Seta.
Non
avere paura. Non ti muovere, non parlare. Nessuno ci vedrà.
Resta
come sei, io ti voglio guardare. Abbiamo una notte tutta per noi, e
io ti voglio guardare.
Il tuo corpo per me.. la tua pelle, le tue
labbra. Chiudi gli occhi, nessuno ci può vedere.
Io sono
vicino a te. Mi senti.. vero?
Quando ti toccherò per la
prima volta, lo farò con le mie labbra. Tu sentirai calore,
però non saprai dove.
Forse, sarà sui tuoi occhi.
Appoggerò la mia bocca sui tuoi occhi, e tu sentirai
calore.
Una
figura senza volto. Un suono senza voce.
Apri
gli occhi. Guardami. Questo istante non finirà.
...Lo
vedi?
Per sempre getterai la testa all'indietro, per sempre
scivoleranno lacrime dalle tue ciglia.
Questo momento doveva
essere, questo momento è, e questo momento continuerà.
Te
lo senti addosso, questo suono, te lo senti attorno, te lo senti
dentro. Non sai chi sia, ma è morbido, è morbido e
leggero. E’ bellissimo.
Da
ora.. fino alla fine.
E'
seta.
---
Ti
svegli col corpo che trema e le guance bagnate. Ancora una
volta.
Sono a malapena le tre, ti basta lanciare uno sguardo alla
finestra e individuare la posizione della luna nel cielo per capirlo.
E, come ogni notte, quell’incubo ha infestato il tuo sonno.
Anche se poi definirlo un incubo non è del tutto
esatto.
All'inizio, quando hai cominciato ad avvertire quella voce
senza sesso e senza età nel tuo quieto quanto fragile torpore,
hai provato fastidio. Hai sentito il tuo spazio invaso, la tua
intimità scoperta. Hai provato rabbia, forse perfino odio, per
quel meschino qualcuno
che
aveva osato tanto: nessuno si sarebbe mai dovuto permettere una cosa
simile, con Yu Kanda.
Successivamente, però, alla rabbia è
subentrata la curiosità. La curiosità, in breve tempo,
si è trasformata in ossessione.
Il sogno non cambia mai, il
copione è sempre il medesimo, salvo impercettibili variazioni.
Non esiste uno spazio, nel sogno, non esiste un colore, non esiste un
tempo: esiste solo una figura evanescente, di cui non distingui i
tratti.
Il viso che ti osserva, la voce che ti parla; sì,
ti sono familiari in maniera quasi snervante. Ma non li riconosci,
non ce la fai; per quanto ti sforzi, per quanto cerchi di capire,
quella persona
è
una costante destinata a rimanere incognita.
La
ami e la odi, quella persona, per ciò che ti dice, per come
lo dice. Sono mesi interi, forse anni, che ti accompagna ogni
notte, che ti aspetta in quel luogo indefinito ogni qual volta chiudi
le palpebre e ti abbandoni al sonno. Non sai chi sia, eppure quella
persona ti conosce più di quanto tu conosci te stesso. Ed ogni
sua parola, ogni suo sussurro, ti turba nel profondo: scava in te
qualcosa che non ti sai spiegare, che ad ogni tuo risveglio fa
fremere il tuo corpo e lacrimare i tuoi occhi. Non importa quante
volte lo ripeta, quanto rischia di diventar banale.
Ogni sua
sillaba, ogni singolo soffio della sue labbra, sfiora la tua pelle,
la tua bocca, la tua anima, come la più delicata e fragile e
morbida carezza. Ti tocca come fosse seta.
Se
prima del sogno la tua missione era vincere una guerra, dopo il sogno
la tua missione è diventata trovare quella persona.
Devi
farlo, lo sai. Ne va di ciò che sei.
- Sii sincero,
Komui. Ha qualche speranza? -
E' una voce roca che parla, in
lontananza. Apre una voragine nel buio della tua mente, con quel tono
intriso di paura e amara consapevolezza: ed è proprio quel
tono, quel dolore palpabile ma contenuto, che ti fa spalancare le
palpebre e alzare gli occhi all'aria.
Ah, per un attimo ci hai
sperato davvero di vedere il soffitto lercio della tua stanza, lì
in alto, e fingere che fosse tutto un brutto incubo. In realtà
avresti preferito perfino aprire gli occhi e vedere sopra di te il
cielo aperto e sconfinato di un campo di battaglia, che potesse
suggerirti di essere ancora lì a combattere, da qualche parte
nel mondo.
Ma quella purtroppo quella non è la tua stanza,
e non è neppure un campo di battaglia. I muri pitturati di
quel rivoltante azzurro pastello e l'odore pungente di disinfettante
e antisettico non mentono affatto.
L'Infermeria è
probabilmente il luogo che più detesti di tutta la Sede. E non
è solo per la compagnia sgradevole e fastidiosa dei moribondi
nei letti vicini, sia chiaro, né per quel disgustoso puzzo di
medicinali; è l'odore di morte, l'odore di paura, ciò
che più ti fa odiare quel posto. Con la morte, tu, ci convivi
ogni giorno: ma durante uno scontro il suo sentore opprimente è
coperto dall'adrenalina, dalla voglia di vivere che esce dai pori
della pelle.
Lì dentro, invece, è tutto diverso. Lì
dentro nessuno si concede il lusso della speranza, la speranza che fa
vincere le guerre ai buoni.
Sbatti le palpebre più volte,
guardandoti intorno con prudenza. C'è un'atmosfera strana,
leggermente frenetica: la gente si concede a malapena il diritto di
sussurrare, e tutti hanno un'espressione triste e amara in volto.
Nessuno siede al capezzale del tuo letto, e questo non ti
stupisce; ma, in qualche modo, sai che c'è qualcosa che non
va... Non è tutto come sempre.
- Bookman, noi.. -
-
Rispondimi. -
Chiudi gli occhi, cerchi di ricordare. Durante
l'ultima missione qualcosa è andato storto; doveva trattarsi
di semplice recupero dell'Innocence, un lavoro di routine, ma si era
tramutata in una carneficina quando un gruppo di Level 4 si era
aggiunto allo scontro. Il golem di uno degli Esorcisti ti aveva
contattato, vi aveva chiesto aiuto: ricordi che altre tre squadre
complete di Generali erano state inviate in soccorso.
Ti mordi un
labbro, pensi. Avevi raggiunto il luogo, di questo ne sei certo,
avevi combattuto fianco a fianco con uno dei tuoi compagni. Sembrava
che la situazione fosse migliorata.. prima che intervenissero i
Noah.
Spalanchi le palpebre all'improvviso, mentre ogni cosa ti
torna alla memoria. Ricordi la bambina, Road, ricordi i due
gemelli... C'era anche quell'uomo, Tyki Mikk, il Noah del
Piacere.
Ricordi di esserti scontrato con lui, insieme a quel tuo
compagno. Ricordi un movimento avventato dell'altro, uno scatto
d'ira, quella mossa sbagliata.. Ricordi la mano del Noah dentro al
suo petto.
- Non credo ci sia.. più niente da fare. -
La
voce di Komui ti riempie le orecchie come un veleno mentre giri il
volto di scatto, terrorizzato. Li vedi, due figure in piedi, al
capezzale del letto accanto al tuo. Se tutto fosse andato come
sempre, quel letto adesso cigolerebbe in maniera assolutamente
snervante, capitanato da un idiota intento ad infastidire quanta più
gente possibile. Ma quel letto non cigola.
Ancora prima di
rivolgere lo sguardo nella sua direzione, sai chi sta morendo, ad
appena un metro da te.
Senti gli occhi bruciare mentre guardi il
viso pallido e inerme del ragazzo -del tuo compagno,
del tuo amico;
il volto cereo addormentato, la palpebra abbassata, i capelli rossi
scomposti disordinatamente sul cuscino. Lavi è pallido da far
paura, ha le labbra viola, profonde occhiaie scure che gli
incorniciano gli occhi, e tubi che gli escono dappertutto,
allacciando il suo corpo a mille flebo di alimenti e medicinali che
gli regalano forse qualche altra ora da vivere, ma non di più.
Il
suo maestro rimane al suo fianco, in piedi, senza toccarlo, senza
guardarlo. E Komui rispetta il suo dolore, lasciandolo in pace nel
suo meritato silenzio.
Ora capisci ciò che non va: se tutto
fosse andato come sempre, ci sarebbe Lavi a sedere al tuo
capezzale.
Mentre guardi il letto vuoto affianco a te, ti
chiedi se tutto ciò per cui hai combattuto finora ha davvero
uno scopo.
L'Infermeria si è svuotata, dopo che lui è
stato portato via. Nessuno ha voglia di stare lì dentro più
del necessario, nessuno ha voglia di parlare con gli altri: non è
che la solitudine sia di conforto, ma in qualche modo protegge tutti,
almeno fino a che la tempesta non si sarà placata. Komui Lee
ha insistito in maniera fastidiosamente ostinata per rimanerti
accanto; ma quando ha capito che tu più di tutti, più
di Bookman, di Linalee o di Allen, avevi bisogno del tuo silenzio, ti
ha lasciato in pace.
Da solo con te stesso, forse per la prima
volta, non ti sei vergognato di piangere.
- La persona che cerchi.
- sussurra il vecchio. - La persona che hai sempre cercato, la tua
missione. -
Bookman è di fronte a te. Non sai se è
venuto a trovare te o il letto vuoto al tuo fianco, ma francamente
non ti interessa. Guarda le tue guance bagnate con un'espressione
indecifrabile: consapevole, forse triste, ma non stupita. Questo in
un altro momento ti avrebbe umiliato; ma non ora, no, ora non c'è
spazio per l'umiliazione.
La sua voce è diversa. E' amara,
così triste e così amara, come mai lo è stata
prima. I suoi gesti sono lenti, misurati, rispettosi: ma non abbassa
lo sguardo, il vecchio Bookman. Ti guarda negli occhi come guardava
negli occhi Lavi, con addosso quella sicurezza quasi dolorosa,
scavandoti dentro; e questo davvero non puoi sopportarlo.
- Lavi
mi parlò, prima di morire. Mi parlò dei suoi doveri di
Bookman, di noi, di sé stesso. Mi parlò di tutti i
sentimenti che mi aveva tenuto nascosti, dei suoi amici, dei suoi
amori. Mi parlò di te. - Guardi le sue guance tremare, a quel
cenno. - Mi parlò della persona che cerchi, di ciò che
provava per te. -
Non ti muovi, non puoi farlo, anche se
fuggiresti lontano da quel letto d'ospedale; lontano dal letto vuoto
e freddo che hai al tuo fianco, che ha smesso di cigolare ed
infastidirti, e che è così silenzioso da farti star
male. Ma non puoi.
- Volle dirmelo, ciò che provava. Me lo
disse con una voce che non sono in grado di dimenticare. -
Chiudi
gli occhi, chiudi gli occhi perchè non sai se vuoi continuare
ad ascoltarlo, ma sai altrettanto bene che non puoi farne a meno.
Così stringi le palpebre, forte, e ti mordi il labbro
inferiore con tanta violenza da farlo sanguinare.
Bookman ti
lascia il tuo spazio, ti da il tuo tempo per soffrire; ma non troppo,
mai
troppo. Non ce n'è mai abbastanza, di quello.
- Lo so che è
difficile capire. Ma io l'ho sentito dirmi ciò che provava, e
più di ogni altra cosa.. lui desiderava essere la tua
missione, Kanda. Desiderava solo essere quella persona. - sussurra
ancora.
Sospiri, lasciando scorrere i minuti, forse le ore. La
gola ti fa male, ti fanno male gli occhi, ti fa male il cuore. Perchè
non c'è lui a guarirti il cuore, adesso?
E dio, com'è
triste capirlo solo ora.
- ...Lui era
quella persona. -
Com'è triste capire che per tutta la vita
hai cercato un volto, e che il nome di quel volto l'hai sempre avuto
al tuo fianco. Anche se era solo il quarantanovesimo.
---
Non
apri più gli occhi. Ad occhi chiusi è tutto più
semplice, il mondo è come desideri che sia.
Ad occhi
chiusi, preghi che il sogno torni. Ora che finalmente, a quel sogno,
hai trovato il volto.
Non
apri più gli occhi, ora che hai quella voce. E' dolce ed è
malinconica, e anche se nel buio scorgi solo un'ombra del suo viso
pallido, dei suoi capelli rossi e del suo sorriso, sai che quella
voce tremante è ciò che più lo riflette. E'
tutto, è... lui.
Non apri più gli occhi, non ne hai
la forza.
Tutto ciò che senti, d'ora in poi, è
seta.
Non
avere paura. Non parlare.
Resta come sei, Yu, io sono vicino a te.
Questo istante non finirà.
Mi senti.. vero?
Quel che era
per noi l'abbiamo fatto, credimi amore, l'abbiamo fatto per sempre.
E
se servirà alla tua felicità, non esitare un attimo a
dimenticare questa voce che ora ti dice, senza traccia di rimpianto..
addio.
L'idea di questa storia è palesemente presa da 'Seta' un film che personalmente ho amato moltissimo e che consiglio a chiunque. La sua trama è chiaramente molto diversa, ma alcuni punti coincidono -il dialogo con Bookman e il senso ultimo dell'addio-, il che è del tutto volontario. La voce del sogno ripete quasi parola per parola la lettera del film, e per cui non me ne prendo il merito: ma l'ho trovata talmente commovente che non ho potuto resistere alla tentazione di riadattarla per Lavi e Yu.