Talia
Grace.
Se mi conoscete, saprete di
certo che sono in grado di far apparire fulmini a ciel sereno e cose
del genere. E sono sicura che a nessuno che mi conosca venga voglia
di farmi arrabbiare.
Luke Castellan.
L'eccezione che conferma la
regola.
Last night I was
taking a walk along the river
And I saw him
together with a young girl
And the look
that he gave her made me shiver
'Cause he always
used to look at me that way
Then I thought:
"Maybe I should walk right up to her and say:
«It's
the game he likes to play»".
Era la fine di un giorno
come tanti, ma mi sentivo più stanca che mai. Di norma ero
sempre piena di energia, specie perché non si può
battere la fiacca quando si cerca di mettersi in salvo la pelle da
mostri con strani istinti omicidi.
Luke, dal canto suo,
fischiettava allegramente qualcosa vagamente simile ad una canzone
degli Oasis.
Non capivo come facesse ad
essere così vispo e arzillo pur avendo sulle spalle anche il
mio zaino. Probabilmente perché non era lui ad avere un
ginocchio sanguinante e un brutto taglio sul polso.
Si stava facendo buio,
perciò stavamo andando a raccogliere legna nel bosco vicino
al
fiume. Non chiedetemi che fiume fosse, perché non ne ho la
più
pallida idea. A dirla tutta, erano un paio di giorni che non
raggiungevamo un centro abitato, il che mi faceva presumere che
stessimo girando in tondo.
Luke si fermò e
poggiò i due zaini ai piedi di un albero.
-Talia, sicura di voler
venire?- mi chiese, aprendo il mio zaino e prendendo una delle
merendine che aveva rubato da una macchinetta una settimana prima.
-Preferirei che non sforzassi troppo il ginocchio, dopo quel brutto
colpo.
Inarcai un sopracciglio. -Mi
prendi in giro, vero?
Luke mi lanciò
un'occhiata interrogativa. -Perché dovrei?
-Oh, andiamo!- esclamai,
alzando gli occhi al cielo per poi tornare a guardarlo con aria
scettica. -Lo sappiamo benissimo tutti e due che devo sempre esserci
io per evitare che tu ti ammazzi nei modi più impensabili!
Luke ghignò. -E
questo chi l'ha detto, Talia?
-Il ginocchio che fino a poco fa
sanguinava
dopo essersi preso un'artigliata al posto del tuo fondoschiena.-
borbottai, buttandomi a sedere di peso ai piedi dell'albero.
Il biondino rise.
-Mi fai morire quando fai
così!- esclamò ridacchiando.
-Guarda che non sto
scherzando.- puntualizzai, inbronciata.
Luke sorrise. -Ci
mancherebbe altro, so che hai ragione.- disse, lanciandomi la
merendina con un sorriso. -Per la cronaca, mi stavo solo preoccupando
per te.
Incrociai le braccia al
petto e Luke scosse la testa.
-Non l'avevi capito, eh?-
disse con fare melodrammatico. -Mi sento un genio incompreso...
Ridacchiai sommessamente.
-La parte del "genio" non mi è molto chiara, sai?
-Simpatica.
-Lo so.
-Umpf.
Risi e scartai la merendina,
dandone metà a Luke.
-Fidati, non mi sento
sicura a lasciarti andare in giro da solo.
-Parla quella con il
ginocchio malandato.- ribatté Luke, inghiottendo l'ultimo
boccone.
-Quella con il ginocchio
malandato-perché-altrimenti-ti-saresti-ritrovato-il-fondoschiena-a-strisce,
prego.- replicai.
Luke soppresse un sorriso.
-Allora facciamo così: io vado a raccogliere legna, tu vai a
fare una passeggiata lungo il fiume.
-Se lo chiami "giretto
di ricognizione" per me va bene.- dissi, giocherellando con il
braccialetto che portavo al polso.
-E sia!- mi concesse. -Va'
a fare questo giretto d ricognizione, se proprio non ti va di stare
ferma.
Io ghignai. -L'avrei fatto
comunque, Luke.
Il ragazzo storse il naso.
-Non credo proprio.
-Perché, sentiamo?-
domandai, rimettendomi in piedi.
Lui sorrise. -Perché
in una famiglia le decisioni si prendono insieme.
Se
le cose sembrano andar
meglio, c'è sicuramente qualcosa di cui non stiamo tenendo
conto. O,
almeno, questo è quello che dice un tale Chisholm, a cui do
tutta la ragione possibile ed immaginabile.
Raggiunsi l'argine del
fiume, seguendo le impronte che Luke aveva lasciato sul terreno
fangoso. Dovetti ammettere che, quella volta, non aveva avuto un'idea
così pessima: il riflesso tremulo delle stelle e della luna
sull'acqua era decisamente piacevole da osservare. L'aria notturna mi
scompigliava i capelli neri più di quanto non lo fossero
già
mentre mi stringevo nel giubbotto di jeans nero per proteggermi dal
freddo.
-Accidenti.- borbottai,
mentre infilavo le mani in tasca.
Mi sedetti sull'erba, ancora
bagnata dalla pioggia di quella mattina, e presi a fissare il
ponticello di pietra che congiungeva un argine all'altro, chiedendomi
perché lo avessero costruito proprio lì. Forse
per
qualche esploratore interessato a vedere le rovine della casa di uno
scrittore, distanti quanche decina di kilometri da dove mi trovavo.
Improvvisamente, sentii
qualcosa avvicinarsi dalle mie spalle. Voltai la testa di scatto, ma
non vidi nulla di strano.
-Strano...
Assottigliai gli occhi,
cercando di captare anche il minimo segnale di qualcuno – o
di
qualcosa, il concetto è quello
– nelle vicinanze.
Quando sentii un rumore provenire dai cespugli, balzai in piedi e il
braccialetto di trasformò nel mio scudo. Sentii una fitta al
ginocchio ferito, ma non ci diedi peso.
-Avanti, fatti sotto!-
urlai, pronta a combattere. -So che ci sei, razza di codardo! Abbi
almeno la decenza di non attaccarmi alle spalle, vigliacco!
Un ululato si levò
nel cielo, e subito una lupa dalla pelliccia rossastra, del colore
delle rocce vulcaniche, mi si parò davanti. Gli occhi
dell'animale risplendevano di luce argentata, e lo notai ancor prima
di realizzare che la stazza di quella lupa era decisamente troppo
grande.
La lupa mi fissò,
come squadrandomi. Abbassai leggermente lo scudo e trassi un sospiro
di sollievo nel vedere che non c'erano mostri nelle vicinanze.
-Ah, è solo una
lupa...- dissi, prima di notare che teneva in bocca qualcosa.
Complice l'oscurità
della notte, non me n'ero accorta subito, ma la lupa teneva una sorta
di fagotto tra i denti.Tentai di fare un passo avanti, ma la lupa
ringhiò e si preparò ad una battaglia.
-Woah, sta' calma.-
esclamai, facendo ritornare l'Egida allo stadio di braccialetto e
portando le mani in avanti. -Voglio solo vedere che cos'hai in bocca.
La lupa fece un passo
indietro, continuando a ringhiare minacciosa. Nel farlo, qualcosa si
mosse nel fagotto e udii il pianto di un bambino.
Sgranai gli occhi. -Ma cosa
cavolo...?
Prima che potessi dire
nient'altro, la lupa spiccò un balzo e mi superò.
La
voglia di inseguirla fu istintiva, specie perché volevo
sapere
cosa ci facesse un bimbo in un fagotto portato un bocca da una lupa.
E anche perché speravo che quel bambino fosse Jason.
-Ehi, fermati!- esclamai,
iniziando a correre.
Naturalmente, la lupa fece
l'esatto contrario. La inseguii fino al ponte di pietra, ma
lì
il mio ginocchio cedette. Risultato: caddi rovinosamente a terra, tra
polvere ed erba bagnata.
-Maledizione!- protestai,
rimettendomi in piedi a fatica.
La lupa mi fissava
dall'altra parte del fiume.
-Aspetta!- le dissi, mentre
mi appoggiavo al bordo del ponte per non cadere nuovamente. La lupa
mi fissò per qualche istante, dopodiché
sparì
tra gli alberi.
-No!- urlai. -JASON!
Il nome di mio fratello e il
pianto del bambino mi risuonarono nelle orecchie, ma non sentii
nient'altro.
-Jason... Jason...- chiamai
un paio di volte, singhiozzando. Erano passati dei mesi da quando mio
fratello era sparito, ma non erano bastati a farmi perdere la
speranza di ritrovarlo e a far svanire l'illusione che non fosse
morto.
Mi accasciai a terra, con il
volto rigato dalle lacrime, continuando a chiamare il nome di Jason.
Rimasi così per non so quanto tempo, senza curarmi
minimamente
del freddo di quella notte che mi trafiggeva, o del ginocchio che
aveva ripreso a sanguinare, o delle fitte al polso per aver sostenuto
il peso dell'Egida. Il pensiero che quello fosse stato davvero Jason
e che non fossi stata in grado di salvarlo mi toglieva il fiato.
-Talia!- sentii la voce di
Luke che mi chiamava.
-Talia!- mi chiamò
un'altra voce che non riconobbi.
Deglutii e mi asciugai le
lacrime in fretta e furia: non avevo mai parlato a Luke di Jason e
non avevo intenzione di farlo. Sarebbe stato troppo doloroso
raccontarlo.
-Talia!- gridò Luke.
Sentivo la sua voce farsi
più nitida e vicina, così mi rannicchiai dietro
il
muretto del ponticello nella speranza di non essere vista. Non volevo
che Luke mi vedesse ridotta in quello stato, tutta impolverata e con
gli occhi rossi e gonfi dal pianto.
Mi sporsi un po' oltre il
muretto e vidi Luke che camminava mano nella mano con una biondina,
gridando il mio nome.
"Ma che accidenti
succede?" mi chiesi, sporgendomi un po' di più per
osservare meglio.
Ormai si erano fatti
talmente vicini che potevo addirittura sentire cosa si dicevano.
-Talia!- chiamò
ancora Luke.
-Luke, ma chi è
Talia?- gli chiese la biondina.
Il ragazzo dai capelli color
sabbia le sorrise e le mise una mano tra i boccoli dorati.
-Una mia amica, Annabeth.-
rispose.
La bambina – Annabeth
– gli sorrise di risposta, e riprese a chiamare il mio nome.
Dal canto mio, la cosa non
mi andava un granché bene: solo il giorno prima, Luke mi
aveva
detto che saremmo stati, e cito testualmente, solo noi due
per
sempre contro i mostri e il mondo. Vederlo camminare mano
nella
mano con una ragazzina mi fece pensare che mi avesse preso in giro
per tutto il tempo.
Lanciai un'altra occhiata ad
Annabeth: era carina, pur avendo i capelli tutti scompigliati e i
vestiti malandati. Già, era molto più carina di
me,
però...
"Razza di stupido,
avrà cinque anni in meno di te!" pensai,
arrabbiata.
"Immagino che tu la stia prendendo in giro come hai fatto con
me, nevvero?".
Mai farmi arrabbiare.
Pensavo che Luke avesse capito che fosse meglio non provarci nemmeno.
Sentii crescere dentro di me
la tentazione di andare a dirgliene quattro e dargliene altrettante
per avermi preso in giro.
Mi dava fastidio che la
guardasse allo stesso modo in cui guardava me, che le accarezzasse i
capelli come faceva con me, che le sorridesse come sorrideva a me.
-Talia!- urlò Luke.
-Rispondi, accidenti!
Mi affrettai a nascondermi
nuovamente dietro il muretto del ponte, ma sfortunatamente Luke mi
vide.
-Talia?- mi chiamò,
correndo verso il mio nascondiglio con Annabeth al seguito.
"Accidenti!"
pensai, rannicchiandomi dietro il muretto.
-Talia, sei tu?- domandò
Luke, una volta giunto al ponticello di pietra.
Mi rialzai, cercando di
nascondere la fatica che stavo facendo. -Non ti avvicinare.
-Che succede, Luke?- gli
chiese Annabeth.
-Non lo so.- rispose il
figlio di Ermes. -Talia, stai bene?
-Certo che sì.-
dissi, continuando a dar loro le spalle, sforzandomi di tenere la
voce ferma.
Una folata di vento mi fece rabbrividire. Staccai le
mani dal muretto per stringermi nella giacca, ma caddi nuovamente per
colpa di una fitta al ginocchio.
-Talia!- esclamò Luke,
accorrendo nella mia direzione ed inginocchiandosi accanto a me. -Che
succede?
-Niente, sto bene.
Luke fece una faccia scettica. -A
me non pare. Ti hanno attaccato i mostri?
-No, non è
successo nulla.
Il ragazzo non parve convinto. -Chiaramente tu
chiami "nulla" avere i pantaloni impregnati di sangue dal
ginocchio in giù, vero?
Mi guardai velocemente i pantaloni
e realizzai che aveva ragione. -Si è solo riaperta.
-Solo?-
fece lui, roteando gli occhi. -Accidenti, se solo non avessimo finito
le bende...
Da oltre il ponte, Annabeth si schiarì la voce.
-Io ne ho, se volete.
-Oh, vieni, Annabeth.- disse Luke.
-Talia,
ti presento Annabeth. Annabeth, questa è Talia, figlia di
quel
vecchio simpaticone di Zeus.
Feci un sorriso tirato. -Molto
piacere.
-Il piacere è tutto mio,
Talia.- disse Annabeth,
sorridendo.
-Non ne dubito...- borbottai
incomprensibilmente.
-Ci siamo incontrati poco fa.- mi
spiegò
Luke. -Annabeth è come noi.
Inarcai un sopracciglio. -In
che senso?
-In quel senso.-
sorrise Luke,
soddisfatto.
-Padre o madre?-
le chiesi.
-È mia madre.- rispose la
biondina.
-Talia
Grace, sono lieto di presentarti Annabeth Chase, figlia di Atena, la
dea della sapienza e di quelle cose là.- disse Luke,
fingendosi un aristocratico francese.
Annabeth lo guardò
interdetta, poi scoppiò a ridere. -L'imitazione non
è
il tuo forte, sai?
-Di solito mi riesce meglio.- ammise
Luke,
facendole l'occhiolino.
-Quindi, fammi capire.- interruppi,
facendo quattro calcoli. -Atena è tipo la mia sorellastra,
quindi, se tu sei sua figlia, io sarei qualcosa come la tua ziastra,
giusto?
Annabeth annuì.
-Alla faccia!- esclamò
Luke, passandosi una mano tra i capelli. -Quest'albero genealogico
è
più confusionario di quello di Ridge e Brooke!
Inarcai un
sopracciglio. -E da quanto conosci i personaggi di Beautiful,
scusa?
Luke fece spallucce. -Da quando la mia vicina di casa ha
iniziato ad assordarmi alzando al massimo il volume della
televisione.
-A che stagione erano arrivati?
Il biondo storse
il naso, tentando di ricordare. -Sarà stata la
novantaquattresima, ne hanno fatte troppe perché riesca a
distinguerle. Ma erano tipo al punto in cui lui lasciava lei per
rimettersi con l'altra che però stava già con il
fratello dello zio del suo migliore amico, il quale era impegnato con
la sorellastra della nipote acquisita da parte di zia.
Annabeth
fece una faccia confusa.
-Non ti preoccupare, è
normale.-
rise Luke, prendendole le bende che aveva tirato fuori dallo
zainetto. -Come lo è il fatto che Talia faccia l'orgogliosa
e
si rifiuti di ammettere di avere un dolore lancinante al
ginocchio.
-Ehi!- protestai. -Io non ho nessun
dolore lancinante
al ginocchio!
Luke fece l'occhiolino alla biondina.
-Visto?
Annabeth rise. -Certo che siete strani, voi due.
-Luke
senz'altro.- borbottai, mentre lui mi fasciava il ginocchio tra un
sorrisetto e l'altro.
Il biondo inarcò un sopracciglio,
alzando il capo per guardarmi. -E tu che ne sai?
Voltai la testa
di lato con un movimento brusco. -Ti conosco abbastanza bene per
poterlo affermare.
Luke soffocò una risata. -E io conosco
te.
-Contaci.- borbottai.
Ci volle
un po' di tempo prima
che l'operazione di bendaggio al mio ginocchio fosse compiuta: tanto
per cambiare, Luke aveva messo le bende al contrario, quindi non
riusciva a chiuderle come avrebbe dovuto. Fu necessario l'intervento
della biondina per sistemare il tutto.
-Fatto.- disse Annabeth
soddisfatta, riponendo il disinfettante e le bende avanzate nello
zainetto. -Dovrebbe andare.
-Grazie.- la ringraziai, per poi
sfoggiare un sorriso ironico in direzione di Luke. -Se sai anche
cucinare meglio di Luke e ti piacciono i Green Day, potrei anche
prendere in considerazione la possibilità di
sposarti.
Annabeth rise, ma disse semplicemente: -Non credo che la
ferita si rimarginerà entro domani, però.
-Questo
non è un problema.- intervenne Luke. -La trasporto io, se
necessario.
-Ah, voglio proprio vedere.- esclamai,
incrociando le
braccia. -Sentiamo un po', come hai intenzione di fare?
Un sorriso
scaltro fece capolino sul volto del ragazzo. -Così.
Non
seppi mai come fece. Ve lo assicuro, non ne ho la più
pallida
idea. So solo che nell'arco di due secondi mi portava in groppa sulla
schiena, mentre io mi tenevo al suo collo per non cadere.
-Mettimi
subito giù!- strillai, mollandogli un pugno in testa.
Luke
rise. -Ma non ci penso nemmeno! Non ho intenzione di passare la notte
a dormire su un ponte di pietra!
-E tu avresti intenzione di
portarmi in spalla fino a quando non sarò in grado di
camminare?
-Ovvio.- rispose.
-Ti diverti a portare pesi?- gli
chiesi, sarcastica. -Perché se è così
ti nomino
"trasportatore ufficiale del mio zaino".
-No, comunque
tu sei leggera per avere dieci anni.- disse Luke, raccogliendo con
una mano il mucchietto di legna che aveva poggiato più in
là.
-Ma siamo una famiglia, e in una famiglia ci si aiuta.
Annabeth mi
fissò, in attesa della mia reazione. Io voltai la testa di
lato, imbarazzata.
-Sei più stupido di quei tre
pappagallacci che avevamo alle calcagna fino a ieri.- borbottai.
Luke
rise ed iniziò a camminare verso il bosco dal quale eravamo
partiti. Continuò a darmi spunti per prendermela con lui,
così
finii per non accorgermi che Annabeth non ci stava
seguendo.
-Fermati un attimo.
-Che c'è, Talia?
Non
gli risposi, ma cercai Annabeth. La trovai ferma sul ponticello,
nell'esatto punto dove l'avevamo lasciata.
-Ehi, biondina!- la
chiamai. -Che fai, non vieni?
Le si illuminarono gli occhi.
-Posso?
-Prendermi cura di te non
sarà più
difficile che prendermi cura di Luke.- le assicurai. -Fidati, se vuoi
una famiglia che ti tenga al sicuro l'hai trovata.
Annabeth si
caricò lo zaino in spalla in fretta e furia e conse nella
nostra direzione, ringraziandoci qualcosa come un milione di
volte.
-Figurati, non potevamo lasciarti qui.-
minimizzò
Luke. -I mostri gioirebbero nel trovare in mezzo al bosco, tutta sola
soletta, una bambina di... aspetta, quanti anni hai?
-Sette.-
disse Annabeth.
-Di sette anni.- concluse. -Ecco, per
darti un
ruolo, tu sei la figlia mia e di Talia.
Arrossii violentemente.
-Woah, ma che accidenti vai dicendo?
-Sarebbe bello essere vostra
figlia.- sorrise Annabeth.
-No, no, no, frena!- la bloccai, rossa
in volto.
Luke sorrise. -Perché no? Per amarci ci amiamo,
vero, Talia?
-Ma figurati!- esclamai,
imbarazzatissima.
Il
biondo prese a fare il melodrammatico. -Mi ferisci così,
gioia
mia. Lo sai che non sarei in grado di vivere senza di te.
-Sì,
perché i mostri ti farebbero a fettine.- replicai.
-Sei
senza cuore, ma ti amo comunque.- fece Luke, trattenendo malamente
una risata.
-Ma finiscila, sei un pessimo bugiardo.
Luke
sospirò. -Vedi Annabeth? Tutti ti credono, tranne quando
dici
la verità.
-Bene, vediamo di porre fine a questa
conversazione campata per aria.- intervenni. -Annabeth, tu sei la
nostra sorellina minore, va bene?
Annabeth annuì con un
sorrisone. -E sia.
Feci una faccia soddisfatta. -Bene, abbiamo
risolto. Parlando d'altro, che vuoi per cena? Luke è bravo a
cucinare, credimi.
Non parlammo d'altro in particolare, per quella
sera sembrammo veramente una famiglia uguale a come avevo sempre
pensato dovesse essere quella perfetta.
Annabeth non era poi così
male e mi dissi che prima o poi avrei imparato ad apprezzarla a
dovere. Non ci volle molto, ad essere sincera.
L'unica cosa che mi
fece arrabbiare fu quando, una volta che Annabeth si fu addormentata
vicino a me, Luke mi si avvicinò e mi stampò un
bacio
sulla guancia.
-Ma... cosa...?- bofonchiai, ma Luke mi
sorrise in
risposta, divertito.
-Tra innamorati ci sta, no?
Aprii la
bocca un paio di volte, ma non ne uscì alcun
suono.
-Buonanotte, mon
amour.- mi salutò Luke, con un sorriso divertito
sul volto mentre tentava un accento francese.
Non aspettò
nemmeno che gli tirassi un pugno sul naso prima di uscire dalla mia
tenda.
-Razza di babbuino.
Sì, Luke Castellan aveva un'abilità innata
per farmi arrabbiare.
My little corner:
*si nasconde dietro un angolo* Boh, non so veramente che dire.
Era un pezzo che volevo scrivere una Talia x Luke... nata come
one-shot, ho scelto di suddividere questa storia in tre capitoli
perché sarebbe risultata troppo pesante da leggere. Uno per
ogni
strofa della canzone, insomma.
Lo spoiler è piuttosto palese per quanto riguarda la
questione
di Jason, ma devo dire che è stato interessante provare ad
immaginare il momento in cui Talia e Luke incontrarono Annabeth. Credo
di essere l'unica a pensare che tra Talia ed Annabeth non sia stato
subiro rose e fiori... :3
Una cosa: ditemi se i personaggi sono OOC, perché sono stata
tremendamente indecisa se mettere l'avviso o meno.
Un ringraziamento sentito a Te, che sei giunto fino a qui. Puoi
vantarti di avere un alto tasso di sopportazione, i miei complimenti. XD
Grazie (e buon 2012! =3).
Aly.
Credits:
Characters © Rick Riordan
Lyrics & Music © Abba, "Angeleyes"
Title Font = Times New Roman
Text Font = Arial
I personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Rick
Riordan.
Questa storia non è stata scritta ad alcuno scopo di lucro.