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Autore: Lely1441    09/01/2012    10 recensioni
«Io ho capito, Autrice, ma-»
«Vostra Eccellenza, Moore», lo interruppe l’altra. Il ragazzino la fissò perplesso, e lei aggiunse, con un piccolo sospiro: «per voi comuni esseri mortali è Vostra Eccellenza. Maestra, Illuminatrice di Vite, Vossignoria… Come volete, ma non osate chiamarmi Autrice. Mai», e socchiuse gli occhi, con aria sognante: «dopotutto, io seguivo Harry Potter da ancor prima che voi nasceste, e ho iniziato a scrivervi sopra quando ancora stavate prendendo il latte da vostra madre. Un po’ di rispetto, grazie». I ragazzini si scambiarono uno sguardo eloquente, ma decisero di soprassedere.
[...] «Seguitemi, vi mostrerò una cosa».
Iniziò a salire velocemente le scale, «e, Witter, fammi un piacere… Evita di incastrarti ancora in qualche gradino, sarebbe la terza volta, oggi».

Ennesima parodia su mirabolanti Autrici, personaggi bistrattati e ignari Fanwriters. Enjoy!
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa sciocchezza è dedicata alle polle che mi sopportano (quindi alla zia, a Rowi, ad Ale, a Vane, a Rob) come regalo di Natale molto, molto in ritardo; e alle mie due Eleonore, perché l’avevo promesso e perché mi fanno sempre da supporto.
Love ya all!
 
 
C’era una volta, un’Autrice che…
 
 
Hogwarts, 13 agosto 2011
 
«Ecco, vedete», stava intanto illustrando l’Autrice con tono accademico, seguita da un codazzo di Lettori e Aspiranti FanWriters. «Questa è la realtà di Hogwarts. Questi sono gli studenti», e indicò con aria annoiata un gruppo di undicenni impegnati a studiare con aria disperata enormi volumi rilegati in pelle, «quelli gli insegnanti», e salutò con un cenno del capo la professoressa Sprite, che ricambiò stranamente entusiasta, «e questa è la struttura», concluse, fermandosi nel bel mezzo di una scalinata mobile. Perché sì, ad Hogwarts le scale si possono muovere.
«Io ho capito, Autrice, ma-»
«Vostra Eccellenza, Moore», lo interruppe l’altra. Il ragazzino la fissò perplesso, e lei aggiunse, con un piccolo sospiro: «per voi comuni esseri mortali è Vostra Eccellenza. Maestra, Illuminatrice di Vite, Vossignoria… Come volete, ma non osate chiamarmi Autrice. Mai», e socchiuse gli occhi, con aria sognante: «dopotutto, io seguivo Harry Potter da ancor prima che voi nasceste, e ho iniziato a scrivervi sopra quando ancora stavate prendendo il latte da vostra madre. Un po’ di rispetto, grazie». I ragazzini si scambiarono uno sguardo eloquente, ma decisero di soprassedere.
«Ehr… Vostra Eccellenza», e il disgusto di Moore sulle parole fu evidente, «volevo chiederle… Dov’è che sbagliamo? A me sembra che le cose che leggiamo siano esattamente quelle che stiamo vedendo».
«Sbagliato. Voi credete di vedere, ma vi limitate a guardare e a registrare le informazioni che volete, mettendo il paraocchi a tutto il resto. Seguitemi, vi mostrerò una cosa».
Iniziò a salire velocemente le scale, «e, Witter, fammi un piacere… Evita di incastrarti ancora in qualche gradino, sarebbe la terza volta, oggi».
La ragazzina arrossì furiosamente e cercò di fare bene attenzione a dove metteva i piedi. L’Autrice si diresse verso uno dei corridoi del secondo piano, mentre i novellini erano costretti praticamente a correre per riuscire a starle dietro. Finalmente, notò qualcosa che la fece ghignare in modo perfido. «Cosa vedete laggiù?»
Il codazzo avvistò alcune persone, poco più distanti. «Tom… Tom Felton!», strillò Fisher, iniziando a saltellare sul posto insieme alla propria migliore amica. «Oddio, oddio… La prego, posso andare da lui a-»
«No. Quello non è Tom Felton», rispose risoluta l’Autrice. «Quello è Draco Malfoy. E vi posso assicurare che è tutto tranne che figo».
Oh, quanto disprezzo espresso in una sola parola! Ma l’Autrice aveva ragione: osservando meglio, si poteva vedere un ragazzo biondo, dall’aria decisamente malaticcia e schifata, insieme a due di quei classici scimmioni cerebrolesi che eviteremmo come la peste, casomai ci ritrovassimo loro accanto. I migliori amici di Draco Malfoy, ovvero Tiger e Goyle.
Non Zabini e Nott.
«Mezzosangue, se questo è uno scherzo ti giuro che te la farò pagare cara», stava intanto dicendo il tenero Serpeverde, indicando il penzolante rametto di vischio sopra le loro teste, ad Hermione Granger, la secchiona della scuola, che tornava dalla Biblioteca con un cumulo di libri presi in prestito.
«E cosa pensi di fare, andare da paparino a piangere per il grave affronto subito?»
Il ragazzo prese un accenno di colore sulle guance. «Te ne farò pentire amaramente», continuò, testardo. Hermione rise, sprezzante. «Malfoy, l’unica cosa che potrei temere da te sarebbe che tu diventassi intelligente».
Persino Tiger e Goyle capirono che quello era un affronto bello e buono. «Devo darle una ripassatina?», domandò quest’ultimo, facendosi avanti con un pugno che andava a sbattere, minacciosamente e ritmicamente, sul palmo aperto della mano. La ragazza lo guardò come se una montagna di sterco di Ippogrifo le fosse improvvisamente piovuta davanti al naso. «Devi solo provarci, e ti farò rimpiangere l’assenza di una parte importante del tuo corpo. E non parlo del cervello».
«Ma cosa sta succedendo? Perché non si saltano addosso?», mormorò perplessa Fisher. L’Autrice le regalò un’occhiata di compassione allo stato puro.
«Perché se io odio una persona, la odio. A meno che tu non dia un ottimo back-ground ai personaggi, motivando il loro smettere di odiarsi, le cose andranno esattamente così», ed indicò i due alquanto schifati soggetti allontanarsi in fretta e furia da quel vischio maledetto. «Anzi», soggiunse, pensierosa: «mi aspettavo che Malfoy reagisse come l’ultima volta… È scappato via urlando “Aiuto, mammina! Una mezzosangue sta cercando di stuprarmi!”» Ridacchiò da sola, prima di riprendere. «Vi farò vedere cosa farebbero alcuni personaggi se capitassero nelle situazioni che vi divertite a proclamare come realistiche».
Il tono pregno di spregio non prometteva nulla di buono, e la marmaglia si scambiò un’occhiata preoccupata. Cosa avrebbe combinato l’Autrice?
 
Draco x Ginny; e alla fine arriva Ron; il triangolo no.
«Malfoy, tutto ciò è assurdo. Io non piangerei mai per te», proruppe Ginny, alquanto infastidita dai numerosi lacrimoni che le scorrevano giù dal mento. Il ragazzo si limitò a guardarla con aria nauseata, mentre lei si soffiava rumorosamente il naso.
«Weasley, io non prenderei neppure in considerazione l’idea di rimanere da solo nella stessa stanza con uno della tua famiglia, figurati con un lavandino umano».
Dio, che schifo. Ma il muco dei traditori del proprio sangue era mica infettivo? Doveva uscire da quella situazione, e subito. Chissà se il padre l’avrebbe diseredato, una volta venutone a conoscenza… Decise di non rischiare.
«Malfoy, a quanto pare noi siamo i nuovi Romeo e Giulietta della situazione…»
Romeo e Giulietta? E chi erano? Li stava paragonando a degli elfi domestici, per caso?
«… E quindi dovremmo lottare per difendere l’amore sbocciato tra due famiglie che si fanno la guerra da innumerevoli generazioni… Accidenti Malfoy, renditi utile: dammi quella maledetta sciarpa».
Draco rimase basito a fissare quella che chiamava con disprezzo la “femmina Weasley” sequestrare la sua amata sciarpa e usarla come fazzoletto con un rumore molto simile a quello di un terremoto in atto.
«Vorrai scherzare, spero. Preferirei affrontare disarmato uno Schiopodo Sparacoda che unirmi a qualche tuo parente!»
Una voce si levò lontana:
«Neanche se quel qualcuno fosse Ron?»
Un brivido percorse la schiena di Draco, mentre il penultimo della nidiata Weasley faceva la sua apparizione tra due ali plaudenti di folla.
«Ohhhhhhhhh, lui sì che può essere il mio re quando vuole!», disse una ragazza bene in carne, con una profonda voce da uomo.
L’Autrice fece segno al ragazzo di avvicinarsi e di rimanere in posa davanti a lei. Draco aveva l’aria disgustata, Ginny perplessa, soprattutto quando la Somma estrasse dal nulla una lunga canna di bambù e la utilizzò per indicare le varie parti del corpo del “rosso”.
«Come potrete notare, i vestiti di seconda mano qui sono resi magnificamente trascurati, casual. I morbidi capelli rossi, rossi come il sangue che scorre nelle sue vene, il sorriso bianchissimo e perfetto, gli addominali scolpiti dai lunghi allenamenti di Quidditch, il barlume d’intelligenza negli occhi, l’aria matura e affascinante… Questo non è Ron Weasley, questo è Principe Giglio che ha scambiato la Foresta Proibita per il Fantabosco e ogni tanto si diverte a fare il plebeo lontano da casa. Vai, caro, vai, continua il tuo giro».
Il ragazzo fece un inchino regale e disse: «Rimango sempre ai vostri ordini, mio splendido raggio di sole, mia dama argentata, mia-»
«Fuori dalle palle!», ululò la Magnifica, che odiava Principe Giglio e Principessa Odessa sin dalla sua più tenera infanzia. «Fuori tutti, anche voi!», urlò al codazzo di fan in visibilio. Quando la grande folla si fu sfoltita, Ginny fece un’osservazione.
«Mi era sembrato un po’ troppo figo ultimamente…»
Ma l’Autrice si era voltata verso i ragazzini, brandendo il lungo bastone con aria battagliera. I poveri allievi si misero immediatamente sull’attenti e non osarono fiatare, ivi inclusi il prode Malfoy e la tenera Ginny.
«Ron è uno sfigato. Lo dico con tutto l’affetto del mondo, ma non saprebbe neanche allacciarsi le scarpe da solo se sua madre non gliele avesse incantate da piccolo», e qui Ginny annuì, consapevole. «Ora, non so che razza di allenamenti possa dare il Quidditch, ma ho l’idea che stare per ore con le chiappe serrate intorno ad un manico di scopa ti faccia venire un culo da favola (e qui le fan dello Slash si persero in poco casti pensieri) ma quanto al resto…»
Improvvisamente si udì uno strano rumore, come di singhiozzi a stento trattenuti, e l’Autrice corrucciò lo sguardo verso un arazzo sussultante.
«Perché, mio unico amore? Perché hai preferito lui a me? Cos’aveva più di me? Niente, niente!»
«Ehm, è forse il vero Ron, colpito nell’orgoglio da una Dramione?», domandò con tono timido Joyce, un ragazzo tutto pelle e ossa. L’Autrice scosse il capo e fece loro segno di proseguire.
«No, il vero Ron è nelle cucine a strafogarsi di cibo, come sempre… Ormai è abituato a certe situazioni, ha persino fondato il Club dei Cornuti, sotto la supervisione di James Potter».
«E allora chi…?»
L’Autrice fece di nuovo una sosta e li fissò con aria rammaricata.
«Povero Sev, ormai è stato reso una mammoletta priva d’orgoglio da così tante fanfic che ha subito un crollo nervoso e ora soffre di crisi di personalità. Ogni tanto cerca di uccidere ancora Silente, altre va in giro per Malfoy Manor con solo un boa viola sulle spalle, agitando dei ventagli di piume improvvisati, fabbricati con le povere code dei pavoni bianchi di Lucius, dedicando proprio a lui strofe alla “NO! Morire qui non è da me, morire va bene, ma non per te! Ti lascerò alla tua follia di crederti bella, di crederti mia! Non è finita, lo sento!”»
Draco ebbe un singulto, non si capiva se fosse un accenno di pianto o di riso, ma recuperò in fretta la sua solita aria superiore. La Somma lo fissò per qualche istante, prima di continuare:
«La povera Narcissa ha avuto qualche crisi isterica - sapete, ha visto il suo devoto maritino finire nel letto di chiunque, nelle fic, ma subire anche quest’affronto… - mentre Lucius si è asserragliato dentro al Maniero cercando recuperare i pavoni traumatizzati rimasti, la luce dei suoi occhi. Lord Voldemort si è divertito a seccare diverse volte Piton, ma tanto ogni volta resuscita… Alla fine ha rinunciato e si gode lo spettacolo quando capita».
«Che storia tristissima!», pigolò Witter, con le lacrime agli occhi. «Che uomo sfortunato!»
«Ad ognuno la sua croce», replicò con aria saccente l’Autrice. «Facciamoci un giro nei Sotterranei, tanto che parliamo di Serpeverde!»
«Oh, no…», mormorò Draco, allarmato. «Posso andarmene, vero?»
La Somma lo fissò con aria divertita.
«Per chi mi hai presa, Malfoy? Per Allock? Avanti, in fila insieme agli altri. E se provi a minacciarmi di nuovo con la storia di tuo padre finisce come l’ultima volta».
A Draco tanto bastò.
 
Pansy Parkinson e l’Armadio delle Vergogne
«Ma come, per lei niente pairing, Maestra?», domandò Moore, lo sguardo posato su una ragazzina smilza e dall’aria incarognita seduta in un angolo a studiare.
«Uhm, per Pansy, dici? Povera, le lascio una mezz’oretta libera per poter rimettersi al passo con Trasfigurazione, dato che ogni tre per due me la rapiscono per farla scopare con ogni essere - animato o meno - dentro e fuori Hogwarts».
Fisher si fece di fuoco e l’Autrice la guardò con aria di superiorità.
«Per favore, Fisher, non far finta di essere sconvolta dalle mie parole perché minorenne; so benissimo cosa diamine hai scritto solo due settimane fa, quindi non prendiamoci in giro».
La Somma si ravvivò i capelli con un gesto teatrale, prima di continuare:
«Parlavamo di Pansy: quella povera creatura non ha più tempo libero. La sua agenda personale trabocca di appuntamenti, festini a luci rosse, incursioni da Morgana’s Secret… E non parliamo del suo aspetto! Ora, come per tutti gli altri personaggi, ricordiamo che nel libro si parla di un volto simile al muso di un carlino. Presente il carlino? Il cane che appare in Pocahontas, bravissimo Joyce! Qui invece dev’essere una… Per le mutande di Merlino, come potremmo definire Pansy?»
Ginny fissò Pansy con astio e sibilò un ben udibile: «Una zoccola».
La Serpeverde l’udì e alzò lo sguardo sperando di incenerire così la più piccola dei Weasley, ma non fiatò perché stava cercando di recuperare mesi di compiti non fatti. Quella strega della McGranitt era del tutto immune alle suppliche delle ragazze: «Se la signorina Granger riesce comunque a tenersi al passo, non vedo cos’avreste voi di diverso».
«Perfetto, Ginny! Facciamo il riassunto della situazione: Pansy Parkinson è una zoccola, una stronza, ma una stronza con un cuore. Una stronza che se la spassa con chiunque, ma nel cuore rimane fedele al suo primo, unico e vero amore, Draco Malfoy. Uno spirito gentile ed incompreso, che si finge forte per nascondere le carenze affettive lasciate dall’assenza dei suoi genitori. Questo è, ragazze, perché vedete troppo Gossip Girl».
Fisher si voltò irata: «Ma Blair non è una zoccola! Lei fa così perché-»
«Sentite, lo so che stronza fa figo. Lo so. Il problema è che, nella realtà, se ti trovi davanti una tipa del genere la strozzi, non cerchi di psicanalizzarla. Anche perché, fidatevi di chi ha più esperienza di voi, chi fa lo stronzo di solito è stronzo e basta. O, perlomeno, non merita la metà delle giustificazioni che vorreste attribuirgli».
Un rumore sordo interruppe il lungo e noioso sermone dell’Autrice.
«Cos’è?», chiese Witter, terrorizzata. Draco trasalì e tentò di nascondersi dietro alla Weasley, che lo fissò disgustata e si scostò da lui.
«E’ l’Armadio delle Vergogne dei Serpeverde. Millicent Bulstrode è un’ospite onoraria, Tiger e Goyle ci passano diverso tempo e anche Flitt non ci marcia male… E’ l’Armadio dove vengono nascosti gli elementi imbarazzanti dei Serpeverde. Quelli troppo poco estetici, per intenderci, che non possono rientrare nella categoria “Serpe-algida-e-bellissima”».
«Ma Flitt è un figo!», ribatté Fisher, che si stava dimostrando quella con i gusti peggiori di tutto il gruppo.
«No. Flitt è così brutto che ci spavento mia cugina di quindici anni, quando mi rompe l’anima. Lo estraggo dall’Armadio et voilà! Cugina sull’orlo del pianto, effetto assicurato. Non dimentichiamoci che Harry pensava che in lui scorresse sangue di mostro… Mica era per tanto per dire».
«Ok, ma…»
«Niente ma. La parola della Somma non si discute».
I ragazzini si scambiarono un’altra occhiata eloquente, ma preferirono non discutere. Avevano ormai compreso che con Lei era tutto inutile, come parlare contro un muro di gomma.
Fecero un ultimo giro per Sala Comune dotata di deumidificatori - ogni tanto qualcosa di buono lo facevano, quelle dannate fanfic! - godendosi gli sguardi lascivi e lussuriosi degli studenti.
«Merlino, ogni tanto dimentico quanto siano diventati ninfomani questi ragazzi», brontolò l’Autrice, strattonando via Witter e Fisher e dando una bacchettata sulle mani di Zabini, elegantemente posate sia sul proprio didietro che su quello di Ginny. «Disgustoso, roba che neanche al passaggio delle ragazze di Beauxbatons…»
Il suo imprecare venne interrotto subito dopo l’uscita dalla Sala Comune, quando Joyce notò una porta dai colori psichedelici brillare di luce propria e pulsante nella penombra del corridoio.
«Maestra, e quella cos’è?»
L’Autrice quasi strillò nel vederla, e Draco e Ginny sfoderarono immediatamente le loro bacchette. «Per tutti i calderoni! Si sono spostati ancora! Malfoy, Ginny, in formazione! Mi raccomando, voialtri, non guardate da questa parte per nessun motivo, o ne verrete contagiati!»
I tre indossarono immediatamente degli occhiali da sole - anche questi comparsi dal nulla - e l’Autrice si fece avanti, con il lungo bastone alla mano e uno strano aggeggio nell’altra.
«Ok, al solito. Io apro la porta e agisco, voi due pensate a Schiantare gli eventuali fuggitivi». Ginny e Malfoy annuirono, uniti per la prima volta contro un comune e temibile nemico. «Allora, al mio via!»
L’Autrice spalancò la porta e mise in azione l’aggeggio, tanto che per un attimo il corridoio s’illuminò di un’intensa luce bianca. Ginny eseguì un paio di fatture su un paio di esseri non meglio identificati e poi li fece Levitare all’interno della stanza, mentre Malfoy ne Cruciava un altro. De gustibus…
«Perfetto», esclamò la Somma, chiudendo la porta, ora tornata normale, e togliendosi di dosso gli occhiali insieme agli altri. «Mi chiedo proprio come riuscire a debellarli del tutto, sparaflasharli non basta più…»
«Ma chi?», chiese Moore, perplesso.
«Mary-Sue e Gary-Stu», annunciò la Maestra, con tono funereo. «Ogni volta penso di essermene liberata per sempre, ma continuano a spuntare come funghi… Fisher!», strillò, correndo da lei e scuotendola per un braccio. «Stupida, stupida ragazzina! Gliel’avevo detto di non guardare! Ginny!»
La ragazza obbedì prontamente e sussurrò un incantesimo a mezza voce. Fisher perse immediatamente l’aria svagata e assente che aveva assunto, e anche quell’assurda ciocca nera tendente al viola tendente al blu notte tendente all’argento che le era spuntata.
«Comincio a diventare troppo vecchia per prendermi certi spaventi», sospirò con aria afflitta l’Autrice, portandosi una mano al cuore. «D’altronde, se non ci fossimo noi Somme, Hogwarts andrebbe allo scatafascio. Silente ballerebbe nudo sopra i tavoli insieme a Piton, la Stanza delle Necessità servirebbe a tutto tranne che a delle reali necessità, come scappare da Mastro Gazza, gli studenti andrebbero in giro con mp3 e telefonini e si collegherebbero a Facebook… Non riesco nemmeno a pensarci».
Risalirono le scale e passarono per la Sala Grande, dove l’Autrice si beò dell’ovazione levatasi al suo passaggio. Interi branchi di Tassorosso andarono a stringerle la mano, i Corvonero cominciarono a declamare poesie in suo onore, persino Gazza si avvicinò con passo claudicante per ringraziarla di mantenere l’ordine tra quei debosciati. Il tavolo dei professori si sollevò contemporaneamente e applaudì insieme ai propri studenti (l’unico assente era Piton, rintanato in chissà quale angolo buio e umido), i Grifondoro fecero ruggire le proprie bacchette in splendide scintille rosse e dorate, persino i Serpeverde dimostrarono il loro apprezzamento (anche perché probabilmente, in caso contrario, l’Autrice li avrebbe lasciati in pasto a Fanwriters prive di scrupoli, e loro non erano affatto stupidi).
«Per oggi la lezione finisce qui, domani ci occuperemo dei luoghi magici e non», si accomiatò la Somma, dirigendosi verso Silente, che l’accolse come se fosse la figlia che non aveva mai avuto. Dall’alto del suo scranno dorato, l’Autrice fece loro cenno che potevano unirsi alle tavolate e servirsi a volontà del cibo che apparve proprio in quel momento sugli enormi vassoi dorati e sui piatti di ognuno. «Godetevi la cena, ragazzi».
Tutti cominciarono a mangiare, e i ragazzini si fecero posto sulla tavolata dei Tassorosso, quella più vicino a loro.
«Ma non vi sembra di esserci dimenticati qualcuno di importante, oggi?», domandò Fisher, con aria perplessa.
Moore fece spallucce, servendosi abbondantemente di pasticcio di rognone.
«Boh, anche se fosse? Mangiamo, dai, che quella domattina vuole farci alzare all’alba per farci godere della vista della Piovra del Lago appena sveglia…»
Fisher fece spallucce e cominciò a riempirsi il piatto. Dopotutto, si trattava sicuramente di qualcuno di insignificante e poco apprezzato.
 
The end
 
O forse no?
 
Una figura si materializzò sull’ultimo gradino di Grimmauld Place, entrando in punta di piedi per non far svegliare la dolcissima signora Black, che l’avrebbe accolto con i soliti graziosi ed affettuosi epiteti.
«Sirius, sei in casa?», bisbigliò, dirigendosi verso la grande cucina.
«Parola d’ordine!», urlarono quattro voci diverse, nel buio. La figura alzò le braccia verso l’alto, la bacchetta bene in vista, proclamando: «A morte le fanfic!»
La luce apparve nella stanza, illuminando il profilo di tre uomini, un ragazzo e una donna.
«Oh, Harry, finalmente! Ci stavamo preoccupando», disse Sirius, facendo il giro del tavolo e abbracciando il figlioccio. Lui ricambiò la stretta e poi strinse anche Remus e i suoi genitori.
«Tonks dov’è?», chiese, notando un’assenza.
«Non ce l’ha fatta stavolta. Ma si trattava solo di poche righe, dovrebbe tornare a breve».
Harry annuì, accasciandosi su una sedia e afferrando una Burrobirra rimasta sul tavolo.
«Questa tortura non avrà mai fine… Quasi preferivo il periodo in cui dovevo sconfiggere Voldemort, la loro crudeltà non è minimamente paragonabile! Per fortuna oggi le Autrici mi hanno lasciato perdere… Cominciano a stancarsi del protagonista, sono passato inosservato».
«Beato te…», sospirarono i tre Malandrini (Peter faceva piccole e alquanto inutili comparsate, poteva godersi la vita, lui!).
«Coraggio, fra poco scemerà l’ondata di commozione dovuta all’uscita dell’ultimo film, e torneremo ad avere ritmi più normali, tesoro».
«Speriamo…»
 
Ma nessuno di loro aveva messo in conto l’apertura di Pottermore.
 
 
 
 
Comunicazioni di servizio: Nessun Draco Malfoy è stato maltrattato durante la stesura di questa fanfic.
Come avete notato benissimo, si tratta di una parodia non solo delle fic scritte con poco riguardo al mondo originario di Harry Potter, ma anche delle fan più accanite della zia Row. Avanti, un po’ Autrici dentro lo siamo tutte… Ammetto di aver tranquillamente preso in giro anche me stessa!
Il testo è farcito di citazioni di HP e la canzone che canta Piton è di Renato Zero (ma va’?) e si intitola Morire qui.
Ogni riferimento a cose e/o persone è puramente casuale.
   
 
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