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Autore: Alyson_    12/01/2012    0 recensioni
Ho deciso di scrivere questa storia sotto consiglio di mia sorella, la quale a sua volta ha scritto una Fan Fiction di Supernatural. Diciamo che, leggendo la storia di mia sorella, iniziai a chiedermi cosa fosse successo ad Alyson e come mai fosse stata rapitia, quindi ci siamo dette "Perchè non scriverlo?". Ed ecco qui il frutto di questa decisione. Spero vi piaccia, commentate, le critiche sono ben accette, so di non essere una scrittrice professionista.
...aspettammo il loro ritorno, il ritorno degli uomini che avrebbero salvato la Terra.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione, Più stagioni
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H olaaaa!! Ecco un nuovo capitolo, siamo quasi alla fine, come si può presumere dal titolo di questo capitolo!lol…Leggete, leggete, non so pèiù che dire u.u
Byeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

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Chapter 9 – My name is Death and the End is near

Nel momento stesso in cui mi svegliai, prima ancora di aprire gli occhi, avvertii subito il calore e la presenza di Dean accanto al mio corpo avvolto nelle lenzuola bianche. Il suo braccio sinistro mi cingeva  i fianchi e stringeva forte la sua mano nella mia. Non so se dormisse ancora, ma comunque cercai di non fare rumore alzandomi dal letto, però qualcosa mi bloccò, mi girai per vedere cosa fosse e vidi la mano possente di Dean che mi stringeva il braccio, impedendomi di alzarmi. Con gli occhi ancora assonnati, mi disse:
<< Hey piccola, dove credi di andare? >>
Con l’altro braccio si aiutò a trascinarmi di nuovo sotto le coperte, senza trovare alcuna opposizione da parte mia. Mi ritrovai di nuovo vicino a lui, così vicino da sentire il suo respiro sulle mie labbra e così vicino da potergli permettere di sentire il battito del mio cuore che accelerava sempre di più. Ero ancora un po’ scossa dagli avvenimenti della sera precedente, e forse anche incredula. Insomma credo che chiunque abbia avuto la fortuna di conoscere Dean, abbia lavorato di immaginazione, non voglio esagerare paragonando Dean ad un dio, ma un’esperienza del genere con lui non si dimentica facilmente, ve lo posso assicurare.
Dean continuava a baciarmi, e io ricambiavo i baci e le carezze, poi lui si fermò improvvisamente.
<< Che succede? >> gli chiesi.
<< Nulla che uno spazzolino possa aggiustare >>, mi rispose ridendo.
<< Certo che sai proprio come rovinare un bel momento, vero? >>
<< Un bel momento? >>
Che stupida. La mia felicità aveva fatto volare la mia immaginazione sempre più in alto, peccato però che era volata troppo lontano.
<< Lascia stare, vado in bagno a lavarmi i denti. >>
Feci per alzarmi dal letto, tirandomi il lenzuolo per coprirmi, ma Dean mi bloccò nuovamente.
<< Aspetta, dai, che fretta c’è? Rimani ancora con me nel letto. >>
Ero combattuta tra il desiderio di tornare subito nel letto tra le sue braccia, e la voglia sensata di correre in bagno e mandarlo a quel paese, ma, ovviamente, vinse il forte desiderio, un desiderio davvero inesauribile, era come se non vedessi Dean da moltissimo tempo, e ora volevo stare con lui per recuperare tutto il tempo perduto. Ma il problema era che Dean lo conoscevo neanche da un mese. Non che avessi fatto nulla di male o terribile, ma la mia dignità di donna soffrì parecchio per quel gesto tanto voluto ma tanto sbagliato. Mi lasciai andare, era quasi impossibile resistere a Dean, e in quel momento mi odiai, perché ero sicurissima che il mio consenso a continuare avrebbe solo ingrandito l’enorme ego di Dean. Era visibilmente compiaciuto. Sono proprio un’idiota.
<< Smettetela di fare i piccioncini, c’è del lavoro da fare. >>
Fu una voce maschile a parlare. Mi sciolsi dall’abraccio di Dean per girarmi e vedere chi altro ci fosse nella stanza. Cercai di soffocare un grido di sorpresa e mi tirai subito il lenzuolo fino al collo. I demone Crowely era in piedi davanti al letto, inespressivo come sempre e vestito con il solito completo nero perfettamente adattato alla sua figura.
<< Voi demoni non avete nient’altro da fare? Vi siete ridotti a fare i guardoni? >> disse Dean cercando di sdrammatizzare.
<< Ci sono delle novità. Morte ha colpito. Chicago sarà rasa al suolo nelle prossime ventiquattro ore >>, disse Crowely ignorando Dean.
<< Cosa? Ma non ci arriveremo mai in tempo, ci vuole almeno un giorno per arrivarci >>, dissi.
<< E’ per questo che abbiamo deciso di diventare amici di un demone, giusto? >> disse Dean sorridendo.
Il demone annuì in segno di approvazione, rispondendo quindi anche alla mia domanda.
<< Dove sono Julia e Sam? >> chiesi.
<< Nell’Impala a fare i piccioncini come voi >> rispose Crowely scuotendo la testa e girandosi su se stesso.
<< Nella mia piccola? Hanno fatto sesso nella mia macchina? >> Dean sembrò disgustato, non riusciva a togliersi il pensiero della sua Impala mentre veniva usata per una notte di passione che non fosse la sua, << che schifo! >> aggiunse, rimettendosi la maglietta del giorno prima, il che mi fece di ricordare che l’unica cosa che impediva al mio corpo nudo di essere visto dai due uomini nella camera, fosse un lenzuolo bianco. Quindi corsi subito in bagno.
<< Oh andiamo Alyson, non c’è nulla che non abbia visto >>, urlò Dean.

Che idiota. Pensai.

 Ci ritrovammo tutti fuori al motel, vicino l’Impala, Dean e Sam discutevano sugli ultimi particolari con Crowely, che sembrava molto impaziente di volare, a Chicago. Con mia sorpresa, date le milioni di cose a cui pensare, riuscii a riflettere un po’ su ciò che era avvenuto la notte precedente tra me e Dean, ma forse riflettere è un termine troppo esagerato, in quanto non riflettetti, ma più che altro mi feci un milione di domande senza mai riuscire a rispondermi. Me ne ero pentita? E lui? Sarebbe cambiato qualcosa tra me e lui? Però forse ad un’unica domanda riuscii a rispondere, quella più dolorosa, quella dalla risposta ovvia: Dean provava qualcosa? Penso che la risposta sia abbastanza scontata e anche confermata da lui stesso la mattina dopo. La risposta era no. E io? Io provavo qualcosa? Sembrava essere un ennesimo enigma per me. Non mi ero mai definita una ragazza romantica, ne tanto meno me ne stavo immobile e in ansia ad aspettare il mio grande amore, ma non ero di certo una ragazza facile. Insomma, ho sempre creduto di essere forte, che nulla e nessuno avrebbe mai potuto distruggere la corazza che mi ero creata attorno, ero sempre felice e sorridevo sempre, e di rado piangevo, ma ciò che nessuno ha ma scoperto, è ciò che giace in silenzio sotto quella corazza. Non credo provassi forti sentimenti per Dean, ma non volevo mentire a me stessa e convincermi che non provassi nulla.
Julia sedeva accanto a me sul cofano dell’Impala, sembrava fissare Sam e Dean che discutevano animatamente.
<< Dean ascoltami. Io sono d’accordo con te per quanto riguarda me e ciò che ho fatto in passato, so che tu credi che io sia troppo debole per riuscire a combattere contro Lucifero, e anche io lo credo >>, Sam cercava di placare la tensione che si era creata tra i due, usando un tono di voce stranamente calmo, dato che ogni volta che si parlava di Lucifero e dell’Apocalisse, per i Winchester sembrava quasi impossibile non urlare e litigare.
<< Credimi, so esattamente quanto io sia incasinato, e sappiamo tutti che non valgo quanto te o Bobby o Cas- >>
<< Oh Sam per favore, non è così >>, disse Dean ormai senza speranze.
<< E’ vero, ma è anche vero che io sono tutto ciò che abbiamo. Se c’è un’unica possibilità di riuscire a spedire quel bastardo di nuovo nella sua gabbia infernale, quella sono io, e tu lo sai. Se ci fosse un altro modo…ma non credo ci sia, ci sono solo io. >>
<< Sam ci deve essere un altro modo, e io lo troverò. Tu non puoi- >>, le parole furono bloccate da un groppo in gola, Dean stava per piangere, ma era troppo orgoglioso per farlo davanti a noi.
<< Non c’è, non c’è nessun altro modo. >>
Era proprio vero, non c’era nessuno altro modo, Sam doveva saltare nella gabbia con Lucifero, ma prima doveva riuscire a prendere il controllo del suo corpo. Ovviamente neanche io volevo che Sam morisse, ma sembrava essere l’unica via d’uscita dall’Apocalisse, almeno l’unica che includesse la minor perdita di persone.
Julia decise di prendere parte alla conversazione rivolgendosi al suo impulso. Corse subito verso Sam urlando.
<< Sam tu non puoi farlo, non puoi morire, non è giusto, non ti sembra di aver sacrificato già abbastanza per il Bene Supremo, o qualsiasi altra cazzata del genere? >>
<< Julia tu credi che io voglia morire? Certo che no…non voglio dover lasciare tutto questo, anche se sembra poco, io perderei molto se dovessi morire. Io non voglio- >>, fu quasi impossibile cercare di tenere a freno le lacrime. Sam aveva gli occhi lucidi e girava intorno a se stesso per il nervosismo, e Julia piangeva a dirotto, forse sia per la tristezza di poter perdere Sam, ma anche per la rabbia, una rabbia che credo tutti provassero in quel momento. Sembrava che il destino o fato o qualsiasi cosa ci “guidasse” dall’alto, ci avesse preso di mira e faceva di tutto pur di rendere la nostra esistenza sempre più faticosa. Mi sentii stupida, infondo io ero venuta a far parte di questo mondo neanche da un mese e già mi lamentavo, Sam e Dean ci erano cresciuti.
Il forte rumore provocato dai continui calci che Sam tirava ai bidoni della spazzatura dell’albergo, non facevano altro che appesantire l’atmosfera triste tra di noi, e forse anche lui lo capì, poichè se ne andò senza voltarsi. Mi ritrovai a seguire i suoi passi senza neanche rendermene conto, lo trovai seduto sul cofano di una macchina a fissare i suoi piedi dondolare lentamente, le mani incrociate tra le gambe e il capo chino.
<< Sam, tutto bene? >>
Non mi rispose, quindi mi avvicinai lentamente e mi sedetti accanto a lui.
Forse non ero la persona più adatta alla situazione, anche perché io e Sam non avevamo legato molto, ma secondo il mio ragionamento ero l’unica in grado di riuscire a parlargli. Dean avrebbe finito solo per peggiorare le cose sfociando la sua rabbia in un enorme litigio, e Julia era anche lei troppo debole e confusa per aiutarlo, e poi c’era Crowely, un demone che, si ci aiutava, ma sono per trarne qualcosa di utile alla fine di tutto.
<< Ogni volta che facciamo un piccolo passo verso la soluzione, sembra sempre che altra merda ci piombi addosso. E’ come un labirinto eterno, senza via d’uscita. >>
Ero pienamente d’accodo con lui, aveva ragione su tutto, ma io ero li per confortarlo e tirarlo su di morale, no demoralizzarlo ancora di più.
<< Sam sappiamo tutti che è una situazione difficile, ma ci deve essere una soluzione che non implichi la tua morte, o quella di milioni di persone. >>
<< Ho smesso di crederci quando ho capito che tutta colpa mia. >>
Come si controbatte ad un’affermazione del genere? Non capivo a cosa si stesse riferendo, ma comunque non sapevo cosa dire. Era convintissimo, e l’unica cosa che fui in grado di dirgli, furono le solite frasi fatte prive di senso e inutili.
<< Sam non è colpa tua. E poi che cosa avresti fatto? >>
<< Sono nato. >>
Rimasi davvero senza parole.
<< Sam che stai dic- >>, mi interruppe prima che potessi finire la frase.
<< Quando avevo sei mesi, un demone, Azazel, a causa di un patto che mia madre strinse con lui anni prima della nascita mia e di Dean, versò delle gocce del suo sangue demoniaco nella mia bocca. >>
<< Sam >>, questa volta mi bloccai io.
Sam mi spiegò tutta la storia, mi incantai al suono delle sue parole, ogni frase che componeva conteneva nuove informazioni sulla famiglia Winchester sempre più incredibili. Iniziò dalla notte del patto tra la madre dei ragazzi, Mary, e Azazel. Il demone aveva ucciso tutta la famiglia di Mary, incluso John, futuro marito nonché padre dei Winchester, e in cambio le aveva proposto un patto: avrebbe fatto ritornare in vita una sola persona e lei in cambio gli avrebbe lascito fare il suo lavoro, ma rimase molto vago per quanto riguardava il prezzo da pagare, la povera donna non avrebbe mai potuto sapere gli intenti orribili del demone. Sam mi spiegò che il fatto di sentirsi colpevole di tutto derivasse proprio da questo, secondo lui se non fosse nato o se nelle sue vene non scorresse sangue demoniaco, Lucifero non sarebbe mai arrivato ai fratelli e tutto questo no sarebbe mai successo. Inoltre si incolpava anche di aver iniziato l’Apocalisse, in quanto fu proprio lui a rompere l’ultimo sigillo uccidendo Lilith. Mi disse anche dei suoi “poteri”, Sam aveva la capacità di uccidere i demoni senza l’aiuto di alcun coltello o filastrocca di nessun genere, gli bastava solo un overdose di sangue demoniaco e tutto avrebbe funzionato.
<< Sam ti voglio ricordare che tu non sei l’unico ad avere sangue demoniaco nel proprio corpo. >>
<< Lo so, e anche se può sembrare orribile, quando ho scoperto che non ero l’unico ad avere questa…il loro sangue, mi sono sentito sollevato, per la prima volta non mi sono sentito lo scherzo della natura, quello strano, ma è durato poco perché sembra che io sia l’unico ad avere queste capacità. Sono un mostro. >>
Risi, e poi gli dissi: << E anche qui ti sbagli, non sei l’unico. Anche io ho delle capacità, non volute. Solo Julia e Dean lo sanno… >> mi fermai, una parte di me voleva dirglielo, ma l’altra mi bloccava e non sapevo il perché.
<< Se l’hai detto a Dean, puoi dirlo anche a me >>, sorrise. Finalmente.
<< Vedi, neanche io sono molto sicura di cosa sia esattamente. Spesso faccio dei sogni- >> mi fermai un attimo, cercando di trattenere le lacrime, e ripensai anche alla notte passata i macchina con Dean, e a come, in qualche modo, la sua presenza avesse bloccato i miei sogni. Sorrisi: << - ho rivisto tutte le persone che amo, i miei genitori, i miei amici, ho persino rivisto Julia e Blair nel momento del loro attacco, c’eravate anche tu e Dean. E’ molto strano, e non sapere di cosa si tratti mi sta distruggendo. >>
<< E’ il sangue. Il loro sangue è un veleno per noi, e noi due ne siamo una prova, le cose di cui siamo capaci non rientrano nella norma, ma d'altronde niente di tutto questo è nella norma >>, sorrise ancora.
<< Che ne dici di tornare dagli altri? >> gli chiesi ma lui non mi rispose. << Dai forza, ogni volta che ti senti una merda ricordati di me, e del sangue che ci scorre nelle vene, ok? >> questo fu un ennesimo tentativo disperato di rallegrare Sam per portarlo dagli altri, c’erano cose più urgenti con cui fare i conti.
Finalmente cambiò posizione e mi guardò negli occhi, i suoi erano arrossati e lucidi, ma la sua espressone non era triste, più che altro che un incrocio tra sorpresa e preoccupazione.
<< Sam che succede? >>
<< Niente, torniamo dagli altri. >>
Cavolo non avevo mai conosciuto persone più misteriose di Sam e Dean, tutti questi segreti e bugie non ero sicura che sarei riuscita a sopportarli ancora per molto.
<< Ragazzi abbiamo un problema >>, disse Dean non appena ci vide arrivare.
Risi: << Come se quelli che già abbiamo non fossero abbastanza. >>
<< Che succede? >> chiese Sam.
<< Mi ha chiamato Castiel, da un telefono di un ospedale a Delacroix. All’angelo è finita la magia. >>
<< Che vuol dire “è finita la magia”? >> chiesi.
<< E’ finita. Niente, nada, le ali si sono rotte, o qualcosa del genere >>, rispose Dean.
<< Cosa? >> chiese Sam sorpreso.
<< Mi ha chiesto se lo potessimo andare a prendere. >>
<< Ma non possiamo, dobbiamo andare a prenderci l’anello di Morte. Non possiamo andare a Delacroix. >>
<< Possiamo sempre dividerci >>, dissi.
<< No, è troppo rischioso, non possiamo >>, rispose Dean senza neanche degnarmi di uno sguardo.
<< Allora cosa vuoi fare Dean? Rimanere qui tutto il giorno a decidere cosa fare mentre il vostro angelo custode soffre in un ospedale in una cittadina dimenticata della Louisiana, e lasciare che Morte distrugga Chicago? >>
Credo che ciò che accadde fu abbastanza scontato. La rabbia che avevo nei confronti di Dean si stava manifestando. Odiavo il fatto che mi stesse trattando come una puttanella da quattro soldi, ma d’altronde cosa ci si può aspettare da un uomo come lui, per tutta la sua vita non ha avuto una figura femminile che gli insegnasse un po’ di rispetto per le donne. Le ha sempre trattate a suo piacimento. Però questo non poteva e non doveva essere una scusa per sbattermi una porta in faccia dopo aver condiviso una cosa così intima.
<< Aly forse è meglio se lasciamo decidere a loro >>, disse Julia mettendomi un braccio attorno alle spalle.
Lasciai perdere, Dean mi guardava come se fossi diventata un demone, e Sam quasi m’implorava di andarmene.

     Il viaggio verso Chicago durò un istante. Un secondo prima io, Dean e Crowely eravamo nel parcheggio del motel, e un secondo dopo ci trovavamo nel bel mezzo di una bufera di pioggia e vento che soffiava fortissimo facendo svolazzare i miei capelli ovunque. Mi sentivo un po’ nauseata, ma si dice che tutti al loro primo volo in aereo si sentono così, e ciò mi fece sollevare un po’, anche se questa non era esattamente la stessa situazione. Non ero mai stata a Chicago, ma l’avevo vista in televisione o Internet, e come città mi era sempre piaciuta, ma ora che mi trovavo li, la città ne sembrava un’altra. C’erano persone frettolose che correvano in direzioni diverse, alcune ci spinsero per la fretta senza girarsi, la grande strada alla nostra sinistra era deserta, a parte per qualche macchina parcheggiata, e tutto il resto intorno a noi era cupo, di un grigio tenebroso da mettere i brividi. Gli alberi si piegavano dal forte vento e la pioggia aveva già allagato i tombini e presto avrebbe allagato le strade. Morte aveva escogitato il piano perfetto: una catastrofe naturale cosicché nessuno avrebbe potuto incolpare qualcuno.
Non so come mai Dean decise di portare me a “conoscere” Morte, e pensandoci bene detta così non sembra proprio una bella cosa, ma forse fu Sam a convincerlo, credo che volesse rimanere con Julia per parlarle e spiegarle i motivi della sua decisone, e forse anche metterla a conoscenza della sua idea misteriosa che aveva avuto durante la nostra chiacchierata. 
<< Bene Crowely, siamo qui, dov’è Morte? >> chiese Dean in tono ansioso e aprendo le braccia girandosi intorno.
<< Lui è in quella pizzeria >>, rispose il demone.
<< Morte sta mangiando una pizza? >> chiesi sorpresa.
<< Si, è un uomo molto goloso, sai? >> mi guardò e poi aggiunse: << bene, il mio lavoro qui è finito, buona fortuna. >>
E sparì nel nulla lasciando me e Dean di fronte ad una pizzeria nella quale presumibilmente si trovasse la Morte in persona. In che cavolo di situazione mi ero andata a cacciare? Era in questi momenti che rimpiangevo la mia cara e vecchia normalità, la mia vita di tutti i giorni della quale mi lamentavo sempre.
<< Direi di entrare… >> dissi con un filo di voce tanto da dubitare se Dean mi avesse sentito o meno.
<< Vieni >>, disse lui tirandomi per il braccio e portandomi dall’altro marciapiede, di fronte alla porta di entrata della pizzeria, gestita forse da italiani, data la grande bandiera italiana che svolazzava fuori dal locale.
Mi liberai dalla sua presa e dissi: << cosa hai intenzione di dirgli? Voglio dire, li dentro c’è Morte, non capita tutti i giorni di fare una chiacchierata con lui. >>
<< Tu lascia parlare me, e con un po’ di fortuna riusciremo ad uscirne tutti vivi, ok? >>
Annuii ed entrammo nella pizzeria.

    Il locale era abbastanza grande, le mattonelle bianche e nere erano intonate con le tovaglie su tutti i tavoli a quadroni bianchi e rossi, le pareti erano in legno scuro e davano al locale l’immagine di un locale western, se non fosse stato per il grande televisore posto sul soffitto. Stava trasmettendo una partita di baseball, ma nessuno la stava guardando, o meglio nessuno poteva guardarla, poiché il pochi clienti e le cameriere che si trovavano li, erano morte. Alcune cameriere erano stese sul pavimento ricoperte dal cibo cadutogli dai vassoi, mentre per quanto riguarda i clienti avevano tutti la testa nel loro piatto, letteralmente. L’unica cosa viva, se così si può dire, era la Morte personificata. Sedeva ad un tavolo per due al centro della pizzeria, non era seduto di spalle, quindi appena entrammo lo avemmo di faccia. Come si reagisce ad un incontro con la morte? Nessuno ha mai potuto rispondere, poiché nessuno è mai sopravvissuto. Il solo pensiero di trovarmi con lui nella stanza mi fece rabbrividire, aveva ucciso quelle persone solo entrando nella sala, cosa mi faceva pensare di poter sopravvivere? Niente, non potevo aggrapparmi a nessuna speranza, dovevo solo fidarmi di Dean.
Pensando alla Morte personificata, si pensa sempre ad uno scheletro bianco, che indossa una tunica nera con cappuccio e in una delle due mani ha la sua grande falce, ma la vera Morte non era così. Era letteralmente personificata, quindi sembrava un uomo qualsiasi, un uomo che sarebbe passato sott’occhio pur non sapendo la propria identità, dato il volto scavato, gli zigomi pronunciati e il suo grande naso aquilino, sarebbe sembrato un po’ strambo forse, ma pur sempre un uomo normalissimo. Una cosa era fedele alla nostra immaginazione, era vestito completamente nero, ma invece della sua falce, aveva un semplice bastone. Mangiava silenziosamente la sua pizza, senza badare ai corpi che lo circondavano e non alzò neanche gli occhi quando noi entrammo.
<< Dean, Alyson, sedetevi, la pizza è deliziosa. >>
Molto titubante, seguii Dean che lentamente si avvicinava al tavolo. La distanza sembrava non finire mai, camminavamo pianissimo come se ci aspettassimo un colpo improvviso che ci avrebbe fatto scappare subito, ma gli unici colpi e rumori erano i tuoni fortissimi che provenivano da fuori e i lampi che illuminavano tutta la stanza, e il rumore della pioggia forte sul soffitto, rendendo l’atmosfera ancora più cupa e pesante.
Finalmente ci sedemmo di fronte a lui. Non avevo mai giocato alla Roulette Russa, ma in quel momento mi sentii parte del gioco, seduta li di fronte a Morte che mangiava la sua pizza completamente rilassato, in un modo molto snervante.
<< Vi ci è voluto abbastanza per trovarmi >>, disse sarcastico: <>
<< Devo dire che ciò non mi fa sentire bene >>, abbozzò un mezzo sorriso nervoso, << allora, è questa la parte in cui >>, si schiarì la voce,<< ci uccidi? >>, chiese piano Dean.
Finalmente Morte alzò la testa da piatto, e guardò Dean negli occhi. Fortunatamente non guardò me, altrimenti credo che mi sarei alzata e sarei fuggita a gambe all’aria gridando “si salvi chi può”.
<< Credo che tu ti dia troppa importanza, Dean. Per una cosa come me, una cosa come te è, bhe… >>, sorseggiò il suo drink e poi aggiunse:<< pensa se un batterio si sedesse al tuo tavolo e iniziasse a fare il presuntuoso >>, disse continuando a guardare fisso Dean negli occhi. Dean era visibilmente impaurito, se non ci fosse stata la vita di suo fratello e di tutta la Terra, credo che sarebbe stato lui il primo a scappare.
<< Questo è un piccolo pianeta, in un minuscolo sistema solare, in una galassia senza alcuna rilevanza >>, si fermò un attimo, sospirando, come se non ce la facesse più, << sono vecchio Dean, molto vecchio. Quindi ti invito a riflettere su quanto io ti trovi insignificante. >>
Ritornò a mangiare la sua pizza, senza più prestarci attenzione.
<< Te lo devo chiedere. Quanti anni hai? >>, chiese Dean.
<< Ho la stessa età di Dio, forse sono anche più vecchio. Nessuno dei due riesce a ricordarselo. La morte, la vita, prenderò anche lui >>, rispose Morte.
<< Dio? Prenderai anche lui? >> chiesi, ma subito mi pentii, fortunatamente però Morte non mi guardò e si limitò solo ad annuire.
<< Anche Dio morirà. >>
Sospirammo entrambi, sconvolti da ciò che ci aveva detto.
<< Questo è un po’ troppo. Allora dimmi, perché sto ancora respirando? >> chiese Dean impaurito, << che cosa vuoi? >>
<< Voglio levarmi il collare attorno al collo. Lucifero mi ha legato a lui, a causa di una maledetta formula. Mi può avere dove mi vuole, quando mi vuole. Ecco perché non sono potuto venire da te. Ho dovuto aspettare che tu venissi da me. Lucifero ha fatto di me la sua arma, uragani, alluvioni, risvegliare i morti, sono più potente di quanto voi due possiate immaginare, e sono lo schiavo di un bambino viziato in crisi. >>
<< E tu credi che Dean ti possa liberare? >> chiesi sottovoce pentendomi nuovamente di aver aperto bocca. Cazzo.
<< Ecco la vostra ridicola presunzione, certo che non può. Ma mi puoi aiutare a togliere i proiettili dalla sua pistola >>, lasciò cadere le posate sul piatto e ci mostrò la mano destra. L’anello.
<< Ho saputo che vi interessa il mio anello. >>
<< Si >>, disse Dean
<< Sarei felice di darlo a voi. >>
<< Di darlo a noi? >> chiese Dean sorpreso.
<< E’ quello che ho detto. >>
<< E che ne sarà di Chicago? >>
Sembrava di essere in una scena di un film dell’orrore, ogni volta che Dean faceva una domanda o stupida o scontata, il volto scocciato di Morte veniva illuminato dai forti lampi con il rumore dei tuoni di sottofondo.
<< Credo di poterla risparmiare, mi piace la loro pizza. >>
Si sfilò l’anello dal dito e lo mise sul tavolo.
<< Ci sono delle condizioni. >>
<< Ok, di cosa si tratta? >>
<< Devi fare qualsiasi cosa per rimettere Lucifero nella sua gabbia. >>
<< Certo >>, disse Dean dando per scontato la risposta. Morte ovviamente si riferiva a Sam, era al corrente di tutta la situazione, ovviamente, e sapeva che Dean avrebbe messo al primo posto il fratello e poi l’esigenza immediata di rimettere il Diavolo in gabbia.
<< Qualsiasi cosa. >>
<< Lo so >>, rispose Dean sempre con lo stesso tono.
<< No, no. Tuo fratello, è l’unico che possa fermare il diavolo. Io so tutto, quindi ho bisogno di una promessa. Lascerai che tuo fratello si getti in quella gabbia. Ho la tua parola? >>
<< Ok, si >> disse Dean prendendosi l’anello.
<< Sarà meglio così Dean. Sai di non poter ingannare la Morte. >>
Quelle furono le ultime parole che ci disse Morte, prima di andarsene camminando lentamente facendo affidamento sul suo bastone. Aveva mantenuto la sua parte della promessa, a Chicago aveva smesso di piovere e tutto sembrava essere ritornato alla normalità, ora toccava solo a noi rispettare i patti. Non ero al cento per cento sicura che Dean avrebbe rispettato la sua promessa, ma sapevo anche che non era così stupido da sfidare la Morte, ci sarebbe stato un unico vincitore in quella battaglia, e di sicuro non si trattava di Dean.
<< Abbiamo tutti gli anelli, e ora? >> chiesi.
Dean sospirò ancora una volta, l’aveva continuato a fare dall’uscita della pizzeria verso un “posto più sicuro per poter parlare”.
<< Si, ora vediamo cosa fanno questi cosi insieme. >>
Eravamo in un parco, seduti su in tavolo di legno vecchio, il più lontano possibile dalla gente. Dean cacciò i restanti anelli dalla tasca e li mise sul tavolo. Subito i quattro anelli si unirono formando una specie di croce rotonda, era come se si attirassero, come se fossero magnetici.
Dean sorrise e disse: << Rispediamo quel figlio di puttana nella sua gabbia infernale. >>

 

  
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