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Autore: darkronin    10/01/2012    3 recensioni
Abbiamo sempre solo immaginato cosa possa aver pensato il Re dei Goblin di tutta l'avventura che vede Sarah protagonista nel risolvere il labirinto.
Ho voluto tentare di rendere concrete tutte le sfacettature e allusioni che lui -e gli altri personaggi- mostrano di questo mondo all'interno della storia originale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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  1. Gli ultimi ostacoli







Sarah sognò di precipitare a lungo in un vorticare di drappi, piume e perle. Quando si risvegliò giaceva tra cumuli di rifiuti. Nella mano stringeva ancora la pesca che le aveva dato Hoggle. Aveva creduto fosse il gesto di un amico che cerca di alleviare la sofferenza di un'affamata. Ma lei, di tutto quello che era successo prima del ballo, non ricordava nulla. Fissò la pesca, domandandosi come mai la stringesse in mano mentre dormiva. Un vermetto ne strisciò fuori e, disgustata, la lanciò lontano.

Si alzò pesantemente, appoggiandosi a qualcosa, o qualcuno, che protestò violentemente per quel gesto poco accorto. Una montagna di vecchi oggetti anneriti dal tempo e amalgamati assieme si volse ad affrontarla. Sotto quel peso, una vecchia grinzosa la rimbrottò “Perché non guardi dove vai, ragazzina?”

Stavo guardando...” rispose Sarah confusa: non era una persona approssimativa.

E dove stai andando?” chiese ancora la vecchia, insistente. Attorno a loro, altre creature simili vagavano in quella landa desolata in cerca di oggetti perduti.

Non me lo ricordo...” ammise la ragazza dopo un attimo.

La donna coperta di rifiuti parve allarmarsi, ma Sarah non sembrò notarlo “Non puoi guardare cosa fai se non sai dove andare” borbottò la vecchia. Sapeva chi era Sarah e sentiva il suo potere, libero e più incontrollato di prima.

Stavo cercando qualcosa...” disse Sarah: era la sua unica certezza. L'altra allora le mostrò il suo peluche preferito, Lancillotto. Sarah era sempre più confusa. Sì, aveva dimenticato il suo amico, ma era certa di averlo fatto solo momentaneamente e di averlo accantonato per qualcosa di più importante. Ringraziò comunque e la donna, allora, la invitò a cercare l'oggetto del suo errare dentro una tana tra i rifiuti dove lei stessa aveva, a suo tempo, trovato tutto ciò che cercava.



Hoggle, dopo aver consegnato a Sarah la pesca ed aver maledetto se stesso e il suo re, si era rifugiato proprio in quel posto squallido e desolato. Si era auto-inflitto il castigo: venir dimenticato, abbandonato tra le cose inutili. Sarah non l'avrebbe mai più voluto come amico. Aveva tradito la sua fiducia più volte...ma consegnarla nelle mani del proprio nemico era stata la cosa peggiore che potesse fare. Era stato costretto, si giustificò. Ora era libero di agire. Ma per far cosa? Lei era ormai prigioniera e Jareth avrebbe vinto la sua sfida: l'avrebbe avuta come regina anche contro la sua volontà. Non poteva perdonarsi lui, figurarsi se poteva farlo Sarah.

Poi la vide*. E capì al volo cosa potesse essere successo e capì anche che era in pericoli ancora più grandi di quanto non fosse stata fino a quel momento. Doveva aiutarla. Lei forse non avrebbe voluto ma lui ne sentiva la necessità. Non tanto per pareggiare i conti ma perché le voleva bene. Quindi scattò ad anticiparla, percorrendo strade che solo lui, in quanto giardiniere reale, poteva conoscere.



Nel frattempo Sarah si era trovata sbalzata direttamente in camera sua. Si era buttata pesantemente nel letto, esausta. Si era domandata se non fosse stato tutto un sogno. Era stato tutto così reale. Che si fosse immaginata la vecchia che la invitava a entrare in camera sua? E il ballo? Quell'evento inebriante, gli abiti sontuosi e quell'uomo così affascinante?

L'occhio le era scivolato sulla sveglia sul comodino. Segnava le 23.35. Il padre avrebbe dovuto rincasare a momenti. Aveva deciso di scendere al piano terra ad aspettarlo. Ma una volta aperta la porta, la donna, che credeva appartenere alla sfera onirica, l'aveva spinta nuovamente all'interno. Nonostante la paura, o forse proprio mossa da questa, aveva preso dalle sue mani i giochi che lei le passava, alla ricerca di quel qualcosa perduto dalla ragazza. Sarah l'aveva lasciata vagare per la stanza mentre lei tornava alla sua amata toeletta, il luogo in cui riusciva a ragionare meglio, guardando la propria immagine riflessa. La donna aveva continuato a passarle oggetti e ad ammonticchiarglieli sulle spalle, ritenendo che fossero tutti ricordi da conservare gelosamente e da portare sempre con sé.

Qui c'è tutto ciò di cui hai bisogno” aveva gracchiato felice quell'essere grottesco.

Più ci pensava, più non le tornavano i conti, finché lo sguardo non le era caduto sul libretto rosso che tanto amava. Aveva aperto alla pagina segnata, la parte che aveva sempre avuto difficoltà a memorizzare. Che la risposta potesse trovarsi lì? Se ciò che aveva detto la donna era vero, allora la risposta alla sua domanda “Cosa sto cercando?” doveva trovarsi in quella stanza. “Con rischi indicibili e traversie innumerevoli, ho superato la strada per questo castello oltre la città di Goblin per riprendere il bambino che tu hai rapito.” Qualcosa le diceva che era sulla strada giusta. Lentamente le tessere del Puzzle stavano andando al loro posto.

Questa è tutta spazzatura!” aveva borbottato, illuminandosi. La vecchia la stava trasformando in un essere mostruoso come lei, caricandola di ricordi che sarebbero andati naturalmente dimenticati. Non tutti i ricordi erano utili, si era detta Sarah. Era umanamente impossibile ricordare tutto e si conservava solo ciò che serviva davvero. Tenere tutto a mente avrebbe rischiato di farla soffocare e di non farla crescere. Sarebbe rimasta intrappolata lì per sempre. Al momento lei non voleva tutto quello. Erano una parte importante della sua vita, ma non così importante. Non importante come...come cosa? Chi?

In un gesto, che le era sembrato disperato, la vecchia le aveva porto il carillon con la ballerina. Quando l'aveva avuto tra le mani, il ricordo dell'esperienza appena vissuta le si era ripresentata prepotentemente. L'uomo tanto affascinante che aveva incontrato, che le aveva giurato il suo amore, altri non era che quel subdolo imbroglione di Jareth. Aveva giocato coi suoi sentimenti, pescato a piene mai dal suo bagaglio onirico: aveva fatto di tutto per ingannarla e ostacolarla. Non l'avrebbe mai perdonato. Quel dannato mago malefico si era concentrato sul suo punto debole: sul suo bisogno di protezione, amore ed esclusività. Doveva ringraziare il suo sesto senso e i troppi tradimenti subiti che l'avevano resa istintivamente allergica a certi giuramenti: da che la madre se n'era andata aveva giurato a se stessa che mai si sarebbe innamorata, né si sarebbe lasciata influenzare dalle parole di un uomo. I sentimenti ingannavano, rendevano ciechi davanti alla realtà e non portavano altro che dolore.

Mi piacerebbe se avessi un appuntamento...Dovresti averne alla tua età...” Le aveva detto la matrigna la sera stessa che era iniziata quell'avventura. Ricordava con precisione come si era sentita quando proprio quella donna le aveva rivolto quelle parole. “Ma che ne sai di quello che provano i figli, in tutta questa situazione? Voi adulti pensate solo a voi stessi, che sia un vostro diritto sacrosanto innamorarvi e intromettervi nelle vite altrui come adolescenti guidati dagli ormoni. Quello posso pure tollerarlo...ma non accetto che tu ficchi il naso in faccende che sono solo mie e di mio padre. Tu sei un'estranea e lo sarai sempre.” Quella squinternata egoista avrebbe voluto che Sarah fosse un'irresponsabile? Che diventasse una stupida oca come lei, che se ne fregava dei sentimenti altrui? No. Lei non avrebbe mai fatto quell'errore.

Per quanto lusingata e affascinata potesse essere da un uomo, si disse, probabilmente sarebbe sempre scappata in quel modo, avrebbe sempre fuggito una felicità illusoria, destinata a non durare nel tempo per i più svariati motivi. Illusoria quanto quel ballo, che era stato tutta una farsa.

La rabbia l'aveva travolta, facendole scagliare lontano quell'inutile oggetto. Tutto era destinato a finire, prima o poi. Ma le cose importanti avevano la precedenza su quelle effimere: i sogni erano passeggeri, gli amori e le amicizie lo erano altrettanto. La vita stessa non era eterna. Ma la famiglia...quella per lei era sacra. E già non gliene rimaneva che un pezzo solo. “Devo salvare Toby!” aveva urlato mentre le pareti di quella specie di bunker crollavano, quasi sotto la spinta del proprio volere distruttivo.

Si era aperto un varco tra quei cumuli di immondizia e dall'esterno aveva sentito le voci di Didymus e Ludo che, presto, l'avevano aiutata a uscire.

Dove siamo?” aveva chiesto, allarmata dal nuovo chiarore del cielo. Doveva essere l'alba di un nuovo giorno, a Goblin City.

Siam quasi giunti, milady...” l'aveva informata il cavaliere “Quelli sono i cancelli della Città di Goblin” Dovevano affrettarsi: non doveva mancare molto tempo.



Se in un primo momento si era limitato a guidarli verso il castello, ora Didymus, che aveva capito di essere stato in qualche modo giocato da Jareth, si era improvvisamente trasformato in un valoroso guerriero: voleva a tutti i costi aiutare la gentile fanciulla che aveva affrontato tanti pericoli per riprendersi il fratellino. Anche il fatto che si fosse pentita delle parole dette e avesse riconosciuto il proprio errore, la rendeva ancora più degna, ai suoi occhi, in quanto l'accettazione delle proprie debolezze era la cosa più difficile. Era quindi inferocito e voleva essere riammesso seduta stante nella città, mentre la guardia che doveva vigilare sull'ingresso dormiva fragorosamente.

Sarah lo obbligò al silenzio e ad allontanarsi dalla porta. L'unica preoccupazione che, al momento, affollava la testa dello scoiattolo era il proprio onore: temeva che il silenzio, rispetto all'agguerrito baccano, fosse segno di viltà. Ma se era lei a chiederglielo, lui avrebbe ubbidito. Anche Didymus, infondo, non desiderava altro che venissero riconosciute le proprie qualità, il suo valore, il suo coraggio e il suo fiuto acuto, come lei desiderava venissero riconosciuti gli sforzi per accettare una situazione familiare disastrosa. Mentre Sarah calmava il piccolo cavaliere, Ludo, grazie alla sua mole, riusciva ad aprire il passaggio senza sforzo.

Non capisco perché dobbiamo fare tanto silenzio...è solo la città di Goblin” protestò quello, dopo aver docilmente obbedito alla richiesta della sua dama che, intanto, aveva preso il Troll gentile per mano per infondergli coraggio. Il suo cervellino ragionava in modo consequenziale: i Goblin erano stupidi e il baccano non li allarmava né li disturbava.

Stavano avanzando piano e silenziosi quando il cancello alle loro spalle si chiuse e un secondo, davanti a loro, si serrò, rigurgitando la figura di un minaccioso golem meccanico. Non solo, alle loro spalle erano spuntate fitte palizzate piantate trasversalmente sul terreno per infilzare chiunque fosse arretrato nel tentativo di scappare dal bestione. Erano mura difensive nel senso letterale del termine: ecco perché la guardia poteva permettersi il lusso di dormire. A parte Sarah, che doveva esser stata data per spacciata, chi mai avrebbe potuto desiderare invadere la città?

Mentre il Golem si armava di un'immensa ascia bipenne, cominciando a fendere l'aria davanti a sé, Didymus venne disarcionato da Ambrosius con il quale cominciò una fitta discussione, fatta di rimproveri, minacce e trattative. Sembrò non far quasi caso a quello che avveniva alle sue spalle.

Fu in quel momento che Hoggle comparve sulla merlatura del muro di cinta e saltò sulla testa del Golem, scoperchiandola. Il pilota dello stesso sembrò infastidito, più che sorpreso, di trovarselo di fronte. Quando il nano lo sollevò di peso dal posto di comando per buttarlo fuori dalla cabina di pilotaggio, lo smarrimento e il terrore invasero il piccolo Goblin. Dopo non pochi tentativi, Hoggle, più che fermare la macchina, l'aveva mandata in corto, facendola esplodere. Prima che saltasse in aria, si era buttato dalla macchina infernale ed era atterrato in malo modo al suolo.

Sarah gli corse subito incontro, preoccupata.

Hoggle, stai bene? Sei ferito?” Chiese allarmata.

Lui la scansò bruscamente “Non chiedo di essere perdonato. Non mi vergogno di quello che ho fatto. Jareth mi ha ordinato di darti quella pesca. Pensa quello che vuoi. Te lo dissi che ero un codardo e non avevo il minimo interesse per le amicizie.” Fu onesto a informarli così apertamente, pur non guardando nessuno negli occhi. Sarah capì che in realtà Hoggle provava tutto il contrario di quello che stava dicendo: si vergognava, il suo giudizio gli importava eccome e voleva avere degli amici. Nessuno dei tre compari, alla fine, ce l'aveva con lui: Sarah gli perdonò il tradimento e gli rese anche i suoi preziosi gioielli, che con lei non erano stati poi molto al sicuro, Didymus ne elogiò il coraggio e Ludo... Beh, Ludo era amico di tutti. Incredulo e sollevato, il nano si rimise in piedi pronto a dare battaglia a quello che ora era diventato un ratto incoronato re.



Jareth stava seduto, svaccato come sempre, sul suo trono, Toby in braccio, cullato amorevolmente, quando le urla disperate dell'ufficiale di picchetto lo costrinsero a distogliere lo sguardo dal suo frugoletto “Vostra Altezza!! La ragazza...!”

Quale?” disse mostrandosi allegro: era questione di minuti perché Toby diventasse ufficialmente uno di loro.

E...” cominciò l'altro non sapendo da che parte iniziare ma con la premura nella voce di sbrigarsi a riferire il proprio messaggio “La ragazza che aveva mangiato la pesca e dimenticato tutto...”

A sentir nominare Sarah, Jareth si oscurò, depresso. Lo sapevano tutti, non doveva far meraviglia. E sapevano anche come lei lo avesse scaricato, piantato in asso davanti a tutta l'alta corte magica.

Lei non lo voleva.

E allora che affogasse dove le era capitato di cadere, che fosse la Palude o l'Isola dei Sogni...a lui non importava più. O avrebbe dovuto? Stava così male da non riuscire a pensare a nient'altro che al suo dolore “Cosa c'è al riguardo?” si informò cercando di tenere gli occhi fissi sul messaggero e la voce salda anche se si rendeva conto che la propria bocca era contratta in una smorfia di tristezza.

E' qui con un mostro e Sir Didymus e il nano che lavorava per te” rantolò il Goblin affannato

Cosa?” Jareth scattò in piedi. Aveva capito bene? Ma... com'era possibile?

Hanno oltrepassato i cancelli e sono sulla strada per il castello” Spiegò l'altro il più sinteticamente possibile.

Fermatela! Chiamate le guardie!” Ordinò tagliente come se fossero un branco di imbecilli che non afferravano quali fossero le priorità. “Prendi il bambino e nascondilo” disse poi a un altro luogotenente Goblin, passandogli Toby, mentre l'informatore cominciava a urlare a tutti di correre fuori “Deve essere fermata! Fate qualcosa!”

Corse alla finestra per studiare la situazione.

Il gruppetto, in effetti, avanzava guardingo tra i sentieri della città. In breve tempo, li vide venir circondati e caricati da cavalleria e fanteria. I quattro, però, riuscivano a evitare gli assalti, sfuggendo ora in un vicolo, ora dentro una casa, nascondendosi dietro un muretto o dietro una fontana, fino a quando il Troll non invocò le sue dannatissime pietre e in un sol colpo ripulì la città di tutte le creature armate e bellicose che li inseguivano**.



Quando la strada fu sgombra, si affrettarono a guadagnare il portone del castello che il Night-Troll spalancò con relativa facilità. Fuori dall'ingresso erano ancora poggiate due bottiglie di latte fresco per Toby che nessuno, nella confusione, si era ricordato di ritirare.

Sarah corse a perdifiato seguita dai suoi amici, scegliendo a istinto il corridoio che, fortunosamente, l'avrebbe condotta dritta alla sala del trono. Quando vi entrò, la studiò rapidamente, trovandola spoglia, squallida e nel più totale disordine. La identificò nel suo ruolo solo osservando attentamente lo scranno circolare al di sopra del quale, avvolto nelle spire di quattro stendardi a fiamma, stava la corona reale su cui avevano nidificato le galline. Sulla parete accanto alla finestra, da cui si poteva osservare la città, notò, con orrore, un orologio meccanico che indicava che le erano rimasti pochi minuti. Pensava di essere riuscita a evitare la battaglia nel cuore della città in molto meno tempo: là, infatti, l'ultima volta che aveva adocchiato l'orologio nella piazza principale, in cui era tornata a più riprese nel tentativo di avanzare e venendo sempre respinta, le rimaneva ancora un quarto d'ora abbondante. Disperata, si guardò intorno finché scorse, alle proprie spalle, la scala che si avvolgeva in un angolo isolato della sala: se non l'avevano incontrato nel percorso d'avvicinamento, lui non poteva che esser scappato di là.

I suoi accompagnatori si precipitarono alle sue calcagna ma lei li fermò: doveva andare da sola. “Perché così va fatto!” disse senza ammettere repliche. Come aveva capito che la vita poteva e doveva essere ingiusta, aveva finalmente capito, anche, che in certe occasioni ci si può avvalere dell'aiuto degli amici ma anche che per certe faccende, come quella che riguardava solo lei, Jareth e suo fratello, bisogna avere il coraggio e la capacità di affrontarle autonomamente.

Se dovessi aver bisogno di noi...” protestarono i tre.

Chiamerò!” promise lei afferrando il fatto che erano ormai giunti agli addii. Mancava poco tempo e quella sarebbe stata l'ultima volta in cui li avrebbe visti. Sperava, in cuor suo, che l'invito che le avevano rivolto potesse essere valido anche per il futuro, una volta che lei fosse tornata nel suo mondo e non solo, limitatamente, a quegli ultimi minuti “Grazie, a tutti voi” disse voltandosi a malincuore per riprendere la caccia.



Quand'ebbe svoltato l'angolo in cima alla scalinata si ritrovò davanti uno spettacolo sbalorditivo: si era affacciata in un punto imprecisato di una versione reale, tridimensionale e praticamente impossibile da risolvere, della Relatività di Escher, di cui lei aveva una riproduzione appesa sopra il suo letto. Pareti, soffitto, pavimento...non c'era un sotto e non c'era un sopra. Alzando lo sguardo ci si trovava a guardare un altro pavimento, quasi si stesse sbirciando da una fessura nella pavimentazione del piano superiore. Si avviò, a caso, su e giù per quelle scalinate.

Giunta a una sorta di vicolo cieco si arrestò e cercò di sbirciare al piano di sotto. Ma come se si stesse riflettendo in una pozzanghera vide la figura di Jareth sbucare, rovesciata, ai suoi piedi. Sobbalzò per lo spavento. La figura, in nero e rosso, come il rancore, si muoveva con agilità tra un piano e l'altro comparendo ora sulla parete davanti a lei, piantato parallelamente al suolo, ora alle sue spalle, avanzando fino a trapassarla, quasi fosse stato un fantasma. Anziché fuggirgli, però, lei cercava di inseguirlo nei suoi spostamenti erratici.

Come hai rivoltato il mio mondo, tu cosa preziosa

Mi affami e quasi mi consumi

Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per te

Non muovo le stelle per nessuno

L'ho fatto per averti e ancora non basta. E ora guardati...tu stessa hai percorso questo mondo rivoltato per ritrovarlo. Eppure ora segui me nonostante tu sia a un passo dalla vittoria. E non lo fai sperando che ti conduca al tuo traguardo. E' chiaro come il sole che quello che ho visto, lampante, nella sala da ballo non era un'allucinazione. Ma allora perché...?

Hai corso così tanto

Hai corso così lontano

Hai reso possibile l'impossibile, hai affrontato mille pericoli e tutto per lui! Ora, però, potresti arrenderti, tanto, non ce la farai mai...lasciati vincere. Ti sei già dimenticata nuovamente di lui. Non c'è alcun divertimento nel farsi inseguire in questo modo. Ne avrebbe solo se, posta davanti all'alternativa, tra noi scegliessi me.

Jareth estrasse una sfera dal nulla e la piazzò davanti a sé. Quel piccolo globo luminoso ne enfatizzava gli occhi spaiati. Eppure non sembrava la solita offerta: non le stava offrendo i suoi sogni. A Sarah, incerta su come comportarsi, sembrò quasi arrabbiato: le mostrò l'oggetto del suo cercare e poi, quasi per dispetto, con un gesto carico di livore, lo scagliò lontano. Rimbalzando, in uno scampanellio assordante, il piccolo cristallo trotterellò fino a risalire nelle manine di Toby.

I tuoi occhi possono essere così crudeli

Esattamente come io posso essere così crudele

Nonostante io creda in te

Sì, davvero

Come hai rivisto Toby ti sei dimenticata nuovamente di me. Nella tua testa c'è spazio solo per uno di noi. Se pensi a me, dimentichi lui e viceversa. Va pure a prenderti il tuo caro fratellino, se ci riesci. Prova a raggiungerlo! Eccoli. I tuoi sogni e tuo fratello: tutto assieme. Quale vuoi dei due? Entrambi? Nessuno? Qualunque cosa tu voglia, deciditi una buona volta e opera la sua scelta. E se sceglierai i sogni, io ne farò parte. E' inevitabile, ormai. Io li ho contaminati. Ma credo in te, mi fido di te: ho visto di cosa sei capace e so che arriverai in tempo. Ma questa volta sarà diverso: non ho mai promesso che sarebbe stato uno scontro leale. ” Gettando lontano una delle sue sfere di cristallo, le aveva indicato di proposito dove si trovasse il fratellino e le aveva ricordato quale fosse il suo obiettivo, là dentro. Da quel momento la sua corsa divenne quasi folle inseguendo il marmocchio ovunque si spostasse. Ma non aveva le capacità del mago né l'istinto e la duttilità mentale del neonato: continuava a ragionare in termini di logica terrestre dove il sotto e il sopra erano due cose separate. Appostato in disparte, Jareth osservava in pena come la ragazza cercasse disperatamente di raggiungere il bambino. Non cercava più lui, non era nemmeno minimamente combattuta. Con la mano guantata sfiorò il proprio emblema, posto giusto sulla bocca dello stomaco. Ora era dorato. Lo osservò senza vederlo realmente, preso dai propri pensieri: in un primo momento lei lo aveva seguito e se ne era compiaciuto. Ma nel confronto diretto col fratello lui, il re, giaceva sconfitto al secondo posto. Come si era ricordata di Toby, non più sviata dai suoi occhi azzurri spaiati, l'aveva completamente accantonato. “Dov'è che ho sbagliato? Perché, giunti a questo punto, ancora mi ignori? So che non lo fai di proposito, come d'altronde non lo faccio io ma... preferirei essere bersaglio del tuo odio e del tuo disprezzo. Sono così anonimo ai tuoi occhi? Al punto di non meritare un minimo di considerazione? Io so essere crudele, dovresti averlo capito. Ma tu non sei certo da meno. Ancora mi domando perché non riesco a ottenere la stessa ammirazione da te? Perché non mi stimi almeno un po'? Eppure è chiaro che in qualche modo ti attraggo ma...perché la cosa per te non va oltre? Lasciati guidare dai tuoi sensi e scegli me.” Non mancava poi molto tempo: forse sarebbe riuscito a vincere...

Vivere senza la luce del sole

Amare senza il tuo batticuore

Si, si può fare.. ma sarebbe un'esistenza triste e squallida. Perché non vuoi restare? Potrei rivoluzionare questo posto per te e renderlo come tu vuoi, la più accogliente delle dimore.

Io non posso vivere in te

Già. Non posso. Non ancora, per lo meno. Io non sono nei tuoi pensieri. Non se c'è lui....Sarah...



E poi, la vide saltare, in un tentativo, per lei disperato, di raggiungere il bambino. Al di là del ragionamento sbagliato, ce l'avrebbe fatta a raggiungerlo e Jareth si vide costretto a intervenire. Doveva distrarla per una manciata di minuti ancora e condurla in un luogo senza uscita. Quello stesso luogo, dalle mille uscite, sarebbe stato perfetto.











* Si. È un intermezzo un po' a schifo..lui la vede ma non entrare nel buco, bensì uscirne....

**Vorrei far notare come (secondo me!) i Goblin sembrino essere particolarmente interessati a Sir Didymus e ho la mia teoria: Didymus era il campione indiscusso (viene nominato per nome dall'ufficiale di picchetto quasi fosse uno di loro, a differenza del nano che “lavorava”)e, finalmente dalla parte del nemico, i Goblin possono sfidarlo a una giostra, o circondarlo tutti assieme. Prima se la dovevano “mettere via” che fosse il migliore, ora possono in qualche modo tentare di vendicarsi (tant'è che non lo mollano dopo la sua prima vittoria e si fanno avanti in gruppo). Inoltre, dopo essere andato a sbattere COL NASO contro la trave, se lo sfrega e da una potente annusata/sniffata...che abbia recuperato il proprio fiuto??





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Ciao a tutti,

Pubblico adesso perché nel wend ho, in successione, un test e una prima parte di trasloco...quindi.... :/

Che dire? Siamo ai titoli di coda. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Era un capitolo lungo e complesso (ma non volevo descriverlo nei dettagli, così come ho fatto per batacchi e Firey) e l'ho rivisto più volte. Ma non ne son proprio soddisfatta..

Per il sequel (sì, ci sarà un sequel, se vorrete) aspetterò, però, i primi di febbraio, così avrò buttato fuori tutti gli esami e sarò tranquilla.

A presto.



   
 
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