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Autore: Stregatta    11/01/2012    6 recensioni
- E poi, boh... L'idea di un oggetto freddo ed inanimato che prende vita grazie ad una collisione del tutto casuale è stupenda. Ti fa pensare che non c'è limite alle possibilità che... Che anche la situazione più estrema, in senso negativo, si possa risolvere un giorno, per caso... E per il più stupido dei motivi. Un asteroide che paragonato alla massa di un pianeta è poco più di sasso vicino ad una montagna. -
{Uno sfigato, uno svitato, uno che passava per caso.}
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Apice solare



Il vecchio appendipanni in legno dell'ingresso era seppellito da uno spesso e variopinto strato di cappotti altrui: alcuni, di tanto in tanto, scivolavano a terra per essere poi pigramente recuperati da Dom, seduto accanto alla cassettiera in corridoio come un maggiordomo annoiato.
In realtà stava cercando di sfuggire al monotono, educato vociare di cui era pieno il soggiorno, nonché alle attenzioni dei vari parenti, amici di famiglia, vicini di casa e conoscenze utili venuti a festeggiare il Natale in casa Howard.
Dalla porta socchiusa del soggiorno riusciva ad intravedere il caminetto, scoppiettante e decorato da tralci di vischio e fiocchi rossi lungo tutto il bordo del ripiano in pietra, e parte del tavolo rivestito dalla tovaglia bianca ricamata che sua madre utilizzava solo in quella determinata occasione.
Un bel quadro, non c'era dubbio... Se non fosse stato per la torma di invitati che lo affollava.
Ingollando l'ultimo sorso di punch – non alcolico, purtroppo – Dom posò il bicchiere sulla cassettiera, accomodandosi alla bell'e meglio sulla dura sedia antica che fungeva di solito solo da ornamento.
Per quanto nei giorni precedenti non avesse fatto altro che annoiarsi in solitudine nella sua stanza ed in giro per Teignmouth, di certo non aveva atteso il rinfresco di Natale con ansia – un giorno avrebbe spiegato a sua madre che risultava un tantino ipocrita, per un ateo, mangiare e bere allo scopo di festeggiare la nascita dell'ipotetico figlio di un altrettanto ipotetico Dio... E poi la messa, gli auguri, i commenti ammirati sul suo aspetto fisico da parte di non meglio identificabili “zie” e “zii”, i regali inutili ed i ringraziamenti privi di significato...
Del Natale Dom apprezzava solo l'opulenza della tavola, come decise di ricordargli il suo stomaco in quel preciso istante.
Nella fretta di sfuggire alla compagnia degli invitati, infatti, aveva mangiato solo un paio di canapé e non gli erano neanche piaciuti troppo - la dannata fissa di sua madre per la curcuma aveva colpito ancora – ma forse era ancora in tempo per trovare un mini-sandwich al salmone e formaggio... Diamine, ci contava.
Cercando di non dare troppo nell'occhio, Dom infilò la porta del soggiorno e si diresse verso il buffet – cocktail di gamberi, mini-quiche, patate novelle, pinzimonio...
Prima che potesse allungarsi ad afferrare uno dei mini-sandwich superstiti, una mano gli si aggrappò gentilmente all'avambraccio teso verso il vassoio.
- Scusami, tesoro... Sai se questo punch è alcolico?
A parlare era stata una signora anziana dal sorriso cortese ed una nuvola di capelli bianchi ben cotonati e raccolti sulla nuca.
Dom cercò di ricordare se vi fosse qualche grado di parentela a legarli.
- Uh, no.
Il sorriso della donna scomparve immediatamente.
- … che razza di persona offre un punch non alcolico ai suoi ospiti? Non mi meraviglia che questa festa sembri organizzata nel museo di Madame Tussaud dopo l'orario di chiusura.
Dopo quello sfogo inaspettato, la donna strinse di nuovo il braccio di Dom a mò di scusa: - Perdonami... Non volevo neanche venire, è questo il problema. Mi ha trascinato mia figlia, dice che devo uscire un po'. -
Mosse poi la mano come a scacciare un insetto molesto: - … oh, naturalmente non ti interessa.
Dom si ritrovò a non poter far altro che sorridere di nuovo, ancor più incerto di prima; in quel momento, Diane sbucò da chissà quale angolo del soggiorno e cinse le spalle del figlio, esclamando: - Signora Bingham! Va tutto bene?
L'anziana signora trillò fin troppo entusiasta: - Ma certo, mia cara! Ne stavo giusto parlando con il suo giovane ospite...
Diane dedicò una breve occhiata a Dom, replicando: - Oh... Quindi ha già conosciuto mio figlio, Dominic?
- Suo figlio?
La signora Bingham si voltò lentamente verso Dom, fissandolo attentamente con i suoi brillanti occhi azzurri.
- … Dominic Howard, dunque. - mormorò, e il ragazzo annuì con aria circospetta: non gli era piaciuto molto il tono usato dall'arzilla vecchietta, che sembrò dimenticarsi della presenza di sua madre apostrofandolo direttamente: - Matthew mi parla molto di te.
Dom ci mise qualche secondo a ricevere il messaggio: quando finalmente fece due più due, sbiancò.
Quella... Quella era...
- Sono sua nonna... Maureen Bingham. Il piacere è tutto mio.
- Bene! - commentò Diane, allegra ed inopportuna. - Ci vediamo più tardi per il brindisi!
Per la prima volta dopo molti anni, Dom ebbe una gran voglia di seguirla nel suo giro di convenevoli centellinati ad ogni singolo ospite: invece, rimase impalato ad affrontare la nonna del suo incubo ricorrente.
La sua sfortuna aveva deciso di fare gli straordinari e allietargli anche il giorno di Natale, insomma.
- Dominic Howard... Ti facevo più imponente, sai?
Detto da una donnina alta non più di un metro e mezzo non suonava granché offensivo, ma Dom chinò lo stesso la testa senza nemmeno avere la presenza di spirito di tentare una risatina di circostanza.
- … e prima non parlavi, poi?
Di certo la lingua lunga della signora Bingham non contribuiva a farlo sentire più a suo agio.
Servendosi un vol-au-vent su un tovagliolino, la donna disse: - Se avessi saputo che il party era a casa tua avrei convinto anche Matthew a venire, invece di lasciarlo a bighellonare da solo... Anche se forse non ti avrebbe fatto piacere, mhm?
Chissà cosa le aveva raccontato di lui, quell'impiastro del nipote. L'opinione che la signora Bingham aveva di lui sicuramente era pessima, a giudicare da come lo fissava e gli si rivolgeva.
Interpretando il suo prolungato silenzio come una conferma di quanto aveva appena detto, la donna annuì: - Lo immaginavo.
- Non ho nulla contro suo nipote. - borbottò in sua difesa Dom.
- Ma neanche ti piace.
La signora Bingham si guardò attorno, appallottolando il tovagliolo; poi si chinò verso Dom con aria cospiratrice, bisbigliando: - C'è un posto dove io possa fumare senza farmi scoprire da mia figlia, vero?
- … il giardino? - suggerì incerto Dom: la donna annuì, e chiese poi con un sorriso allegro: - Mi accompagni?


- Mhm... Così va meglio. -
La signora Bingham socchiuse gli occhi, rilasciando una densa boccata di fumo biancastro nella penombra del giardino e lasciando così Dom libero di cercare un argomento di conversazione che non fosse e riguardasse la loro conoscenza in comune.
Di che animale è la pelliccia che indossa?
Oh, fuma le Philip Morris. Wow.
Secondo lei quando arriverà la prima nevicata della stagione?
Cosa sa di me?

- Ne vuoi una?
Dom fissò il pacchetto di sigarette a lungo, prima di accennare ad avvicinarsi; a quel punto la signora Bingham ritrasse il braccio, esclamando: - Che diamine, non volevo dartela sul serio... Sono una madre e una nonna, insomma!
Aspirò un'altra boccata, emettendo un breve sibilo.
- Puoi rientrare, se vuoi.
In effetti stare lì non era affatto piacevole: il gelo che li circondava era umido ed appiccicoso, dato che quella sera il vento spirava dal mare. Rabbrividendo, Dom ritirò le mani all'interno delle maniche del cappotto e gettò una breve occhiata all'interno delle finestre illuminate dietro di sé: la signora Bingham seguì il suo sguardo e mormorò: - Ti stai annoiando anche tu?
Dom rilassò le spalle contratte in un'involontaria posizione difensiva, smettendo di seguire il balletto di ombre che si muovevano dietro la superficie traslucida delle tende in salotto, e annuì.
- Potevi invitare qualche amichetto o amichetta... Hai una fidanzata?
Bene, a giudicare dalla domanda Bellamy aveva taciuto sui particolari più patetici della sua esistenza. Un gesto magnanimo.
- No, no. - smozzicò in risposta.
La signora Bingham assunse una posa quasi divistica, reclinando il capo da un lato e sorridendo lievemente con la sigaretta fumante mollemente trattenuta da indice e medio: - Ma sì, sei talmente giovane... A quest'età dovete solo uscire e divertirvi.
Chissà, rifletté Dom, magari aveva davvero la faccia di uno che usciva e si divertiva con amici e amiche, uno che intrecciava amorazzi e viveva eccitanti avventure che sarebbero stati la consolazione della sua serena vecchiaia da uomo vissuto.
La signora Bingham dava l'impressione di pensarlo, il che non gli dispiaceva affatto.
- Suoni ancora la batteria?
- Sì...
- Suoni in un gruppo?
- No.
Illuminandosi in volto, la signora Bingham esclamò come se si trattasse della rivelazione del secolo: - Matthew suona il pianoforte! È molto bravo, compone persino... Ma già lo saprai, no?
Dom non ebbe modo di replicare, perché la donna gli riversò contro un frenetico fiume di parole entusiaste: - Conosci i Tornados? George, il papà di Matthew, era il loro chitarrista... O secondo chitarrista? Diamine, non ricordo... Comunque, erano un gruppo abbastanza famoso, all'epoca. Hai presente Telstar? Comunque, alla fine George ha abbandonato la sua carriera da musicista ed è diventato uno degli idraulici più scadenti del Regno Unito e poi dell'Australia.
- Oh... - commentò Dom, annuendo come se la storia di George Bellamy fosse di suo interesse.
La signora Bingham si prese un attimo di pausa per scuotere via la cenere dalla sigaretta, prima di riportare il focus della conversazione sul suo compagno.
- Cosa vuoi fare della tua vita, Dominic? Hai già un'idea?
Il ragazzo sbuffò, impacciato: - Non lo so...
- Quindi non vuoi fare il batterista di mestiere?
- Non ci ho pensato ancora...
- Hai rifiutato l'offerta di mio nipote anche per questo? Perché Matthew è molto serio, riguardo al suo progetto... Capisco che questo possa spaventarti un po'.
Oh, sì, il problema era esattamente quello, come no.
Interpretando il suo prolungato silenzio nella maniera giusta, la signora Bingham considerò in tono indifferente: - … ti spaventa di più quello che si dice in giro sul suo conto, va bene.
Continuò, pensierosa: - Io non dovrei impicciarmi, vero? Certo, sono sua nonna e gli voglio bene ma forse dovrei farmi gli affari miei...
Un secondo più tardi gettò a terra la sigaretta, contraddicendo quanto detto poco prima: - … e invece no, non mi sta bene. Non riesco a mandare giù il fatto che mio nipote venga considerato nell'ipotesi peggiore un mostro e in quella migliore un pagliaccio. Ha solo quindici anni, Cristo.
Un po' intimorito, Dom le fece notare: - Gliel'ho detto... Non ho nulla contro di lui.
La donna liquidò l'affermazione con un gesto sbrigativo: - Tranquillo, zucchero, non ti sto accusando di nulla... Sono solo stanca di vedere Matthew che continua a prendere schiaffi da tutte le parti per una sciocchezza che ha commesso in passato.
- Lui è... È un ragazzino adorabile, il più delle volte. Certo, non pulisce la sua stanza, lascia sempre in giro le sue cose, gli basta muovere un passo per far cadere qualcosa a terra, si arrabbia facilmente, esce senza permesso, non fa i compiti, mi ruba le sigarette, dice troppe parolacce e per farlo andare a messa dobbiamo letteralmente tirarlo per le mani ed i piedi...
Come se stesse riflettendo sulle proprie parole, la signora Bingham tacque; poi allargò le braccia, ammettendo: - … be', è un po' complicato ma è un ragazzino. Solo un ragazzino.
Dietro di loro, la porta si spalancò e Diane fece capolino, guardandosi attorno e notando suo figlio e la sua ospite in veranda.
- Oh, eccola qui... Signora Bingham!
- Mia cara Diane! Mi stava cercando? - ribatté la signora Bingham, con melliflua ingenuità.
Dom la vide nascondere la sigaretta sotto un piede e trattenne una risata.
- Sì... O meglio, la stava cercando sua figlia. - disse Diane; dietro di lei, infatti, c'era Marilyn Bellamy.
- Mamma, che ci fai qui fuori?
La signora Bingham si avvicinò a Dom, cingendogli le spalle con un braccio e cinguettando amabilmente: - Oh, niente di che... Dominic mi stava mostrando il giardino.
La signora Bellamy non appariva particolarmente persuasa: - Molto interessante... Sbaglio o sento odore di fumo?
- Fumo? Sta bruciando qualcosa? - chiese la signora Bingham, prima di annunciare: - Comunque, cara Diane, stavo per dire a Dominic che mi farebbe molto piacere averla come ospite per un tè, un giorno di questi.
Dom si voltò verso la donna, realizzando all'istante da quale membro della famiglia avesse ereditato il suo caratteristico entusiasmo psicopatico il più giovane dei Bellamy.
- Oh, sarebbe un piacere anche per me! -
Per essere una vecchina dall'aria fragile, la signora Bingham possedeva la stretta sicura e letale di un'anaconda nel fiore degli anni: - Facciamo domani alle quattro e mezza, allora? Oh, e... Dominic?
La voce dell'anziana donna si abbassò in un sussurro inequivocabilmente minaccioso: - … ovviamente sei invitato anche tu.
Fu allora che Dom si convinse che nonna e nipote fossero non solo fatti della stessa pasta, ma addirittura complici nella messa in atto di un piano semplice e raffinato al tempo stesso: conquistare il figlio – lui stesso - passando per l'ignaro e turlupinabile resto del nucleo familiare – sua madre.
- Veramente io... - tentò debolmente di difendersi il ragazzo, ma la signora Bingham lo zittì allegra: - Non ti piace il tè? Potrei prepararti una bella tazza di cioccolata, allora, che ne dici? Con panna e qualche cialdina croccante... Se non avessi problemi di diabete ti farei compagnia, accidenti! Fortuna che Matthew è in salute e goloso... Mio Dio, senti che vento! Fatemi rientrare, sono troppo vecchia per sfidare i germi del raffreddore!



Questo deve essere per forza un incubo. C'è chi sogna di essere in mutande di fronte alla propria ex-fidanzatina delle medie nonché un quarto degli alunni di allora ad additargli le pubenda ridendo e chi sogna di prendere un té con la propria nemesi.
Senza troppo entusiasmo, Dom seguì sua madre attraverso il giardino rigoglioso ed un po' incolto dei Bellamy.
Forse avrebbe dovuto millantare un improvviso, invalidante febbrone da cavallo o un oceanico carico di compiti da svolgere entro e non oltre quel pomeriggio, pena le più atroci ripicche da parte del prof schizzato di turno; la verità, però, era che conosceva dannatamente bene i suoi polli. Se intendeva liberarsi davvero delle attenzioni della signora Bingham avrebbe dovuto dirglielo a quattr'occhi e di certo non eludendo il problema come già in passato aveva cercato di fare senza successo con suo nipote.
Non era del tutto sicuro che sarebbe successo quel pomeriggio ma, rispetto per gli anziani o meno, probabilmente avrebbe dato il benservito anche alla nonna di Bellamy.
Sulla veranda, oltre ad un armadietto metallico, una poltrona ed un tavolinetto in vimini, c'era un gatto siamese addormentato: quando Dom e sua madre suonarono il campanello la bestiola sollevò il capo, scrutando il ragazzo con un cipiglio per nulla rassicurante – ma quale gatto aveva l'aria rassicurante, dopo tutto?
Ad accoglierli, dietro la porta scura, i due visitatori trovarono la signora Bingham ed un intenso profumo di cacao.
- Bene arrivati! Aspettate solo che finisca con la cioccolata e arrivo! - trillò l'anziana donna, prima di entrare in quella che doveva essere la cucina: nel frattempo Marilyn Bellamy venne incontro a Diane con un sorriso.
- Buonasera... Siete puntualissimi.
Diane ridacchiò: - Oh, per me è una questione di principio! Di solito sono sempre la prima a …
Dom smise di ascoltare i convenevoli di sua madre quando si accorse di Bellamy, semi-nascosto dietro sua madre; mentre si avviavano tutti e quattro in soggiorno, le rispettive genitrici assorte in una fitta conversazione, il ragazzo salutò brevemente Dom: - Ehi.
- Ehi. - lo imitò freddamente quest'ultimo.
Di rimando, quasi come se la situazione seccasse molto anche lui, Bellamy disse tutto d'un fiato: - Senti... Non è stata una mia idea, ok? Nonna è un po'... Esuberante, e testarda.
- Mi ricorda qualcuno... - ironizzò Dom, prima di prendere posto al tavolinetto circolare del soggiorno, apparecchiato con grande cura per il tè.
La signora Bingham fece il suo ingresso con le cioccolate e la teiera, trottante e zufolante come fosse il giorno migliore della sua vita.
- Eccomi qua... Guardate quante cose buone!
Un'enorme tazza di cioccolata decorata da un'imponente pagoda di panna montata, quattro lingue di gatto, una spolverata di cacao e di glitter alimentare rosso fu piazzata con solerzia sotto il naso di Dom.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un atterrito: - È enorme. - che venne prontamente captato da Bellamy, seduto accanto a lui: - In puro stile Maureen Bingham... Se non la finisci ci provo io.
Dopo aver sorseggiato il suo tè, Diane posò la tazza sul tavolo e si rivolse gentilmente a Bellamy: - Matthew, non ti vedo da così tanto tempo... Sei davvero cresciuto, in questi mesi!
Il ragazzo annuì, quasi strozzandosi con il cucchiaino nel rispondere: - Cinque centimetri.
Diane esplose in una risata mondana: - A quest'età ci si allunga come spighe... Anche Dominic è piuttosto alto.
Dom alzò brevemente gli occhi al cielo - possibile che sua madre non riuscisse a parlare di qualcosa che non fosse la sua altezza, con amici e conoscenti? E ovviamente, dopo una breve pausa per sbocconcellare un sandwich, aggiunse l'immancabile: - Ma non ancora quanto suo padre... -
La signora Bellamy colse l'occasione per domandare: - Oh, a proposito... Posso darle del tu, giusto? Tuo marito come sta, Diane?
Dom si irrigidì all'istante, distogliendo lo sguardo dalle tre donne e incontrando così quello di Bellamy, il quale aveva già finito la panna e stava attaccando alacremente il tiepido strato sottostante di cioccolata – certo che era vorace, per essere un ragnetto rachitico.
Diane intanto stava rispondendo, con un sorriso più affettato del solito: - È in viaggio di lavoro al nord, nel Lancashire.
- Un viaggio piuttosto lungo... Non è tornato nemmeno per il Natale. - osservò distrattamente la signora Bingham, versandosi del latte.
- Sì, ma cosa posso farci? Posso solo tirare avanti quaggiù ed aspettare. - sorrise ancora Diane.
Dom fece cadere il cucchiaino nella tazza, lasciando che venisse soffocato dall'abbraccio morbido di panna, cacao e lustrini.
La signora Bellamy se ne accorse: - Non ti piace, Dominic?
- Sì, mi piace moltissimo ma non ho molta fame...
La signora Bellamy annuì e volle sapere: - Come va con la scuola? Sei al terzo anno, immagino sia difficile...
Dom alzò le spalle, rispondendo: - Non tanto... Cioè, non troppo.
- Ti piace studiare?
- Dipende dalla materia.
- Qual è la tua materia preferita?
- Di sicuro non educazione fisica... - si intromise Bellamy, un ghigno furbetto macchiato di cioccolata sul viso ossuto: lo stronzetto sapeva certamente dei suoi pessimi trascorsi di mancato corridore, pallavolista, cestista e qualsiasi altro metodo di tortura avesse in serbo il professore di ginnastica per i suoi allievi.
Dom lo fulminò con un'occhiata, prima di proseguire: - Non lo so... Me la cavo in tutte, più o meno.
Prendendo spunto dalla padrona di casa, Diane disse: - E tu, Matthew? Qual è la tua materia preferita?-
- Credo che sia musica... Oppure recitazione, l'anno scorso ho preso il massimo dei voti.
- Quello è un laboratorio, non vale. - precisò Dom, e Matt lo rimbeccò immediatamente: - Invidioso.
In quel momento qualcosa di morbido e caldo si strofinò contro le gambe di Dom, che sobbalzò: un miagolio stridulo si inserì nelle chiacchiere dei cinque commensali.
- Cosa...? - esclamò la signora Bingham, chinandosi per guardare sotto il tavolo.
- Miele, cosa ci fai qui?
Quando la donna lo prese in braccio, il siamese che Dom aveva visto sonnecchiare in veranda le infilò saldamente gli artigli delle zampe anteriori nella maglia e puntò gli occhi azzurri e strabici sul resto della compagnia.
La signora Bellamy si sistemò la bestiola in braccio a mo' di neonato, parlando al nipote: - Gli hai dato da mangiare?
Fissando gelido il gatto, Bellamy bofonchiò: - L'ho dimenticato.
Schioccando la lingua in segno di disapprovazione, la signora Bingham si rivolse direttamente a Miele, sollevandolo in aria e tenendolo a distanza fin troppo ravvicinata dal viso: - Povero micio... Ma adesso Matthew ti dà la pappa, mhm?
Come risposta ricevette un verso basso e livoroso come un ultimatum – o la pappa o la vita.
La signora Bingham si alzò per consegnare l'animale al nipote e ordinargli: - Vai, ora... E fatti accompagnare da Dominic, così gli mostri un po' il giardino!
Bellamy sembrava persino meno entusiasta di Dom, all'idea – ma, un momento... Non aveva forse preso il massimo dei voti in recitazione?
- È solo un giardino, nonna...
Ormai, però, era troppo tardi: la signora Bingham incalzò il nipote, costringendo sia lui sia Dom ad alzarsi da tavola in tutta fretta: - Correte, su! Non vorrei che Miele diventasse di cattivo umore...


- Bestiaccia lunatica... Ahi!
Appena furono in veranda il siamese saltò a terra con elegante nonchalance, non prima di aver marchiato la mano di Matt con un lungo graffio vermiglio.
Provando nei confronti della mini-belva un'istintiva simpatia, Dom sogghignò.
- Carino.
Bellamy si sfiorò il graffio con cautela, borbottando: - È fuori di testa... E nonna è più pazza di lui ad averlo chiamato “Miele”.
Restarono entrambi a guardare il gatto scomparire dietro una siepe, in silenzio: poi Bellamy indicò tutto intorno a sé, elencando annoiato: - Vabbe', uhm... Questo è il giardino. Quelli sono dei fiori. Quelli sono dei nani in gesso. Quella è erba. Fine del giro, puoi rientrare.
- Non so se mi va di tornare là dentro. - disse sinceramente Dom, puntando la poltrona in vimini – sembrava piuttosto confortevole.
Bellamy sospirò, infilandosi le mani in tasca.
- A chi lo dici.
- Non vai a mettergli da mangiare? - gli ricordò Dom.
- Qua attorno è pieno di gabbiani e lui è un gatto... Lasciamo che la natura faccia il suo corso. - sentenziò Bellamy, dondolandosi sui talloni e chinando il capo in avanti.
- Cioè che i gabbiani lo spolpino vivo?
- Non sono così cattivi...
- Hai visto i manifesti che il sindaco ha fatto attaccare in giro per la città?
- Allarmismo inutile... Si chiama “equilibrio del terrore”.
- Non credo si chiami davvero così, sai?
Bellamy soffiò come probabilmente soffiava Miele durante i suoi attacchi d'ira peggiori, e Dom pensò che l'atmosfera, nonostante tutto, fosse inaspettatamente rilassata. Per quanto Bellamy giocasse in casa non sembrava godere di alcun vantaggio pratico su di lui, anzi: più il tempo passava più appariva a disagio ed irritato.
Si permise quindi di pungolarlo un po', per il semplice gusto di farlo: - Vai a dargli da mangiare, su.
- Chi cazzo sei, il presidente onorario del WWF?
- E tu sei il presidente onorario del Club del Culo Pesante. -
Bellamy aprì bocca per rispondere a tono, ma cambiò idea all'ultimo; invece, prese un bel respiro e sputò tutto d'un fiato: - Nonna ti ha detto qualcosa su di me, ieri sera?
Il dubbio che fosse tutta una commedia per incastrarlo tornò a farsi strada in Dom: - Sì...
A quel punto Bellamy sbottò: - Che palle! Quand'è che imparerà a farsi i cazzi suoi?
- … e mi ha detto che dici troppe parolacce, tra le altre cose. - puntualizzò Dom, e l'altro mugugnò qualcosa di indistinto.
- Scusa?
- Ho detto che è imbarazzante. - scandì con più forza Bellamy, guardandolo dritto negli occhi.
Non aveva torto, di sicuro.
- Ti vuole bene. - ponderò Dom.
- Purtroppo.
- Dai, almeno è divertente.
- Perché tu non devi conviverci ogni giorno.
Bellamy mormorò di nuovo qualcosa a testa bassa, e Dom dovette di nuovo chiedere che lo ripetesse ad alta voce.
Gli occhi chiari ridotti a due fessure, la mandibola serrata e i capelli a formare la solita cortina divisoria tra lui ed il resto del mondo, Bellamy sillabò: - Sei qui perché ti faccio pena?
- Ho ricevuto un invito e non ho fatto in tempo ad inventarmi una scusa plausibile, tutto qui.
Era la verità, più o meno.
Uno straziante lamento felino si levò da un punto imprecisato del giardino.
- Ok, quel sacco di pulci isterico ha sofferto abbastanza... Vado a sfamarlo. - si decise Bellamy, aprendo l'armadietto e prendendo un enorme pacco di croccantini.


- Matthew, tesoro, stavamo proprio parlando di te!
A giudicare dalla sua faccia, non era esattamente il genere di frase che Bellamy amava sentirsi rivolgere.
Le tre donne in soggiorno avevano l'aria di conoscersi da sempre, sorridenti e tranquille; Diane disse a Bellamy: - Tua madre e tua nonna mi hanno detto che suoni il pianoforte.
- Più o meno, sì. - si schernì il ragazzo, alzando un piede come se fosse intenzionato a muovere un passo e non avesse ancora deciso in quale direzione.
Diane, ignara del suo disagio, continuò entusiasta: - Perché non ci fai sentire qualcosa, eh?
Come a cercare un po' di sostegno e come se fosse consapevole di averlo cercato nel luogo sbagliato, Bellamy guardò Dom e poi si voltò di nuovo verso la donna: - Io non...
- Su, non essere timido! - già, in fondo non doveva essere troppo divertente trascorrere ogni giorno con una campionessa di tatto come Maureen Bingham.
L'anziana donna si avvicinò al piccolo pianoforte verticale del soggiorno, sollevando il pesante drappo che proteggeva i tasti dalla polvere e premette un tasto, mentre iniziava a raccontare: - Tre o quattro anni fa... Avevi dodici anni, Matthew, giusto? Ha vinto un concorso scolastico con un brano di Ray Charles. La giuria era in visibilio, i suoi compagni l'acclamavano come fosse una rockstar consumata, i genitori in platea si chiedevano chi fosse quel bambino così dotato...
- Nonna. - disse Bellamy, i pugni serrati lungo i fianchi e la voce ridotta ad un gorgoglìo rabbioso.
- Un talento naturale, fin da piccino... E pensare che ha cominciato con la sigla di Dallas! Paul c'è stato un pomeriggio intero per insegnargliela e...
La signora Bellamy riuscì a fermare il monologo di sua madre con un quieto: - Mamma. -
Quest'ultima accarezzò un'ultima volta la tastiera, teneramente: poi tagliò corto, ricoprendo i tasti e tornando seduta: - Va bene, va bene... Ma la timidezza dovrà passargli per forza, se vuole davvero mettere su una band.
In un tentativo di stemperare la tensione di cui alla fine persino lei si era accorta – il silenzio in soggiorno era pesante come gli sguardi che nonna e nipote si erano scambiati durante il loro alterco - Diane sorrise esitante: - Tale padre, tale figlio.
- … spero di no. - mormorò la signora Bingham. Sua figlia quasi le parlò sopra, rivolta ai due ragazzi presenti e muti come statue: - Volete andare in camera? Immagino non vi interessino le nostre chiacchiere...
Dom non potè far altro che seguire Bellamy, il quale aveva iniziato a salire le scale che portavano al primo piano prima ancora che la signora Bellamy tacesse.

- Scusa il disordine.
Dom ripensò a quanto gli aveva raccontato la signora Bellamy il giorno prima a proposito del disordine di suo nipote – non aveva esagerato: quella stanza era un disastro.
Da sotto il letto sporgevano maniche di felpe e maglie che sembravano implorare libertà dalla loro orribile prigionia; decine di dischi erano accatastati sul pavimento, accanto ad un giradischi dall'aria polverosa. Accanto ad un'antiquato abat-jour dal paralume frangiato in raso, un paio di libri erano aperti sul comodino, con le pagine rivolte all'ingiù per tenere il segno. Il cestino della carta straccia, a fianco della scrivania piena di quaderni, spartiti, mutande, calzini, era paradossalmente vuoto: paradossalmente, perché ovunque c'erano fogli accartocciati, post-it, involucri di merendine tranne lì dentro.
Spostando un walkman e qualche musicassetta, Bellamy invitò Dom a sedersi.
Seduti l'uno vicino all'altro, le gambe penzolanti dal bordo del letto e lo sguardo perso nel vuoto, erano il ritratto dell'incertezza.
Urtare con la mano la custodia di una cassetta diede a Dom uno spunto per avviare – si sperava – na conversazione.
- Rage Against the Machine.
- Ti piacciono? - chiese Bellamy. Dom scosse il capo: - Non li seguo.
… davvero stantio, come inizio.
Bellamy affermò: - Sono forti.
- Lo immagino.
- E comunque mi dispiace.
Dom si voltò verso l'altro, che seguitò: - Mi dispiace di aver coinvolto anche nonna, mio malgrado... Non avrei dovuto dirle di te, la conosco bene. Farebbe di tutto per me, glielo riconosco. E poi mi dispiace per tutto il resto, per averti messo paura e per essere stato un cretino.
Si morse il labbro, ondeggiando un piede freneticamente: - È che nessuno mi dà retta e io sono stanco, capisci? Sono stanco della leggenda del bambino prodigio, del pazzo che credeva di essere un alieno, di essere sempre quello strano. Io so chi sono e voglio che lo sappiano anche gli altri ma non posso farcela da solo perché nessuno, dico, nessuno mi dà retta... Credi che non abbia già proposto ad altri quello che ho proposto a te?
- E e e poi quello che piace a me non piace a nessun altro, non so con chi parlare, non... - la voce di Bellamy si spezzò e le mani iniziarono a tremargli convulsamente.
Dom si riebbe dallo shock di stare raccogliendo uno sfogo oceanico dall'ultima persona al mondo dalla quale se lo sarebbe aspettato e disse: - Ti senti male? Chiamo tua madre?
- No, no, è tutto ok... - bisbigliò Bellamy. - … mi succede spesso, in realtà. Non davanti a qualcuno, ecco, però...
Dom non aveva mai assistito ad un fenomeno del genere: in sedici anni di vita non aveva mai visto un ragazzo piangere a quel modo.
Un dubbio però doveva toglierselo, per quanto indelicato fosse: - … non fai la commedia, vero?
Matthew sollevò il capo, tirando su rumorosamente col naso e scostandosi i capelli dagli occhi – e Dom ebbe un flashback di ciò che era accaduto in biblioteca, capendo che sì, Matthew Bellamy aveva davvero tanta paura.
- No, è che mi mancava rendermi ridicolo di fronte a te.




Non so che dire, non credo neanche sia il caso di lolleggiare a proposito dei pomodori marci che mi merito. Sappiate solo che questo capitolo ha rubato tempo ed energia alla mia tesi e che il mio cervello ha deciso che è cosa buona e giusta e che sono stanca, sfiduciata, incazzata ma amo questa storia, amo che mi stia sbudellando e che mi faccia paura. È un affare privato e più grosso di quel che sembra, a prescindere da quanto sia buona o meno.

(“Se è davvero così privato perché la pubblichi?” “... ssssh.”)

Chiunque sia ancora in ascolto... Ciao, ti va di spiegarmi perché? *ride*
E grazie. ♥

   
 
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