Non ero minimamente interessata al mondo dell’occulto come molti miei coetanei. Ero un adolescente normale con delle amiche, un fidanzato che ci siamo dati semplici baci, una famiglia che mi voleva bene e una vita oziosa e piacevole. L’unica cosa anormale nella mia passata vita ,era la mia malattia. Come ho detto prima io soffro di una malattia ereditaria chiamata Albinismo. Ero molto timida e per chiedere a Richard , il mio primo ragazzo, se gli piacevo, ci avevo messo tre mesi. Insomma era stata una vita normale, fino a quando lui mi rapì. No, non sto parlando di Jean-Claude, ma del primo vampiro che mi aveva usato come nutrimento e oggetto sessuale. Si chiamava Alexander un Master vampiro di appena duecento anni . Era bello e perfetto, ma niente di speciale in confronto ad Jean-Claude. Era alto un metro e settantasette con un fisico longilineo ma con dei bei muscoli, che non erano frutto di lavoro di palestra, tutta roba naturale. Il suo viso era fanciullesco. Quando fu trasformato da vampiro, doveva avere meno di venticinque anni. Non aveva i capelli lunghi come normalmente vengono rappresentati i vampiri nei film. Corti con un taglio tipicamente alla Johnny Depp di color cioccolato fondente. Quel taglio lo rendeva ancora più fanciullesco ma gli stava tremendamente bene. Non portava né barba né baffi. Gli occhi erano di un meraviglioso nocciola.
Lui
mi rapì mentre tornavo a casa. Ero stata dalla mia amica Catharina. Avevo fatto
tardi, il sole era già calato e soffiava un vento freddo. Mi prese alla sprovvista,
mi mise una mano sulla bocca per non farmi urlare. Mi impedì di gridare e
chiedere aiuto, ma cosa sarebbe servito? Un vampiro è più forte di un normale
umano. Cosa avrebbe potuto fare un normale poliziotto? Niente! Assolutamente
nulla! Sicuramente avrebbe solo servito ad irritare Alexander. Mi portò nel suo
nascondiglio diurno, un vecchio casa in mezzo alle compagne del Colorado.
Decisamente nessuno mi avrebbe più ritrovato, nessuno di certo mi avrebbe
salvato. Ero completamente nelle sue mani. Durante il giorno, stavo in una
piccola stanza illuminata solo da una piccola finestra sbarrata da grate
arrugginite. La parta da carati, che all’inizio doveva essere un verde prato,
era sbiadita e mezza strappata. Le tavole del parquet scricchiolavano in modo
sinistro, che ogni più lieve movimento, mi faceva sussultare. Non avevo un
letto. Dormivo su un vecchio materasso rattoppato, ammuffito e impolverato. Mi
teneva incatenata al termosifone con un catena lunga due metri circa. Mi aveva
dato come vestiti, una vecchia camicetta da notte. Mi arrivava poco sotto i
fianchi. Non portavo né le mutandine né il reggiseno. Avevo solo quel indumento
per coprirmi. Il giorno ero chiusa a chiave e potevo andare in bagno soltanto
la notte. Il giorno dovevo o trattenerla o urinarmi a dosso. La notte, lui mi
prendeva, a volte pure di peso, e mi portava nelle sue stanze. Il letto era
vecchio e cigolava appena ci sedevamo o cambiavamo posizione. La carta da
parati era mezza strappata, doveva essere di un color panna ma ormai si
vedevano solo i schizzi di sangue. Ogni volta che vedevo le pareti e le varie
macchie sia sul letto che il pavimento, mi mettevo a piangere. Il mio corpo era
sempre imbrattato di sangue mi permetteva di lavarmi di rado e sé acconsentiva
era presente mentre mi lavavo. Il giorno mentre dormivo, urlavo e gridavo.
Facevo spaventosi incubi, stavo letteramente scivolando nell’oblio sé non
avessi abbracciato l’oscurità sarei impazzita e tagliata le vene.
Dopo…
non so nemmeno io quanto, cominciò a piacermi. Quando veniva, nella mia stanza,
sorridevo e non tremavo più. Non era una espressione di disperazione. No, era
un sorriso di felicità. Gli parlavo e gli chiedevo la sua storia. Cominciammo a
conoscerci meglio e iniziammo a provare qualcosa l’uno per l’altro. Il sesso ed
i morsi diventavano sempre più piacevoli e sé una notte non mi toccava, io mi rattristavo.
Mi lasciò libera di uscire ma io rimanevo spontaneamente con lui. Non tentavo
neanche di scappare. Non volevo, ormai la mia vita era con il mio Alexander ed
io ero felice. Il mio corpo era pieno di cicatrici. C’erano morsi sui miei
piccoli seni e sulle conosci, oltre al collo. Scrollavo le spella a quel
pensiero. Mi piaceva vedermi piena di quei segni, li trovavo come succhiotti un
po’ più dolorosi.
Bene questo è il secondo capitolo della storia … spero che
sia piaciuto. La storia lo ammetto è molto triste, ma adoro i racconti con un po’
di malinconia. Lo ammetto non sono una grande fan dei drammi. Anzi li trovo
alquanto noiosi. Preferisco di gran lunga un buon libro del genere di Anita
Blake. Nessuno ha recensito. Credo proprio che non piace molto ma io continuo a
scrivere sperando che qualcuno lo apprezzi. Comunque lo ripeto gradisco molto
che commentino .. anzi lo apprezzo moltissimo. Grazie per aver letto dalla vostra
Valkyrie_Licantropo.