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Autore: skeight    12/01/2012    2 recensioni
Inuyasha, commesso in una boutique di alta moda, tiranneggiato dal fratellastro e padrone del negozio Sesshomaru, trova in uno strano manichino l'incontro che cambierà la sua vita. Liberamente ispirato al film "Il bacio di Venere" di William A. Seiter (1948).
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Kikyo?”

Appena pronunciò quel nome scritto sull’etichetta, il manichino iniziò a brillare. Inuyasha indietreggiò spaventato, e vide le venature del legno riempirsi di luce abbagliante, come fiumi in piena: in pochi istanti tutta la sagoma fu circonfusa di luce, che rischiarò a giorno l’intero magazzino. Il mezzodemone, accecato e stupito, si coprì gli occhi con una mano e cadde all’indietro. Dopo interminabili minuti avvertì che il bagliore era diminuito, e si arrischiò a guardare cos’era avvenuto. Ciò che vide gli mozzò il fiato.

Al posto del manichino c’era una donna, una giovane donna dalla pelle chiara e i lunghi capelli neri. Era in punta di piedi, ma pareva che si librasse in aria, tanto era leggiadra la sua figura. E se anche non emanava più quella luce innaturale, comunque il suo volto abbagliava lo stesso, per quanto era bello. Inuyasha la osservava, incapace di spiccicare una parola. Poi l’essere aprì gli occhi, e lo fissò in volto.

“E tu chi sei?” chiese.

“Io... io lavoro qui...” balbettò Inuyasha, confuso.

“Lavori qui? Dove mi trovo?”

“Questo è... il magazzino del negozio di abbigliamento Inu-no-taisho...”

“Un negozio di abbigliamento? Come ci sono arrivata?”

“Beh me lo dovresti dire tu... eri tra gli altri manichini...”

“Ho capito” disse la donna spazientita “dovevo immaginare che sarebbe successo prima o poi.”

Con fare deciso la donna iniziò a camminare, ma quasi subito si fermò, e tornò a parlare ad Inuyasha.

“Dimmi, da dove si esce?”

“Da... da quella...parte.”

“Perché così balbuziente? E poi, è da prima che continui a fissarmi, che c’è?”

“Beh... non è una cosa che avviene tutti i giorni” disse Inuyasha, e si riferiva all’apparizione sovrannaturale, certo, ma non poteva dire che il suo sguardo era così fisso anche perché la donna era completamente nuda, e si muoveva con naturalezza come se non lo fosse.

“Grazie, comunque” disse lei, e si mosse verso l’uscita. Inuyasha la seguì, prevedendo che ci sarebbe stato bisogno di lui. Infatti appena la donna aprì la porta di uscita vide davanti a sé una strada affollata di gente, auto che sfrecciavano, bambini che piangevano, beoni che ridevano, predicatori che predicavano, vip che cincischiavano, nip che si infiltravano, fotografi che scattavano, atleti che correvano, moto che sgasavano, stilisti che stilavano, sonnambuli che camminavano e manager che telefonavano. E tutti poco a poco, come un’onda anomala, si voltarono verso di lei, ad osservarla basiti. La donna chiuse di scatto la porta.

“Non pensavo di essere in piena città” disse.

“Forse è meglio che ti copri” suggerì Inuyasha, sebbene in cuor suo avrebbe preferito che restasse in déshabillée.

“Sì, hai ragione... hai dei vestiti, qua?”

“È l’unica cosa che non mi manca” rispose il giovane.

 

Nel magazzino si tenevano anche i vestiti con errori di realizzazione, ma la maggior parte di quelli alla vista sembravano in ottime condizioni. Dato il prestigio del negozio, Sesshomaru era puntigliosissimo nel pretendere che ogni particolare di ogni abito fosse realizzato con la massima cura, e quindi anche un piccolo errore condannava un vestito all’ergastolo magazziniero. Inuyasha trovò un tailleur la cui scollatura aveva un’asimmetria quasi impercettibile, e lo diede alla donna perché lo indossasse.

“Grazie” disse questa.

“Figurati. Ma mi puoi raccontare chi sei, e come sei arrivata qua? Non ci sto capendo niente.”

“E sia. Mi chiamo Kikyo, e un tempo ero una miko, una sacerdotessa sull’isola di Hokkaido. Giravo per tutti i villaggi del paese a curare i malati e pregare per i defunti...”

“Aspetta un attimo. Quali villaggi? Qua son tutte città.”

“Nei tempi in cui parlo erano villaggi, ma si tratta di secoli fa.”

“Come sarebbe a dire, secoli fa? Tu sei solo una donna umana, non puoi vivere così a lungo.”

“Infatti non sono viva.”

“Cosa?”

“Ascoltami, invece di interrompermi sempre. Io morii giovane, uccisa da un demone. Dopo la morte venni bruciata e le mie ceneri conservate nel mio villaggio natale. Tuttavia un giorno una strega di nome Urasue le rubò, e fece su di esse un incantesimo, e mi ricreò un corpo artificiale, in cui fece rientrare la mia anima. Lo fece perché aveva bisogno della mia forza spirituale per i suoi incantesimi. E da allora andiamo avanti così, lei mi rinchiude in un corpo artificiale, quello che hai visto prima, e quando ha bisogno di me mi richiama in vita.”

“E quindi prima sei stata richiamata in vita? Ma come è successo?”

“Quando hai pronunciato il mio nome, il mio spirito si è risvegliato e ha ripreso possesso del corpo, e quello che credevi un manichino ha ripreso vita.”

“Ma io questa Urasue la conosco! È quella che ci fornisce i manichini per il negozio!”

“Quella è l’attività che Urasue porta avanti per vivere senza preoccupazioni economiche, ma il suo vero mestiere è la strega”

“E quindi ora tu vuoi tornare da lei?”

“Sì.”

“Ma se hai detto che ti costringe a lavorare per lei”

“E che vuol dire? Comunque mi ha riportato in vita. Questo corpo finto non è male, mi ci trovo bene. Forse non mi posso definire libera, ma certo lo sono più in questo modo che non stando nel regno dei morti.”

“Capisco...”

“Tu sai quanto distiamo dalla dimora di Urasue?”

“A dire il vero... no. Ma chiediamo a mio fratello Sesshomaru, che è quello che si occupa degli affari: lui lo saprà di sicuro.”

 

“Non ne ho la minima idea” disse Sesshomaru attorcigliandosi i capelli lungo un dito.

“Come no? Urasue è una nostra fornitrice!” protestò Inuyasha.

“Certo, certo... però è Urasue che ci manda i manichini, non noi che andiamo a prenderli, quindi non sappiamo dove abita... anche perché è proprio lei che tiene una barriera intorno alla sua abitazione, per non essere disturbata da estranei. Probabilmente non aveva preventivato che si potessero creare simili situazioni...” e lanciò uno sguardo molto significativo in direzione di Kikyo, che lo ignorò.

“E quindi, come si fa? Kikyo non potrà tornare a casa sua?”

“Beh, può provarci ma dubito che ci riuscirà, così da sola. Comunque non c’è da preoccuparsi, quando Urasue si renderà conto della sua assenza verrà qui a riprendersela, e risolveremo ogni cosa. Si tratta solo di avere un po’ di pazienza. Nel frattempo, Inuyasha, sarai a tu a prenderti cura di lei, mi auguro.”

“Io? Come se non avessi già abbastanza lavoro da fare in negozio, e un buco d’appartamento! Perché non te ne occupi tu?”

“State tranquilli” disse Kikyo alzandosi “non ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me” e uscì dalla stanza.

“Bravo, coglionazzo” commentò Sesshomaru.

“Che intendi dire?”

“Non vedi? L’hai offesa. Vai a scusarti, prima che si allontani e si metta in qualche guaio.”

L’aveva offesa? Inuyasha corse da lei, per fermarla.

“Scusa Kikyo se prima sono sembrato offensivo...”

“Tranquillo. Comunque non ho bisogno di cure, sono autonoma.”

“Sì, d’accordo, ma finché Urasue non si fa viva che farai? Non hai una casa, soldi, niente!”

“Me la caverò. In fondo, sono già morta, non posso morire di nuovo.”

“Ne sono convinto... però non posso mica lasciarti per strada. Se almeno oggi vuoi dormire a casa mia, e poi da domani ti do anche una mano per orientarti qua in città.”

“Dormire a casa tua? Non farti strane idee...”

“Ma che vai pensando!? Non ho alcuna intenzione di fare... sì insomma, quella cosa...”

Kikyo lo fissò a lungo in volto, poi scrollò le spalle.

“Penso di potermi fidare, sei davvero troppo timido per essere un pericolo.”

“Com’è gentile!” pensò Inuyasha, stizzito. Comunque ormai si era offerto di ospitarla, e la condusse con sé a casa.

 

Miroku non credeva ai suoi occhi: Inuyasha, che era un tipo molto riservato, chiuso, scontroso, timidissimo con le ragazze, il classico sfigato nonostante l’aspetto nient’affatto sgradevole, portava a casa una bellezza sfolgorante come quella che vedeva incedere sdegnosa nel corridoio?

Inuyasha! Lei...?”

Miroku, ti presento Kikyo” tagliò corto il mezzodemone.

“Onorato, signora” disse prontamente Miroku con un inchino “spero che si troverà bene qui in casa nostra... può fermarsi tutto il tempo che vuole, e se oltre all’alloggio dovesse desiderare anche un po’ di compagnia...” si interruppe: sentiva su di sé gli sguardi gelidi sia della donna che, soprattutto di Inuyasha, e capì che avrebbe dovuto troncare la frase che stava per dire per evitare spiacevoli conseguenze fisiche.

Inuyasha tirò un sospiro di sollievo: il problema Miroku era risolto. Però se ne presentava un altro. I due coinquilini avevano un solo letto, a due piazze, in cui dormivano entrambi, mantenendo il più possibile la distanza, a rischio di cadere a terra. Tuttavia una terza presenza, e per di più femminile, comportava una chiara difficoltà.

“Potremmo stringerci...” propose Miroku ma come risposta ricevette un pugno in testa.

“Non voglio crearvi problemi” disse Kikyo “Posso benissimo dormire a terra.”

“Non se ne parla neanche” disse deciso Inuyasha “Sei nostra ospite quindi dormirai nel letto. Io e Miroku dormiremo a terra.”

“Cosa? Ma, Inuyasha...”

“Io e te dormiremo a terra. Chiaro?”

Il tono non ammetteva regole, e Miroku dovette cedere. Così dormirono sul pavimento, e per giunta nel corridoio, per consentire alla donna di riposare lontana da occhi indiscreti.

“Ma dove l’hai incontrata?” chiese Miroku ad Inuyasha.

“Se te lo racconto non ci credi” fu la risposta “Dormi.”

“Come non ci credo? Su, dimmi.”

“È una storia lunga, Miroku, e sono stanco. Te la racconto un’altra volta.”

“D’accordo. Certo però che è proprio bella.”

“Sì, è vero. Dormi.”

“E bravo Inuyasha che si trova le belle ragazze! A forza di stare in casa con me un po’ hai imparato come si fa.”

“Per favore, Miroku, invece di dire sciocchezze te ne stai zitto e mi fai dormire?”

“Certo, certo. Ma ti piace, vero?”

“Sono fatti miei. Dormi.”

“Va là, sta a vedere che te ne venivi a riposare nel corridoio a far compagnia ai topi se non ti piaceva.”

“Nel corridoio ci dormo una sera sì e l’altra pure per colpa tua, ma non per questo mi piaci.”

Touché. Però non venirmi a dire che non ti piace, perché non ci credo.”

“D’accordo, Miroku. Mi piace. Ora potresti chiudere quella stradannata bocca e metterti a dormire!?”

 

   
 
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