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Autore: _diana87    08/01/2012    7 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Salve

Salve!! Mi scuso per il ritardo ma dopo feste e festini, serate tardi (senza "hangover" giuro!!), ho ritardato. Devo pure studiare e scrivere degli articoli. Uddé ce la farò?

Intanto approfitto per dire che siamo a metà storia! :) grazie a tutti quelli che recensiscono, leggono e la seguono :)
Buona lettura!!

 

 

 

A una cosa serve la guerra: a rivelarci a noi stessi.

 

 

 

Sono passati alcuni giorni da quell'attentato. Io e Rick siamo stati subito soccorsi perché sotto shock. Ma la paura è rimasta. Nonostante McNeil ci avesse detto di consultare uno psicologo, noi ci siamo rifiutati, guardandoci negli occhi e sicuri di quello che volevamo fare. Io ho pensato subito a Roger, convinta che se avessi consultato un'altra persona, l'avrei tradito. Avrei tradito il nostro segreto professionale.

Rick si è chiuso a scrivere durante questi ultimi due giorni. Lo vedo segregato nella sua tenda, manco fosse Anna Frank, intendo a scrivere il suo reportage. Mi ha detto che è qualcosa diverso da Nikki Heat. C'è pur sempre la passione, ma è vista in maniera differente. Sta cambiando, sta crescendo anche lui. Lo vedo dal suo sguardo così posato, così sicuro, così pacato.

 

E' sera. Sono nella mia tenda, come sempre. Dopo una spazzolata ai miei folti capelli, indosso qualcosa di pesante per la notte, ormai consapevole che la temperatura scende sotto lo zero. Davanti al mio portatile ho scritto due e-mail. Una per Roger, l'altra per mio padre, raccontando loro cos'è successo negli ultimi giorni e assicurandoli che ora sto bene. Quella per Roger è stata inviata, mentre quella per mio padre tentenna.

Sono indecisa. C'è quel "ti voglio bene" finale che mi impedisce di premere il tasto "invia". Cancello le tre parole e poi le riscrivo. Un meccanismo che sto facendo da un paio di minuti.

Indecisa. Quelle tre parole sono difficili da dire, come lo sono state quelle dette da Rick un anno fa... "I love you. I love you, Kate." ma io dico, proprio in punto di morte doveva dirmi che mi ama? Lui mi ama... Arrossisco ogni volta che ci penso e mi ritrovo a coprirmi il viso, vergognandomi, anche se sono sola nella mia stanza. Anche se è notte.

Dopo alcune insistenze, premo il tasto "invia" e l'e-mail conclusa con "ti voglio bene" è stata inviata a mio padre. Chiudo il portatile, spengo la luce fioca della mia lampada, sentendo i lamenti di Laura e Bridget che non riescono a dormire, e vado a letto anche io.

 

L'indomani vengo svegliata da urla dei soldati, chi grida a destra e chi a sinistra. Mi affaccio fuori la tenda, i capelli ancora spettinati. Stropiccio gli occhi cercando di mettere a fuoco la scena.

"Forza Armostrong, metti quell'arnese dentro il carro! Corri Jones, non hai più fiato? Non è una passeggiata al Central Park! Hudson, quelle pistole vanno messe insieme alle altre, ma che hai in testa? Le scimmie urlatrici?"

Tacker come al solito sta sbraitando contro i suoi marines. Esposito e Ryan hanno ragione a chiamarlo Mastino, direi che gli si addice meglio di Pitbull. L'addestramento è terminato. E' incredibile come il tempo sia passato in fretta.

Sono così assorta dal correre degli uomini e la sabbia leggermente alzata, che non mi accorgo di sentire odore di caffé sotto di me. Abbasso lo sguardo e c'è una tazza calda. Sorrido, seguendo la mano e poi il braccio di chi mi sta offrendo la colazione. Al mio lato destro c'è Rick. Lui ricambia il sorriso, poi mi sposta una ciocca di capelli caduta accidentalmente davanti il mio viso. A volte sono le piccole cose che contano. I piccoli gesti quotidiani, le poche parole, gli sguardi. Credo che una relazione come la nostra non abbia bisogno di discorsi e parole al vento.

Dopo aver bevuto il nostro caffé mattutino, mi porge il suo tablet.

"Ho scritto 20 pagine di reportage. Vorrei che lo leggessi. Lo so che ti piace leggere, so che sei la mia fan numero uno... devo ricordarti qual è il tuo nick nel mio sito?"
Gli dò una gomitata e lui fa finta di lamentarsi. Come una sfrontata prendo il suo tablet, storcendo la bocca.

"Va bene, gli darò un'occhiata..." fingo di fare l'indifferente.

Lui se ne accorge, poi faccio per rientrare nella tenda, ma Rick mi prende per il polso, costringendomi a guardarlo negli occhi. E mi stampa un bacio sulla fronte. Un bacio delicato, caldo. Appena rientro, posso percepire ancora quel calore. Mi chiudo e inizio a leggere attentamente.

 

E' una lettura che mi sta occupando ormai da mezz'ora. Rick aveva ragione, è così intenso, così diverso da Nikki Heat. E' pur sempre una storia d'amore e c'è passione... ma è vista tutto dalla parte della guerra. C'è un soldato americano di nome Nathan, in missione di Iraq, che incontra questa donna israeliana, Maha, e se ne innamora. Hanno una relazione contrastata perchè c'è la guerra a dividerli e le lotte religiose al suo interno: infatti lei è un'immigrata israeliana in territorio iracheno. Mi soffermo su una parte di un paragrafo che mi colpisce dritto al cuore.

 

"Gli spari sono terminati. Nathan e il suo commando si dividono per cercare qualche persona ancora viva tra la polvere e gli ultimi sprazzi di cemento degli abitacoli. Chiamano i loro nomi; qualcuno risponde, qualcun altro no. Ha perso già 3 uomini stamattina, non vuole perderne altri. Immediatamente pensa alla sua ragazza Maha e teme il peggio. Gli abitanti di Gerusalemme ignorano un pericolo che Nathan sente appena mette piede fuori dal suo abitacolo.

Corre per salvare un bambino intrappolato tra due blocchi di cemento.

Si volta e corre per salvare una donna e il suo cane, bloccati tra due mura.

Il suo pensiero vola e si posa sulla sua ragazza morta tra le macerie. Sostituisce l'immagine dell'orrore con quello della sua ragazza viva che grida aiuto tra le macerie.

C'è molta polvere intorno, Nathan non vede nulla ma segue il suono della voce di Maha. Lui sa che lei è ancora viva. In lontananza si alza un braccio che debolmente si muove. L'indice è rivolto verso il cielo. E' una preghiera, una richiesta d'aiuto a Dio.

Nathan si avvicina e dall'indice scorre del sangue che copre tutto il braccio della donna. Sul dito medio c'è una anello e il soldato riconosce che è Maha.

"Maha, ana Nathan, kaifa haluki? Ana bahebak." Maha, sono Nathan, come stai? Ti amo.

Le sussurra mentre si appresta a togliere i residui di quel muro pesante che le è crollato addosso. Dall'altra parte, sente Maha rispondergli che sta bene e che anche lei lo ama. Il suono della sua voce è flebile e Nathan sa che deve sbrigarsi a salvarla perchè ogni secondo è prezioso. In un secondo la tua vita potrebbe cambiare.

Quando la riporta a casa, Nathan e Maha si abbracciano, si baciano, si tengono stretti. Lei ha metà viso ustionato, ma è sempre bellissima. Quella notte si tengono ancora più stretti perchè la guerra potrebbe spazzarli via. Per sempre. Il sesso quella notte sarà una lotta alla sopravvivenza. Un desiderio inespresso, una gara tra la vita e la morte. Si annusano, si toccano, si respirano l'uno sull'altra, senza mai staccarsi gli occhi di dosso..."

 

"Guarda com'è assorta..."
"Già, non si è manco accorta di noi da quando passa il suo tempo con Richard Castle..."

Alzo lo sguardo dal tablet per vedere Bridget e Laura davanti a me. Braccia incrociate e sguardo malizioso.

"Scusatemi, Rick voleva che leggessi il suo reportage." rispondo seccata, spegnendo lo strumento.

"Ah l'amore..." Bridget sospira e poi guarda Laura "Tu ne sai qualcosa, vero, di storie d'amore impossibili?"

Laura abbassa lo sguardo e quando lo rialza sorride ma è malinconica. Si siede vicino a me.

"Tu e Rick avete qualcosa di speciale. E' la classica situazione dove tutti sanno che due persone si amano, tranne i diretti interessati." ride.

Bridget prende un bicchiere d'acqua poi si avvicina all'uscio.

"Vi lascio sole." e fa un segno d'assenso a Laura. La detective di Los Angeles dai capelli neri ha qualcosa da dirmi, me lo sento.

"E' successo qualcosa?" dico scuotendo la testa.

Laura sembra più forte di Bridget, che invece è davvero la classica Barbie, invece ha anche un lato abbastanza fragile. Più o meno come me. E ho notato questa somiglianza ultimamente quando aiutava Bridget a rialzarsi da terra dopo un duro addestramento. Oppure quando sistemava le armi nelle mani dei suoi agenti.

"Si chiamava James. Era il mio superiore nel mio dipartimento. Lui era forte, un uomo puro, di casa, un po' come il tuo Rick."
Ancora sorrido quando la gente lo chiama "il tuo Rick".

"Io invece ero una matricola, inesperta ma testarda. Inevitabilmente ci siamo innamorati, ma la nostra storia non era ben vista all'interno della polizia. Il capitano ci ordinò di rompere altrimenti avremmo perso il lavoro. James non voleva lasciarmi, mi amava troppo. Anche per me era così, ma la mia è una famiglia benestante e di successo. Se avessi lasciato il mio lavoro, loro mi avrebbero tagliato i beni e mi avrebbero disconosciuto dal patrimonio di famiglia. Fui costretta a mentire all'uomo che amavo, dicendogli che avevo finto di essere innamorata di lui..." sta iniziando a piangere e poi tira fuori dalla sua maglietta una catenina con delle iniziali: "J & L 4EVER". Dovevano essere davvero presi l'uno dall'altra. Tuttavia ancora non capisco dove Laura voglia arrivare. Le metto una mano sulla spalla, cercando di consolarla.

"...in ogni caso, lui non la prese bene, si arrabbiò e dopo qualche giorno sparì dal distretto... io ero disperata, ma il capitano mi promosse e così ora eccomi qui, a distanza di due anni... una detective della omicidi... che cosa ci ho guadagnato? Nulla. Ho solo perso l'amore della mia vita per colpa del mio stupido orgoglio e dei troppi film."
"Non è troppo tardi, Laura! Puoi chiamarlo, dirgli che sei qui..." le dico, scuotendola, ma lei mi sorride, immersa nelle sue lacrime.

"E' troppo tardi, invece. Lui si è fatto una famiglia a Seattle e vive felice. Quello che voglio dirti è..." si riprende, trattenendo le lacrime "non sprecare la tua vita, Kate. Tu e Rick vi amate. Non impedire a te stessa di non essere amata, abbatti quel muro... altrimenti perderesti l'amore della tua vita, come me."

Mi stringe la mano e insieme ci diamo conforto. Ora ho capito il senso del suo discorso. Se la guerra serve a qualcosa è a rivelarci a noi stessi.

"Mi spiace averti sottovalutato, Laura." le dico e inizio a togliere qualche mattone al mio muro.

Lei mi guarda, si alza, ricomponendosi appena tira fuori uno specchietto dal suo giubbotto antiproiettile.

"Non preoccuparti, Kate. So che posso apparire frivola dall'esterno, ma non ci faccio più caso." tira fuori un rossetto rosso e si sistema di fronte lo specchietto, poi passa al fondotinta. "Ad ogni modo, non dire nulla a nessuno di questa storia... forse quando sarò morta potrai parlarne."
Mi viene voglia di tirarle un pugno. Stringo i pugni, invece, mi alzo e le tolgo quel beauty case che ha davanti.

"Tu non morirai, Laura, smettila di fare così!"

"Che ne sai? Sono stata una debole! Avrei potuto ribellarmi alla famiglia e scegliere James, invece sono stata codarda e ho rinunciato a lottare!"
"Ma lui deve sapere..." faccio enfasi su quella parole d'ordine, ma mi rendo conto che sto sprecando solo fiato.

"Ci vediamo sul campo, Kate." si congeda salutandomi tristemente, e se ne va con la consapevolezza che morirà senza aver rivelato all'amore della sua vita tutta la verità.

La domanda è: ne vale la pena alla fine?

 

La sera è scesa. L'ultimo tramonto a Gerusalemme. L'indomani suoneranno delle campane, ma sarà un suono di guerra. Un urlo di battaglia.

La vita stessa è una lotta. E' come la descrive Castle nel suo reportage. Vince la legge del più forte. Non puoi essere debole, devi lottare, altrimenti cadi e non ti rialzi più. Io non voglio essere così. Vorrei cercare di essere quella in grado di rialzarsi da sola, senza la mano di nessuno. Poco a poco, posso farcela a buttare giù quel muro. E stanotte, una buona parte di quei mattoni cadrà giù.

Nessuno dei due si arrenderà stanotte. Ho deciso di prendere Rick in disparte, di lasciarci andare. L'ho portato nella sua tenda, ci siamo baciati, abbracciati, dapprima riscaldandoci per il freddo, poi lentamente ci siamo svestiti per dare inizio alla nostra danza. Il sesso è un'esplorazione; ci osserviamo, ci tocchiamo l'un l'altro, curiosi, come se fossimo le uniche creature sulla Terra.

Poi ci avvinghiamo, di nuovo ci baciamo... la passione si accende, arde, finché brucia. Non ci arrenderemo. Continueremo a lottare per sopravvivere, non solo stanotte, ma all'intera guerra. Perché la sensazione di perderci è tanta, per questo stanotte dobbiamo stare insieme, perché potrebbe essere la nostra ultima possibilità. L'indomani, lui resterà qui in Israele, io verrò spostata in Iran. E sarà l'inizio di tutt'altro.

Non ci arrenderemo: io combatterò in un paese, lui farà lo stesso in un altro. Insieme metteremo alla luce le verità di questo posto, io con le armi, lui con le parole.

Tra me, ringrazio Laura e la sua storia densa di significato. E di nuovo ripeto a me stessa: a una cosa serve la guerra: a rivelarci a noi stessi.

   
 
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