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Autore: ShaekyLoSciacallo    11/01/2012    0 recensioni
Una flotta di corsari. Un editto del Re.
Che diavolo faranno Bones e la sua ciurma?
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutta la ciurma era affollata attorno ad Amsterdam. Il pranzo del greco era finito da tempo, ma nessuno si muoveva. L'enorme marinaio, era immobile. I suoi occhi erano persi, come se guardasse lontano, nel passato. «Il capitano era lì, immobile. L'acqua era ormai ovunque. L'intera nave stava affondando, non lentamente, ma velocemente come una puttana nel chiedere il sacco. I cani c'avevano fottuto i cannoni. La spia l'era già bella che morta. Una palla esplosiva l'aveva fatto saltare in aria. Ne avevo un po' addosso.» Dalla platea si levo un coro di risate e mugugni macabri mentre all'ingresso del salone la porta s'apri. Entrarono Robbie e lo scozzese, appena finito il turno al timone. Incuriositi  si avvicinarono presto al gruppo. Arraffarono un po' di acqua bollente e si azzittirono, seduti su un tavolaccio ad ascoltare. Il marinaio, alto due metri, spalle larghe, muscoloso e tatuato, continuò. La voce che usciva dalle labbra coperte in parte dai baffi bianchi era forte e decisa.
«Abeltje se ne stava lì, anche lui, immobile. I cannoni tacevano. Le due navi erano accostate, tutti gli sporchi olandesi, che il mare se l'inghiotta, erano accalcati sul ponte, a vedere l'Armadillo affondare. Abeltje  latrò. “Allora, capitano? Cedete?" Il suo stramaledetto grugno sorrideva. Il capitano era in silenzio. Gli sanguinava metà faccia, la gamba era piegata con un angolo strano. Metà degli uomini erano morti. Io ero poco sotto di lui, sciabola in una mano e moschetto nell'altra. Tutti sapevamo perfettamente che la nave non avrebbe resistito ad un altro colpo. Non bisognava essere dei geni per capirlo. Sapevamo perfettamente che il capitano poteva solamente dirsi sconfitto. C'avevano fregato, di brutto.
Ma tutti lo guardavamo. Lui lanciò un sorriso sprezzante, si guardò attorno, per un istante. Guardò i suoi uomini. Eravamo lì, attorno a lui. Sporchi, insanguinati. Gli occhi ancora caldi delle urla di prima. Incrociammo il suo sguardo. Io ricordo esattamente cosa voleva chiederci, con quello sguardo. » il vecchio parlava con un aria un po' sognante, sicuro. Alcuni capi si mossero in segno affermativo. Erano gli “anziani” del gruppo,quelli che erano presenti, all'evento descritto dal vecchio, quattro anni prima. Annuirono ricordando quello sguardo. «Ci chiese se eravamo pronti a morire.» disse il vecchio con aria solenne. «se eravamo pronti anche a morire, in quel momento, per lui. Per non cedere a quei dannati. Per non cadere. Io feci un rapido conto, tutti lo facemmo: se la nostra vita era stata piena, se fossimo morti in quel momento, saremmo morti condannati, o felici? Io sarei morto felice, quel giorno, per lui» Robbie, poco più che ventenne, lo squadrò, nel silenzio generale. «Che diavolo dici?! » sbottò, seccato. «Stronzate! Parli adesso, ma quando eri lì secondo me ti cagavi in mano, com'è giusto che sia! Non si può decidere di morire con leggerezza! Insomma... non è umano!» Amsterdam sorrise appena, guardandolo. «Robbie. Sei giovane. E' la vita che ti sbolle dentro, è un bene. Ma presto o tardi capirai che ce ne frega il cazzo a vivere a caso. Tutti vogliamo qualcosa di giusto per cui vivere. Lottare, e crepare. Lo vogliono tutti. » il vecchio guarda il viso attonito dell'irlandese «e una volta che lo trovi, sei disposto a dare la vita, per quella roba lì. Un'impresa, non chiedo altro. Dare le ossa ad un'impresa. » sorride appena «te lo giuro. Una volta che lo capisci. » scrolla il capo «non c'è nulla che possa fermarti. Nulla. Di cosa è fatta questa nave, Robbie? » chiese e rimase in silenzio. « C'è più di legno e chiodi a tener su questa nave. Molto di più. Pensa a chi l'ha costruita. In un pozzo scuro, pieno di catrame, grida e fatica. Immagina l'odore del catrame bruciato, Robbie, immaginati il rumore di cento asce che batttono, martelli che schiantano, seghe che tagliano. Fiaccole che si incendiano la notte, bisogna continuare a costruire, sempre.Senti l'odore dell'abete dei pennoni, issati con fatica, lodore dell'acacia delle costole della nave. Senti la nave che ti parla.»  La ciurma era in silenzio, si guardavano attorno, ogni chiodo pareva ora parlare a loro della lontana inghilterra, del sudore dei maestri d'ascia intriso nel legno.Ogni piccolo rumore della caracca, sempre ignorato, ora li forte sussurrava alle orecchie. «La senti, Robbie? E ora pensa al silenzio solenne del varo. La benedizione del prete, in una mattina fredda e nebbiosa. L'acqua che per la prima volta abbraccia amorevole lo scafo, fredda, ma non troppo. E poi, noi. Decenni su questa nave, quante cose ha visto? Ma la colla si scolla, i chiodi si allentano finché, in lontananza... Cannoni. Li senti, Robbie? Olandesi.e al posto della colla, il sangue, ora. Cade a terra il corpo, squarciato da una spada, e il sangue cola, tra gli infissi, tra le nervature del legno, a dargli forza. A tenerla a galla. Questa nave è fatta di sangue, tenuta iniseme da ossa. Le ossa di tutti noi, di tutti i morti che l'hanno baciata, infine, stremati sul ponte. Ci lasciano ma il loro sangue fila tra le spaccature fino alla sentina. Noi siamo la nostra nave, Robbie. Qualcosa di più grande di noi. La nostra casa, la nostra donna, nostra madre. Siamo noi ormai. Il sudore salato sulle corde, che ce le fa sanguinare, è il nostro. » Il vecchio aveva parlato con voce profonda, guardando le facce degli altri come si guarda il vuoto, rimase poi un attimo in silenzio. Restò in aria quel silenzio, per un pò, un silenzio strano, denso del rumore dei cannoni che davvero ad alcuni era parso di sentire, lontano. Un silenzio che aveva dentro qualche cosa di indefinibile ma che tutti sentivano come intimamente loro. Sorrise poi, Amsterdam, dolcemente, spezzando la magia. «Questa nave è figlia mia ormai. Morirei per lei? Si. La darei in pasto al mare o agli olandesi? Mai. Il capitano ci chiese questo quel giorno. Non uno di noi che eravamo lì, cedette allo sguardo del capitano. Tutti immobili, annuimmo, stringemmo i denti e sorridemo alla morte, che ci aspettava sdraiata sul fondale. Eravamo pronti a lanciarci sul nemico. Diamine! Lo eravamo. Il capitano lo capì, e gli brillarono gli occhi, sono certo che gli venne un groppo alla gola. Ne sono certo. Ora anche lui era pronto a dare la vita. Mi piace pensare che prima non lo era. Che lo è diventato, solo quando ci ha guardato e ha capito che eravamo con lui. Allora s'è girato e ha guardato dritto in faccia Abeltje , gli fa: “ perdonami, vecchio cacajao, io ti lascerei il cappello, ma ai miei non va bene. Reputano l'olandese una lingua buona solo per i cani!” » La platea esplose in un urlo selvaggio, risate alte e battimani scoppiarono. «Jack Atkins Bones, signori, il nostro capitano! Un dannato genio!» E mentre l'olandese si rodeva ancora il fegato partimmo, tutti, all'arrembaggio. Non rimase nessuno sulla nave, andammo tutti. Nessuno si tirò indietro. Li sfondammo di peso, il capitano si batté da leone, con noi tutti attorno a lui. Combattemmo da eroi, sconfiggemmo il nemico. Il capitano guidò gli altri sul cassero di poppa, dove stava rintanato Abeltje. Gli olandesi erano più di noi, ammassati come porci, combattevano come disperati. Avevano i fucili dei francesi ne fecero fuori parecchi, ma oggi quie fucili abbelliscono la cabina del capitano. Sgozzammo e spaccammo fino a raggiungere Abeltje, che era cinrcondato dai suoi, puntavamo a lui, solo a lui. Non ci guardavamo neanche le spalle, per poco. Il capitano fu accerchiato e disarmato, ne prese ma all'ultimo momento, levò la grossa pistola contro lo zoppo e fece fuoco. Quando si diradò la nube, Abeltje  era a terra, morto. Senza metà faccia. Il secondo olandese fece gettare le armi ai suoi, si arresero. Quella sera, fu eterna. Un momento perfetto, epico, divino. Di quelli che mai ci furono e mai ci saranno più.» il sorriso sul volto del vecchio marinaio si allargò lo sguardo andò su Robbie «Vivemmo. E fummo eroi. Tornammo a casa ricchi di bottino, ricostruimmo l'Armadillo Zoppo, e rimpolpammo i ranghi con voi maledetti londinesi.. » fece una smorfia alla marmaglia sbarbata che sghignazzò simbolicamente. La porta sbatté improvvisamente e Abraham entrò nello stanzone, in cerca del surrogato di caffé da bere, trasalì a vederli tutti lì. «Per mille tuoni, che diavolo ci fate lì, sporchi? In piedi! Ai posti! A ramazzare il ponte! Peldirogne! » li minacciò tutti con la tazza di ceramica che aveva in mano, mandando fuori rabbia e fiele da ogni poro. La ciurma si sfaldò, ognuno a correre veloce per la stanza, tentando di non finire tra le grinfie del nostromo. Tutti svanirono, rimasero solo il vecchio marinaio e Abraham. Si squadrarono, con astio. La tazza, nella mano grassoccia del nostromo, aspettava quieta, nell'attesa di essere soddisfatta, anelando alla nuca di qualcuno. Il nostromo fissò il marinaio. «Ero dietro la porta, ho ascoltato. » disse. Amsterdam annuì. «Lo so. Ti avevo visto. » «Già. Gran  giornata, quella.  Il marinaio annuì. «Si, gran giornata» .
  
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