mi lasciai cadere sul letto, e piansi, come mai avevo fatto in tutta la mia inutile vita.

Chi sbaglia, paga.

Me lo diceva sempre mia madre, ma non metteva mai in pratica le apocalittiche punizioni con cui mi minacciava dopo una burla. Stupido definire così le mie malefatte e stupido divagare in frivoli ricordi di infanzia in quella situazione.

Mi sentivo come se mi avessero strappato il cuore. Non riuscivo a respirare. La sbronza non aiutava e le lacrime appiccicavano i capelli al mio viso.

Idiota.

Mi morsi le labbra violentemente, come se il dolore fisico potesse distogliermi da quello spirituale.

Come avrei fatto a vivere senza di lei? Avevo sempre dato per scontato la sua presenza al mio fianco, e in quel momento mi sentivo vuoto. Come se mi mancasse qualcosa.

Tipo il cuore.

Serrai gli occhi e mi riavviai i capelli, provando a fare mente locale.

Scartai l'idea di andare a cercarla; ormai sarebbe potuta essere a miglia di distanza, per quanto ne sapevo.

Scriverle? Ma a quale indirizzo?

Forse quello della casa che condivideva con Eden.

Mi morsi un pugno, fino a lacerare la pelle e a sanguinare, tanta era la voglia di urlare al mondo la mia stupidità.

Tutto rovinato per uno sbaglio.

 

Quando mi svegliai era pomeriggio inoltrato, il sole filtrava dalle tapparelle abbassate della finestra e la testa mi rimbombava. Allungai il braccio, convinto di trovare quel corpo caldo che amavo stringere, ma incontrai solo un mucchio di coperte aggrovigliate.

Tutto mi tornò in mente con violenza inaudita, stordendomi.

« Well, well, well my Michelle.»

Mi sentivo un menomato mentale a canticchiare in quel modo. Ma la canzone danzava inesorabile nella mia mente, accompagnata dalle immagini del mio tradimento e da quegli occhi da cerbiatta.

Chiusi gli occhi di nuovo, ma appena lo feci, sentii la sua voce chiamarmi.

Saul.

Scattai seduto e mi presi la testa tra le mani. Non potevo andare avanti così.

 

Dopo aver fatto una doccia fredda e veloce, stavo camminando lentamente verso la porta che mi divideva dai miei due coinquilini.

E uno dei due mi odia, ora.

Presi un respiro profondo ed abbassai la maniglia.

Duff dormiva, mentre Eden era seduta accanto a lui, rileggendo per l'ennesima volta quelle poche righe. Le braccia del ragazzo erano strette attorno alla sua vita, e lei era più che altro accovacciata, in una posizione improbabile per non disturbare il suo sonno. Intanto gli carezzava distrattamente i capelli, avvolgendo alcune ciocche bionde sulle dita.

Non mi aveva sentito, così cacciai un lieve -e colpevole- colpo di tosse.

Lei voltò il capo, incontrando il mio sguardo. I suoi occhi erano vuoti, rossi dal pianto. Però non vedevo più odio.

« Penso l'avrebbe fatto lo stesso. Le hai dato solo un motivo in più per farlo» disse, tornando a guardare il foglio.

Rimasi di nuovo in silenzio, con le parole che venivano a meno.

« Che intendi dire?» chiesi infine, con la voce strozzata.

« Non si è mai trovata bene qui. Vuole solo trovare un po' di tranquillità, ora.»

Perché non mi guarda in faccia?

Vidi una lacrima infrangersi sul foglio già impregnato di quelle gocce salate e mi avvicinai ad Eden.

« Mi dispiace, davvero. Eravamo ubriachi, quelle ci provavano...»

« Eravamo?» chiese, lanciando uno sguardo a Duff, che dormiva.

Scossi la testa: « Lui non c'entra; se n'è andato appena quella ha iniziato ad “importunarlo”. Ti ama davvero, sappilo.»

Gli carezzò il viso, sorridendo leggermente.

« Anch'io lo amo, ma non è questo il punto.»

Puntò il suo sguardo su di me, e vidi nei suoi occhi un disarmante senso di smarrimento.

« Tu l'hai tradita, e lei ti amava. Anzi, ti ama. Perché so che non ti dimenticherà in fretta.»

Sapevo dei sentimenti di Michelle, non me li aveva mai nascosti.

Ed io la ricambiavo, anche se a modo mio.

« Perché l'hai fatto?»

Il suo tono mi fece scattare sulla difensiva: « Non ero in me, ok? E se lo vuoi sapere ho pensato tutto il tempo a lei mentre scopavo con quella troia, di cui non ricordo neanche il nome! E' stato un fottuto sbaglio, il più grosso della mia vita, ma non mi ha lasciato il tempo di spiegare. Se ne è andata così, senza dirmi nulla. Ed il mio cuore sanguina almeno quanto il suo, sai? Se le sono stato accanto per tutto questo tempo ci sarà un motivo!»

Respirai forte, a corto di ossigeno per la raffica di parole che erano volate dalla mia bocca.

« Il motivo lo devi trovare tu, immagino. Ora, se non ti dispiace, vorrei dormire. Ci vediamo domani, Slash.»

E non disse più una parola, limitandosi ad accoccolarsi vicino a Duff, che non si era minimamente svegliato.

Rimasi fermo, tremante da mille sentimenti, a ripensare alle sue parole.

Poi uscii dalla stanza, dall'albergo e dalla città. Convinsi il nostro autista a lasciarmi il pullman per qualche ora; in cambio gli avrei procurato della roba.

Dovevo stare solo.
A pensare.

   
 
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