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Autore: GiadiStewart    08/01/2012    4 recensioni
Dal primo capitolo:
Ho perso anche lui, lo definirei il mio primo amore, quella persona così simile a me che mi ha capita e mi ha aiutata, mi ha consigliata e mi ha protetta. Il mio Tate, che ormai non era più mio, ma che si era limitato ad essere l’ “inquilino” che si aggira in questa casa più cauto possibile per non incontrare me o la mia famiglia. Certe volte speravo di incontrarlo per sbaglio nel seminterrato, ma era talmente attento e scaltro che riusciva ad evitarmi, ma se tanta era la voglia di vederlo, tanta era anche la voglia di affrontarlo mai perché ormai non eravamo più niente, ci eravamo costruiti uno spesso muro impossibile da buttare giù, e che soprattutto non volevo buttare giù perché quello che aveva fatto a mia madre era imperdonabile e al solo pensiero di quel brutto ricordo mi venivano i brividi e la bile risaliva fino alla gola per il disgusto e disprezzo che si era creato in me.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mentre Kurt e i suoi genitori stavano mettendo in ordine la casa avevo deciso che era meglio non farmi vedere per non destare troppi sospetti, insomma se continuavo a comparire e scomparire avrebbero pensato che qualcosa non andava quindi sono stata tutta la giornata in soffitta perché nella cantina sapevo chi c’era e non volevo incontrarlo; anche se in pochi secondi sapevo che potevo trovarmelo di fianco a me, ma visto che non lo aveva fatto negli ultimi 6 mesi le probabilità che cominciasse ora erano abbastanza scarse.
Tuttavia, i miei genitori mi stavano sempre vicini convinti che con la loro presenza a lui non sarebbe passato neanche per l’anticamera del cervello di venire a disturbarmi, ma restavo comunque un’adolescente e la loro presenza cominciava a diventare pressante tanto che quel pomeriggio non riuscii più a trattenermi:
“Non potete essere le mie guardie del corpo per l’eternità, ho bisogno della mia libertà” dissi con voce alterata senza però urlare, mio padre invece aveva già perso la pazienza e si era innervosito, “Non sono assolutamente d’accordo! Tate può venire a cercarti in qualunque momento e io quel ragazzo non lo voglio più vedere anche a soli pochi metri di distanza dalla mia famiglia!”
Mia madre stava più che altro facendo da paciere tra mio padre e me, con scarsi risultati perché entrambi eravamo testardi e determinati, caratteristiche che avevo preso da lui per l’appunto; non sopportavo mio padre in quei momenti perché pensava ancora che fossi una bambina che aveva bisogno di un supporto, ma io volevo che mi lasciasse un minimo di libertà visto che con tutte le pasticche che avevo ingerito avevo decretato la mia morte e quindi rimanere rinchiusa in questa sfottuta casa per l’eternità.
“Tesoro, non serve parlare in questo modo a Violet, basta farla ragionare –disse cercando di calmarlo, poi rivolgendosi a me- e tu dovresti capire tuo padre non pensare solo a te stessa”; sbuffai perché non ce la facevo a sopportare tutto questo, in questa situazione dovevamo sostenerci a vicenda ma a quanto pare non era così.
“Voglio avere solo un po’ di respiro, in queste mura mi sento imprigionata e voi con questa insistente pressione mi fate sentire ancora più in gabbia e non voglio sentirmi così” dissi sottovoce e con voce rauca, mentre parlavo mi si era formato un nodo in gola che non riuscivo a sciogliere e volevo solo uscire da quella situazione e andare a rifugiarmi da sola a liberare tutta la tensione; sentii gli occhi pizzicare e la vista stava cominciando ad appannarsi perché le prime lacrime salate stavano scorrendo sulle mie guance, era troppa la tensione che stavo accumulando e i miei nervi cominciavano a risentirne. Tutto quello che accadde: la mia morte, lo stupro a mia madre, venire a sapere che era stato Tate e la pressione dei miei genitori non avevano di certo giovato al mio umore che era spesso messo sottopressione e sempre irascibile.
Mia madre si accorse che di nuovo stavo scoppiando a piangere e subito si sentì in colpa, la sua espressione si rattristò e mi avvicinò al suo corpo e mi strinse a sé, io non apposi resistenza ma non ricambiai l’abbraccio; mio padre cercò di parlare ma dalla sua bocca non uscì nessun suono perché non sapeva cosa dire e un semplice ‘mi dispiace’ non avrebbe funzionato, così si limitò a strofinare le sue mani nervosamente nei capelli neri.
Rimasi ancora per un po’ di minuti in quella posizione poi sussurrai con voce flebile che volevo stare da sola, così mia madre allentò l’abbraccio e io mi staccai da lei, la guardai negli occhi sperando di avere il suo consenso e annuì in risposta con un sorriso debole così ne approfittai per scendere dalla soffitta e andare da qualche parte.


http://www.youtube.com/watch?v=8eCefZW-r0c (Purtroppo non so cos'abbia YouTube, ma non mi fa vedere il codice ._.)

La prima cosa che optai era il bagno e quando entrai guardai se non c’era nessuno e così facendo entrai, sapevo che potevo rendermi invisibile agli umani, ma la cosa mi metteva comunque a disagio perciò cercavo di trovarmi sempre in posti isolati; una volta entrata in bagno frugai all’interno della tasca della felpa e appena la mia sentì qualcosa di freddo e solido lo afferrai, conservavo ancora la piccola custodia delle mie lamette e non pensavo mi sarebbero servite ancora,  inoltre un giorno stavo quasi per gettarle via, ma non so per quale motivo decisi di tenerle visto che, non volevo più tagliarmi. Ne tirai fuori una e scoprii l’avambraccio, a differenza di sei mesi prima ora la mia pelle pallida era perfetta senza nessuna cicatrice e quando passai la lametta sopra la pelle non sentii niente perché ormai il mio corpo senza vita non percepiva più dolore, ma solo un leggero fastidio che era sopportabile e quando tracciai una piccola riga ovviamente il liquido rosso non fuoriuscì, ma rimase solo una striscia del mio stesso colorito circondata solo da un po’ di color cremisi. Non sapevo perché lo stavo facendo visto che non potevo sentire nulla e non potevo sfogare tutto lo stress su questa pratica che una volta era parte di me; ad un tratto quando stavo fissando quella linea sottile nella mia testa risuonò la sua voce: “ti stai facendo del male! Promettimi che la smetterai”. – “Promesso!” fu la mia risposta. Avevo infranto la mia promessa quando lui pensava solo a proteggermi, ma adesso che senso aveva? Del male non ne sentivo neanche un po’, lui non era più parte di me quindi quella promessa non valeva più no? E perché mi sentivo in colpa, perché lo sentivo ancora così vicino a me in modo tale da influenzarmi ancora?
Stavo sicuramente dando di matto, non c’era più ed era sparito da qualche parte nella casa ed io ero sola, maledettamente sola; altre lacrime solcavano le mie guance e dalla mia bocca uscivano solo lamenti e singhiozzi e ormai mi sembrava che sfogarmi piangendo fosse la cosa più semplice che invece costruire una fortezza impassibile ed essere indifferente.
“Perché mi stai facendo questo?” dissi prima sussurrando con la voce rotta dal pianto
“PERCHE’ CONTINUI A TORTURARMI?” urlai sperando che i miei genitori non venissero a cercare e così facendo anche aumentare la loro ‘protezione’, avevo bisogno di urlare, dovevo urlare per sfogarmi e forse anche per farmi sentire da lui sperando che comparisse da un momento all’altro accanto a me e che mi confortasse stringendomi a sé.
Inconsciamente questo pensiero non rimase solo nella mia testa, ma lo espressi molto chiaramente: “Ho bisogno di te, voglio te accanto a me. Ti prego” dissi con voce flebile, ma sapevo che lui poteva sentire, lui stava sempre in ascolto anche se c’era un piano a separarci; mi sedetti per terra ed appoggiai la schiena al muro, stringe le ginocchia al petto e vi appoggiai la testa nascondendola con le braccia e continuai a piangere per i seguenti minuti non sentendo la sua presenza. Quanto ero stupida ed ingenua, non avevo preso in considerazione che si potesse essere dimenticato di me ed essere andato avanti con la sua vita come prima del mio arrivo, dopo questa mia illuminazione piansi ancora e solo quando non avevo più le forze per versare altre lacrime mi alzai e mi guardai allo specchio e quello che vidi era orribile: il viso tutto bagnato di acqua salata, gli occhi gonfi e rossi, i capelli in disordine e non potevo presentarmi da mia madre e mio padre in questo modo perché mi avrebbero fatto sicuramente mille domande, se avevo visto Tate oppure se mi ha detto o fatto qualcosa e non volevo affrontarli ora, avevo troppa tensione addosso solo che non sapevo cosa fare o dove andare. Kurt non era una buona scelta, in cantina non ci pensavo nemmeno e in soffitta neanche, insomma la casa diventando troppo piccola per me.

Forse era meglio prima uscire dal bagno e poi mi sarei inventata qualcosa, però non feci neanche in tempo a fare un passo che subito barcollai e non riuscii ad afferrare il bordo del lavandino, pensai di cadere a terra, ma non sentii il contatto freddo del pavimento e neanche il tonfo che avrei fatto, anzi sentivo due braccia che mi sorreggevano: una mi teneva la schiena e l’altra l’angolo delle ginocchia, aprii gli occhi che tenevo precedente chiusi e il mio naso si trovò a pochi centimetri da una parte del corpo di qualcuno, era il suo petto, era il suo profumo; non ci potevo credere che fosse proprio lui. Era qui con me.
Aspettai qualche minuto prima di alzare lo sguardo verso i suoi occhi, non ero ancora pronta ad affrontarlo, fu lui il primo a parlare e sentire la sua voce mi faceva sentire bene, come se solo quel suono annullasse tutto quello che mi era successo prima:
“Devi stare attenta” disse telegrafico e con la voce spenta e rauca, alzai lo sguardo e finalmente i miei occhi incontrarono i suoi e quasi il mio respiro si fermò perché non erano i suoi occhi, erano diversi: erano cupi e spenti, marcati da delle profonde occhiaie violacee, la pelle era pallida e i capelli ispidi e disordinati. Quello non era il mio Tate, era diverso, non aveva quella luce che emanava quando era con me, era stanco, silenzioso… senza energia, poteva essere per…
Scossi la testa prima che quel pensiero si facesse strada nella mia testa e cercai di concentrarmi su di lui; mi fissava con un sorriso tirato come se facesse finta che andava tutto bene e che stava bene, ma purtroppo per lui non ero così stupida.
“O-ok. A-adesso devo a-andare” balbettai con voce tremante, abbassai il viso perché non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi e reggere il suo sguardo, le mie lacrime non avrebbero resistito a restare al loro posto; feci per uscire dal bagno, ma subito la sua mano scattò a prendere il mio polso e a girarmi in modo che fossi di nuovo di fronte a lui. Non opposi resistenza però abbassai di nuovo lo sguardo, lui però voleva che lo guardassi negli occhi e così mi prese il mento e alzò il mio viso, gli occhi cominciavano ad essere lucidi, perché riesco solo a piangere? Perché non riesco a dimostrarmi forte davanti a lui? Mi fissò negli occhi per minuti che mi sembravano interminabili e piano piano si avvicinò di più a me ed i nostri corpi erano a poca distanza uno dall’altro, subito pensai al peggio, ma non poteva avere il coraggio di baciarmi perché sapeva che io avrei reagito male anche se mi mancava da morire.
Per fortuna i miei pensieri non divennero azioni concrete, ma mi disse: “Prima vuoi la mia presenza, poi te ne vai?” sì, mi stava decisamente ascoltando, sulle mie labbra si disegnò un sorriso amaro e poco dopo gli risposi:
“Ho sbagliato, scusa. Adesso devo andare!” pensavo che la mia voce risuonasse più insicura e debole, invece era dura e acida che sorprese anche Tate, infatti mi lasciò il mento e lentamente si fece più lontano, pensavo però che mi lasciasse libera invece ribatté:
“Devo andare dai tuoi genitori che ti proteggono da me?” sputò quelle parole con disprezzo e noncuranza, quella frase mi fece male e non mi aspettavo che me la dicesse direttamente e un forte fastidio si creò dentro di me.
“Dopo quello che hai fatto alla mia famiglia mi sembra il minimo che possono fare” tremavo, ma cercavo di tenere sotto controllo i miei istinti, lui rimase in silenzio e notai che anche il suo muro dell’indifferenza cominciava a sgretolarsi perché molto probabilmente ogni volta che gli rinfacciavo quello che aveva fatto si sentiva in colpa, ma in questo momento non mi interessava quello che sentiva lui perché ero io quella che era sempre nervosa e sotto stress, ero io quella che doveva fare i conti ogni giorno con questa prigione, ero io quella che soffriva e volevo porre fine a tutto questo anche se le aspettative mi sembravano molto basse. In questo momento volevo solo pensare a me.
“Lasciami in pace, Tate perché ne ho bisogno. Sono stanca di vivere così” sussurrai con voce appena udibile, le lacrime cominciarono a scendere lungo tutta la guancia e poi cadevano sul pavimento, lui però era accecato dalla rabbia che non badò al mio pianto quindi cominciò ad urlare: “E TU PENSI DAVVERO CHE ME LA STIA GODENDO? CHE NON STIA SOFFRENDO? –fece un pausa e il suo respiro stava per diventare affannato, ma poi riprese con più calma- Se tu hai bisogno di stare sola, io ho bisogno di te. Ti amo ancora, Violet” disse l’ultima frase lentamente e a voce bassa come se volesse che la rielaborassi per bene.
Lo aveva ripetuto, di nuovo. Me lo disse tantissime volte ed io al confronto glielo dissi solo quando lo lasciai, ma il fatto era che anche io lo amavo ancora, ma non potevo perdonargli ancora quell’errore, non me lo sentivo e non potevo farlo quando ogni volta che lo guardavo mi appariva nella testa l’immagine di mia madre sotto il suo corpo. Scossi violentemente la testa per far scomparire quell’immagine, no non potevo ancora perdonarlo.
“Mi dispiace, ma non ti posso perdonare Tate” conclusi con un groppo alla gola e completamente vuota nell’animo; subito dopo aprii la porta del bagno e senza lasciare che ribattesse lo lasciai lì da solo con il viso sofferente e con le lacrime agli occhi. Andai subito alla soffitta e non mi interessava se i miei genitori mi avrebbero vista in lacrime, potevano chiedermi quello che volevano ottenendo solo i miei singhiozzi e lamenti.



Note dell'autrice: 
Ciao a tutti! :D Spero che il capitolo vi sia piaciuto e inoltre mi sto accongendo che sto scrivendo un capitolo più depresso dell'altro D: Vabbè a parte questo, sono davvero contenta che il primo capitolo abbia soddisfatto le vostre aspettative, perchè ve lo dico le mie era piuttosto basse, insomma mi sono creata un bel po' di casini in testa che non sapevo come risolvere, però non vi sto a raccontare tutto se no vi annoiate e vi capisco. Per fortuna c'è stata Ale che mi ha aiutata e mi ha fatto sembrare la mia idea meno stupida di quello che era, thanks honey <3 
Comunque ringrazio davvero quelle persone che hanno preso un minuto della loro giornata per recensire e farmi sapere le proprie idee sulla storia e che hanno fiducia in me, infine anche le persone che hanno inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite. Aw *-* Non me l'aspettavo davvero! 
Ultima cosa poi la smetto di rompere le balls, ho deciso di aggiornare così presto -secondo i miei standard- perchè innanzitutto non voglio beccarmi da subito il lancio dei pomodori per il lungo ritardo e anche perchè domani si ricomincia scuola -aiuto!- e non avrò poi così tanto tempo ç_ç Voi siete pronti a ricominciare? Avete fatto tutti i compiti? 
La mia risposta è no ad entrambe le domande (perchè vi dovrebbe interessare poi? Boh ._.) e quindi meglio che vada a finirli. 
Adios e alla prossima!
-Giada
  
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