Web of Lies
Dear PX, I feel
you are the one
What’s your
name? Where are you from?
I’m in love,
though we never met!
Looking for clues, I search the net.
Le
giornate di Gennaio trascorsero molto velocemente,
quell’anno, per Alessio.
Dopo il ritorno dalle vacanze di Natale, si era rinchiuso nello studio
per i
suoi esami di quel semestre. Questo suo atteggiamento,
benché tendenzialmente
normale, aveva in realtà radici strane. Infatti, i suoi
rapporti con il suo
migliore amico Massimo, tale ormai da anni, si stavano concretamente
raffreddando e degeneravano, senza riuscire a capire il
perché: sembrava quasi
che la situazione fosse cambiata e lui fosse rinchiuso in una solida
bolla, che
lo isolava dallo splendido mondo intorno. A contribuire alla situazione
era
stato anche Simone, che, per altrettanto ignoti motivi, aveva deciso di
ignorarlo completamente dopo la sua partenza per Modena. Non rispondeva
ai
messaggi, né alle chiamate. In più vi era la
questione meteorologica: Alessio
non riusciva ad abituarsi al freddo, e al cielo coperto, per cui la sua
voglia
di uscire e riscattarsi era drasticamente calata. Tanto più
che i suoi colleghi
di università non sembravano essere interessati
particolarmente a uscire,
soprattutto a causa dello stress da esami, che si ripercuoteva a
tappeto su
tutti loro. Gli unici due ad aver notato la stranezza del ragazzo, a
parte la
madre, Eva, che lo ammoniva dal suo comportamento scostante, erano
Adolfo e Antonio,
il vicino di casa di Alessio. Il primo, però, non riusciva a
essere incisivo, perché
solo questa dote avrebbe potuto scuotere il ragazzo dal suo torpore,
mentre al
secondo Alessio si rifiutava fermamente di raccontare, soprattutto
considerando
che Antonio era amico di entrambi, per cui gli avrebbe sobbarcato solo
troppi
problemi interni, di cui lui si era sicuramente accorto, e anzi,
cercava di
capirci di più.
Fu
così che trovò una sorta di palliativo nel web.
Era stato talmente deluso dal mondo circostante e si sentiva talmente
tanto
abbandonato da esso che gli era stato impossibile cercare nuovi
contatti in
giro per la città, per qualche pub o locale vario. Non era
però depresso: in
fondo, se Antonio o Adolfo cercavano di portarlo in giro lui usciva,
quasi,
volentieri. Sapeva anche che quello che gli interessava veramente non
era
Simone, che, per lui, era stato dell’ottimo, senza dubbio,
sesso, ma poco più,
ma più che altro voleva ricucire i rapporti con Massimo,
scontrandosi però ripetutamente
con un muro di gomma: non faceva male, fisicamente, ma lo respingeva.
S’iscrisse
così in una chat, ma decise, per una
volta, di creare un profilo fake. Non aveva la benché minima
intenzione di
mostrarsi di nuovo per com’era, voleva nascondersi, per poter
riprendere prima
un po’ di fiducia in se stesso. Distruggere il rapporto col
tizio con cui esci
e con il tuo migliore amico può fare assai male, soprattutto
se nello stesso
momento. In realtà non voleva cercare un ragazzo, almeno non
momentaneamente,
ma solo trovare qualcuno con cui sfogarsi. Kylie Minogue cantava,
diciassette
anni prima: Should I offer some
assistance? Should it matter who you are?
Il
nuovo profilo di Alessio era una pagina da
ragazza: aveva, infatti, usato, sotto sua autorizzazione, per quanto
non fosse
molto soddisfatta, le foto della sua cara amica Violetta, in modo che
fosse
difficile, lì a Roma, che qualcuno avrebbe scoperto che era
un falso. Scelse il
nome di Miriam, perché era uno dei pochi nomi che gli veniva
in mente che non
finiva con una vocale, ma con una consonante, per di più la
M di maschio! Tanto
più che il significato era “amata,
cara”. Era la maschera dietro alla quale
cercava amore, affetto, comprensione, pace. Nel giro di tre giorni,
conobbe un
ragazzo, bisessuale, di nome Federico, che già da questo
prospettava proprio
ciò che Alessio andava cercando: il nome, infatti, voleva
dire, trasposto in
italiano corrente, portatore di pace. Alessio la agognava, credeva che
mediante
la pace sarebbe riuscito a ricostruire la sua autostima e i rapporti
che gli
interessava intrattenere. Era l’autostima a essere
bruscamente mancata, e s’illudeva
che fosse la pace a poter lenire il suo dolore.
Alessio
non seppe mai dire se il rapporto con
Federico stesse crescendo per merito della pace che stesse portando o
se fosse
stato per un’incredibile comunanza d’interessi.
Aveva cercato, all’inizio, di
crearsi anche un’identità fittizia, con interessi
diversi dai suoi, ma la fiducia
che gli stava ispirando quel ragazzo era inenarrabile. Stava, in
maniera assai blanda
ma inesorabile, iniziando ad abbassare le difese e ad aprirsi. In
fondo, non
era quello che stava cercando? Stava cercando fiducia in qualcuno, era
alla
ricerca di un riscatto, un nuovo punto di partenza. Non si curava del
fatto che
stesse scrivendo da un contatto falso, che si stesse avvicinando in
maniera non
del tutto sincera. In ogni caso, essendo il ragazzo bisessuale, non ci
sarebbero stati, anche nel caso in cui si fossero incontrati e si
fossero
innamorati l’uno dell’altro, problemi particolari.
Era
già passato un mese dal giorno in cui aveva
conosciuto Federico. Le fredde giornate di Febbraio si susseguivano,
nella
speranza che a breve sarebbe sorto il sole che avrebbe riscaldato la
sua vita.
Si stupiva di se stesso, non capiva come avesse potuto regredire
così alla sua
adolescenza. La doveva finire di appoggiarsi troppo agli altri, doveva
iniziare
a tirare fuori la forza che era dentro di lui. Forse era per quello che
si era
allontanato dal mondo reale, da quello specchietto per le allodole che
lo
faceva sembrare forte. Non si rendeva forse conto, però, che
stava facendo di
peggio, involontariamente allontanava la forza dal genere umano al web,
stava
dimenticando che lui era una persona, ed era forte come tale, per cui
era
meglio che si fidasse delle persone fisiche. Ah, ma chi non ha mai
sbagliato o
peccato d’immaturità nella sua vita! Se tutti
quanti fossero perfetti e la vita
fosse un’oasi felice, nessuno si accorgerebbe veramente di
quello che ha e,
soprattutto, di quello che vale. Sarebbe un monotono trascinarsi di
giornate,
senza il guizzo che faccia dire “caspita, questa è
veramente una giornata
fortunata”. È insita nelle persone umane la
pratica di cercare la perfezione e
di invidiarla, quando è presente negli altri: ma chi ci dice
che questi
famigerati “altri” siano perfetti? E se fossero
semplicemente perfetti dal
nostro punto di vista, mentre dal loro si sentono dei completi falliti?
L’uomo
dimentica di non avere la vista a trecentosessanta gradi, e che ognuno
ha
aspirazioni diverse. Pensa tu, rifletteva Alessio, sorridendo
amaramente, a
cosa accadrebbe se tutte le persone fossero uguali? Saremmo ingranaggi
di una
macchina, che oscillano tra lotta e armonia. Tutte le stesse ambizioni,
tutte
le stesse idee, nessuna via di uscita alternativa.
In
realtà, Alessio, seppur sbagliando, stava
provando un’alternativa: stava creando un rapporto su basi
diverse, e
soprattutto stava creando un rapporto diverso. In realtà,
pensava lui, ogni
rapporto è diverso, se le persone sono diverse, per cui non
stava provando
un’alternativa, ma scegliendo una delle infinite strade a
disposizione. Se poi,
da fatalista qual era, credeva che tutte le strade portassero poi a
Roma…
In
più, per la prima volta, stava vedendo il mondo
con occhi diversi: non era più completamente Alessio, era
Miriam, e nonostante
i punti di contatto fossero moltissimi, erano comunque due persone
diverse. Il
ragazzo osservò la sua stanza: l’aveva arredata
veramente bene. L’armadio
bianco svettava in un angolo, di fronte al letto matrimoniale, che
Alessio non
aveva mai usato per un fidanzato serio, anzi, anche raramente aveva
accolto un
ragazzo nel suo letto, aveva sempre preferito una delle altre due
stanze, o il
divano, o il tavolo. Davanti al letto, un tappeto rosso, su cui il
ragazzo
amava stendersi per studiare, visto che non lo invogliava a dormire, a
differenza della morbidezza del letto. A chiudere la parte notturna, un
piccolo
televisore e una tenda rossa, che aveva aggiunto appositamente lui per
chiudere
la parte notturna a suo piacimento, anche e soprattutto se venivano
amici a
casa sua. Non aveva ancora imparato del tutto ad aprirsi agli altri,
non aveva
ancora spiegato del tutto il suo cuore, anzi, stava rischiando di
seccarsi. Non
valeva la pena di perdere la fiducia in se stessi, non valeva la pena
perdere
la propria visione quasi incantata del mondo. Il cielo plumbeo, senza
dubbio,
non aiutava, tanto da far sbiadire, alla vista, persino il colore
scarlatto
delle tende: tutto si allontanava dal colore, sfumando in un triste
grigio.
Alessio odiava il grigio: la gente solitamente diceva che questo
colore, a
differenza del bianco e del nero, era un vero colore, mentre gli altri
due
erano semplicemente colori neutri. Si sbagliavano di grosso: il grigio
era il
colore dell’apatia, il colore del nulla;
d’altronde, non erano il bianco e il
nero i colori dei due opposti? Il grigio era l’indistinto, la
nebbia, la strada
smarrita. Alessio si obbligò a reagire al grigio, inseguendo
quel dolce ragazzo
che, poco alla volta, stava riuscendo a tirarlo fuori dal grigiore.
Marzo
era il mese del risveglio della natura, e con
essa stava tornando il sole nella vita del ragazzo. Non seppe dire a
chi fosse
dovuto il merito: se ad Antonio ed Adolfo che si erano coalizzati per
portarlo
fuori, creando anche un po’ di amicizia tra loro, oppure se
la presenza di
Federico lo stava iniziando a illuminare nuovamente. Uno di quei
giorni, i tre
ragazzi andarono a correre assieme a Villa Torlonia, divertendosi
parecchio,
almeno riguardo a quanto la corsa potesse farli star bene. Due sere
dopo,
addirittura, uscirono assieme per andare a cantare al famoso karaoke a
San
Lorenzo e diedero spettacolo a loro solito. Questa volta
riuscì anche a bere,
senza il terrore di cadere in depressione o di avere una sbronza
triste. Non
era un ragazzo che beveva quando era particolarmente giù di
morale, poiché non
aveva abbastanza controllo su se stesso per potersi bloccare e non
rovinare la
serata a tutti i presenti. Odiava dover dimostrare che stava male,
preferiva
far finta che andasse tutto bene, bloccato nella sua bolla di
perfezionismo. Il
ragazzo avrebbe capito, con calma, che stava sbagliando, che bisognava
dimostrare chi si era. Non bisognava scaricare tutto sugli altri, ma
non si
doveva nascondere il dolore. Se non ci fosse stato Federico prima, e
Leonardo
e… poi, probabilmente, non lo avrebbe mai capito.
Era
il diciannove di Marzo quando Federico gli
chiese, finalmente, di vedersi. Alessio era terrorizzato
dall’idea: se avesse
acconsentito, il ragazzo avrebbe scoperto che non era veramente una
ragazza, ma
che anzi, era fin troppo maschio.
Se
avesse inventato una scusa, però, avrebbe rischiato di
perdere quel ragazzo per
sempre. Fu allora che spiegò in chiari termini la situazione
alle persone a lui
momentaneamente più vicine: da una parte Adolfo e Antonio,
dall’altra Eva.
Avrebbe potuto anche chiedere a Davide, ma poiché si era
accorto che gli stava
ancora morendo dietro d’amore, evitò: non voleva
mettere il ragazzo
ulteriormente in difficoltà. Capì allora lo
strano, a suo parere, comportamento
di Adolfo, che questi aveva avuto prima della riappacificazione di
Natale: era
difficile soprattutto per chi non provava nulla a gestire un rapporto
con una
persona cui interessi in altro modo. Convenne che doveva sdebitarsi,
tanto che
invitò sia lui sia Antonio a cena, anche per chiedere
consiglio.
I
due amici, quella sera, erano veramente
splendenti. Probabilmente era dovuto al fatto che fosse assai assurdo
che li
avesse invitati a cena a casa, in quel periodo. Adolfo era tutto in
azzurro,
quell’azzurro che faceva risaltare i suoi occhi ulteriormente
e che tanto bene
stava sulla sua carnagione scura: per l’occasione, aveva
anche sfoggiato
l’orecchino che Alessio gli aveva regalato per il compleanno.
Antonio, invece,
si era vestito in maniera relativamente più sobria, di nero
e di bianco. Ecco qual
era l’unione degli opposti, i due colori assieme, non
quell’orribile e smorto
grigio. Dalle occhiate che si lanciavano, Alessio suppose che erano
interessati
un po’ l’uno all’altro, supposizione che
si dimostrò realistica circa un anno
dopo, quella volta che lo andarono a trovare nell’istituto di
riabilitazione.
In ogni caso cucinarono tutti e tre insieme, sembrando quasi una
famiglia più
che tre amici. Era stupito di come quei due ragazzi, così
diversi, avessero potuto
accoglierlo anche in un momento veramente buio per lui. Fu anche per
quello che
gli disse del suo problema col tale Federico.
Aveva
accennato loro, a grandi linee, che si stava
sentendo via chat con un ragazzo, ma non era mai entrato propriamente
nei
dettagli, perché non se la sentiva di raccontare tutta
quella storia, aveva un
po’ di timore di essere giudicato. Gli raccontò
per filo e per segno la storia,
lasciando entrambi basiti. Il primo a riuscire a riprendere
l’uso della parola,
miracolosamente, fu Adolfo.
-
Beh, Ale. – cominciò Adolfo, schiarendosi la voce,
quasi a porre l'accento sull’importanza del suo discorso.
– Tu pensa che non
gli hai detto, del tutto, la verità, ma che comunque vi
siete conosciuti via
internet, come poteva avere la certezza che fossi donna? Che poi, io ti
ho
anche visto in mutande, e non è che sembrassi proprio donna!
-
Cretino! – arrossì il ragazzo, imbarazzato da tale
allusione. Erano proprio tornati amici.
-
Il consiglio che ti do è questo: escici. Potrebbe
essere che anche lui ha degli altarini da nascondere, che ne sai?
Antonio
annuì per tutta la durata del discorso, a
parte, ovviamente, il commento delle mutande, essendo più
occupato a ridere che
a prestare il proprio consenso, ma aggiunse una parte che riteneva
assai importante.
-
Ale, gli dovrai chiedere scusa, sappilo. – disse
il ragazzo, osservandolo negli occhi. Alessio avrebbe voluto staccarsi
da
quella trappola, ma sapeva che con Antonio non l’avrebbe
avuta vinta: se lo
guardava negli occhi, voleva dire che doveva concentrare la completa
attenzione
su di lui. – Ma calcola anche che non devi implorare perdono
o vergognarti,
devi dimostrare di essere dispiaciuto per la bugia, ma solo per quella.
In
fondo, hai messo in gioco te stesso, anche se in una versione
leggermente diversa.
Da quello che ci hai detto, questa Miriam non è
così distante da te. È come se
avessi recitato: gli attori adattano il personaggio a se stessi, se non
provassero quelle emozioni umane, nella loro trasposizione di
personaggio, non
riuscirebbero a dare indietro qualcosa a coloro che li vedono al teatro
o al
cinema. Nella tua Miriam ci sei tu dentro, le tue paure, le tue
emozioni. Poi
tu sei un libro aperto, appena inizi a fidarti, per cui non dubito che
Miriam e
Alessio si assomiglino parecchio. Un ragazzo speciale come te non si
trova
tutti i giorni.
-
Già. – sospirò il ragazzo, in preda ad
un
improvviso attacco di nostalgia. – Peccato che Davide non
riesca a superarlo, e
che Massimo non riesca a capirlo. Mi fa male, sapete? È
difficile non poter star
vicino a una persona cui tieni tantissimo per non farlo star male, e a
un’altra
persona perché non te lo permette.
-
Ale, secondo me tu stai male per Davide perché, in
fondo, provi ancora qualcosa. Stai attento, però, a scindere
l’amore
dall’affetto che provi per lui, potrebbe essere che vi
scoprite ottimi amici. –
rispose Adolfo, annuendo convinto. Non sapeva di essere stato il famoso
Nemo
profeta in patria. – Comunque gli passerà, prima o
poi. Ehi, pensa che è
passata a te la mia cotta per me! – ridacchiò, di
fronte alla faccia allibita
di Antonio.
-
Voi due stavate insieme? – chiese il ragazzo,
sgranando gli occhi. – Non me ne avevi mai parlato!
-
Non stavamo insieme, precisiamo! – disse Alessio,
cercando di mantenere la dignità, per quanto il rossore si
era ormai espanso
sulle sue guance. – Comunque non era ancora avvenuto il fatto
della vecchia
signora Bosoni!
-
Che fatto? – domandò Adolfo, con un fare da
vecchia comare zitella.
-
Non te lo dico ora! – gli fece una linguaccia
l’amico, alzandosi improvvisamente dal tavolo. - E ora,
egregi signori Antonio
e Adolfo, vi dedicherò una canzone al pianoforte.
Sì, lo so suonare, niente
domande inutili!
Alessio
si sedette davanti al pianoforte a coda che
teneva in un angolo della sala, accanto ad una libreria, piena dei suoi
libri
preferiti. Aveva imparato a suonare il piano da piccolo, sotto impulso
della
madre che, appassionata suonatrice, aveva trasmesso la voglia al
figlio. Per le
nozioni di base era stata lei a insegnargli come si suonava, per poi
farsi
aiutare da un insegnante privato, da cui prendeva lezioni lei stessa.
Il
pianoforte era nero, e l’aveva comprato appena trasferitosi
da Modena. Aveva
bisogno di suonarlo di tanto in tanto, non aveva velleità da
musicista, ma
senza dubbio adorava suonarlo. Fu così che intonò
al piano una canzone di Tori
Amos.
And if I die today, I’ll be the happy
phantom!
Capirono
così che il ragazzo era pronto a tutto, e
che avrebbe avuto il coraggio necessario per affrontare quel Federico.
D’altro
canto, Eva non si era discostata di molto da
ciò che gli avevano consigliato gli amici. Il ragazzo le
raccontò tutta la
situazione, per filo e per segno, tanto più che non
c’era motivo di vergogna,
non essendo arrivati ad atti impuri via
web. La donna ascoltò con attenzione tutto il
discorso, comprese
inflessioni e pause strategiche. Non fu contenta di non poter vedere
anche il
linguaggio non verbale, che diceva anche di più, solo che il
solo tentativo di
usare Skype era impossibile. Non voleva chiedere a Marco, che avrebbe
storto il
naso, al pensiero che il motivo fosse il figlio, né a
Davide, poiché Alessio
non voleva raccontargli, momentaneamente, della situazione. Poco male,
pensò
lei, tanto conosceva Alessio a sufficienza da non aver bisogno di
vederlo per
capire il vero nocciolo.
-
Il consiglio che ti do io, - disse la donna,
scribacchiando su un foglio. Si stava appuntando le cose da dire per
non
dimenticarsele, soprattutto per non perdere la sequenza logica. Era
pericoloso
saltare un nesso logico, c’era il rischio che
l’altra persona non capisse la
situazione: in fondo, la maggior parte dei problemi, anche il
più banale
problema di matematica delle scuole elementari, deriva da un salto
logico. La
cosa tragica è che la consequenzialità logica
è dote assai rara, ci si
abbandona generalmente a una cieca irrazionalità che suona
più come il vagare
di un sonnambulo dopo essere stato svegliato. – è
di uscirci presto e chiarire.
Sai, potrebbe essere divertente, chi ti dice che anche lui non sia un
fake?
Davide mi racconta di amicizie scoppiate così per caso tra
gente che si
spacciava per altra sui social networks. Io non ne so niente,
figurarsi, non ci
capisco niente di queste cose, ma chi ti dice che sarai solo tu a
pentirtene.
Buttati, che la fortuna arride agli audaci. Ricorda sempre, poi, che
chi fa le
cose con determinazione avrà sempre, anche se in modi
inaspettati, una sorta di
ricompensa.
-
Grazie mamma! – esclamò, molto rincuorato dalle
parole della donna. – Gli scrivo subito e ci diamo
appuntamento! Ti faccio
sapere! – Ne approfittò, così, per
scrivere di corsa al ragazzo, per sapere
dove si sarebbero visti. Ogni indugio sarebbe potuto essere fatale alla
sua
convinzione.
-
Ci vediamo lunedì, alle undici e mezzo, a Piazza
del popolo. Hai presente la scala che sale, al lato di Santa Maria del
Popolo,
verso il Pincio? Mettiti lì sul muretto, appena sali, sulla
destra, tanto in
pochi si siedono là. A domani, bellissima!
Il
messaggio, che Federico gli aveva inviato in
chat, era chiarissimo, non aveva nulla da dire. Gli rispose con un
semplice:
-
A domani. Non vedo l’ora di conoscerti veramente.
Quel
bellissima
alla fine della frase lo faceva rabbrividire. Lo aveva fatto
rabbrividire
per ambedue i giorni che lo dividevano da quell’appuntamento.
Ora era lì, in
attesa, e l’ansia si stava moltiplicando. Come avrebbe
spiegato di essere un
maschio? Cioè, non che ci volesse molto, era palese che non
avesse le tette o
che non fosse donna neanche lontanamente, e sicuramente non
assomigliava
minimamente a Violetta. Per cercare di non pensare aveva girato la
chiesa,
rivedendo, ancora una volta, i magnifici quadri del Caravaggio. Amava
il
Caravaggio, era un autore che dava fuori tutto se stesso nella pittura,
senza
perdersi in eccessivi orpelli e manierismi, che sfogava costantemente
il suo
demone interiore. Era un po’ come la sua amata Tori, erano
eccessivi, erano un
po’ quello che lui, nel profondo, avrebbe voluto essere,
senza riuscirci. Aveva
anche sentito Adolfo e Antonio, peraltro chiamando il primo mentre
stava a
lezione, che lo stesso Alessio avrebbe dovuto seguire, ma Adolfo glielo
impedì
categoricamente e gli toccò andare senza parlare. Antonio
era stato assai
comprensivo, l’aveva sostenuto, indirizzato, tranquillizzato.
Si soffermò a
osservare il cielo. Ricordava quand’era piccolo, ancora prima
di trasferirsi a
Modena, come amava osservare il cielo il giorno del solstizio di
primavera,
perché era convinto che venissero le rondini appositamente
per portare la
primavera. Raramente, comunque, gli era capitato di trovare una
giornata così
bella e soleggiata. Non sembrava quasi di essere in primavera, si stava
bene al
sole e la piazza era illuminata completamente, dando quasi nuova linfa
agli
alberi che stavano ritirando fuori le prime foglie dopo il gelo
invernale. Era
un po’ come l’autunno, era la continua
rigenerazione e il cambiamento della
natura. Lui subiva quel fascino pesantemente. Abbassò gli
occhi un momento e
incontrò l’ultima persona che avrebbe immaginato
di incontrare.
-
Massimo?
Vedendo
la faccia dell’amico, quando lo vide, quasi
spaventato, neanche lui si sarebbe minimamente immaginato di
incontrarlo là.
- Ale? Che ci
fai qua? – chiese il ragazzo, con voce tremante.
C’era qualcosa che non andava,
Alessio lo avvertiva nell’aria.
-
Ho un appuntamento, e tu? – rispose lui,
sorridendo, cercando di tranquillizzare l’amico. In fondo e
in realtà gli
voleva sempre profondamente bene, per quanto potesse essere arrabbiato
con lui.
Era sempre il suo migliore amico, era cresciuto con lui e il solo
vederlo gli
faceva piacere. Il sorriso che ricevette per risposta da Massimo lo
fece gioire
ulteriormente.
-
Anch’io! Curioso, eh?
Rimasero
due minuti in silenzio, persi nei propri
pensieri, quando Massimo parlò.
-
Ale, ne approfitto, visto che ci siamo incontrati
per caso. Devo chiederti scusa.
-
Come, per cosa? – domandò il ragazzo, sgranando
gli occhi. Una parte di lui sapeva il perché, ma
l’affetto per l’amico gli
impediva di dargli colpe, portandole tutte su di sé.
-
Per essere sparito. Non me la sento ora di
spiegarti perché ho avuto bisogno di allontanarmi ora, lo
farò in un’altra
occasione, che è sicuramente meglio. Mi sono,
però, accorto di aver fatto una
stronzata. Sei sempre il mio migliore amico, ho cercato di evitarti
perché il
solo vederti in faccia mi fa venire voglia di parlare, e di darti il
mio
affetto, almeno nella mia maniera. – arrossì
violentemente, pronunciando tali
parole. Alessio sapeva lo sforzo che l’amico stava facendo,
era pur sempre il
suo timido amico, non era lui a parlare più di tanto. Stava
facendo uno sforzo
enorme, per cui lo azzittì, in modo da aiutarlo.
-
Tranquillo. Io ti ho già perdonato quando mi sei
comparso davanti agli occhi. – gli accarezzò un
braccio, mentre diceva queste
parole. Era il gesto di affetto più tranquillo che potesse
esprimergli, in quel
momento. Non gli pareva il caso di rovinare tutto in quel momento,
anche se da
parte sua nulla era cambiato. Tacquero un po’, prima che
Alessio spezzasse
l’atmosfera. Erano già le undici e tre quarti, non
capiva proprio, dove fosse
finito Federico. – Ma tu con chi avevi appuntamento?
-
Con una ragazza, dovevamo vederci oggi. Solo che è
in ritardo, chissà che fine ha fatto! –
esclamò Massimo, ridacchiando.
Alessio
rifletté, pensieroso, fino a che non sembrò
collegare tutta la situazione. – Scusa, ma sei tu Federico?
Lo
sguardo raggelato di Massimo, mischiato a un
timidissimo cenno di assenso, gli fece capire che aveva indovinato.
– E tu
saresti Miriam?
L’altro
annuì, sconcertato quanto lui. Si guardarono
qualche secondo, come se fossero due alieni, prima di scoppiare a
ridere
allegramente. La gente si girò a guardare quei due amici
pazzi, che ridevano
come degli scatenati per la situazione assurda.
-
Alè, ma come hai cercato di spacciarti per una
donna? Manco ci assomigli! – disse, tra una risata e
l’altra, il ragazzo.
-
La cosa divertente è che tu non l’hai
riconosciuta! Non ti ricordi di Violetta? Erano foto sue!
-
Ma dici davvero? Ok, non la vedo da un po’, ma non
ci avevo fatto caso!
-
Eh, si è fatta rossa anche lei, di recente! Gliele
ho chieste, le foto, comunque, se non ti fidi, chiedilo anche a lei!
– gli fece
un occhiolino, il ragazzo, cercando di precisare la situazione.
-
Figurati, tranquillo!
Si
avviarono giù per l’altra strada che portava a
Piazza del Popolo. Erano circondati dagli alberi, ma potevano vedere
con
chiarezza il sole, che illuminava le fronde ancora parzialmente spoglie. Camminarono vicini, fino a
quando Alessio non
avvicinò l’amico a sé, cingendogli la
spalla con un braccio. Massimo lo lasciò
fare, capì che non servivano altre spiegazioni e che bastava
quella poca
fisicità per averli riportati a quelli che erano pochi mesi
prima. C’era poco
da fare, la loro amicizia era stata troppo coltivata per poter essere
distrutta
da così poco. Ne uscivano, anzi, rinforzati,
un’ennesima volta. Era il ventuno
di marzo, e il sole splendeva radioso in cielo. Per Alessio, la vita
non era
mai stata così bella.
It’s
note time, bétch!
Ce
l’ho fatta anche stavolta, seppur per il rotto
della cuffia. Sono di nuovo qua, son tornato con una nuova shot, anche
questa
collegata alla storia principale, che non spoilera minimamente, visto
che
l’unico spoiler è relativo agli avvenimenti
di Adrenalina
(non l’avete letta? Filare!). Anche questa è una
shot
compleannosa: infatti, oggi è il compleanno del mio migliore
amico, una delle
persone a cui tengo di più in assoluto. Tanti auguri, Mimmo,
spero che ti
piacerà sto regalino alternativo. (hai capito, ora,
qual era il regalo
aggiuntivo? :P)
La
storia mi è uscita, all’inizio, incredibilmente,
angst, e per altro è assai corta per i miei standard, ma
sinceramente non mi
andava di allungare con parentesi inutili. Per essere la shot relativa
a
Massimo, lui compare poco, ma in realtà serviva per far
capire anche come sono
tornati in buoni rapporti, lui e Alessio, al tempo della long. Il
perché della
scelta di Massimo… so di essere stato perfido a non
scriverlo, ma ho deciso che
ci sarà, anche in questo caso, una shot apposita, che
spiegherà cosa è successo
al nostro amichetto del cuore e le motivazioni per le quali si
è allontanato da
Alessio.
Non
so più che altro dire, sennonché mi auguro che
la lettura sia piaciuta a tutti voi. Non dimenticate una recensione, mi
raccomando!
Appuntamento
a tra qualche giorno!
Ciao!
-RaspberryLad-
P.S:
Ricordo la mia pagina autore su FB:
passate, se
vi va!
P.P.S:
Solito disclaimer: la canzone Web of Lies
appartiene agli Ayreon, non ne detengo i diritti e non è
usata a scopo di lucro
come al solito. Mi auguro l’abbiate ascoltate, e sappiate che
a cantarla è,
almeno dalla parte femminile, una delle mie cantanti preferite, la
rossissima e
bellissima Simone Simons. Enjoy!
P.P.P.S:
(Sì, son fissato). Ho scelto Web of Lies
perché parla proprio
dell’inaffidabilità delle persone in chat. Io amo
le chat,
ho conosciuto persone magnifiche e tutti qua lo sanno, ma se usate nel
senso
giusto, ovviamente. L’alternativa era la Confide In Me di
Kylie Minogue, ma
visto che ritornerà ho evitato. Ah, ne approfitto anche per
indicare You
Oughta Know di Alanis Morissette, che mi ha aiutato a tirare
giù la shot mentre la
ascoltavo.