Le rouge et le
vert.
Un
piccolo
appunto: questa storia è fatta di frasi secche e lapidarie.
Volevo dare l’idea
di qualcosa di finito, forse angosciante. Spero che così
facendo, la storia non
risulti faticosa alla lettura.
Ok, dilettatevi
pure con questo esperimento. Come al solito a voi la parola,
perché la mia è
sempre molto negativa xD
La
prima volta che la vidi fu come
essere immerso in una calda ciotola di sole. Non avevo mai provato un
calore
tanto intenso, seppur avessi sperimentato sulla pelle la bruciatura
delle
percosse di mio padre. Mi scoprii un abile giocatore di nascondino.
Ogni volta
che si presentava l’occasione, mi lasciavo inebriare dalla
sua risata
cristallina e dal suo anormale dono. Aveva gli occhi verdi del prato e
tra i
capelli rossi una molletta che sosteneva il ciuffo. Sapeva aprire i
petali dei
fiori e farmi sorridere. Ero un bambino costretto a soffocare dentro
stanze
ammuffite e pagare con la mia timidezza tutto il male che avevo
intorno. Ma
lei, con quel sorriso e quelle guance rosse, mi salvò dal
crollo. Tempo dopo, senza
volerlo, ne fu la causa.
Ho venduto tutto per odio,
rinchiudendomi in un corpo che non era mio. L’ho fatto per
rancore,
inconsapevole delle conseguenze. Un uomo è sempre
irrazionale, quando si parla
di affetti. Ma poi, quando il male me l’ha portata via, ho
capito che l’odio
non sarebbe bastato.
E mi sono trovato a guardare un paio
di occhi verdi sperando di vedere oltre di essi il sorriso del perdono.
“Guardami.”
Ho cominciato a vivere grazie a loro.
Morirò per loro.
Severus
Piton non ha più fiato. Si
sente stanco e la sala bianca di quel luogo senza tempo profuma di
fiori
secchi. Le mani corrono verso il petto nudo e esaminano il suo corpo
perlaceo.
Il vuoto che pompa dentro al suo petto è devastante. Ruota
la testa e guarda
dietro di sé: un lungo cammino di marmo bianco e nessuna
ombra. Strano come un
uomo dal profilo tenebroso sia costretto a stare in piedi nella luce.
“Non così strano, Severus.”
La voce che giunge dalle pareti è
impercettibile. Talmente flebile da sembrare solo immaginata. Piton si
guarda
intorno, sorpreso. Quel tono e quell’accento sembrano un
lontano miraggio, un
ricordo. E il paradosso di avere ancora un apparato uditivo, gli fanno
ricordare di essere morto. Tutta la sua tranquillità si
tramuta in apprensione e l’apprensione diventa certezza.
Il respiro si fa pesante. Se avesse
avuto un cuore e questo cuore avesse potuto pompare sangue, sarebbe
svenuto.
Severus Piton ha sempre avuto paura della morte, seppure
l’avesse conosciuta
molte volte. Un teschio dalla pelle tesa appare nel suo campo visivo.
Ha un
atteggiamento distaccato, mortale. Non ha anima. Solo pezzi, che
formano
imitazioni. E’ per questo che non ha mai dubitato che un uomo
potesse mentire per
amore. Piton pensa a tutte le volte che
aveva dovuto guardarlo e fingere. Mostrava una parte di sé
che conteneva solo
il nero. La porzione di luce era ben nascosta. Ma nessuno avrebbe mai
conosciuto la sua vera essenza: quella apparteneva ad una sola persona.
Immagini
si spezzano dinanzi ai suoi occhi. Frammenti del suo passato?
Vorrebbe poter piangere.
La nudità del suo
corpo è un elemento che lo fa
sentire vulnerabile: un verme senza corazza.
“Sei davvero
così meschino? Non nascondi nulla
dentro quella pelle?”
Ancora quella voce. Stavolta
proviene da un punto più alto. I suoi occhi si perdono nel
guardare il
soffitto: non esiste. Solo distese di luce.
Era arrivato il suo momento. Era
passato troppo in fretta. Non si era quasi accorto di aver perso molto
sangue.
Si accascia a terra, le mani sul viso
a premere sugli occhi. E’ sicuro che, fuori dal mondo,
l’ultima grande partita
sta terminando.
Dietro le palpebre chiuse vede
esplodere il verde. E poi il rosso che sovrasta tutto e un uomo che
crolla a
terra, con in viso una macchia di stupore.
Il figlio del suo fiore ha superato
la paura della morte.
“E tu, Severus? L’hai mai superata?”
Il verde e il rosso.
Una mano calda si appoggia sulle sue
spalle. Inspira profondamente, lasciando le uniche ombre della sua vita
a
macchiare i suoi occhi.
Il rosso e il verde.
Il suo sorriso è come se lo
ricordava e i suoi occhi sono gli stessi di pochi – istanti,
minuti,secoli?
– fa. A loro ha consegnato tutto. Si sente svuotato.
Lily Evans gli prende una mano e se
la stringe al petto. Piton rimane a guardare. Non osa fare altro.
Non sa se può parlare, ma non gli
interessa. E’ la luce che si eclissa dinanzi a lei. Milioni
di parole affollano
la sua mente. Non ne dice neanche una. Sarebbero suppliche scellerate e
richieste impossibili. Rimane a guardarla. Può fare solo
questo.
“Non ti ho mai perdonato l’aver
buttato via una vita per rancore. Perché?”
Se lei può parlare, forse può anche lui.
Ma Lily scuote la testa. I suoi capelli rossi.
La risposta la vede nei suoi occhi.
Mi
avevano
strappato via l’unica fonte di vita.
“Hai
spezzato ogni legame. Perché?”
Non
sopportavo di non essere l’unico. I loro
sguardi erano sempre troppo
taglienti e la loro invadenza sempre troppo concreta.
“Eppure,
non mi hai mai dimenticata.”
“Come potevo? Non ho pensato a nient’altro
se non a come tutto è finito, a come sei finita, a come sono
finito. Un relitto
in una mare di dannati. Ma non ho mai dimenticato quel giorno che mi
proteggesti,
ponendoti tra me e il mondo. Ho sbagliato. Volevo che il mondo fossero
le
nostre due sole anime. Ed è per questo che quando la tua
è svanita per stare
con la sua, l’ho venduta al
male.”
Si ricordava di avere una voce più
profonda. Adesso le sue corde vocali producono un suono che sembra una
litania.
Il suo testamento, che solo Harry Potter ha potuto svelare, esplode
dalla sua
bocca.
“Ho visto quello che hai fatto per
mio figlio.”
Severus abbassa lo sguardo.
“Non l’ho fatto per lui. Era il tuo
ricordo che volevo proteggere. Sono stata doppiamente egoista. Non mi
sono
preoccupato del male che infliggevo a lui. Era troppo uguale
all’altro.
Ma i suoi occhi contenevano tutto quello che avrei voluto custodire. Ho
giocato
ancora una volta con qualcosa di troppo terribile. E ho
perso.”
Lily abbassa le mani, e quella di
Severus torna immobile al suo fianco.
Attorno a lui, sente il silenzio
opprimergli il petto.
“Vieni con me.”
La ragazza si allontana, spostandosi
con la grazia di una piuma. Lui ha i piedi pesanti ed è
costretto a trascinarsi
e ad ansimare ad ogni passo. Questa è la sua punizione.
“Qui il tempo non esiste. Tutto è
armonia e scorre come un fiume in piena. Noi vediamo e
sappiamo.”
Lily si ferma dinanzi a una finestra
altissima. Quelle della scuola – qual’era il nome? –
erano nere. Questa è
talmente chiara da far male.
Non ci sono tendaggi a coprirla. E’
un foro alto più di 3 metri, allungato per sfiorare il
soffitto che non c’e’.
“I ricordi che ci legano ad una
persona sono gli unici che rimangono, del nostro passato. Io mi ricordo
di te,
come tu ti ricordi di me. Ma non sai chi è l’altro.
E non sai chi sono loro.”
“Non voglio ricordare.”
La grande finestra vibra e
attraverso di essa appaiono alcune immagini. Sono nitide. Severus Piton
osserva
un uomo chinarsi a baciare un bambino con la testa nera di capelli.
Posa un bacio sulla pelle arrossata di un ginocchio.
Raccoglie le sue lacrime.
E’ un giovane dai capelli neri,
occhiali tondi e una sottile cicatrice sulla fronte.
“Non hai perso, Severus. Hai donato
la vita per una vita. Quello è il suo bambino. Mio nipote.
Vuoi sapere come
l’ha chiamato?”
Il
treno sta arrivando. Decido di
salire. Adesso il mio scopo è andare avanti. Quando la voce
di Lily ha
pronunciato quel
nome, ho sentito la
pesantezza del mio passato. Non ho mai capito cosa significasse
perdonare. Ho
offuscato per rancore, gelosia e odio l’immagine
dell’unica donna che abbia mai
amato perché non avevo soppesato la possibilità
che lei potesse abbandonarmi.
Ma il bambino che porta il mio nome è figlio del ragazzo che
ha i suoi occhi. E
anche il piccolo Albus Severus ce li ha. Lily alza una mano. I suoi
contorni
sono sfocati. Ed è così che la guardo per
l’ultima volta mentre il treno gira l’angolo.
Un ritratto confuso. Ma lei sorride. Sorrido anch’io.
Non ho mai condiviso niente con
nessuno. Fino ad ora.
Devo
andare a ringraziare l’altra
metà del nome.
“I don’t care, I
don’t care.
And in the darkened underpass I thought, O God.
My
chance has come at last.”
Fine
Angolino
nell’armadio:
Eccoci
qua! Sono decisamente confusa
riguardo a quello che ho appena scritto. Severus Piton è per
me uno dei
personaggi più complessi e ambivalenti della saga di Harry
Potter e della letteratura
odierna in generale, e per questo difficile da gestire. Da qui
è uscita fuori l’idea:
cosa è successo dopo la sua morte? Lily sembra quasi
un’impronta inconsistente
qui. Ma è il suo unico ricordo felice e quello che lo
aiuterà ad andare avanti.
Come sono stati, nella mia visione, I Malandrini per Sirius. Piton
è un bel
personaggio perché ha mille difetti, ma come tutti, ha una
luce che non si
spegne mai. (ebbene si, “there’s a light that never
goes out!”). Alla fine, la
consapevolezza che Harry ha usato il suo nome per il suo bambino, gli
fa capire
che la sua lotta non è stata vana.
Il titolo è ripreso da “Le rouge et
le noir” di Stendhal, che dovrò affrontare :|,
anche se non c’incastra nulla con il libro. Sono solo le mie
associazioni schizzate da studentessa del Liceo Linguistico.
Le parole alla fine sono della canzoneThere’s
a light that never goes out.
Beh che dire. Spero vi sia piaciuta!
Tony
P.