Titolo: ~ Break
me down [Bury me! Bury me!]
Autore: Iria
Fandom: Saiyuki
Personaggi/Claim/Coppia: Sha Gojyo/Cho Hakkai
Generi: Introspettivo, Malinconico, Slice of Life.
Avvertimenti: Lime, Missing Moments, What if..?,
Yaoi.
Rating: Arancione
Set: Delta
Note: Infine giungono le cinquanta frasi
anche su questa coppia!
*-*
Ho scelto di trattare gli stessi temi della Kenren/Tenpou in modo da
evidenziare sia le differenze che le similitudini tra i personaggi.
Spero di esserci più o meno –meno, probabilmente! :°D-
riuscita.
Cos’altro dire? Amo ‘sti due…
insieme, da soli, a pezzi (?)
sono sempre meravigliosi e soprattutto complessi; quindi spero di non
averli
banalizzati..!
Ho solo altre tre cose da aggiungere riguardo le frasi: nella numero
uno ci
sono dei riferimenti ad un capitolo del quinto volume del Gensomaden
Saiyuki,
la numero diciasette riprende una scena del Burial nel
quarto
volume del Reload, mentre la numero quarantacinque si riferisce ad una
dell’Even
a Worm –o almeno mi sembra fosse quello owo- del
settimo volume del
Reload! =)
*Titolo ispirato alla canzone The Kill, dei 30 Seconds To Mars*
*Prompt dati dall’iniziativa 1frase su
Livejournal*
~ Break me
down [Bury me! Bury me!]
1 – Terra.
Gojyo
si decise a salvare quel giovane disteso sulla terra fangosa
ed avvolto nel proprio sangue solo quando — ne
fu sempre certo —
lo vide sorridere: oh, sì, in cuor suo il mezzo
demone aveva imparato
che il violento desiderio di morte non si sarebbe mai, mai potuto
tradurre in un gesto tanto pregno di crudele rivalsa;
nonostante,
tempo dopo, avesse confessato ad Hakkai di averlo portato con
sé semplicemente per non
concedergli
la gentilezza di lasciarsi morire.
2 – Orgoglio.
L’orgoglio di Gojyo subiva dei seri danni ogni volta che
quel maledetto di Hakkai lo
stracciava nel poker, nel black
jack e persino nella morra cinese; certo era che,
poi, il caro mezzo
demone sapeva come vendicare tali piccoli affronti alla sua
meravigliosa
persona: un bacio rubato bastava ed avanzava sempre, in quanto,
ignorando
il sorriso poco raccomandabile che si tingeva sul viso del coinquilino
l’attimo
seguente, il
sapore aspro di quelle labbra era in grado
di lasciarlo totalmente appagato.
3 – Spirito.
Gojyo ed Hakkai, in segreto, non sapevano dire quanto
potessero essere
realmente forti di spirito: si erano ritrovati a dipendere l’uno
dall’altro,
senza alcuna possibilità di appello e, nonostante reprimessero ogni
singolo
impulso che invitava i loro sensi ad unirsi in un
tocco più intimo,
nel buio della notte esplodevano, divorandosi e saziandosi dei
loro
reciproci sapori.
4 – Storia.
I libri di storia erano quelli verso cui Hakkai mostrava più
interesse, e
Gojyo lo comprese ben presto: il coinquilino, infatti, quando ne aveva
la
possibilità leggeva per ore, immergendosi completamente in quei mondi
immortalati sulla carta ed il mezzo demone, allora, si limitava a
fissarlo con
un sorriso appena accennato, perdendosi nel contemplare quegli occhi
verdi del
tutto catturati dalla lettura — avvincente o meno che fosse.
5 – Tempo.
Da quando Hakkai era entrato nella sua vita accompagnato
dall’odore del
sangue e celando il viso dietro una maschera di ambigua affabilità,
Gojyo aveva
finalmente imparato a tener conto del proprio tempo solo per poter
enumerare
tutte le volte in cui l’altro gli aveva strappato il respiro o un
battito,
succhiandogli incosapevolmente via — o,
almeno, il mezzo demone
così pensava — un’esistenza ed un’anima divenute fondamentali e
che mai prima di allora aveva creduto di meritare.
6 – Guerra.
Spesso, tra Hakkai e Gojyo il sesso si
riduceva ad una semplice
guerra per il dominio dell’uno sul corpo dell’altro: ah, erano
dei mocciosi così
ottusi, alle volte..!
7 – Tradimento.
Ad un certo punto della loro vita decisero tacitamente che
nessuno dei due
avrebbe mai permesso all’altro di morire: tradire se stessi,
concedendo
alla sofferenza di soffocarli ancora, non era affatto
contemplabile
negli egoistici piani di Gojyo ed Hakkai.
8 – Sentore.
Certe notti Hakkai vedeva il sangue
macchiare di nuovo le sue
mani, lo avvertiva scorrere ancora tra le dita
tremanti; però quella
disgustosa sensazione spariva nel momento stesso in cui Gojyo,
avvicinandoglisi
alle spalle con un leggero sbuffo, gli lasciava un bacio sulla cute
tesa del
collo, respirandovi contro fino a quando l’altro, sorridendo, non
riprendeva
coscienza di sé.
9 – Giovinezza.
Godere della giovinezza risultava decisamente limitativo,
quando poi
avanzava tutta una vita lungo la quale trascinarsi, e Gojyo ed
Hakkai, considerando il loro passato, per molto
tempo non furono
in grado di comprendere la preziosità né della prima né della seconda;
però
alla fine, sfiorando la morte, capirono che sarebbe bastato
anche
solo sopravvivere per perdersi nei meandri di quel
dedalo di esperienze.
10 – Orme.
Quando Hakkai entrò in casa, sfuggendo alla pioggia che
rigava il cielo,
notò delle orme di fango sul pavimento lasciate, così pareva,
da
un’andatura piuttosto strascicata; allora, il demone sospirò e,
seguendo quella
sporca scia, si ritrovò nella camera da letto di Gojyo: lì, il compagno
sembrava lo stesse aspettando in un ubriaco dormiveglia, tormentato da
chissà
quali terribili allucinazioni...
«Ahah, mi hai trovato… ma, Hakkai,
perché diavolo dobbiamo rivederci sempre in
tali deprimenti condizioni..?»
11 – Preda.
Hakkai, nel suo aspetto demoniaco, ansimante e furente sotto
il corpo di
Gojyo, tese la vite ad avvolgere il meticcio in una morsa letale, ma
l’altro si
dibatté come una preda decisa a trasformarsi
in cacciatrice e torturatrice; ed allora,
afferrando la propria
Shakujio ricaduta poco distante, lasciò che le catene dell’arma si
stringessero
attorno ai loro corpi nudi e sudati…
«Non l’avrai vinta..!».
12 – Stirpe.
Gojyo ed Hakkai potevano dire di
somigliarsi totalmente sotto
un unico particolare: nessuno dei due discendeva da
una pura stirpe
di demoni; o, meglio ancora, se il primo era solo un lurido mezzosangue,
l’altro — sì, proprio quello sul quale non avresti
scommesso un
accidente — celava
in sé uno
spietato assassino.
13 – Passi.
Gojyo non riusciva quasi mai a distinguere i passi di Hakkai:
potevano
essere impercettibili o pesanti, ma difficilmente avevano la stessa
cadenza,
tanto che alle volte il mezzo demone riteneva che proprio nell’incedere
del
giovane fosse rivelata quella strana
oscurità celata al di là della
patina smeraldina dei suoi occhi.
14 – Rito.
Quasi fosse un rito, ad ogni nuovo anno trascorso dal loro
primo incontro pioveva sempre;
e a dire il vero Hakkai proprio non poteva sopportare quelle gocce
d’acqua
tanto rumorose: il suo umore si incupiva, e tale pessima condizione si
rifletteva anche nel sorriso mesto ed appena accennato di Gojyo.
15 – Vittoria.
Alla fine di ogni battaglia, ad ogni nuova vittoria,
quasi fosse un
riflesso incondizionato Hakkai e Gojyo si ricercavano con lo sguardo
fra le
fila dei cadaveri dei demoni sconfitti: oh, bhé, ognuno dei due sapeva
che
l’altro stesse fin troppo bene, ma accertarsene di
volta in volta con
una fugace occhiata — studiando anche le eventuali
ferite del compagno
— dava loro una sicurezza ben più profonda, accompagnata da
un’immediata
ragione per poter tornare finalmente
a respirare.
16 – Languore.
Una vaga mollezza lo colse nel
dedicarsi totalmente alla
sigaretta che stringeva tra le labbra e, rilassato nella semi oscurità
di un’ennesima stanza
sconosciuta, quasi non si rese conto che Hakkai, seduto sul bordo del
letto,
aveva iniziato a carezzargli distrattamente i lunghi capelli scarlatti.
17 – Mortale.
«Bhé, io sono qui… per portare un ombrello!»
In quel momento, legato ad una sedia, con una pistola puntata
alla fronte e
la decisa intenzione a
non tentar nulla, assolutamente nulla che
potesse ostacolare la fottuta morte — uhm, vivere…
che seccatura
—, Gojyo rimase paralizzato dalla sorpresa ed invano
desiderò solo che
la voce appena udita non fosse quella di Hakkai; d’altra parte, il
mezzo demone
era lì, pronto a farsi saltare in aria il cervello: non avrebbe mai
potuto
tollerare che il compagno, l’uomo che aveva salvato, ora
dovesse
strapparlo alle braccia della terribile donna in
decomposizione verso
la quale s’era lanciato — che crudele ironia, quanta
terribile incoerenza!
18 – Favorito.
Gojyo proprio non riusciva a comprendere di cosa avesse più bisogno,
se del calore del seno di una donna o, più semplicemente — e
per
ammetterlo a se stesso s’era morso a sangue la lingua svariate volte — anche solo della
muta presenza di Hakkai.
19 – Giardino.
Hakkai ricordava che i particolari fiori rossi intravisti
nelle vicinanze
della casa di Gojyo crescevano anche nel giardino dell’istituto dove
aveva
insegnato; e sorrise a quel pensiero quando una volta notò che il
compagno, proprio come lui, squadrasse quasi con rancore
quelle stesse
piccole gemme cremisi.
20 – Eros.
Non riusciva a credere che avere un uomo tra le gambe potesse
rivelarsi
talmente estasiante: già, Gojyo si era
ritrovato
a gridare come un dannato sulle labbra di Hakkai che,
gemendo ad ogni
affondo fra le sue natiche, lo aveva
clamorosamente sconfitto in
quella lotta fatta di morsi, carezze e mugugni compiaciuti —
pugni,
calci e doloranti imprecazioni.
21 – Canto.
I gemiti di Gojyo ed Hakkai rappresentavano un canto
blasfemo,
l’ennesima nefandezza compiuta in quelle vite già segnate dal peccato
d’esistere; ma ai due giovani non importava: perché preoccuparsi tanto
per un
qualsiasi squallido tabù, quando sapevano che
salvezza e condanna
coesistevano proprio nello stesso nodo di carne e sangue dei loro corpi?
22 – Tocco.
Una carezza poteva avere molteplici significati, e questo
Gojyo lo sapeva
bene: un tocco era in grado di comunicare gioia, tristezza, ira,
frustrazione,
appetito sessuale, affetto o compianto; ma quando sfiorava Hakkai anche
solo distrattamente, il mezzo demone veniva investito e al
contempo sepolto da mille e più istinti contrastanti.
23 – Silenzi.
Gojyo ed Hakkai conoscevano i loro silenzi, avevano imparato
ad
interpretarli e a rispettarli e ben poche volte questi si erano tinti
di
ostilità: già, in certi momenti i due coinquilini
avevano semplicemente bisogno di rinchiudersi in se
stessi, e tornare
in compagnia di quella solitudine che li aveva torturati con
la sua languida presenza tempo prima.
24 – Movenze.
Gojyo amava le sinuose movenze dei fianchi femminili, quel
lieve
ancheggiare maliziosamente rivolto agli occhi vogliosi degli uomini;
eppure,
alle volte preferiva scrutare gli atteggiamenti
decisi e sicuri di
Hakkai che, lasciando intendere una certa virilità in contrasto col suo
aspetto
così falsamente pacato — cosa
alquanto stuzzicante,
secondo il modesto parere del mezzo demone —, lo
affascinavano nella
loro particolare ambivalenza.
25 – Calore.
Il calore del ki di Hakkai sfiorava appena le sue membra
ferite, facendolo
mugugnare; e, nel momento stesso in cui il mezzo demone riacquistò un
minimo di
lucidità e coscienza, avvertendo l’altro allontanarsi, si allungò ad
avvolgergli un polso in una presa forte, eppure tinta della dovuta
gentilezza,
col timore di perdere quel dolce tepore
che, sapeva, non
fosse solo dovuto alla benefica aura del compagno:
«Resta...».
26 – Apparizione.
Osservando il giovane che giaceva sul letto ancora in uno
stato di
incoscienza, Gojyo pensò davvero che così com’era apparso ai confini
del bosco,
entrando per un po’ nella sua vita mediocre, presto si sarebbe
dissolto
senza lasciare alcuna traccia di sé: oh, quanto si
sbagliava…
27 – Inebriare.
Gojyo riteneva che essere affascinati da un profumo, da un
tono particolare
di voce o dall’intensità degli occhi di una donna o di uomo fosse
assolutamente
lecito per l’animo umano; però, ciò che gli disegnava un sorriso ilare
sul viso
era la consapevolezza d’essersi
ormai irreparabilmente inebriato,
raggiungendo l’assuefazione, del corpo di Hakkai al contatto col
proprio —
e ciò rappresentava un bel problema, se accostato alla
sua sempre
viva passione per le belle donne.
28 – Dita.
Le dita di Gojyo erano esperte e sapevano
dove posarsi
o cosa stimolare; eppure per un attimo,
nell’insicurezza di
quell’intimità che lo coinvolgeva con un altro uomo, fu Hakkai a
guidare le
mani del mezzo demone lungo tutto il suo corpo fremente.
29 – Nostalgia.
All’instaurarsi della convivenza con Hakkai, Gojyo non si
impose alcun
freno in particolare; quindi,
inizialmente perseverò nelle sue ben poco caste
abitudini, temendo,
nella propria irrazionalità e presunta incapacità di costruire un
qualsiasi
saldo rapporto, il sorgere di una subdola nostalgia
nei confronti di
quell’infida solitudine che il demone gli stava strappando via
con imperscrutabile garbo.
30 – Legame.
La macabra scia di sangue — eloquente
rappresentazione delle
vite dei due giovani — sulla quale si univano i
loro cammini non era poi
tanto diversa dal sinistro legame di baci voraci che,
avvinghiandoli
in crudeli catene, li aveva costretti in ginocchio.
31 – Erba
Al sorgere del sole, l’erba bagnata avvolgeva i loro corpi,
annodandosi
alle dita di Hakkai, scivolando sotto la schiena di Gojyo; ed in quel
momento i
due poco badarono alla fresca bellezza del paesaggio che si illuminò
tutt’intorno: infatti, con gli occhi serrati, ingoiando le grida, il
mezzo
demone da parte sua gemeva senza remore,completamente
teso verso
le fameliche fauci che, sopra di lui,
avevano gustato ogni
centimetro del suo corpo eccitato.
32 – Sembianze.
Gojyo aveva notato come nell’oscurità ogni ombra assumesse
sembianze
sinistre e, forse, in quel buio sporco persino Hakkai lasciava
intendere
più facilmente il proprio ipocrita inganno,
concedendo alle
tenebre di giacergli accanto, senza opporre alcuna resistenza a tali
meschine assalitrici.
33 – Nettare.
Quando Hakkai, trattenendo ancora tra le labbra il piacere di
Gojyo, baciò
il mezzo demone, il meticcio sorrise a tanto osare, succhiando
via
avidamente quel perverso nettare —
ambrosia preziosa — che
aveva il sapore di entrambi.
34 – Rossore.
Gojyo non aveva mai visto il viso di Hakkai tingersi del
rossore dovuto
all’ubriachezza; e l’incredibile resistenza del compagno all’alcool un
po’ —
parecchio, in verità — lo
irritava: infatti, cedendo a quello
stato di vacua coscienza, il mezzo demone desiderava solo strappar via
a morsi il meschino sorriso
del compagno
che, fottuto ipocrita, lo fissava
sorseggiando del saké in
tutta tranquillità…
«Ahah, hai esagerato un po’, non è vero?».
35 – Possesso.
Possedere e quindi troneggiare con costanza sul
proprio
compagno non era ritenuto assolutamente ammissibile né per Hakkai né
tanto meno
per Gojyo; ma dominarsi per una
notte, bruciare l’uno
sull’altro e venire abbattuti dal bestiale prevalere
dei sensi era
tutto ciò di cui i due avevano bisogno per avvertire quelle loro povere
anime
scalpitare smaniose.
36 – Crepuscolo.
Calando il crepuscolo, Gojyo ed Hakkai si avvicinarono un po’
più l’uno
all’altro, giusto per saggiare fin dove quel
reciproco desiderio
carnale si fosse spinto a violarli, penetrando con i
suoi perversi tormenti i loro animi traboccanti di
libidine.
37 – Fautore.
A favorire la relativa calma nella convivenza tra
Gojyo ed Hakkai era
il reciproco rispetto che i due nutrivano nei confronti delle crudeli
ombre che
talvolta si posavano ancora sui loro cuori, mordendoli e divorandoli
senza
pietà alcuna: sì, non avevano bisogno di chiedersi nulla al riguardo;
la
trovavano un’azione indelicata e, semplicemente, per
tornare a
guardarsi negli occhi con serenità attendevano solo
di poter stare
meglio.
38 – Sfrontatezza.
Hakkai avvertì i denti di Gojyo
mordergli audaci il collo e la
lingua del coinquilino risalire fino a sfiorargli il dispositivo di
controllo
sul lobo; però, a colmare quella breve distanza che li separava ci
fu solo l’odore dell’alcool — già,
quella sfrontatezza
era semplicemente dovuta a qualche birra di troppo —,
ed allora il
giovane, sorridendo appena e scansando il mezzo demone con un gesto
fulmineo
della mano, parlò al limite della sottile, seppur mirabile,
pazienza di
cui credevano disponesse:
«Sei ubriaco fradicio».
39 – Fato.
Gojyo si interrogava spesso circa la sadica natura del fato
che, divertito, continuava a legare, o meglio a cucire,
sempre con
maggiore forza la sua anima a quella di Hakkai, tanto da riuscire a
rattoppare
maldestramente gli spiriti di entrambi in
quei troppi punti lacerati
e feriti.
40 – Labbra.
Ad ogni bacio, Hakkai riusciva a
distinguere abilmente i diversi sapori
che si erano posati sulla bocca del compagno: al primo assaggio gustava
la
nicotina che, sfumando nel dolce aroma del caffè, ben si sposava con la
corposa
traccia dell’alcool; poi, nel punto che più adorava, lo youkai
percepiva
un’essenza sempre nuova, appartenente
senz’ombra di dubbio
all’ultima donna che il caro mezzo demone s’era concesso per quel
giorno… oh,
sì, erano proprio le labbra di una puttana, quelle
di Gojyo.
41 – Pensiero.
Quando il mezzo demone gli porse quel piccolo
ed inaspettato oggetto che luccicò allegro sotto i
raggi del sole, un
unico pensiero gli baluginò in testa: “parassita”…
«Gojyo, sei davvero sicuro di volermi dare la chiave di casa
tua..?»
«Potrei esserlo, se tu iniziassi a chiamarla
casa nostra».
42 – Ritorno.
Hakkai, rimanendo di tanto in tanto sveglio nella totale
oscurità della
propria camera, sapeva che Gojyo, quando rientrava
da solo a notte
fonda o alle prime luci dell’alba, sostava sempre al
di là della sua
porta chiusa: il mezzo demone si accomodava contro l’uscio e, fumando
una
sigaretta, annegava in una vaga tristezza che gli mozzava il respiro…
«E se un giorno, tornando, non ti trovassi?»
Ed ogni volta non riusciva mai, mai ad
udire la risposta
che gli veniva data con mirabile fermezza dal compagno che, dall’altra
parte,
si sedeva sul pavimento a sua volta:
«Probabilmente, accadrà solo perché sarò uscito a cercarti».
43 – Ferita.
Quando era ormai trascorso diverso tempo dall’inizio della
convivenza con
Hakkai, Gojyo decise di bruciare le lenzuola una
volta imbevute del
sangue del giovane, provando — senza riuscirci granché bene
— a
cancellare le testimonianze di una sofferenza andata
decisamente
oltre la ferita allora cicatrizzata, in quanto aveva stretto in
pugno, fino a farla esplodere,
un’anima affogata nella vendetta.
44 – Confine.
Non era corretto dire che si amassero, in quanto tale
contesto avrebbe
posto dei limiti a quello che in parte era un rapporto
decisamente distruttivo; quindi no,
un sentimento tanto
dolce non era riuscito ad instaurarsi sul confine dei loro cuori, a
differenza,
invece, dell’insopportabile bisogno che avevano l’uno
di curarsi —
meglio se segretamente — dell’altro.
45 – Furore.
“Mi dispiace crearti tutti questi problemi…”
Oh, nella sua disperata furia,
Gojyo ripensò a quelle
parole, ritenendole pregne di un’ironia
decisamente crudele: lì,
sotto una disgustosa pioggia scrosciante
che odorava di
sangue, il mezzo demone premette ancora ed ancora sul torace di Hakkai
riverso
al suolo privo di sensi, quasi prendendolo a pugni, quasi a voler
trasmettere
un cieco furore, un’odiata impotenza alle immobili
membra dello
youkai; e quando, infine, vide quegli occhi aprirsi e
brillare di un
verde artificiale e di un oro bestiale, si sentì improvvisamente
sfinito e
svuotato d’ogni singola sensazione — nonostante
sul fondo del suo
cuore continuassero a marcire una vaga frustrazione ed un senso di intollerabile inadeguatezza…
“Ti odio.”
46 – Volto.
Quando, svegliandosi, Hakkai vide per la prima volta il viso
di Gojyo, non
si perse nello studiarne il profilo o nel cercarne i difetti —
si
accorse delle cicatrici del mezzo demone solo qualche tempo dopo —;
ma,
piuttosto, preferì concentrarsi su quei rubini ardenti dei suoi occhi,
nella
cui profondità scorse una scalfittura che ne comprometteva
constantemente
l’inestimabile valore.
47 – Candore.
Il candore del sorriso di Hakkai
era decorato col sangue; ed
attraverso le ombre che si posavano sul viso del compagno, Gojyo era in
grado
di intravedere quegli schizzi cremisi scivolare languidamente lungo le
guancie
del demone che, in un largo ghigno, infine leccava via con gusto la
densa linfa
purpurea.
48 – Vino.
Gojyo non gradiva in particolar modo la corposità del vino,
però l’aroma
dolce affascinava i suoi sensi; quindi, quando gli veniva offerto, il
mezzo
demone non mancava mai di accettarne un bicchiere, accostando a quel
raffinato
alcolico le seducenti labbra di una donna — ritenendo,
infatti, che
sarebbe risultato assolutamente disgustoso se assaporato con l’amara essenza di
Hakkai.
49 – Incisione.
Gojyo baciò la cicatrice sul basso ventre del compagno,
terribile incisione
che deturpava i lineamenti del giovane; e ricercando in quello studio
dove il
coinquilino fosse più sensibile, con la punta delle dita descrisse il
profilo
di tale sfregio, quasi a volerne imprimere il
crudele disegno nella
propria memoria.
50 – Lanterna.
L’oscurità era appena illuminata dalla fiammella tremolante
di una lanterna
ad olio, però in quelle tenebre sfaccettate Gojyo distinse comunque il
viso
stravolto di Hakkai ed udì il suo ansimante respiro: il demone aveva
sognato ancora una volta di perdere il controllo, di
stringere fra le
proprie mani la calda gola del compagno fino ad ammirare il fuoco di
quegli
occhi profondi estinguersi e goderne — oh sì, farlo
in preda ad
un’estasi quasi sessuale…
«Potrei ucciderti… se il mio ego venisse sopraffatto, un giorno tu
potresti
morire per mano mia.»
«Bhé, semmai dovesse accadere, assicurati almeno di seppellirmi mentre
ho
ancora il tuo sapore sulle labbra.».
*Owari*